Site icon Le Nius

Quante persone migranti sono arrivate nel 2020?

migranti 2020

Foto: Antonio Amendola

Reading Time: 50 minutes

Nel 2020 in Italia sono arrivate via mare poco più di trentamila persone, un numero in crescita rispetto al 2019 e al 2018 ma decisamente contenuto rispetto agli anni precedenti.

Sono state le partenze dalla Tunisia a giocare la parte più importante, visto che dalla Libia le partenze sono rese molto complicate e pericolose dagli accordi siglati dall’Italia. 708 sono le persone morte in mare tentando di raggiungere il nostro paese, secondo i conteggi ufficiali.

Allargando lo sguardo, secondo i dati di Unhcr (l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati), in Europa sono entrate attraverso la porta del Mediterraneo circa 95 mila persone, un dato in continuo calo negli ultimi anni. Drastica la riduzione degli arrivi in Grecia, dopo che la Turchia ha ripreso a controllare seriamente le partenze. In ripresa significativa invece gli ingressi in Spagna, con un ruolo importante giocato dalla rotta per le Isole Canarie.

Vediamo ora più in dettaglio questi numeri e le principali questioni aperte a livello di politiche migratorie in Italia e in Europa.

Migranti 2020: i numeri in Italia

Nel 2020 sono sbarcate in Italia 34.133 persone, un incremento del 197% rispetto al 2019, quando arrivarono 11.471 persone.

Tra i paesi di provenienza nel 2020 sono arrivate persone da Tunisia (12,8 mila persone, 38% del totale) seguite da Bangladesh (4 mila persone, 12%), Costa d’Avorio, Algeria, Pakistan, Egitto, Sudan, Marocco, Afghanistan, Iran.

Il 2020 ha segnato un grande movimento sulla rotta dalla Tunisia. In grande crescita anche gli arrivi di persone da Bangladesh, Egitto e Afghanistan, questi ultimi forse da collegare anche alla chiusura della frontiera turco-greca che potrebbe averli portati a tentare la rotta del Mediterraneo centrale.

In netto calo rispetto agli anni scorsi gli arrivi di persone da Eritrea, Nigeria, Senegal e altri paesi dell’Africa subsahariana.

Quanto al genere e all’età delle persone sbarcate, il 76% delle persone arrivate sulle coste italiane è di sesso maschile, le donne sono il 6%, i minori il 18% – in buona parte minori non accompagnati.

Rispetto agli anni scorsi, nonostante l’incremento rispetto a 2018 e 2019, siamo comunque molto lontani dai numeri degli anni 2014-2017, quando sbarcavano sulle coste italiane 120-180 mila persone l’anno.

Migranti 2020: i numeri in Europa

Se consideriamo gli arrivi in tutta l’area del Mediterraneo, nel 2020 sono arrivati via Mediterraneo in Europa 94.847 migranti, nel 2019 furono 123 mila, un calo del 23%.

La Spagna è il paese europeo con il maggior numero di arrivi del 2020, 41.861 persone contro le 32,5 mila del 2019. Gli arrivi nel paese hanno avuto un’escalation a partire da settembre, con il picco di quasi 10 mila arrivi a novembre, poi ridotti a 5 mila a dicembre, comunque ai livelli del 2018, anno record. La maggior parte degli ingressi avviene nelle isole Canarie e riguarda persone provenienti dal Maghreb (soprattutto Algeria e Marocco) e dell’Africa subsahariana (Mali, Guinea, Costa d’Avorio, Senegal).

La Grecia registra 15.533 arrivi nel 2020, di cui 9,5 via mare e seimila via terra attraverso il delta del fiume Evros tra Turchia e Grecia. Rispetto al 2019, quando arrivarono 74,5 mila persone, si registra un netto calo. Gli arrivi hanno subito una brusca frenata da aprile, dopo che la Turchia ha ripreso a vigilare sulle partenze. In Grecia arrivano soprattutto afghani e siriani.

Vanno poi considerati anche i 2,3 mila arrivi registrati a Malta e i 1.000 registrati a Cipro.

Rispetto agli anni passati, questo è il trend degli arrivi via Mediterraneo in Europa, che sono in continuo calo da quattro anni.

Migranti 2020: questioni aperte

Le questioni aperte rispetto alla gestione dei flussi di migranti in Italia e in Europa sono molte, commentiamo qui le principali.

Le politiche europee sull’immigrazione nel 2020

La nuova Commissione Europea guidata da Ursula von der Leyen sembra essere partita forte sul tema migrazioni, anche se a dirla tutta al momento non si è verificato nulla di concreto.

A settembre la presidente aveva presentato il Patto sulla migrazione e l’asilo, seguito poi dal Piano di azione per l’integrazione e l’inclusione 2021-2027. Ne abbiamo parlato qui. Il grosso limite di queste iniziative, che mirano a rafforzare una linea comune europea finora praticamente inesistente, è nella loro attuazione.

Il Piano di azione per l’integrazione fornisce delle linee guida comuni agli Stati membri ma non è vincolante, perché sui temi di cui si occupa la competenza è dei governi nazionali.

Potenzialmente più incisivo potrebbe essere il Patto sulla migrazione e l’asilo, che punta a una gestione comune dei migranti in arrivo in Europa attraverso un rafforzamento dei controlli alle frontiere, un miglioramento dei programmi di rimpatrio e un meccanismo di solidarietà interna per la distribuzione dei migranti tra i paesi UE.

Quanto il patto inciderà concretamente nella gestione dei flussi migratori lo vedremo nel 2021 e forse anche dopo. A partire dalle proposte presenti, spetta ora agli Stati membri trattare per raggiungere un accordo sull’implementazione concreta delle misure, e solo dopo queste trattative si capirà se la Commissione Von der Leyen sarà riuscita a imporre una linea comune o se prevarranno gli interessi nazionali.

Morti in mare e criminalizzazione del soccorso

Come anticipato, nel 2020 sono morte 708 persone sulla rotta del Mediterraneo centrale e 1.116 in totale includendo anche le persone morte sulle altre rotte mediterranee. Un conteggio certamente sottostimato e che sarebbe molto più alto se non fosse per l’operato delle navi umanitarie delle ong. Sono ad esempio 169 le persone messe in salvo il 31 dicembre 2020 dalla nave Open Arms, tra cui 46 minorenni e 12 donne.

Eppure queste operazioni sono palesemente ostacolate dalle autorità italiane. Nicolò Arpinati su Dinamo Press ha messo in fila tutti i procedimenti che hanno coinvolto e bloccato navi umanitarie dal 2017 al 2020, chiedendosi la fatidica domanda: quante vite avrebbero potuto salvare queste navi?

In pratica il governo italiano non vuole ammettere con esplicite iniziative legislative che si vuole ostacolare il soccorso in mare, così si passa all’azione sul piano amministrativo: si trovano cioè motivazioni e cavilli burocratici, spesso assurdi e pretestuosi, per impedire alle navi di svolgere la loro missione.

Nel solo 2020 sono state bloccate nei porti italiani le navi Alan Kurdi, Aita Mari, Sea Watch 3, Ocean Viking, Sea Watch 4, Mare Jonio.

Se consideriamo anche gli anni precedenti, dal 2017 i procedimenti avviati dagli Stati europei contro le navi umanitarie sono oltre 40. Nessuno di questi ha raccolto prove sufficienti per far partire un processo.

Una stagione, quella della criminalizzazione del soccorso in mare, avviata in Italia da Minniti con il codice di condotta delle Ong del 2017, rafforzata poi da Salvini e mai abbandonata dal governo Conte II, nonostante l’apparenza delle modifiche ai decreti sicurezza.

Respingimenti: l’Italia complice di morti e violenze

Le autorità italiane non si limitano però a ostacolare il soccorso in mare, ma attuano una politica di respingimenti ammantata di legalità ma assai discutibile sul piano etico. La situazione è ben descritta da Rosita Rijtano su lavialibera.

Nel 2020 la guardia costiera libica, seguendo gli accordi con l’Italia e grazie ai finanziamenti dell’Italia, ha respinto 9.000 persone partite dalle coste del paese, rimandate quindi incontro alle torture, violenze, stupri, abusi e uccisioni che subiscono nei centri di detenzione libici.

Altre 1.300 persone sono state respinte dall’Italia in Slovenia, ben sapendo che si dà avvio a una catena di respingimenti che porterà i migranti a tornare prima in Croazia e poi in Bosnia, fuori dai sacri confini dell’Unione Europea.

Si tratta di una procedura illegale perché priva le persone del diritto di chiedere protezione internazionale e che restituisce i migranti alla drammatica situazione in Bosnia, di cui tratteremo tra poco, e li espone alle violenze della polizia croata.

Secondo i dati disponibili, sono oltre 14.000 i respingimenti della polizia croata verso la Bosnia nel 2020. Numerosi sono gli episodi documentati di uso della violenza, che mettono in grande imbarazzo l’Unione Europea, che finanzia la Croazia per controllare i confini esterni.

La drammatica situazione in Bosnia

A dicembre è esplosa la situazione sulla rotta balcanica, in particolare in Bosnia, situazione che già si configurava come disumana e lesiva della dignità delle persone.

Già il 7 dicembre la Commissaria europea per i diritti umani Dunja Mijatović inviava una lettera al presidente del Consiglio bosniaco Zoran Tegeltija sollecitando un intervento per “risolvere alcune carenze strutturali nel trattamento dei migranti e dei richiedenti asilo” nel paese.

La situazione umanitaria infatti era già catastrofica, con 2-3 mila persone disperse in edifici abbandonati o senza alcun rifugio nei pressi del confine croato e quasi 7.000 persone presenti nel “sistema di accoglienza” dove però le condizioni sono ugualmente drammatiche. Già si citava la tendopoli di Lipa – allestita in emergenza dopo la chiusura del campo di Bira – come luogo in cui, parole della commissaria europea, “le condizioni di vita sono gravemente inferiori agli standard umanitari”.

La tendopoli di Lipa non poteva certamente essere una soluzione, e infatti un paio di settimane dopo, il 23 dicembre, si è verificato un grave incendio appiccato dai migranti dopo che si era sparsa la voce della chiusura anche di questa tendopoli.

L’incendio ha costretto le mille persone presenti a lasciare la tendopoli e a sistemarsi all’addiaccio nei boschi e in edifici abbandonati, così come le altre 2-3 mila persone già in quelle condizioni.

Peter van der Auverart, capo della missione nel Paese balcanico dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni ha parlato apertamente di “catastrofe umanitaria”, con migliaia di persone che si trovano senza un riparo nel pieno del gelido inverno balcanico.

Kasim, un migrante pakistano intervistato da euronews, lancia un appello definitivo:

Viviamo come degli animali, ogni animale vive meglio di noi. Chiedo alle Nazioni Unite, all’organizzazione internazionale per le migrazioni e alle Ong di aiutarci per favore. Perché se nessuno ci aiuta moriremo. Per favore aiutateci.

Lo scenario è apocalittico: migliaia di persone letteralmente senza niente si aggirano scalze o con scarpe di fortuna in mezzo alla neve, senza alcun riparo, dormendo nei boschi con temperature sotto zero, in condizioni igieniche disastrose, cercando in ogni modo di scaldarsi e trovare del cibo.

