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Quanti migranti sono arrivati nel 2018?

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Photo credit: Jordi Bernabeu on Visualhunt / CC BY

Il 2018 è stato un altro anno di passione sul fronte migrazioni. L’anno si è concluso simbolicamente con due navi umanitarie cariche di persone abbandonate in mezzo al Mediterraneo dall’inezia europea e dall’arroganza italiana.

Il tutto mentre gli arrivi di migranti sono calati sensibilmente rispetto agli anni precedenti in Italia e in tutta Europa, con l’eccezione della Spagna, dopo che tra giugno 2014 e giugno 2017 erano arrivate in Italia 550 mila persone, in gran parte partite dalla Libia e provenienti da Nigeria, Eritrea e altri paesi dell’Africa subsahariana.

Dall’estate 2017 l’Italia ha adottato con la Libia il modello già utilizzato nel 2016 dall’Unione Europea con la Turchia: dare soldi e altre forme di sostegno in cambio del blocco delle partenze.

Nel 2018 questo modello è stato ulteriormente rafforzato, e in questo post aggiornato mensilmente ne abbiamo dato conto, riportando il numero di migranti in arrivo sulle coste italiane ed europee e le principali novità politiche di ciascun mese, che riassumiamo in questa versione finale.

Migranti 2018: i numeri in Italia

Secondo i dati Unhcr, tra il 1 gennaio e il 31 dicembre 2018 sono sbarcate in Italia 23.371 persone, quasi centomila in meno rispetto al 2017.

Si tratta di una chiara svolta rispetto agli anni scorsi, svolta che era stata avviata a luglio 2017 con i primi accordi dell’ex Ministro dell’Interno Minniti e poi resa ancora più evidente con l’insediamento del nuovo governo a giugno 2018.

Tra i paesi di provenienza (dato aggiornato al 30 novembre) il più rappresentato è la Tunisia (cinquemila persone, 23% del totale) seguito da Eritrea (3,3 mila persone, 15%), Iraq (85), Sudan e Pakistan (7%). Seguono Nigeria, Algeria e Costa d’Avorio.

Il 72% delle persone arrivate sulle coste italiane è di sesso maschile, le donne sono il 10%, i minori il 18% – in buona parte minori non accompagnati.

1.311 persone sono morte tentando di attraversare il Mediterraneo centrale nel 2018. Erano state 2.872 nel 2017, ma con molte più partenze.

Migranti 2018: i numeri in Europa

Se consideriamo gli sbarchi su tutte le coste europee, tra il 1 gennaio e il 31 dicembre 2018 sono arrivati via mare in Europa 121.755 migranti (nel 2017 furono 172.301).

La Spagna è ormai di gran lunga il nuovo paese europeo con il maggior numero di arrivi via mare, con 64 mila arrivi nel 2018. Il numero delle persone in arrivo, in gran parte via mare ma in parte anche via terra nelle enclave di Ceuta e Melilla confinanti con il Marocco, era già aumentato nel 2017, arrivando a 22 mila persone, numero triplicato nel 2018. In Spagna arriva un’umanità varia di diverse nazionalità dell’Africa subsahariana (Guinea, Mali, Costa d’Avorio, Gambia), del Maghreb (Marocco, Algeria), del Medio Oriente (Siria).

In Grecia sono arrivate 33 mila persone, circa tremila in più del 2017. L’accordo con la Turchia del 2016 ha fermato l’esodo di massa di profughi siriani, iracheni e afghani verso l’Europa che aveva portato al milione di arrivi in Grecia tra marzo 2015 e marzo 2016. Da allora in Grecia l’afflusso si è stabilizzato intorno ai due-tremila arrivi al mese; arrivano soprattutto siriani, afghani e iracheni che sfuggono alle maglie del controllo turco.

Migranti 2018: strategie politiche

Il tema migrazioni è in cima all’agenda politica e all’attenzione dell’opinione pubblica europea da ormai cinque anni e non ha perso rilevanza nemmeno nel 2018. L’Unione Europea fatica a trovare una politica comune e ogni stato bada più ai propri interessi e tornaconti elettorali che all’interesse comune europeo e globale. Ripercorriamo il 2018 dei migranti in 5 temi.

I bluff in sede europea

L’immigrazione è materia che spetta agli stati nazionali. Tuttavia è per sua natura un affare sovranazionale, che riguarda confini e relazioni internazionali, a maggior ragione in un contesto come quello dell’Unione Europea.

Gli stati però faticano maledettamente a trovare accordi. Tutti i governi hanno una gran smania di mostrare ai propri elettori una linea dura e intransigente con i migranti e con l’Europa.

L’unica linea che sembra mettere tutti d’accordo è quella di lasciare fuori dall’Europa il maggior numero possibile di migranti. È una strategia che ha funzionato con l’accordo con la Turchia del 2016, che da un anno e mezzo funge da barriera per i migranti siriani, iracheni, afghani, pakistani e che sta funzionando anche con la Libia, nonostante la traballante situazione politica del paese nord africano.

Per il resto, la gestione interna delle migrazioni non ha prodotto niente. A fine giugno 2018 si è tenuto un Consiglio europeo che si è concluso con un documento che non dice praticamente nulla ma che ha consentito a tutti i governi di tornare dai loro elettori rivendicando di “aver fatto ascoltare la propria voce”.

Nell’accordo si sosteneva l’idea di istituire hotspot nei paesi di transito, per valutare le domande di asilo in territorio africano e accogliere in Europa solo i migranti a cui viene riconosciuta la protezione internazionale. Tutti i paesi chiamati in causa – Tunisia, Marocco, Algeria, Egitto, Libia – si sono però già affrettati a dire che non apriranno nessun hotspot sul loro territorio e lo stesso presidente della Commissione Europea Juncker ha poi ammesso che si trattava di un’idea balzana.

Altro grande fallimento è stato il tentativo di riformare il regolamento di Dublino, che stabilisce che i migranti devono fare domanda di asilo nel primo paese di approdo in Europa quindi Italia, Grecia e Spagna per chi arriva via mare.

Il Parlamento europeo aveva fatto un gran lavoro per modificare il regolamento, proponendo un superamento integrale del principio del primo paese d’ingresso per sostituirlo con un meccanismo di ripartizione dei migranti in arrivo sulle coste mediterranee.

La proposta però è arrivata molto annacquata al Consiglio Europeo (l’organo che riunisce i capi di stato dei paesi membri). La presidenza bulgara del Consiglio l’ha infatti modificata limitando l’introduzione del meccanismo di ripartizione per quote solo nei momenti di pressione migratoria intensa, con la possibilità da parte degli stati di rifiutare l’accoglienza dei migranti versando in cambio dei contributi monetari.

A quel punto alcuni paesi – tra cui Italia, Germania, Spagna, Austria, Ungheria e Polonia – si sono espressi in maniera contraria alla proposta della presidenza bulgara, che avrebbe comunque rappresentato un piccolo seppur poco significativo passo.

Gli accordi con Libia e Niger

L’unica cosa su cui l’Europa pare riuscire a muoversi con efficacia è il controllo dei confini esterni, anche se anche qui sono più i singoli stati a prendere iniziative che comunque vedono l’appoggio degli altri paesi, finché si tratta di bloccare i migranti.

Gli accordi con la Libia erano stati tessuti e poi conclusi dal governo Gentiloni nel 2017, in particolare con l’impegno dell’ex ministro dell’interno Minniti. Il governo italiano ha di fatto stretto accordi con milizie libiche che gestiscono il traffico dei migranti (i famigerati trafficanti, fino a ieri nemico pubblico numero uno) pur di impedire le partenze dalle coste libiche, come aveva svelato un’inchiesta di Associated Press.

Gli accordi sono stati poi confermati e rafforzati dal nuovo ministro dell’interno Salvini, la cui prima visita all’estero dopo solo venti giorni dall’insediamento è stata proprio in Libia, per varare quello che ha egli stesso definito un “piano di rafforzamento urgente” delle forze libiche.

Ancora più a monte, l’Unione Europea – con la Francia in testa – è molto attiva in Niger, paese di transito dei migranti che andavano in Libia per poi partire verso l’Europa. L’obiettivo è quello di fermare i migranti prima, anche per ridurre il peso strategico di un paese instabile e molto frammentato come la Libia, oltre che per lavare un po’ di coscienze evitando che le persone finiscano nei terribili centri di detenzione libici.

Nel 2018 l’Unione Europea ha riversato centinaia di milioni di euro per supportare la riconversione dell’economica nigerina, prima basata sui servizi connessi al transito dei migranti. Si tratta di un’operazione molto complicata e rischiosa per gli effetti che potrà avere sulla regione, ma la priorità assoluta degli stati europei è stata anche in questo caso fermare il flusso dei migranti.