Uno scenario di cui l’Europa è responsabile almeno tanto quanto le autorità bosniache. Un’Europa che usa la Bosnia come ultimo confine extra UE e incoraggia e finanzia respingimenti che dall’Italia, dalla Slovenia, dalla Croazia rimandano i migranti proprio nell’inferno bosniaco, salvo poi lamentarsi che le condizioni dei migranti in Bosnia sono sotto gli standard internazionali.

Non sarebbe più semplice e meno ipocrita iniziare ad accogliere queste persone in paesi dove questi standard sono garantiti?

Tutti i numeri sugli stranieri in Italia, li trovate qui

Qui invece le parole delle migrazioni: cosa intendiamo con migranti, rifugiati, richiedenti asilo, immigrati, profughi?

Migranti 2020: i numeri in Italia al 30 novembre

Nei primi undici mesi del 2020 sono sbarcate in Italia 32.536 persone, un incremento del 195% rispetto allo stesso periodo 2019, quando arrivarono circa 11 mila persone. A novembre sono arrivate 5.333 persone, un netto aumento rispetto alle 1.200 del novembre 2019 e anche una ripresa di un trend che, dopo il picco di luglio, aveva registrato un calo ad agosto, settembre e ottobre.

Se prendiamo gli ultimi 12 mesi – esercizio più significativo che non paragonare gli anni solari o i singoli mesi – passiamo dagli 11.242 arrivi tra il 1 dicembre 2018 e il 30 novembre 2019 ai 41.039 arrivi del periodo 1 dicembre 2019 – 30 novembre 2020, un aumento del 273%.

Tra i paesi di provenienza negli ultimi 12 mesi sono arrivate persone da Tunisia (12,5 mila persone, 30% del totale) seguite da Bangladesh (4 mila persone, 10%), Costa d’Avorio, Algeria, Pakistan, Egitto, Sudan, Marocco.

Nel 2020 prosegue e accelera l’arrivo di persone dalla Tunisia. In grande crescita anche gli arrivi di persone da Bangladesh, Egitto e Afghanistan, questi ultimi forse da collegare anche alla chiusura della frontiera turco-greca che potrebbe averli portati a tentare la rotta del Mediterraneo centrale.

Quanto al genere e all’età delle persone sbarcate, il 76% delle persone arrivate sulle coste italiane è di sesso maschile, le donne sono il 6%, i minori il 18% – in buona parte minori non accompagnati.

Migranti 2020: i numeri in Europa al 30 novembre

Se consideriamo gli arrivi in tutta l’area del Mediterraneo, nei primi undici mesi del 2020 sono arrivati via Mediterraneo in Europa circa 88 mila migranti, nello stesso periodo del 2019 furono 117 mila.

La Spagna è il paese europeo con il maggior numero di arrivi, 37.303 persone nei primi undici mesi del 2020, contro le 29 mila dello stesso periodo del 2019. Gli arrivi nel paese hanno avuto un’escalation a partire da settembre, con il picco di quasi 10 mila arrivi a novembre, come raccontiamo meglio nell’ultima sezione dell’articolo. La maggior parte degli ingressi avviene nelle isole Canarie e riguarda persone provenienti dal Maghreb (soprattutto Algeria e Marocco) e dell’Africa subsahariana (Mali, Guinea, Costa d’Avorio).

La Grecia registra 15.021 arrivi nel 2020, di cui 9,5 via mare e 5,5 via terra attraverso il delta del fiume Evros tra Turchia e Grecia. Rispetto al 2019, quando arrivarono 67 mila persone, il trend è in netto calo. In particolare, gli arrivi hanno subito una brusca frenata da aprile, dopo che la Turchia ha ripreso a vigilare sulle partenze e ora si sono stabilizzati intorno ai mille al mese. In Grecia arrivano soprattutto afghani (il 36% degli arrivi) e siriani (23%).

Vanno poi considerati anche i 2,3 mila arrivi registrati a Malta e i 1000 registrati a Cipro.

Migranti 2020: questioni aperte

Le questioni aperte rispetto alla gestione dei flussi di migranti sono molte, commentiamo qui le principali.

Le morti in mare e i soccorsi nel Mediterraneo

Il mese di novembre è stato segnato dalla morte di Joseph, sei mesi, durante un’operazione di soccorso della nave umanitaria spagnola Open Arms. Joseph era stato soccorso insieme ad altre 87 persone, tra cui la madre, una donna della Guinea che durante le operazione urlava disperata “I lose my baby, where’s my baby?”

Quella di Joseph non è purtroppo una tragedia isolata. Il 10 novembre sulla stessa rotta altre tredici persone sono annegate al largo della costa libica. Il 12 i corpi di 74 persone sono stati rinvenuti sulla spiaggia di al-Khums, nella Libia occidentale, a seguito del naufragio della barca su cui si trovavano.

Queste tragedie portano ad almeno 575 il conto delle persone morte nel 2020 solo sulla rotta del Mediterraneo centrale.

Le morti in mare sarebbero certamente molte di più se non fosse per l’operato delle navi umanitarie delle Ong. La sola nave Open Arms ha infatti tratto in salvo 255 migranti, trasferiti in Italia. Queste operazioni sono però ostacolate dalle autorità italiane che, con la scusa di presunte irregolarità amministrative, impediscono a molte imbarcazioni di soccorso di riprendere la via del mare, tra queste Sea Watch 4, Alan Kurdi, Louise Michel e Ocean Viking.

La rotta per le isole Canarie

A partire da settembre 2020 è significativamente aumentato il flusso di persone in arrivo in Spagna, dopo oltre un anno di numeri bassi e stabili. Questo aumento è dovuto in gran parte all’esplosione della rotta dalle coste di Marocco, Mauritania e Senegal alle isole Canarie, dove è arrivata oltre la metà delle persone arrivate nel paese nel 2020 (quasi 20 mila su 37 mila, +1000% rispetto al 2019).

Si tratta di una rotta particolarmente pericolosa, con almeno 511 persone morte nel tentativo di attraversarla nel solo 2020. Un numero probabilmente sottostimato, se è vero che Alarm Phone ha stimato in almeno 400 il numero di senegalesi morti sulla rotta nei soli mesi di ottobre e novembre.

Le isole erano totalmente impreparate a gestire la situazione. La struttura temporanea allestita nel porto di Arguineguin, a Gran Canaria, predisposta per 400 persone, è arrivata ad “ospitare” oltre duemila persone, che sono state sistemate sostanzialmente all’aperto.

Questa situazione ha suscitato un polverone di critiche sulla gestione da parte del governo spagnolo, soprattutto da parte delle amministrazioni locali e delle associazioni, in seguito alle quali il campo è stato smantellato e altre strutture, sempre però sulle isole perché il governo vuole evitare il trasferimento sul continente, sono state individuate a Tenerife, Las Palmas e Fuerteventura.

La risposta del governo spagnolo è anche quella di cercare di bloccare i flussi alla partenza, tramite accordi in particolare con Marocco e Senegal. La ministra degli esteri spagnola Gonzalez Laya è volata a Dakar dove, incontrando il presidente, ha promesso supporto tramite uomini, mezzi e denaro alla polizia senegalese per contrastare le partenze.

Altre rotte: Corno d’Africa e Balcani

I venti di guerra nella regione del Tigray in Etiopia stanno costringendo alla fuga decine di migliaia di persone. Sono già più di 20 mila i profughi causati dai combattimento che si sono rifugiati nel vicino Sudan.

In Sudan vengono accolti in campi gestiti dalle autorità locali con il supporto di UNHCR, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati. La situazione andrà monitorata perché se la crisi dovesse perdurare nel tempo, alcune di queste persone potrebbero provare la migrazione verso altri paesi africani o l’Europa.

Sulla rotta balcanica la situazione rimane movimentata. La Bosnia, che continua a ospitare almeno diecimila migranti in condizioni estreme, ha raggiunto un accordo per il rimpatrio dei migranti pakistani presenti sul territorio bosniaco, che sono la maggior parte di quei diecimila.

La frontiera tra Bosnia e Croazia rimane una delle più pericolose al mondo per i migranti, spesso soggetti a violenze da parte della polizia croata, tanto che la Commissione Europea è addirittura sotto inchiesta per mancato monitoraggio sull’utilizzo dei finanziamenti europei versati al governo croato per il controllo delle frontiere.

Migranti 2020: i numeri in Italia al 31 ottobre

Nei primi dieci mesi del 2020 sono sbarcate in Italia 27.193 persone, un incremento del 186% rispetto allo stesso periodo 2019, quando arrivarono 9.500 persone. A ottobre sono arrivate 3.472 mila persone, più dell’ottobre scorso (duemila), ma in calo rispetto ai mesi estivi, quando sembrava che i flussi potessero riprendere in maniera significativa.

Se prendiamo gli ultimi 12 mesi – esercizio più significativo che non paragonare gli anni solari o i singoli mesi – passiamo dai 10.989 arrivi tra il 1 novembre 2018 e il 31 ottobre 2019 ai 36.939 arrivi del periodo 1 novembre 2019 – 31 ottobre 2020, un aumento del 236%.

Tra i paesi di provenienza negli ultimi 12 mesi sono arrivate persone da Tunisia (11 mila persone, 30% del totale) seguite da Bangladesh (3,5 mila persone, 10%), Costa d’Avorio, Pakistan, Algeria, Sudan ed Egitto.

Nei primi dieci mesi del 2020 prosegue e accelera l’arrivo di persone dalla Tunisia. In grande crescita gli arrivi di persone da Bangladesh ed Egitto, in diminuzione invece gli arrivi da Pakistan e Iraq.

Quanto al genere e all’età delle persone sbarcate, il 77% delle persone arrivate sulle coste italiane è di sesso maschile, le donne sono il 6%, i minori il 17% – in buona parte minori non accompagnati.

Migranti 2020: i numeri in Europa al 31 ottobre

Se consideriamo gli arrivi in tutta l’area del Mediterraneo, nei primi dieci mesi del 2020 sono arrivati via Mediterraneo in Europa circa 72 mila migranti, nello stesso periodo del 2019 furono 103 mila.

Con un balzo di ottomila arrivi nel mese di ottobre, la Spagna diventa il paese europeo con il maggior numero di arrivi, 27.556 persone nei primi dieci mesi del 2020, contro le 26,5 mila dello stesso periodo del 2019. Si tratta di persone che entrano in Spagna in buona parte via mare ma in parte anche via terra nelle enclave di Ceuta e Melilla confinanti con il Marocco. Sono persone provenienti dal Maghreb (soprattutto Algeria e Marocco) e dell’Africa subsahariana (Mali, Guinea, Costa d’Avorio).

La Grecia registra 14.055 arrivi nel 2020, di cui novemila via mare e cinquemila via terra attraverso il delta del fiume Evros tra Turchia e Grecia. Rispetto al 2019, quando arrivarono 57 mila persone, il trend è in netto calo. In particolare, gli arrivi hanno subito una brusca frenata da aprile, dopo che la Turchia ha ripreso a vigilare sulle partenze e ora si sono stabilizzati intorno ai mille al mese. In Grecia arrivano soprattutto afghani (il 38% degli arrivi) e siriani (24%).

Vanno poi considerati anche i 2,3 mila arrivi registrati a Malta e i 1000 registrati a Cipro.