Le navi in mezzo al mare

Il risultato di queste iniziative volte a ridurre le partenze dalla Libia e dall’Africa in generale è che molte meno imbarcazioni sono partite e quelle che sono partite sono state intercettate e respinte dalla guardia costiera libica rafforzata grazie al contributo italiano.

Quelle che sono riuscite a partire e sfuggire al controllo libico sono state poi intercettate da altre navi – della Marina Militare italiana, delle Ong, o navi commerciali – che nel 2018 si sono scontrate con il ritornello demagogico salviniano dei porti chiusi.

Abbiamo assistito così a un anno di navi in mezzo al mare, di uomini, donne, bambini in mezzo al mare costretti a sofferenze supplementari, insultati da un ministro in felpa, rifiutati da tutti.

In principio fu l’Aquarius, la nave dell’Ong Sos Mediterranée (che avevamo intervistato qui) con 629 persone a bordo a cui Italia e Malta hanno negato l’approdo, approdata a Valencia il 17 giugno dopo nove giorni in mare.

Il 16 luglio una nave della Guardia di finanza con 450 persone a bordo è stata fatta attraccare a Pozzallo dopo tre giorni di attesa solo dopo che l’Italia ha ottenuto la disponibilità di Francia, Malta, Germania, Spagna e Portogallo ad accogliere parte di quei migranti.

Il 31 luglio è terminata l’incredibile odissea della nave cargo Sarost 5. La nave è rimasta in mare 22 giorni con 40 persone a bordo – tra cui due donne incinte – perché nessun paese voleva farla attraccare. Dopo essere rimasta bloccata tre settimane in mare è attraccata al porto di Zarzis, in Tunisia.

Il mese di agosto è stato dominato mediaticamente dal caso Diciotti. Il 15 agosto la nave militare della Guardia costiera italiana ha soccorso 190 persone nel mar Mediterraneo. È rimasta 5 giorni in mare fino a che il 20 agosto è stata fatta attraccare al porto di Catania, ma alle persone a bordo non è stato consentito di scendere per un’altra settimana.

Altre situazioni simili si sono succedute nei mesi successivi, fino all’ultimo caso delle navi umanitarie Sea Watch e Sea Eye, che sono state in mare rispettivamente 18 e 12 giorni, l’una con 32 e l’altra con 17 persone a bordo, fino allo sbarco a Malta del 9 gennaio.

In realtà, come ricorda Roberto Saviano, quella dei porti chiusi non è una vera e propria politica ma uno strumento di propaganda e un’arma nelle trattative con l’Europa sulla redistribuzione dei migranti. A fronte di poche situazioni in cui il governo chiude i porti per farlo sapere a voce alta sui media, ve ne sono molte altre in cui le navi continuano ad attraccare ai porti italiani.

Si tratta tuttavia di una lotteria che scoraggia e ostacola l’azione di salvataggio delle navi. Le navi commerciali sono totalmente disincentivate dal portare a termine interventi di soccorso di persone in mare, visto che corrono il rischio di dover vagare giorni con persone in condizioni difficili a bordo prima di poter attraccare, perdendo tempo e denaro.

Le Ong invece continuano a subire una campagna denigratoria, che ha probabilmente raggiunto il culmine con le accuse di traffico illecito di rifiuti che l’infaticabile procuratore di Catania Carmelo Zuccaro ha rivolto a Medici Senza Frontiere per il lavoro svolto sulla nave Aquarius. Intanto però altre navi tornano a riaffacciarsi nel Mediterrano: si tratta delle navi di Sea Watch, Open Arms e Mediterranea che hanno dato l’annuncio in un comunicato congiunto di fine novembre.

Nuove vecchie rotte

Non c’è solo la rotta Libia – Italia a condurre i migranti in Europa. Da quando dalla metà del 2017 la portata di questa rotta è stata notevolmente ridotta, la rotta più trafficata è diventata quella del Mediterraneo occidentale, ossia quella Marocco – Spagna.

La Spagna è diventata nel 2018 la nuova frontiera calda d’Europa, e di gran lunga paese di maggior approdo. I migranti partono dalle coste del nord del Marocco per approdare nel sud della Spagna, sulle coste dell’Andalusia o, in misura minore, alle Canarie. Oppure attraversano via terra il confine in terra marocchina, scavalcando le terribili recinzioni che separano il Marocco dalle enclave spagnole di Ceuta e Melilla.

Si è poi tornato a parlare nel 2018 di rotta balcanica. Certo, i numeri sono molto minori rispetto all’esodo di un milione di persone che tra il 2015 e il 2016, dopo essere sbarcato in Grecia, percorreva i Balcani per arrivare in Germania o Austria.