Migranti 2020: questioni aperte al 31 ottobre

Le questioni aperte rispetto alla gestione dei flussi di migranti sono molte, commentiamo qui le principali.

La modifica dei decreti sicurezza in Italia

A inizio ottobre si è finalmente arrivati alla modifica dei decreti sicurezza introdotti da Salvini tra fine 2018 e inizio 2019. Qui sono spiegate tutte le modifiche introdotte.

L’intervento più significativo è forse l’estensione dei casi a cui è possibile concedere un permesso speciale, includendo situazioni di vulnerabilità più generiche per conferire un permesso per restare in Italia ai richiedenti asilo che non hanno i requisiti per diventare rifugiati, e consentendo loro di convertire tale permesso in permesso per motivi di lavoro, se trovano lavoro. Non si tratta della reintroduzione della protezione umanitaria ma poco ci manca, almeno sulla carta.

Per quanto riguarda la gestione dell’accoglienza di richiedenti asilo e rifugiati nel nostro paese, si va verso una riforma del sistema voluto da Salvini, cosidetto Siproimi, che aveva escluso i richiedenti asilo dalla seconda accoglienza per concentrarli in grandi strutture prive di veri servizi per l’integrazione.

La nuova accoglienza – denominata Sistema di accoglienza e integrazione – dovrebbe puntare su soluzioni abitative più piccole e sulla reintroduzione, anche per i richiedenti asilo e non solo per i rifugiati, dei servizi per l’integrazione.

Staremo a vedere se i tempi le modalità di attuazione di queste riforme saranno efficaci.

Le morti in mare e i soccorsi nel Mediterraneo

Con il decreto di modifica dei decreti sicurezza poco cambia però in fatto di soccorsi in mare. Vero che le sanzioni per le navi che violano il divieto di ingresso alle acque territoriali scende a un tetto di un milione a uno di 50 mila euro, ma intanto il divieto rimane.

Significa che, quando lo ritiene, il governo può impedire alle navi che soccorrono migranti di entrare in acque territoriali italiane “per ragioni di ordine e sicurezza pubbliche”.

Inoltre si sottolinea la necessità di coordinarsi con le autorità pubbliche nelle operazioni di salvataggio – pena addirittura la reclusione fino a due anni – il che sembra una cosa di buon senso se non che spesso le navi delle Ong intervengono proprio perché lo Stato decide di non intervenire.

Staremo a vedere come verranno applicate queste norme, intanto anche a ottobre decine di persone sono morte tentando di attraversare il Mediterraneo centrale tra Libia e Italia, portando a oltre 500 il conto dei morti nel 2020.

Migranti 2020: i numeri in Italia al 30 settembre

Nei primi nove mesi del 2020 sono sbarcate in Italia 23.721 persone, un incremento del 216% rispetto allo stesso periodo 2019, quando arrivarono 7.500 persone.

A settembre sono arrivate 4.400 mila persone, più del settembre scorso (2.500), ma in calo rispetto a luglio e agosto. Comunque, 14,5 mila arriva nei mesi caldi del 2020 contro i 4,7 mila del 2019, un segnale di crescita dovuto soprattutto come vedremo alle partenze dalla Tunisia.

Se prendiamo gli ultimi 12 mesi – esercizio più significativo che non paragonare gli anni solari o i singoli mesi – passiamo dai 9.980 arrivi tra il 1 ottobre 2018 e il 30 settembre 2019 ai 35.483 arrivi del periodo 1 ottobre 2019 – 30 settembre 2020, un aumento del 255%.

Tra i paesi di provenienza negli ultimi 12 mesi sono arrivate persone da Tunisia (10,8 mila persone, 30% del totale) seguite da Bangladesh (3,5 mila persone, 10%), Algeria, Costa d’Avorio, Pakistan, Sudan e Somalia.

Nei primi nove mesi del 2020 prosegue e accelera l’arrivo di persone dalla Tunisia. In grande crescita gli arrivi di persone dal Bangladesh, in diminuzione invece gli arrivi da Pakistan e Iraq.

Quanto al genere e all’età delle persone sbarcate, il 77% delle persone arrivate sulle coste italiane è di sesso maschile, le donne sono il 6%, i minori il 17% – in buona parte minori non accompagnati.

Migranti 2020: i numeri in Europa

Se consideriamo gli arrivi in tutta l’area del Mediterraneo, nei primi nove mesi del 2020 sono arrivati via Mediterraneo in Europa circa 58 mila migranti, nello stesso periodo del 2019 furono 85 mila.

Da luglio, l’Italia è tornata ad essere il principale approdo di migranti in Europa, dopo che per tre anni erano state Grecia e Spagna a ricevere il maggior numero di persone.

In Spagna sono arrivate 18.630 persone nei primi nove mesi del 2020, contro le 22,5 mila dello stesso periodo del 2019. Si tratta di persone che entrano in Spagna in buona parte via mare ma in parte anche via terra nelle enclave di Ceuta e Melilla confinanti con il Marocco. In Spagna arrivano persone provenienti dal Maghreb (soprattutto Algeria e Marocco) e dell’Africa subsahariana (Mali, Guinea, Costa d’Avorio).

La Grecia registra 12.824 arrivi nel 2020, di cui novemila via mare e 3,8 mila via terra attraverso il delta del fiume Evros tra Turchia e Grecia. Rispetto al 2019, quando arrivarono 42 mila persone, il trend è in netto calo. In particolare, gli arrivi hanno subito una brusca frenata da aprile, dopo che la Turchia ha ripreso a vigilare sulle partenze. In Grecia arrivano soprattutto afghani (il 38% degli arrivi) e siriani (24%).

Vanno poi considerati anche i 2,2 mila arrivi registrati a Malta e i 700 registrati a Cipro.

Migranti 2020: questioni aperte

Le questioni aperte rispetto alla gestione dei flussi di migranti sono molte, commentiamo qui le principali.

Il patto sull’immigrazione in Europa

A settembre si è tornato a parlare di un accordo europeo per la gestione dei flussi migratori. In realtà la cosa non ha conseguenze operative, e non si capisce se mai ne avrà. La mossa mostra la volontà della nuova Commissione guidata da Ursula Von der Leyen di arrivare a una soluzione condivisa, ma gli ostacoli sono sempre quelli di prima e superarli appare molto complicato.

Il nuovo Patto europeo sull’immigrazione e l’asilo è stato presentato dalla Commissione Europea il 23 settembre. Si tratta di un piano politico per i prossimi cinque anni, che però deve essere approvato dal Consiglio Europeo, dove siedono i rappresentanti dei 27 Stati membri e dove le divergenze appaiono ancora evidenti.

Va detto subito che il primo obiettivo del patto, più che la solidarietà interna, è la volontà di non far entrare in Europa i migranti. È anche l’obiettivo su cui c’è la maggiore convergenza, e l’Unione Europea intende raggiungerlo rafforzando gli accordi con i paesi di origine e di transito e aumentando ancora gli investimenti in Frontex, l’agenzia di controllo delle frontiere esterne.

Solo in secondo luogo il Patto mira a rafforzare il sistema di solidarietà interno per il ricollocamento dei richiedenti asilo che arrivano in Europa. Qui emergono però tutte le divergenze tra paesi.

Il Patto introduce un sistema di rimpatri sponsorizzati. In pratica, i paesi possono scegliere tra accogliere una quota di richiedenti asilo oppure finanziare il rimpatrio di coloro che non hanno diritto a restare in Europa.

Non si parla nel Patto di canali di ingresso legali per i migranti, non si fa quindi cenno alla possibilità di gestire in maniera comune gli ingressi per motivi di lavoro, o la possibilità di implementare su larga scala i corridoi umanitari.

Insomma, un accordo al ribasso, che per di più avrà strada difficile.

Migranti 2020: i numeri in Italia al 31 agosto

Nei primi otto mesi del 2020 sono sbarcate in Italia 19.334 persone, un incremento del 287% rispetto allo stesso periodo 2019, quando arrivarono cinquemila persone.

Ad agosto sono arrivate 5.300 mila persone, più dell’agosto scorso (1.200), ma in calo rispetto a luglio, quando i settemila arrivi facevano pensare ad una riprese di un trend crescente che ha invece subito rallentato.

Comunque, 12 mila arriva nei mesi caldi del 2020 contro i 2,3 mila del 2019, un segnale di crescita dovuto soprattutto come vedremo alle partenze dalla Tunisia.

Se prendiamo gli ultimi 12 mesi – esercizio più significativo che non paragonare gli anni solari o i singoli mesi – passiamo dagli 8.429 arrivi tra il 1 settembre 2018 e il 31 agosto 2019 ai 33.594 arrivi del periodo 1 settembre 2019 – 31 agosto 2020, un aumento del 300%.

Tra i paesi di provenienza negli ultimi 12 mesi sono arrivate persone da Tunisia (9,2 mila persone, 27% del totale) seguite da Bangladesh (3,2 mila persone, 9%), Costa d’Avorio, Algeria, Pakistan, Sudan e Somalia.

Nei primi otto mesi del 2020 prosegue l’arrivo di persone dalla Tunisia, 6.300 solo a luglio e agosto. In grande crescita gli arrivi di persone da Bangladesh e Costa d’Avorio, in diminuzione invece gli arrivi da Pakistan e Iraq.

Quanto al genere e all’età delle persone sbarcate, il 79% delle persone arrivate sulle coste italiane è di sesso maschile, le donne sono il 6%, i minori il 15% – in buona parte minori non accompagnati.

Migranti 2020: i numeri in Europa al 31 agosto

Se consideriamo gli arrivi in tutta l’area del Mediterraneo, nei primi otto mesi del 2020 sono arrivati via Mediterraneo in Europa circa 47 mila migranti, nello stesso periodo del 2019 furono 65 mila.

Da luglio, l’Italia è tornata ad essere il principale approdo di migranti in Europa, dopo che per tre anni erano state Grecia e Spagna a ricevere il maggior numero di persone.

La Grecia registra 11.687 arrivi nel 2020, di cui 8,7 mila via mare e tremila via terra attraverso il delta del fiume Evros tra Turchia e Grecia. Rispetto al 2019, quando arrivarono 29 mila persone, il trend è in netto calo. In particolare, gli arrivi hanno subito una brusca frenata da aprile, dopo che la Turchia ha ripreso a vigilare sulle partenze. In Grecia arrivano soprattutto afghani (il 40% degli arrivi) e siriani (25%).

In Spagna sono arrivate 13.366 persone nei primi otto mesi del 2020, contro le 19,5 mila dello stesso periodo del 2019. Si tratta di persone che entrano in Spagna in buona parte via mare ma in parte anche via terra nelle enclave di Ceuta e Melilla confinanti con il Marocco. In Spagna arrivano persone provenienti dal Maghreb (soprattutto Algeria e Marocco) e dell’Africa subsahariana (Mali, Guinea, Costa d’Avorio, Senegal).

Vanno poi considerati anche i 2,2 mila arrivi registrati a Malta e i 700 registrati a Cipro.

Migranti 2020: questioni aperte al 31 agosto

Dopo la parentesi covid, si torna a parlare di migranti. Le questioni sono molte, commentiamo qui le principali.

La situazione in Tunisia

A luglio e agosto abbiamo assistito a un gran numero di sbarchi di tunisini: oltre seimila, un trend in grande crescita già da maggio. Come mai?