Particolarmente calda è la situazione in Bosnia Erzegovina, dove si trovano migliaia di profughi siriani, iracheni, afghani che hanno attraversato Grecia, Albania e Montenegro prima di arrivare in Bosnia dove sono accampati nella speranza di varcare il confine con la Croazia, che significherebbe Unione Europea, e proseguire poi per Trieste.

I dati, aggiornati a ottobre 2018, riportano 13 mila ingressi in Bosnia nel 2018, contro i 600 del 2017. Vivono per lo più in campi ed edifici abbandonati nelle città di confine di Bihac e Velika Kladusa, dove sono completamente abbandonati a sé stessi dalle autorità pubbliche e ricevono sostegno solo dalla popolazione. Provano in tutti i modi a superare il confine, ma la polizia croata li respinge con metodi brutali.

La riforma del sistema di accoglienza italiano

Il 2018 è stato anche l’anno di importanti riforme interne promosse dal governo con il Decreto sicurezza e immigrazione – detto anche Decreto Salvini – approvato a dicembre dal Parlamento.

Il decreto abolisce l’istituto della protezione umanitaria, la forma di protezione più utilizzata per i richiedenti asilo che fanno domanda in Italia, con la motivazione che sarebbe una forma di protezione aggiuntiva alle due forme condivise a livello internazionale (lo status di rifugiato e la protezione sussidiaria – qui abbiamo spiegato le differenze) presente solo in Italia.

In realtà, come spiegato da Maurizio Ambrosini su lavoce.info, non è così. Tutti i paesi europei prevedono una qualche forma di permesso aggiuntivo, utilizzata per garantire protezione a situazioni di persone particolarmente vulnerabili che correrebbero seri rischi per la propria incolumità se rimandate in patria. Per non parlare del rischio di costringere alla clandestinità 70 mila persone, che sarà molto difficile rimpatriare nonostante le promesse di Salvini.

Il decreto modifica inoltre radicalmente l’impostazione del sistema di accoglienza dei migranti in Italia, come abbiamo spiegato ampiamente qui. In particolare cambia nome e sostanza allo Sprar, il Sistema di Protezione Richiedenti Asilo e Rifugiati, che diventerà “Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e minori stranieri non accompagnati”. In pratica i richiedenti asilo non potranno più accedere al sistema, considerato una buona prassi a livello internazionale perché in grado di garantire non solo vitto e alloggio in situazioni abitative non concentrate ma anche servizi per l’integrazione, quali l’insegnamento della lingua italiana, attività socio-culturali, supporto all’inserimento lavorativo e abitativo.

I richiedenti asilo saranno quindi essere interamente dirottati nei cosidetti Cas – Centri di Accoglienza Straordinaria, più volte criticati perché spesso concentrano le persone in grandi strutture con forte impatto sul territorio, con scarse misure di promozione dell’integrazione e con minore controllo sull’utilizzo dei fondi (a proposito di contrasto al “business dell’immigrazione“).

Come sempre, occorrerà attendere l’implementazione delle nuove norme per comprendere in concreto quali effetti avranno. Tuttavia la storia spesso insegna che i provvedimenti più restrittivi finiscono per alimentare ciò che vorrebbero combattere (l’illegalità) e sfavorire ciò che dovrebbero promuovere (l’integrazione).

In conclusione, il 2018 ha segnato in Italia e in Europa un’ulteriore stretta alla libertà di movimento delle persone provenienti da paesi poveri e/o in guerra. Il risultato di tutti questi egoismi che paiono insuperabili è che la fortezza Europa è sempre più tale per i migranti. Accedere per vie legali in aereo è quasi impossibile, e le vie illegali alternative vengono chiuse una ad una, senza curarsi delle conseguenze umanitarie.

Ai margini dell’Europa, le persone continuano a morire e soffrire.

Quanti sono gli immigrati residenti in Italia e in Europa?

E in tutto, irregolari compresi, quanti sono gli stranieri presenti in Italia?

Le parole delle migrazioni: cosa intendiamo con migranti, rifugiati, richiedenti asilo, immigrati, profughi?

Tra giugno 2014 e giugno 2017 sono arrivate via mare in Italia 550 mila persone, la gran parte proveniente dall’Africa subsahariana – Nigeria ed Eritrea i paesi di origine più rappresentati – su imbarcazioni partite dalla Libia. Da luglio 2017 la frequenza degli arrivi è calata sensibilmente, come effetto degli accordi che Italia e Unione Europea hanno stretto con la Libia e con altri paesi di transito dei migranti, come il Niger.