La Tunisia attraversa una grave crisi economica, aggravata dalle conseguenze del coronavirus, associata a una crisi politica.

A livello politico, la Tunisia è senza governo da metà luglio dopo le dimissioni del precedente primo ministro Elyes Fakhfakh a seguito dell’emersione di un grave conflitto di interessi. Il governo si era insediato da soli quattro mesi, e ora l’incertezza regna sovrana, contribuendo a generare sfiducia nella popolazione e soprattutto ad allentare il controllo sulle partenze.

A livello economico, la crisi si protrae da molti mesi. L’economia è ferma e le condizioni di vita delle popolazione sono peggiorate. La situazione è degenerata dopo che la pandemia ha messo in ginocchio il settore del turismo che conta il 10% del Pil nazionale e in cui, tra attività formali e informali, sono impiegati molti tunisini che si sono trovati da un giorno all’altro senza entrate e senza le coperture statali che sono presenti nei paesi europei.

La situazione insomma non è tanto distante da quella che aveva portato alle proteste del 2011 che hanno dato il là alle primavere arabe.

Per ripristinare una situazione di maggiore controllo, a metà agosto i ministri dell’interno Lamorgese e degli esteri Di Maio sono volati a Tunisi per incontrare i rappresentanti (temporanei) del governo tunisino. Gli obiettivi sono due: rendere più efficaci i controlli sulle partenze da parte della polizia tunisina e riprendere i voli charter di rimpatrio che erano stati sospesi con la pandemia. Per raggiungerli il Viminale ha stanziato 11 milioni di euro da girare alla Tunisia.

Non è chiaro se, come e in che tempi questi obiettivi possano essere raggiunti, vista la fragilità della situazione politica tunisina.

La situazione in mezzo al Mediterraneo

Oltre alle partenze dalla Tunisia, nelle ultime settimane, complice l’arrivo dell’estate e le turbolenze politiche, sono aumentate anche le partenze dalla Libia. Sono poche però le persone che riescono ad arrivare sulle coste europee.

In totale sono oltre 40 mila le persone intercettate e respinte dalla guardia costiera libica dalla firma del primo accordo nel 2017, e poi riportate nei centri di detenzione, dove sono soggette a abusi, violenze, stupri, estorsione.

Tra le imbarcazioni che superano lo sbarramento libico, alcune affondano e le persone muoiono, sono oltre 500 dall’inizio dell’anno. In altri casi i migranti vengono salvati dalle navi umanitarie che sono tornate, tra grandi fatiche, a operare nel Mediterraneo centrale.

La novità di agosto è l’esordio della Louise Michel, la nave voluta e finanziata dall’artista Banksy. L’imbarcazione, più piccola ma più veloce delle navi solitamente utilizzate dalle ong, si è già resa protagonista del salvataggio di 200 persone al largo delle coste libiche, ben oltre le sue possibilità, e di un braccio di ferro con le autorità maltesi e italiane che per giorni non hanno risposte alle richieste di aiuto.

Ancora più clamoroso il caso della nave mercantile Etienne. La nave ha soccorso 27 migranti, tra cui un bambino e una donna incinta, lo scorso 5 agosto. Al momento in cui scriviamo, quindi a oltre un mese dal salvataggio, la nave è ancora in mare al largo di Malta, in attesa che le autorità autorizzino lo sbarco. Una situazione davvero imbarazzante per Malta, Italia, Europa.

La situazione in Grecia

La situazione dei migranti in Grecia è esplosiva. Da anni il paese è alle prese con la gestione di grandi flussi di rifugiati provenienti dalla Turchia, che ha scelto di ammassare in campi profughi allestiti per lo più sulle isole. Nonostante nel 2020 il flusso di arrivi sia diminuito, la situazione rimane drammatica perché le centinaia di migliaia di persone presenti nel paese sono senza speranza, intrappolate in un paese da cui pochi riescono a fuggire lungo la rotta balcanica in attesa di non si sa quale soluzione.

In questo quadro ogni mese giungono dalla Grecia notizie inquietanti. L’ultima, di pochi giorni fa, è l’incendio del più grande e famigerato campo profughi, quello di Moria sull’isola di Lesbo. Il campo, che ospitava circa 13 mila persone molte delle quali afghane, è stato completamente distrutto dalle fiamme. Nessun rifugiato ha perso la vita, ma tutti hanno perso la pur precaria sistemazione che avevano, e ora sono sull’isola senza sapere dove andare.

Un’inchiesta del New York Times ha inoltre rivelato che negli ultimi mesi la Grecia avrebbe espulso illegalmente centinaia di migranti abbandonandoli in mare al di là delle proprie acque territoriali. I migranti, già sbarcati in territorio greco, sono stati messi su gommoni e lasciati andare alla deriva oppure portati a Ciplak, un’isola disabitata in acque territoriali turche.

Migranti 2020: i numeri in Italia al 31 luglio

Nei primi sette mesi del 2020 sono sbarcate in Italia 14.008 persone, un incremento del 268% rispetto allo stesso periodo 2019, quando arrivarono 3.800 persone.

Luglio è stato un mese di numerosi arrivi: oltre settemila, più di quanti arrivati nei sei mesi precedenti sommati. Era da luglio 2017 che non si registravano settemila arrivi anche se, per dire, a luglio 2016 furono 23 mila.

Comunque, un netto segnale di crescita come non se ne vedeva da tre anni, dovuto soprattutto come vedremo alle partenze dalla Tunisia. Andrà verificato nei prossimi mesi se si tratta di un dato episodico o di un trend.

Se prendiamo gli ultimi 12 mesi – esercizio più significativo che non paragonare gli anni solari o i singoli mesi – passiamo dagli 8.692 arrivi tra il 1 agosto 2018 e il 31 luglio 2019 ai 29.536 arrivi del periodo 1 agosto 2019 – 31 luglio 2020, un aumento del 240%.

Tra i paesi di provenienza negli ultimi 12 mesi sono arrivate persone da Tunisia (7,4 mila persone, 25% del totale) seguite da Bangladesh (2,6 mila persone, 9%), Costa d’Avorio, Algeria, Pakistan, Iraq e Sudan.

Nei primi sette mesi del 2020 prosegue l’arrivo di persone dalla Tunisia, 4.145 solo nel mese di luglio. In grande crescita gli arrivi di persone da Bangladesh e Costa d’Avorio, in diminuzione invece gli arrivi da Pakistan e Iraq.

Quanto al genere e all’età delle persone sbarcate, il 79% delle persone arrivate sulle coste italiane è di sesso maschile, le donne sono il 6%, i minori il 15% – in buona parte minori non accompagnati.

Migranti 2020: i numeri in Europa al 31 luglio

Se consideriamo gli arrivi in tutta l’area del Mediterraneo, nei primi sette mesi del 2020 sono arrivati via Mediterraneo in Europa circa 38 mila migranti, nello stesso periodo del 2019 furono 50 mila.

Da luglio, l’Italia torna ad essere il principale approdo di migranti in Europa, dopo che per tre anni erano state Grecia e Spagna a ricevere il maggior numero di persone.

La Grecia registra 10.703 arrivi nel 2020, di cui 8,2 mila via mare e 2,5 mila via terra attraverso il delta del fiume Evros tra Turchia e Grecia. Si tratta della metà degli arrivi primi sette mesi del 2019, quando arrivarono 23 mila persone. In particolare, c’è stato un netto calo di arrivi da aprile, dopo che la Turchia ha ripreso a vigilare sulle partenze. In Grecia arrivano soprattutto afghani (il 40% degli arrivi) e siriani (25%).

In Spagna sono arrivate 10.540 persone nei primi sette mesi del 2020, contro le 16,7 mila dello stesso periodo del 2019. Si tratta di persone che entrano in Spagna in buona parte via mare ma in parte anche via terra nelle enclave di Ceuta e Melilla confinanti con il Marocco. In Spagna arrivano persone provenienti dal Maghreb (soprattutto Algeria e Marocco) e dell’Africa subsahariana (Guinea, Mali, Costa d’Avorio, Senegal).

Vanno poi considerati anche i duemila arrivi registrati a Malta e i 500 registrati a Cipro.

Migranti 2020: questioni aperte al 31 luglio

Dopo la parentesi covid, si torna a parlare di migranti. Le questioni sono molte, commentiamo qui le principali.

La situazione in Libia

Nelle ultime settimane, complice l’arrivo dell’estate e le turbolenze politiche, sono aumentate le partenze dalla Libia. Sono poche però le persone che riescono ad arrivare sulle coste europee.

La maggior parte viene respinta in Libia dalle milizie sovvenzionate dall’Italia. A luglio il Parlamento ha approvato il rifinanziamento degli interventi in Libia, per un totale di 58 milioni di euro, di cui 10 (3 in più dell’anno scorso) direttamente alla cosiddetta Guardia Costiera libica.

La stessa guardia costiera che a luglio si è resa protagonista di un episodio sconcertante: l’uccisione di due migranti sudanesi durante le operazioni di respingimento dell’imbarcazione su cui erano appena partiti. Due morti direttamente sulla coscienza dello Stato italiano.

Un’inchiesta di Avvenire ha poi svelato un ulteriore tassello: da tre anni Malta opera respingimenti illegali verso la Libia utilizzando una flotta di imbarcazioni private. Fatto gravissimo e contrario al diritto internazionale, che pare al momento non aver avuto conseguenze.

Tra le imbarcazioni che superano lo sbarramento libico, alcune affondano e le persone muoiono, sono 380 dall’inizio dell’anno. In altri casi i migranti vengono salvati dalle navi umanitarie che sono tornate, tra grandi fatiche, a operare nel Mediterraneo centrale.

A luglio è stata lanciata Resq, associazione che punta a raccogliere 2,5 milioni di euro per acquistare una nave da mettere in mare al più presto.

La Ocean Viking invece, nave dell’ong Sos Mediterranée, ha subito un beffardo sequestro. Secondo la Guardia Costiera, la nave avrebbe trasportato più persone del numero certificato, come se trasportasse passeggeri qualsiasi e non naufraghi che si possono salvare solo “entro numeri certificati”.

La situazione in Italia

In Italia l’improvviso aumento di sbarchi del mese di luglio ha messo in difficoltà il sistema di prima accoglienza in Sicilia. Da tre anni non si verificano sbarchi in sequenza come quelli di luglio, ed il sistema perciò non era rodato.

Intendiamoci, non si tratta di grandi numeri. I settemila arrivi di luglio spiccano rispetto agli ultimi mesi ma si ridimensionano se confrontati con i numeri del 2016 e 2017, quando in estate arrivavano 20-25 mila persone al mese.

Sono numeri però sufficienti a creare difficoltà ai centri di prima accoglienza, a partire da quello di Lampedusa, dove è arrivata la maggior parte delle barche provenienti dalla Tunisia, vista la vicinanza.

Anche i centri siciliani sono entrati in difficoltà, a maggior ragione visto l’obbligo di dover far rispettare la quarantena ai migranti sbarcati. Si tratta tuttavia di strutture completamente inadeguate a una quarantena, per il sovraffollamento, le condizioni igieniche, la carenza di informazioni e controllo.