Lo stesso meccanismo era già stato adottato con i profughi siriani, afghani e iracheni che fino a marzo 2016 entravano in Europa dalla Turchia. Più di un milione in un anno, cifra che ha convinto l’Europa a versare sei miliardi di euro nelle casse turche in cambio della chiusura dei confini. Cosa sta succedendo nel 2018?

Migranti 2018: i numeri in Italia al 30 novembre

Secondo i dati Unhcr, tra il 1 gennaio e il 30 novembre 2018 sono sbarcate in Italia 22.550 persone, 95 mila in meno rispetto allo stesso periodo del 2017.

A novembre 2018 sono arrivate 980 persone, erano 5.600 a novembre 2017 e 13.500 a novembre 2016.

Tra i paesi di provenienza (dato aggiornato al 31 ottobre) il più rappresentato è la Tunisia (4.800 persone, 23% del totale) seguito da Eritrea (tremila persone, 14%), Sudan (8%), Iraq e Pakistan (6%). Seguono Nigeria, Algeria e Costa d’Avorio.

Rispetto al 2017 il dato più significativo è la crescita proporzionale degli arrivi dalla Tunisia, che è in realtà dovuta alla diminuzione drastica di arrivi da altri paesi, su tutti la Nigeria.

Il 72% delle persone arrivate sulle coste italiane è di sesso maschile, le donne sono il 9%, i minori il 19% – in buona parte minori non accompagnati.

Migranti 2018: i numeri in Europa al 30 novembre

Se consideriamo gli sbarchi su tutte le coste europee, tra il 1 gennaio e il 30 novembre 2018 sono arrivati via mare in Europa circa 110 mila migranti. 29 mila sono sbarcati in Grecia e 59 mila in Spagna.

La Spagna è ormai di gran lunga il nuovo paese europeo con il maggior numero di arrivi via mare. Il numero delle persone in arrivo, in gran parte via mare ma in parte anche via terra nelle enclave di Ceuta e Melilla confinanti con il Marocco, era già aumentato nel 2017, arrivando a 22 mila persone, numero già ampiamente superato nel 2018. In Spagna arriva un’umanità varia di diverse nazionalità dell’Africa subsahariana (Guinea, Mali, Costa d’Avorio, Gambia), del Maghreb (Marocco, Algeria), del Medio Oriente (Siria).

In Grecia novembre ha segnato un ritorno al flusso abituale di circa duemila arrivi mensili, che era aumentato fino ai quattromila di ottobre; arrivano soprattutto siriani, afghani e iracheni che sfuggono alle maglie del controllo turco.

Migranti 2018: strategie politiche

Il tema migrazioni è in cima all’agenda politica e all’attenzione dell’opinione pubblica europea da ormai cinque anni e non accenna a perdere rilevanza. L’Unione Europea fatica a trovare una politica comune e ogni stato bada più ai propri interessi e tornaconti elettorali che all’interesse comune europeo e globale.

A livello europeo la questione è al momento sopita. Dopo la serie di vertici improduttivi dei mesi estivi, si procede sostanzialmente caso per caso. Quando l’Italia decide che non vuole far attraccare una nave si mette in moto una più o meno rapida diplomazia tra singoli paesi che accettano di prendere una quota dei migranti presenti su quella nave. Senza che ci sia però una regola condivisa che vada al di là delle contingenze.

Intanto però le persone muoiono, subiscono violenze e vivono in condizioni di grande sofferenza ai margini dell’Unione Europea. In Libia, dove i migranti respinti dall’Italia continuano a morire e subire violenze indicibili; in Bosnia, dove si trovano almeno 13 mila migranti respinti con ferocia dalla polizia croata e che affrontano l’inverno con il solo aiuto dei cittadini bosniaci; in Marocco, dove crescono arresti ed espulsioni arbitrarie di migranti, per compiacere un’Unione Europea preoccupata per l’aumento degli arrivi in Spagna.

Molto più attiva invece la politica interna, dove il governo Lega – Movimento 5 Stelle sembra essersi dato due obiettivi: chiudere a qualsiasi costo la rotta Libia-Italia, in questo proseguendo la linea Minniti, e rendere l’Italia un paese meno accogliente per gli stranieri.