Per questo abbiamo assistito ad alcune fughe di migranti da questi centri, che hanno avuto grande riscontro mediatico. A Porto Empedocle ad esempio un centinaio di migranti sono scappati da una tensostruttura della Protezione Civile allestita per 100 persone, che però ne ospitava oltre 500. La stessa sindaca della città ha definito “disumane” le condizioni della struttura: sovraffollata, priva di finestre, con temperature altissime.

Qualcosa non sta funzionando nel trasferimento di persone verso altre strutture in Italia, anche se è ragionevole pensare che la situazione venga gestita meglio nelle prossime settimane.

Più in generale, era solo questione di tempo, qualcuno ha suggerito un collegamento tra sbarchi e coronavirus. Tuttavia i dati sembrano dire ben altro: a luglio, sugli oltre settemila sbarcati sono 99 le persone risultate positive al virus, persone peraltro sorvegliate e messe in quarantena.

La maggior parte degli stranieri che hanno contratto il covid-19 in realtà lo hanno preso in Italia. Sono persone che sono in Italia da mesi o anni, anche se in alcuni casi vivono in centri di accoglienza.

Migranti 2020: i numeri in Italia al 30 giugno

Nei primi sei mesi del 2020 sono sbarcate in Italia 6.943 persone, un incremento del 146% rispetto allo stesso periodo 2019, quando arrivarono 2.800 persone. A giugno sono arrivate 1.824 persone, dato in crescita rispetto ai mesi precedenti, come è normale che sia nei mesi estivi.

Se prendiamo gli ultimi 12 mesi – esercizio più significativo che non paragonare gli anni solari o i singoli mesi – passiamo dai 9.573 arrivi tra il 1 luglio 2018 e il 30 giugno 2019 ai 23.559 arrivi del periodo 1 luglio 2019 – 30 giugno 2020, un aumento del 146%.

Tra i paesi di provenienza negli ultimi 12 mesi sono arrivate persone da Tunisia (3,5 mila persone, 15% del totale) seguite da Bangladesh e Costa d’Avorio (1,7 mila persone, 7%), Algeria, Pakistan, Sudan e Iraq.

Nei primi sei mesi del 2020 prosegue costante l’arrivo di persone dalla Tunisia, mentre sono in grande crescita gli arrivi di persone da Bangladesh e Costa d’Avorio, in diminuzione invece gli arrivi da Pakistan e Iraq.

Quanto al genere e all’età delle persone sbarcate, il 70% delle persone arrivate sulle coste italiane è di sesso maschile, le donne sono il 9%, i minori il 21% – in buona parte minori non accompagnati.

Migranti 2020: i numeri in Europa al 30 giugno

Se consideriamo gli arrivi in tutta l’area del Mediterraneo, nei primi cinque mesi del 2020 sono arrivati via Mediterraneo in Europa circa 28 mila migranti, nello stesso periodo del 2019 furono 39 mila.

La Grecia continua ad essere l’approdo più significativo, con 10.180 arrivi nel 2020, di cui ottomila via mare e duemila via terra attraverso il delta del fiume Evros tra Turchia e Grecia. È un dato inferiore ai primi sei mesi del 2019, quando arrivarono 17 mila persone. In particolare, c’è stato un netto calo di arrivi da aprile, dopo che la Turchia ha ripreso a vigilare sulle partenze. In Grecia arrivano soprattutto afghani (il 40% degli arrivi) e siriani (25%).

In Spagna sono arrivate 7.997 persone nei primi sei mesi del 2020, contro le 13,3 mila dello stesso periodo del 2019. Si tratta di persone che entrano in Spagna in buona parte via mare ma in parte anche via terra nelle enclave di Ceuta e Melilla confinanti con il Marocco. In Spagna arrivano persone provenienti dal Maghreb (soprattutto Algeria e Marocco) e dell’Africa subsahariana (Guinea, Mali, Costa d’Avorio, Senegal).

Vanno poi considerati anche i 1.700 arrivi registrati a Malta e i 500 registrati a Cipro.

Migranti 2020: questioni aperte al 30 giugno

Nel 2019 abbiamo assistito, in Italia, agli effetti della linea Salvini prima sulla gestione degli sbarchi e poi sul sistema di accoglienza dei richiedenti asilo e, in Europa, ad un timido accenno di accordo per la redistribuzione dei migranti oltre che al rafforzamento dell’azione di controllo dei confini esterni, per lasciare fuori dall’Europa il maggior numero di migranti possibile attraverso accordi con paesi di partenza o di transito (Libia, Turchia, Niger, Marocco, Tunisia).

In questo periodo del 2020 della situazione dei migranti si parla molto meno; il flusso informativo è tutto concentrato sulla pandemia da covid-19, ma stanno succedendo comunque cose importanti.

La trappola libica

La Libia è sempre stata una trappola per i migranti, una trappola infernale. In questi tempi di coronavirus tuttavia, lo è diventato se possibile ancora di più, come ben racconta Nancy Porsia su Open Migration.

Per le decine di migliaia di migranti rinchiusi nei centri di detenzione o in sistemazioni informali dalle organizzazioni che gestiscono il traffico all’incubo della guerra e delle torture si è aggiunto quello della pandemia. I casi accertati sono pochi ma c’è la sensazione che basti un piccolo focolaio per fare una strage.

La maggior parte delle persone che parte viene respinta in Libia dalle milizie sovvenzionate dall’Italia. È successo anche a un neonato nato a bordo di un gommone, che è stato soccorso e riportato in Libia, una storia che ha acceso qualche coscienza europea salvo poi finire presto nella routine informativa. Le persone che vengono riportate in Libia finiscono nei centri di detenzione dove sono soggette a abusi, violenze, stupri, estorsione.

Un’inchiesta di Avvenire ha poi svelato un ulteriore tassello: da tre anni Malta opera respingimenti illegali verso la Libia utilizzando una flotta di imbarcazioni private. Fatto gravissimo e contrario al diritto internazionale, che pare al momento non aver avuto conseguenze.

Per queste e altre inchieste, il giornalista Nello Scavo è stato minacciato pubblicamente via Twitter da un ex funzionario del governo maltese, Neville Gafà, personaggio molto ambiguo su cui Scavo ha concentrato le attenzioni.

Una vicenda che ha dell’incredibile, se consideriamo che riguarda Malta, Italia e l’Unione Europea, una vicenda su cui nessuna istituzione, né italiana né maltese né europea, ha ritenuto opportuno intervenire.

Tra le imbarcazioni che superano lo sbarramento libico, alcune affondano e le persone muoiono, sono 230 dall’inizio dell’anno. In altri casi i migranti vengono salvati dalle navi umanitarie che sono tornate, tra grandi fatiche, a operare nel Mediterraneo centrale. Nel mese di giugno abbiamo assistito ai salvataggi della Sea Watch 3, della Mare Jonio e della Ocean Viking.

Quest’ultima ha fatto rivivere i tempi dei “porti chiusi” di Salvini. Malta e Italia hanno negato l’attracco alla nave per 10 giorni. Sulla nave c’erano 180 migranti, tra cui 25 minorenni e una donna incinta, e la situazione si è fatta presto molto tesa e aggressiva. Sei persone hanno tentato il suicidio buttandosi in mare, mentre altre erano in situazioni fisiche e psicologiche molto difficili. Nonostante questo, e una inedita ufficiale dichiarazione di emergenza della Ong Sos Mediterranée, le autorità hanno tardato a indicare un porto di attracco.

Non è chiaro perché la Mare Jonio e la Sea Watch 3 hanno avuto nei giorni precedenti il permesso di attraccare in Italia mentre la Ocean Viking no.

La situazione sulla rotta balcanica

La rotta balcanica non si è mai del tutto chiusa, e ha tornato a far parlare di sé a partire da fine febbraio, quando Erdogan ha lasciato andare verso il confine con la Grecia decine di migliaia di profughi, venendo meno all’accordo siglato nel 2016 con l’Unione Europea in cambio di 6 miliardi di euro.

Dopo settimane molto tese, con anche dei morti e azioni molto discutibili da parte della Grecia (tra cui la sospensione del diritto di asilo) avallate dall’Europa, la situazione si è stabilizzata. Si fa per dire, perché comunque abbiamo un sovraffollamento dei campi profughi in Grecia, soprattutto nelle isole ma anche sulla terraferma.

Con una situazione così esplosiva in Grecia, la rotta balcanica è tornata al centro dell’attenzione. A dire la verità non è mai stata abbandonata: secondo i dati riportati da Silvia Maraone per Caritas, in Serbia sono presenti 8,5 mila richiedenti asilo nei centri e campi governativi; in Bosnia sono circa 5,5 mila le persone presenti in 9 campi, ma almeno duemila dormono in case abbandonate e tende nei boschi al confine con la Croazia.

Particolarmente difficile è proprio la situazione tra Bosnia e Croazia. Qui la polizia croata usa notoriamente le maniera forti – abusi, furti, umiliazioni, violenza – contro i migranti. Ora, da documenti interni alla Commissione Europea, emerge che l’Unione Europea avrebbe coperto le evidenze di questo comportamento.

La Croazia ha ricevuto negli ultimi anni fondi dall’Unione Europea per monitorare i confini e sarebbe uno scandalo se emergesse che quei soldi europei vengono utilizzati per fare violenza sui migranti.

Migranti 2020: i numeri in Italia al 31 maggio

Nei primi cinque mesi del 2020 sono sbarcate in Italia 5.123 persone, un incremento del 218% rispetto allo stesso periodo 2019, quando arrivarono 1.600 persone. A maggio sono arrivate 1.654 persone, dato in netta crescita rispetto ai mesi precedenti (come è normale che sia, andando verso l’estate), ma anche rispetto a maggio 2019, quando arrivarono 782 persone. A maggio 2018 però gli arrivi erano quattromila.

Se prendiamo gli ultimi 12 mesi – esercizio più significativo che non paragonare gli anni solari o i singoli mesi – passiamo dagli 11.502 arrivi tra il 1 giugno 2018 e il 31 maggio 2019 ai 22.953 arrivi del periodo 1 giugno 2019 – 31 maggio 2020, un aumento del 100%.

Tra i paesi di provenienza negli ultimi 12 mesi sono arrivate persone da Tunisia (2,9 mila persone, 13% del totale) seguite da Costa d’Avorio (1,7 mila persone, 8%), Bangladesh, Algeria, Pakistan, Iraq e Sudan.

Nei primi cinque mesi del 2020 sono in grande crescita gli arrivi di persone da Bangladesh e Costa d’Avorio, in diminuzione invece gli arrivi da Pakistan e Iraq.

Quanto al genere e all’età delle persone sbarcate, il 68% delle persone arrivate sulle coste italiane negli ultimi 12 mesi è di sesso maschile, le donne sono il 10%, i minori il 22% – in buona parte minori non accompagnati. Nel 2020 stiamo assistendo a un calo della percentuale di uomini, con maggiore presenza di donne e minori.

Migranti 2020: i numeri in Europa al 31 maggio

Se consideriamo gli arrivi in tutta l’area del Mediterraneo, nei primi cinque mesi del 2020 sono arrivati via Mediterraneo in Europa circa 25 mila migranti, nello stesso periodo del 2019 furono 28 mila.