Sul fronte della gestione dei flussi in partenza, il nuovo governo italiano non ha cambiato granché. Ha proseguito sulla linea tracciata dal governo precedente, in particolare dall’ex Ministro dell’Interno Minniti, che già aveva notevolmente ridotto le partenze, e dunque gli arrivi, sulle nostre coste attraverso accordi con la Libia e altri paesi africani che evidentemente stanno tenendo.

Ha però introdotto una nuova modalità di gestione delle imbarcazioni che partono dalla Libia, rafforzando la collaborazione con la guardia costiera libica per aumentare i respingimenti e rendere sempre più complicato il salvataggio in mare.

Con questo tweet Vincent Cochetel, Inviato Speciale dell’UNCHR per la situazione del Mediterraneo Centrale, commenta un dato storico: nel 2018 il numero di persone respinte in Libia è superiore a quello delle persone arrivate in Italia dalla Libia.

Il dato, aggiornato al 30 settembre, confronta le 12.500 persone arrivate via mare in Italia dalla Libia con le 14.500 persone partite e respinte dalla Guardia costiera libica a seguito degli accordi con l’Italia, e dà la misura del muro d’acqua, sempre più alto, che si sta mettendo lungo la rotta del Mediterraneo centrale e che costringe decine di migliaia di persone a ritornare in un paese, la Libia, dove sono notoriamente esposte a torture, violenze, stupri, soprusi.

Quanti migranti sono arrivati nel 2017?

Migranti 2018: i numeri in Italia al 31 ottobre

Secondo i dati Unhcr, tra il 1 gennaio e il 31 ottobre 2018 sono sbarcate in Italia 21.578 persone, l’81% in meno rispetto ai primi dieci mesi del 2017.

A ottobre 2018 sono arrivate mille persone, pensate che erano seimila a ottobre 2017 e 27 mila a ottobre 2016.

Tra i paesi di provenienza (dato aggiornato al 30 settembre) il più rappresentato è la Tunisia (4.500 persone, 21% del totale) seguito da Eritrea (tremila persone, 14%), Sudan (8%), Iraq e Pakistan (6%). Seguono Nigeria e Costa d’Avorio.

Rispetto al 2017 il dato più significativo è la crescita degli arrivi dalla Tunisia. La crescita è iniziata dalla seconda metà del 2017 ed è proporzionalmente così importante anche perché nel contempo sono drasticamente diminuite le partenze dalla Libia, da dove arrivavano le persone delle nazionalità più rappresentate nel 2017 quali Nigeria, Guinea e Costa d’Avorio. Rispetto all’anno precedente sono inoltre praticamente scomparsi i bangladesi – ne arrivarono circa diecimila nel 2017, sono 99 nel 2018.

Il 72% delle persone arrivate sulle coste italiane è di sesso maschile, le donne sono il 9%, i minori il 19% – in buona parte minori non accompagnati.

Migranti 2018: i numeri in Europa al 31 ottobre

Se consideriamo gli sbarchi su tutte le coste europee, tra il 1 gennaio e il 31 ottobre 2018 sono arrivati via mare in Europa circa 102 mila migranti. 27 mila sono sbarcati in Grecia e 53 mila in Spagna.

La Spagna è ormai di gran lunga il nuovo paese europeo con il maggior numero di arrivi via mare. Il numero delle persone in arrivo, in gran parte via mare ma in parte anche via terra nelle enclave di Ceuta e Melilla confinanti con il Marocco, era già aumentato nel 2017, arrivando a 22 mila persone, numero già ampiamente superato nel 2018. In Spagna arriva un’umanità varia di diverse nazionalità dell’Africa subsahariana (Guinea, Mali, Costa d’Avorio, Gambia), del Maghreb (Marocco, Algeria), del Medio Oriente (Siria).

In Grecia si riscontra un lieve ma costante aumento di arrivi a partire da agosto – dai 2.500 arivi di luglio siamo passati ai quattromila di ottobre; arrivano soprattutto siriani, afghani e iracheni che sfuggono alle maglie del controllo turco.

Migranti 2018: strategie politiche

Il tema migrazioni è in cima all’agenda politica e all’attenzione dell’opinione pubblica europea da ormai cinque anni e non accenna a perdere rilevanza. L’Unione Europea fatica a trovare una politica comune e ogni stato bada più ai propri interessi e tornaconti elettorali che all’interesse comune europeo e globale.