La Grecia continua ad essere l’approdo più significativo, con 9.917 arrivi nel 2020, di cui 7,9 mila via mare e duemila via terra attraverso il delta del fiume Evros tra Turchia e Grecia. È un dato inferiore ai primi cinque mesi del 2019, quando arrivarono 14 mila persone. In particolare, c’è stato un netto calo di arrivi ad aprile e maggio, dopo che la Turchia ha ripreso a vigilare sulle partenze. In Grecia arrivano soprattutto afghani (il 40% degli arrivi) e siriani (25%).

In Spagna sono arrivate 7.607 persone nei primi cinque mesi del 2020, contro le 10,5 mila dello stesso periodo del 2019. Si tratta di persone che entrano in Spagna in buona parte via mare ma in parte anche via terra nelle enclave di Ceuta e Melilla confinanti con il Marocco. In Spagna arrivano persone provenienti dal Maghreb (soprattutto Marocco e Algeria) e dell’Africa subsahariana (Guinea, Mali, Costa d’Avorio, Senegal).

Vanno poi considerati anche i 1.700 arrivi registrati a Malta e i 500 registrati a Cipro.

Migranti 2020: strategie politiche

La trappola libica

La Libia è sempre stata una trappola per i migranti, una trappola infernale. In questi tempi di coronavirus tuttavia, lo è diventato se possibile ancora di più. Per le decine di migliaia di migranti rinchiusi nei centri di detenzione o in sistemazioni informali dalle organizzazioni che gestiscono il traffico all’incubo della guerra e delle torture si è aggiunto quello della pandemia. I casi accertati sono pochi ma c’è la sensazione che basti un piccolo focolaio per fare una strage.

A complicare la situazione, ci si sono messe anche Italia e Malta che, con la scusa della pandemia, si sono dichiarate “porto non sicuro”, una definizione ridicola visto che basterebbe mettere in quarantena le persone arrivate.

Fatto sta che le possibilità si sfuggire alla trappola si sono ancora più ridotte, e molti di coloro che partono vengono riportati indietro. Cosa succede in questi casi? Vengono portati in segrete gestite dai miliziani, in cui nessuno sa cosa succede.

La situazione tra Grecia e Turchia

In Grecia il pericolo, ancora non scampato, è che il coronavirus si diffonda nei campi profughi dove vivono ammassate e in condizioni sanitarie devastanti decine di migliaia di persone. A fine marzo si sono registrati due casi ufficiali di Covid-19 in due campi profughi vicino ad Atene, il rischio contagio di massa sembra essere stato però al momento scongiurato, anche perché è stato preso qualche timido provvedimento: ad aprile e maggio alcune centinaia di persone più vulnerabili sono state trasferite in hotel e altri alloggi d’emergenza.

Coronavirus a parte, la situazione in Grecia rimane esplosiva, da quando a fine febbraio Erdogan ha concretizzato la minaccia che da tempo sventolava, quella cioè di far saltare l’accordo siglato nel 2016 tra Unione Europea e Turchia affinché quest’ultima, in cambio di 6 miliardi di euro, trattenesse i profughi sul suo territorio.

Così, decine di migliaia di persone si sono ammassate al confine greco-turco, nei pressi di Kastanies, o hanno tentato l’attraversamento del breve tratto di mare che separa la costa turca dall’isola di Lesbo. Ci sono stati morti, scontri, umiliazioni, assalti fascisti, interventi violenti delle forze di polizia greche, gravi violazioni del diritto internazionale (con il governo greco che ha sospeso la possibilità di chiedere protezione internazionale per i nuovi arrivati).

A seguito di questi eventi, il numero di richiedenti asilo e persone migranti nei campi profughi in Grecia, già molto alto, è ulteriormente cresciuto: sarebbero centomila i richiedenti asilo presenti e 40 mila le persone ospitate (o detenute) nei campi profughi allestiti sulle isole e sulla terraferma.

Particolarmente esplosiva la situazione sulle isole (Lesbo, Chio, Samo, Kos, Leros) dove, a fronte di una capacità di accoglienza di seimila persone, sono presenti nei campi profughi oltre 37 mila persone. Il caso più noto è quello del campo di Moria, sull’isola di Lesbo: ventimila persone in uno spazio pensato per duemila.

Ora si è aggiunto un altro capitolo: secondo alcune testimonianze, alcuni migranti sarebbero stati illegalmente deportati in Turchia dalla polizia greca.

La strategia di Erdogan sembra aver raggiunto il suo obiettivo: l’Unione Europea, pur denunciando a parole l’operato turco, ha fatto capire che adeguerà il contributo versato alla Turchia in cambio del trattenimento dei migranti. Subito dopo la polizia turca ha ripreso a impedire le partenze di migranti dalle proprie coste.

La situazione sulla rotta balcanica

Con l’arrivo di migliaia di migranti in Grecia, si torna a parlare anche di rotta balcanica, quella che migliaia di persone hanno continuato ad attraversare in questi anni, 160 mila secondo alcune stime tra il 2016 e il 2019, disegnando traiettorie impensabili per superare i vari confini dei paesi balcanici e sperare di entrare in Austria, Germania, Italia.

La rotta è percorsa da persone provenienti da Afghanistan, Pakistan, Siria, Iran e Iraq, mentre Serbia, Bosnia e Croazia sono i paesi maggiormente interessati.

Un’altra situazione da monitorare è quella del confine tra Serbia e Romania. I passaggi lungo questo confine sono cresciuti dopo che l’Ungheria ha costruito recinzioni sempre più efficaci per impedire l’accesso dei migranti. D’altra parte la Romania è sempre un paese dell’Unione Europea, anche se non certo il più ambito dai migranti. Le condizioni di accoglienza in Romania sono tuttavia molto precarie, e solo pochissime persone sono destinate ad ottenere la protezione internazionale che concederà poi loro di muoversi anche in altri paesi UE.

Tutti i numeri sugli stranieri in Italia, li trovate qui

Qui invece le parole delle migrazioni: cosa intendiamo con migranti, rifugiati, richiedenti asilo, immigrati, profughi?

Migranti 2020: i numeri in Italia al 30 aprile

Nei primi quattro mesi del 2020 sono sbarcate in Italia 3.469 persone, un incremento del 118% rispetto allo stesso periodo 2019, quando arrivarono 1.600 persone. Ad aprile sono arrivate 671 persone, dato in incremento rispetto a marzo ma inferiore agli arrivi di gennaio e febbraio.

Se prendiamo gli ultimi 12 mesi – esercizio più significativo che non paragonare gli anni solari o i singoli mesi – passiamo dai 14.683 arrivi tra il 1 maggio 2018 e il 30 aprile 2019 ai 22.081 arrivi del periodo 1 maggio 2019 – 30 aprile 2020, un aumento del 50%.

Tra i paesi di provenienza negli ultimi 12 mesi sono arrivate persone da Tunisia (2,5 mila persone, 12% del totale) seguite da Costa d’Avorio (1,6 mila persone, 7%), Algeria, Pakistan, Iraq e Sudan.

Nei primi quattro mesi del 2020 sono in crescita gli arrivi di persone da Bangladesh, Costa d’Avorio, Sudan, Algeria. Vedremo se si tratta di situazioni temporanee o se assisteremo ad una crescita degli arrivi di persone di queste provenienze, a discapito di tunisini e pakistani.

Quanto al genere e all’età delle persone sbarcate, il 68% delle persone arrivate sulle coste italiane negli ultimi 12 mesi è di sesso maschile, le donne sono il 10%, i minori il 22% – in buona parte minori non accompagnati. Nel 2020 stiamo assistendo a un calo della percentuale di uomini, con maggiore presenza di donne e minori.

Migranti 2020: i numeri in Europa al 30 aprile

Se consideriamo gli arrivi in tutta l’area del Mediterraneo, nei primi quattro mesi del 2020 sono arrivati via Mediterraneo in Europa circa 21 mila migranti, dato in linea con gli arrivi dello stesso periodo del 2019.

La Grecia continua ad essere l’approdo più significativo, con 9.629 arrivi nel 2020, di cui 7,6 mila via mare e duemila via terra attraverso il delta del fiume Evros tra Turchia e Grecia. È un dato inferiore ai primi quattro mesi del 2019, quando arrivarono 11 mila persone, grazie soprattutto al dato degli arrivi di aprile 2020, il più basso di sempre: solo 64, dopo che la Turchia ha ripreso a vigilare sulle partenze. In Grecia arrivano soprattutto afghani (il 45% degli arrivi) e siriani (23%).

In Spagna sono arrivate 6.339 persone nei primi quattro mesi del 2020, contro le 8,5 mila dello stesso periodo del 2019. Si tratta di persone che entrano in Spagna in gran parte via mare ma in parte anche via terra nelle enclave di Ceuta e Melilla confinanti con il Marocco. In Spagna arrivano persone provenienti dal Maghreb (soprattutto Marocco e Algeria) e dell’Africa subsahariana (Guinea, Mali, Costa d’Avorio, Senegal).

Vanno poi considerati anche i 1.200 arrivi registrati a Malta e i 500 registrati a Cipro.

Migranti 2020: i numeri in Italia al 31 marzo

Nei primi tre mesi del 2020 sono sbarcate in Italia 2.798 persone, un incremento del 115% rispetto allo stesso periodo 2019, quando arrivarono 1.300 persone. A marzo però c’è stato un deciso calo rispetto a gennaio e febbraio, con l’arrivo di sole 241 persone.

Se prendiamo gli ultimi 12 mesi – esercizio più significativo che non paragonare gli anni solari o i singoli mesi – passiamo dai 17.599 arrivi tra il 1 aprile 2018 e il 31 marzo 2019 ai 21.665 arrivi del periodo 1 aprile 2019 – 31 marzo 2020, un aumento del 23%.

Tra i paesi di provenienza negli ultimi 12 mesi sono arrivate persone da Tunisia (2,7 mila persone, 12% del totale) seguite da Costa d’Avorio (1,4 mila persone, 7%), Algeria, Pakistan, Bangladesh, Iraq e Sudan.

Nei primi tre mesi del 2020 sono in crescita gli arrivi di persone da Bangladesh, Algeria, Costa d’Avorio e Sudan. Vedremo se si tratta di situazioni temporanee o se effettivamente assisteremo ad una crescita degli arrivi di persone di queste provenienze, a discapito di tunisini e pakistani.

Quanto al genere e all’età delle persone sbarcate, il 71% delle persone arrivate sulle coste italiane negli ultimi 12 mesi è di sesso maschile, le donne sono il 9%, i minori il 20% – in buona parte minori non accompagnati. Queste percentuali sono sostanzialmente invariate nel corso del tempo, anche se i minori tendono ad un lieve incremento.

Migranti 2020: i numeri in Europa

Se consideriamo gli arrivi in tutta l’area del Mediterraneo, nei primi tre mesi del 2020 sono arrivati via Mediterraneo in Europa quasi 20 mila migranti (nello stesso periodo del 2019 furono 16 mila).

La Grecia continua ad essere l’approdo più significativo, con 9.581 arrivi nel 2020, di cui 7,5 mila via mare e duemila via terra attraverso il delta del fiume Evros tra Turchia e Grecia. È un dato superiore ai primi tre mesi del 2019, quando arrivarono ottomila persone, ma in calo rispetto agli ultimi mesi del 2019. In Grecia arrivano soprattutto afghani (il 45% degli arrivi) e siriani (23%).