Nei mesi estivi si sono tenuti diversi incontri a diversi livelli che sostanzialmente non hanno prodotto nulla. La linea europea sulle migrazioni rimane ancorata al regolamento di Dublino, secondo cui i migranti devono chiedere asilo nel paese di primo approdo, quindi Italia, Grecia e Spagna per chi arriva via mare. La proposta di modifica portate dal Parlamento Europeo non ha avuto successo per l’opposizione di diversi Stati tra cui, sorprendentemente, l’Italia.

Accordi e accordicchi vengono annunciati e poi smentiti, e per ora si procede caso per caso. Quando l’Italia decide che non vuole far attraccare una nave si mette in moto una più o meno rapida diplomazia tra singoli paesi che accettano di prendere una quota dei migranti presenti su quella nave. Senza che ci sia però una regola condivisa che vada al di là delle contingenze.

Al momento, peraltro, non se ne sente il bisogno impellente. In Italia, abbiamo visto, non stanno praticamente più arrivando migranti (ma sarà sempre così?), e Grecia e Spagna non sollevano le stesse questioni.

Più morti e più respingimenti

Sul fronte della gestione dei flussi in partenza, il nuovo governo italiano non ha cambiato granché. Ha proseguito sulla linea tracciata dal governo precedente, in particolare dall’ex Ministro dell’Interno Minniti, che già aveva notevolmente ridotto le partenze, e dunque gli arrivi, sulle nostre coste attraverso accordi con la Libia e altri paesi africani che evidentemente stanno tenendo.

Ha però introdotto una nuova modalità di gestione delle imbarcazioni che partono dalla Libia, rafforzando la collaborazione con la guardia costiera libica per aumentare i respingimenti e rendere sempre più complicato il salvataggio in mare.

Le Ong sono sparite dalla scena per opera a dire la verità non direttamente del governo italiano ma di una specie di congiura internazionale che comprende Malta, che tiene ferme in porto alcune navi senza chiari motivi, Panama, che si rifiuta di registrare la nave Aquarius, e un po’ tutti i paesi europei, da cui non è che si stiano levando voci forti per la ripresa delle operazioni delle navi delle Ong.

Il risultato di tutta questa situazione è uno spaventoso aumento della probabilità di morire nel Mediterraneo a partire dal mese di giugno, quando cioè si è insediato il governo Conte. I migranti morti nel Mediterraneo sulla rotta centrale verso l’Italia sono già circa 1.300 nel 2018. Nel 2017 erano di più, ma con molte più partenze.

Secondo l’analisi di Ispi, tra giugno e settembre 2018 sono morte 8 persone al giorno tentando di attraversare il Mediterraneo, contro le 3 al giorno del periodo luglio 2017 – maggio 2018, quando cioè sono state in vigore le cosidette politiche Minniti.

La figura sopra riportata rende in maniera eloquente la differenza tra i due periodi: a fronte di una diminuzione degli arrivi di un’ulteriore 48% rispetto al periodo Minniti, nel periodo Salvini i morti sono aumentati del 147%.

Migranti 2018: i numeri in Italia al 30 settembre

Secondo i dati Unhcr, tra il 1 gennaio e il 30 settembre 2018 sono sbarcate in Italia 20.571 persone, l’80% in meno rispetto ai primi nove mesi del 2017.

Il mese di settembre 2018, con 884 arrivi, è stato il mese con il minor numero di persone sbarcate degli ultimi anni.

Tra i paesi di provenienza (dato aggiornato al 31 agosto) il più rappresentato è la Tunisia (3.700 persone, 20% del totale) seguito da Eritrea (tremila persone, 16%), Sudan (8%), Nigeria (7%), Pakistan (6%). Seguono Iraq e Costa d’Avorio.

Il 71% delle persone arrivate sulle coste italiane è di sesso maschile, le donne sono il 9%, i minori il 20% – in buona parte minori non accompagnati.

Migranti 2018: i numeri in Europa

Se consideriamo gli sbarchi su tutte le coste europee, tra il 1 gennaio e il 30 settembre 2018 sono arrivati via mare in Europa circa 87 mila migranti. 23 mila sono sbarcati in Grecia e 43 mila in Spagna.

La Spagna è ormai di gran lunga il nuovo paese europeo con il maggior numero di arrivi via mare. Il numero delle persone in arrivo, in gran parte via mare ma in piccola parte anche via terra nelle enclave di Ceuta e Melilla confinanti con il Marocco, era già aumentato nel 2017, arrivando a 22 mila persone, numero già quasi doppiato nel 2018. In Spagna arriva un’umanità varia di diverse nazionalità dell’Africa subsahariana (Guinea, Mali, Costa d’Avorio), del Maghreb (Marocco, Algeria), del Medio Oriente (Siria).