In Spagna sono arrivate 5.797 persone nei primi tre mesi del 2020, contro le settemila dello stesso periodo del 2019. Si tratta di persone che entrano in Spagna in gran parte via mare ma in parte anche via terra nelle enclave di Ceuta e Melilla confinanti con il Marocco. In Spagna arrivano persone provenienti dal Maghreb (soprattutto Marocco e Algeria) e dell’Africa subsahariana (Guinea, Mali, Costa d’Avorio, Senegal).

Vanno poi considerati anche i 1.100 arrivi registrati a Malta e i 400 registrati a Cipro.

Migranti 2020: strategie politiche

Migrazioni e coronavirus

Seppure il tema migrazioni sia sparito dalle agende politiche e mediatiche, negli addetti ai lavori monta una crescente preoccupazione rispetto alla possibile diffusione del coronavirus in alcuni ambienti dove sono accolti, ospitati, segregati i migranti in Italia e in altri paesi europei.

In particolare, in Italia sale la preoccupazione per la situazione nei centri di accoglienza (CAS e SIPROIMI) e nei centri di permanenza e rimpatrio (CPR) – sigle e differenze sono spiegate qui.

Nei Centri di Accoglienza Straordinaria (CAS), dove sono ospitati soprattutto richiedenti asilo, la situazione è peggiorata con l’entrata in vigore del decreto sicurezza 118/2018, che ha favorito la creazione di grandi centri con centinaia di ospiti e ridotto i servizi sociali e sanitari erogati.

Una situazione che rende impraticabile il distanziamento sociale e impossibile evitare assembramenti. Non sono presenti inoltre i dispositivi di sicurezza: mascherine, guanti, igienizzanti. Sono persone che già normalmente possono avere problemi di accesso alle cure sanitarie, per questioni legali o burocratiche, e che in questo periodo rischiano di essere abbandonate a se stesse, a meno di un grande sforzo da parte degli operatori degli enti gestori.

Ancora più grave la situazione nei Centri di Permanenza e Rimpatrio, dove sono detenuti i migranti in attesa di rimpatrio. Qui si ha a che fare con molteplici problemi: i rimpatri sono bloccati ma nonostante questo nuove persone continuano ad entrare. Sono luoghi dove le persone vivono gioco forza in promiscuità, in condizioni sanitarie precarie, con pochissimi contatti con l’esterno e con pochi servizi garantiti.

In questa situazione, le misure di prevenzione e limitazione del contagio appaiono inapplicabili. Infatti, lo scorso 24 marzo si è registrato un primo caso positivo al Covid-19 nel Cpr di Gradisca d’Isonzo.

Queste situazioni sono state denunciate in un documento sottoscritto da decine di associazioni. Nel documento si avanzano anche delle proposte per migliorare la situazione: consentire ai richiedenti asilo ospiti dei CAS di accedere anche agli alloggi del SIPROIMI, normalmente riservati solo ai rifugiati (sono alloggi diffusi in cui convivono piccoli gruppi di persone e con più servizi socio-sanitari a disposizione); dotare i servizi di accoglienza dei dispositivi di sicurezza necessari; garantire il supporto sanitario necessario a chi si ammala di Covid-19 o ha bisogno di essere messo in quarantena.

La situazione al confine tra Grecia e Turchia

La situazione è ancora peggiore in Grecia. Qui il pericolo è che il coronavirus si diffonda nei campi profughi delle isole greche e del continente, dove vivono ammassate e in condizioni sanitarie devastanti decine di migliaia di persone.

A fine marzo, una donna residente nel campo profughi di Ritsona – 70 chilometri a nord di Atene – è risultata positiva al test; il campo ospita 2.300 persone, di cui 250 minori non accompagnati, ed è stato messo in quarantena, per quanto si possa mettere in quarantena migliaia di persone in una situazione del genere.

Stessa situazione nel campo profughi di Malakasa – 2.500 persone a 40 chilometri da Atene – dove un uomo è risultato positivo. In un comunicato del sindacato di polizia di Atene (riportato in questo articolo di ValigiaBlu), preoccupato per l’incolumità degli agenti, si legge che le misure igieniche a Malakasa sono “inesistenti” e che:

Il Covid-19 produrrà una bomba che lentamente esploderà a causa della mancanza di protezioni sanitarie di base.

La soluzione richiesta da più parti è quella di chiudere i campi e redistribuire i migranti in situazioni più consone al momento: tendopoli strutturate, con servizi sanitari adeguati e adatte al rispetto delle misure di distanziamento; alberghi; trasferimenti in altri paesi europei.

Quest’ultima strada chiama in causa un’Europa che però sulla questione Grecia – Turchia si è limitata a guardare da lontano, esprimendo supporto alla linea greca di non far entrare nessuno. La presidente della Commissione Europea Ursula Von Der Leyen ha usato parole devastanti: “grazie alla Grecia per essere il nostro scudo”. Una metafora bellica che poteva francamente risparmiarsi, e che esprime l’unica posizione comune che i capi di stato europei riescono a condividere: tenere fuori i migranti dai confini.

Per il resto, le misure annunciate a livello europeo rappresentano interventi marginali e più che altro una strategia illusionista per poter dire “vedete, abbiamo fatto qualcosa”: un contributo di 700 milioni alla Grecia (che comprende un contributo di duemila euro ai migranti dei campi profughi greci che decideranno di tornare al proprio paese) e la disponibilità a trasferire in altri paesi una quota dei minori non accompagnati presenti nei campi.

Migranti 2020: i numeri in Italia al 29 febbraio

Nei primi due mesi del 2020 sono sbarcate in Italia 2.557 persone, un incremento dell’876% rispetto allo stesso periodo 2019, quando arrivarono 262 persone. A febbraio sono arrivate 1.200 persone, un centinaio in meno rispetto a gennaio. Vedremo nei prossimi mesi se si tratta di un dato temporaneo o della ripresa di un trend di crescita.

Se prendiamo gli ultimi 12 mesi – esercizio più significativo che non paragonare gli anni solari o i singoli mesi – passiamo dai 18.386 arrivi tra il 1 marzo 2018 e il 28 febbraio 2019 ai 21.686 arrivi del periodo 1 marzo 2019 – 29 febbraio 2020, un aumento del 18%.

Tra i paesi di provenienza negli ultimi 12 mesi sono arrivate persone da Tunisia (2,7 mila persone, 12% del totale) seguite da Costa d’Avorio (1,4 mila persone, 7%), Algeria, Pakistan, Iraq e Bangladesh.

Nei primi due mesi del 2020 sono in crescita gli arrivi di persone da Bangladesh, Algeria, Costa d’Avorio e Sudan. Vedremo se si tratta di situazioni temporanee o se effettivamente assisteremo ad una crescita degli arrivi di persone di queste provenienze, a discapito di tunisini e pakistani.

Quanto al genere e all’età delle persone sbarcate, il 71% delle persone arrivate sulle coste italiane negli ultimi 12 mesi è di sesso maschile, le donne sono il 9%, i minori il 20% – in buona parte minori non accompagnati. Queste percentuali sono sostanzialmente invariate nel corso del tempo, anche se i minori tendono ad un lieve incremento.

Migranti 2020: i numeri in Europa al 29 febbraio

Se consideriamo gli arrivi in tutta l’area del Mediterraneo, nei primi due mesi del 2020 sono arrivati via Mediterraneo in Europa circa 15 mila migranti (nello stesso periodo del 2019 furono 11,7 mila).

La Grecia continua ad essere l’approdo più significativo, con 6.849 arrivi nel 2020, di cui 5,2 mila via mare e 1,6 mila via terra attraverso il delta del fiume Evros tra Turchia e Grecia. È un dato superiore ai primi due mesi del 2019, quando arrivarono 5 mila persone, ma in calo rispetto agli ultimi mesi del 2019. In Grecia arrivano soprattutto afghani (il 50% degli arrivi) e siriani (21%).

In Spagna sono arrivate 4.557 persone nei primi due mesi del 2020, contro le seimila dello stesso periodo del 2019. Si tratta di persone che entrano in Spagna in gran parte via mare ma in parte anche via terra nelle enclave di Ceuta e Melilla confinanti con il Marocco. In Spagna arrivano persone provenienti dal Maghreb (soprattutto Marocco e Algeria) e dell’Africa subsahariana (Guinea, Mali, Costa d’Avorio, Senegal).

Vanno poi considerati anche i 1.000 arrivi registrati a Malta e i 200 registrati a Cipro.

Migranti 2020: strategie politiche

La situazione al confine tra Grecia e Turchia

Il mese di febbraio è stato dominato dalla questione al confine sud orientale d’Europa, tra Grecia e Turchia. Il 27 febbraio Erdogan ha concretizzato la minaccia che da tempo sventolava, quella cioè di far saltare l’accordo siglato nel 2016 tra Unione Europea e Turchia affinché quest’ultima, in cambio di 6 miliardi di euro, trattenesse i profughi sul suo territorio, ponendo fine così all’esodo di massa lungo la rotta balcanica.

La Turchia ha messo in scena un vero e proprio assalto al fortino: non si è limitata a smettere di fare i controlli sui migranti in transito verso la Grecia, ma ha organizzato militarmente il trasporto dei migranti al confine greco, con autobus organizzati dalle autorità per agevolare lo spostamento ai confini di grandi masse di persone in poco tempo.

Così a Kastanies e dintorni, confine di terra greco-turco, si sono verificate scene di guerriglia, con la polizia greca che ha lanciato gas lacrimogeni contro le persone ammassate al confine, prima qualche centinaio, poi velocemente migliaia, decine di migliaia.

In questo frangente si sono diffuse le immagini di bambini alle prese con gli effetti dei gas lacrimogeni e, passata la guerriglia iniziale, le persone e le famiglie hanno iniziato ad accamparsi nei boschi e nelle cittadine nei pressi del confine: respinte dalla Grecia, e non più accolte dalla Turchia.

Lunedì 2 marzo è stata confermata dagli esperti di Forensic Architecture la notizia della morte di un ragazzo siriano di 22 anni, ucciso da un colpo di arma da fuoco sparato dalla polizia greca.

Contestualmente è andato in scena un putiferio ignobile sull’isola di Lesbo. Dalle sponde turche non solo hanno smesso di controllare le partenze, ma hanno preso a scortare i gommoni dei migranti fino alle acque greche. Qui si sono assistite a scene da far west, con la guardia costiera greca che è ricorsa ad ogni mezzo (spari, bastonate, manovre spericolate) pur di respingere i gommoni in arrivo.

In tutto questo, un gommone con a bordo 46 persone si è rovesciato provocando la morte di un bambino siriano che era a bordo con i suoi genitori. Il fatto è avvenuto mentre era in corso l’intervento della guardia costiera greca.

Anche sull’isola la situazione è molto tesa. Gli arrivi degli ultimi giorni hanno esacerbato animi già accesi: da settimane alcuni abitanti stavano protestando, sentendosi abbandonati dal governo greco che punta sulla linea di tenere confinati i profughi sulle isole, tanto che nel campo di Moria, a Lesbo, già erano presenti quasi 20 mila persone, con una capienza dichiarata di tremila.

L’escalation degli ultimi giorni è dovuta soprattutto all’attivismo di esponenti di Alba Dorata e altri gruppi di estrema destra, che hanno cercato di impedire lo sbarco dei migranti, bloccato i pullman diretti ai campi, minacciato, picchiato e preso a sassate attivisti delle Ong e giornalisti internazionali che tentavano di raccontare quello che stava succedendo.

In tutto questo la Grecia ha sospeso per un mese il diritto di asilo e ha iniziato a trasportare i profughi arrivati a Lesbo negli ultimi giorni con navi militari in campi di detenzione sulla terraferma, dove non potranno chiedere asilo.

Ma come mai è successo tutto questo? Erdogan ha dichiarato che l’Unione Europea non stava rispettando gli accordi, e che comunque la situazione in Turchia non era più accettabile, dopo che decine di migliaia di profughi siriani in fuga dalla provincia di Idlib si sono riversati al confine turco.

La ragione vera potrebbe però essere un’altra, ci ricorda il giornalista del Guardian Patrick Kingsley: la Turchia, in difficoltà nella sua campagna di Siria, avrebbe bisogno di supporto militare da parte delle potenze occidentali.

E l’Europa cosa fa? L’Unione Europea si è comportata ad ora meschinamente. La presidente della Commissione Europea Ursula Von Der Leyen ha usato parole devastanti: “grazie alla Grecia per essere il nostro scudo”. Una metafora bellica che poteva francamente risparmiarsi.

Il messaggio è chiaro: gli stati europei non vogliono rischiare di trovarsi con centinaia di migliaia di profughi, quindi appoggiano la Grecia che non fa entrare nessuno, e al tempo stesso stanno al gioco di Erdogan.

Come ne usciremo? Forse Erdogan otterrà qualcosa in più, e richiuderà i confini. Intanto le vittime di questi tristi dispute sono le persone più deboli: migliaia di persone già vessate dalla guerra e dalle circostanze della fuga sono tenute in ostaggio, e costrette a rischiare la vita in condizioni di vita disumane.

Il rinnovo degli accordi con la Libia

A proposito di accordi discutibili e che vincolano alle bizze di governi discutibili, anche l’Italia ha un accordo simile con la Libia. L’accordo è stato siglato nel 2017 dall’allora ministro Minniti (governo Gentiloni), ribadito e rafforzato da Salvini, e rinnovato il 2 febbraio 2020.

Nell’accordo, lo ricordiamo, l’Italia si impegna a finanziare e supportare la cosiddetta guardia costiera libica (cioè, in pratica, un ensemble di milizie di trafficanti e signori della guerra), e in cambio la Libia si impegna a bloccare le partenze di navi di migranti dalle sue coste, o a respingere quelle che partono e riportarli nei centri di detenzione, più volte certificati come luoghi di morte, tortura, violenza.

Forse a seguito delle polemiche suscitate, l’Italia ha fatto la mossa di inviare al governo libico un documento con la richiesta di alcune modifiche dell’accordo, dopo che lo stesso si era rinnovato. Si tratta peraltro di modifiche ininfluenti, che mirano a un maggiore controllo da parte degli organismi internazionali sui centri di detenzione, organismi che hanno più volte dichiarato di non essere in grado di esercitare questo controllo.

Insomma, c’è da scommettere che tutto andrà avanti così.

I decreti sicurezza e l’accoglienza in Italia

Il decreto Sicurezza e immigrazione, o decreto Salvini, è diventato legge a dicembre 2018, e ha iniziato a dispiegare i suoi effetti nel corso del 2019: decine di migliaia di persone private della protezione umanitaria, esclusione dei richiedenti asilo dal sistema di accoglienza e dalla residenza anagrafica, perdita del posto di lavoro di chi lavorava nei progetti di accoglienza, aumento del numero di persone irregolari. Ne abbiamo scritto qui.

Ora il governo Conte II, dopo mesi di immobilismo, discute se modificare o meno questa impostazione. Il ministro Lamorgese ha già pronte le modifiche ma deve negoziare con la maggioranza. Non si parla di reintrodurre la protezione umanitaria, ma di trovare il modo affinché i permessi per casi speciali possano essere utilizzati con maggiore flessibilità (qui abbiamo spiegato le differenze). Lamorgese sarebbe inoltre intenzionata a modificare anche il Decreto sicurezza bis, riducendo le sanzioni per le Ong che operano in mare e agendo in maniera più coordinata con le stesse. Qui abbiamo descritto tutte le modifiche ipotizzate.

Infine, al di là dei decreti sicurezza, il ministro starebbe pensando anche a una sanatoria: il numero di persone irregolari sta continuando a crescere, anche per effetto del Decreto Salvini, e, almeno per le persone che lavorano e dimostrano di essere da tempo integrate in Italia, sarebbe allo studio un provvedimento di regolarizzazione, che però dovrà passare dalle valutazioni della maggioranza oltre che dal prevedibile polverone che si solleverebbe, nonostante si tratti di un provvedimento che non può che avere effetti benefici.

Infine, al di là dei decreti sicurezza, il ministro starebbe pensando anche a una sanatoria: il numero di persone irregolari sta continuando a crescere, anche per effetto del Decreto Salvini, e, almeno per le persone che lavorano e dimostrano di essere da tempo integrate in Italia, sarebbe allo studio un provvedimento di regolarizzazione, che però dovrà passare dalle valutazioni della maggioranza oltre che dal prevedibile polverone che si solleverebbe, nonostante si tratti di un provvedimento che non può che avere effetti benefici.

Chiudiamo con una piccola triste storia: lo scorso 25 febbraio sarebbero dovute arrivare 66 persone dal Niger attraverso il meccanismo dei corridoi umanitari. Persone che aspettavano da mesi questo momento, persone già provate dalla fuga e, alcune, da condizioni sanitarie precarie. Ebbene, il trasferimento è stato bloccato “in via precauzionale” per il rischio coronavirus. Una decisione cinica e ingiustificata.

Migranti 2020: i numeri in Italia al 31 gennaio

A gennaio 2020 sono sbarcate in Italia 1.340 persone, un incremento del 570% rispetto a gennaio 2019, quando arrivarono 200 persone, e del 130% rispetto a dicembre 2019.

Come mai? Bisognava rinegoziare gli accordi con la Libia, ed è probabile che le milizie libiche abbiano lasciato partire più barche del solito per fare pressione sull’Italia e indebolirla all’atto della firma dei nuovi accordi. Vedremo comunque nei prossimi mesi se si tratta di un dato estemporaneo o della ripresa di un trend di crescita.

Se prendiamo gli ultimi 12 mesi – esercizio più significativo che non paragonare gli anni solari o i singoli mesi – passiamo dai 19.391 arrivi tra il 1 febbraio 2018 e il 31 gennaio 2019 ai 20.529 arrivi del periodo 1 febbraio 2019 – 31 gennaio 2020, un aumento del 6%.

Tra i paesi di provenienza negli ultimi 12 mesi sono arrivate persone da Tunisia (2,6 mila persone, 13% del totale) seguite da Costa d’Avorio (1,2 mila persone, 6%), Algeria, Pakistan e Iraq.

A gennaio 2020 sono arrivate soprattutto persone da Algeria, Costa d’Avorio e Bangladesh. Vedremo se si tratta di situazioni temporanee o se effettivamente assisteremo ad una crescita degli arrivi di persone di queste provenienze, a discapito di tunisini e pakistani.

Quanto al genere e all’età delle persone sbarcate, il 71% delle persone arrivate sulle coste italiane negli ultimi 12 mesi è di sesso maschile, le donne sono il 9%, i minori il 20% – in buona parte minori non accompagnati. Queste percentuali sono sostanzialmente invariate nel corso del tempo, anche se i minori tendono ad un lieve incremento.

Migranti 2020: i numeri in Europa al 31 gennaio

Se consideriamo gli arrivi in tutta l’area del Mediterraneo, nel mese di gennaio 2020 sono arrivati via Mediterraneo in Europa circa 8,2 mila migranti (a gennaio 2019 furono 6,8 mila).

La Grecia continua ad essere l’approdo più significativo, con 4.106 arrivi a gennaio 2020, di cui 3,2 mila via mare e 900 via terra attraverso il delta del fiume Evros tra Turchia e Grecia. È un dato superiore a gennaio 2019, quando arrivarono 2,6 mila persone, ma in calo rispetto agli ultimi mesi del 2019.

In Grecia arrivano soprattutto afghani (il 40% degli arrivi) e siriani (27%). Curioso l’arrivo di quattromila persone dalla Repubblica Democratica del Congo, che dal 2019 si sono spostate dal cuore dell’Africa in Turchia per poi entrare in Grecia.

In Spagna sono arrivate 2.402 persone a gennaio 2020, la metà rispetto a gennaio 2019. Si tratta di persone che entrano in Spagna in gran parte via mare ma in parte anche via terra nelle enclave di Ceuta e Melilla confinanti con il Marocco. In Spagna arrivano persone provenienti dal Maghreb (soprattutto Marocco e Algeria) e dell’Africa subsahariana (Guinea, Mali, Costa d’Avorio, Senegal).

Vanno poi considerati anche i 300 arrivi registrati a Malta e i 130 registrati a Cipro.

Migranti 2020: strategie politiche

Il rinnovo degli accordi con la Libia

Il 2019 è stato l’anno in cui, grazie ad un’inchiesta di Nello Scavo per Avvenire, era stato dimostrato ciò che in realtà sapevamo già: nel 2017 l’Italia, con Minniti, ha trattato direttamente con i trafficanti di esseri umani per siglare l’accordo che avrebbe notevolmente ridotto le partenze di migranti dalla Libia.

Ora quell’accordo, poi ulteriormente rafforzato da Salvini nel 2018, è stato rinnovato senza modifiche, continuando quindi a finanziare la guardia costiera libica (cioè, in pratica, le milizie di trafficanti e signori della guerra) per bloccare le partenze e riportare i migranti nei centri di detenzione, più volte certificati come luoghi di morte, tortura, violenza.

Le morti in mare

Negli ultimi cinque anni, dal 2014 al 2019, sono 15 mila le persone morte nel Mediterraneo. 15 mila. Una vera e propria ecatombe, che pure considera solo le morti di cui siamo a conoscenza.

Se si guarda ai numeri assoluti, il 2019 ha visto un calo nel numero di morti in mare, ma solo perché sono state in calo le partenze. In termini relativi, l’attraversamento del Mediterraneo è diventato ancora più pericoloso nel periodo di gestione Salvini, passando da un 2% circa di persone morte sul totale dei partiti a un dato superiore al 6%. In questi primi mesi di gestione Lamorgese il dato è tornato a calare, anche sotto alla soglia del 2%.

Ancora, altre questioni sono aperte: le condizioni dei migranti in Grecia e lungo la rotta balcanica, soprattutto al confine tra Bosnia e Croazia; l’evoluzione della guerra civile in Libia; il monitoraggio dell’accordo con la Turchia; la possibilità che la nuova Commissione Europea porti avanti un percorso politico comune sulla redistribuzione dei migranti, sulla riforma del Regolamento di Dublino, sulla costruzione di una politica di asilo comune.

Su tutte queste questioni, e su altre che si dovessero aprire, vigileremo e riporteremo nel corso del 2020.

CONDIVIDI
Exit mobile version