In Grecia gli arrivi sono da qualche mese assestati sui due-tremila al mese – anche se a settembre si è sfiorata quota quattromila – e arrivano soprattutto siriani, afghani e iracheni che sfuggono alle maglie del controllo turco.

Migranti 2018: i numeri in Italia al 31 agosto

Secondo i dati Unhcr, tra il 1 gennaio e il 31 agosto 2018 sono sbarcate in Italia 19.687 persone, l’80% in meno rispetto ai primi otto mesi del 2017.

Nel mese di agosto 2018 sono arrivate 1.500 persone, mai così poche in un mese estivo degli ultimi anni: ad agosto 2014, 2015 e 2016 arrivarono 22-24 mila persone, ad agosto 2017 quattromila.

Tra i paesi di provenienza il più rappresentato è la Tunisia (3.700 persone, 19% del totale) seguito da Eritrea (tremila persone, 16%), Sudan (9%), Nigeria (7%), Costa d’Avorio (6%). Seguono Pakistan, Iraq e Mali.

Il 71% delle persone arrivate sulle coste italiane è di sesso maschile, le donne sono il 10%, i minori il 19% – in buona parte minori non accompagnati.

Migranti 2018: i numeri in Europa

Se consideriamo gli sbarchi su tutte le coste europee, tra il 1 gennaio e il 31 agosto 2018 sono arrivati via mare in Europa circa 74 mila migranti. 19 mila sono sbarcati in Grecia e 35 mila in Spagna.

La Spagna sta quindi diventando sempre più il paese europeo con maggiori arrivi di migranti. Il numero delle persone in arrivo, in gran parte via mare ma in piccola parte anche via terra nelle enclave di Ceuta e Melilla confinanti con il Marocco, era già aumentato nel 2017, arrivando a 22 mila persone, numero già ampiamente superato nel 2018. In Spagna arriva un’umanità varia di diverse nazionalità dell’Africa subsahariana (Guinea, Mali, Costa d’Avorio), del Maghreb (Marocco, Algeria), del Medio Oriente (Siria, Iraq).

In Grecia gli arrivi sono da qualche mese assestati sui due-tremila al mese, e arrivano soprattutto siriani e iracheni che sfuggono alle maglie del controllo turco.

Migranti 2018: strategie politiche

L’Europa e gli incontri interlocutori

Ad agosto abbiamo assistito ad un altro atto della pantomima dei governi europei sul tema migrazioni. Il 30 agosto si è tenuto un incontro informale tra i ministri della Difesa dei paesi europei, in cui l’Italia puntava a ottenere la rotazione dei porti di sbarco delle navi della missione Sophia. Come prevedibile gli altri paesi hanno detto no, e la ministra Trenta si è detta molto delusa. Il giorno dopo si sono riuniti i ministri degli esteri e alla fine hanno detto una cosa tipo “va beh, vedremo”.

Sophia è una missione militare internazionale a guida italiana che ha diversi obiettivi, tra cui il contrasto al traffico di esseri umani e la formazione della guardia costiera libica. Pur non avendolo tra le priorità, le navi dell’operazione che pattugliano il Mediterraneo sono tenute a svolgere anche attività di soccorso, e ad attraccare presso i porti italiani.

Va detto che la missione Sophia è comunque in scadenza a dicembre, molti paesi suggeriscono quindi di ridiscuterne contenuti e modalità dopo la scadenza. Concretamente insomma non cambia molto, sembra più una forzatura del governo italiano per sollevare la questione davanti all’elettorato interno più che non una reale esigenza dell’immediato.

Le navi in mezzo al mare

Il mese di agosto è stato dominato mediaticamente dal caso Diciotti. Il 15 agosto la nave militare della Guardia costiera italiana ha soccorso 190 persone nel mar Mediterraneo. È rimasta 5 giorni in mare in attesa che il governo italiano provasse prima a mandare la nave a Malta – accusata di non aver soccorso i migranti – poi a ottenere garanzie sulla distribuzione dei migranti in altri paesi europei.

Il 20 agosto la nave ha potuto attraccare al porto di Catania, ma alle persone a bordo – fatto salvo per i minori e alcune persone in condizioni sanitarie critiche – non è stato consentito di scendere per un’altra settimana. I migranti e i membri dell’equipaggio sono stati così di fatto trattenuti sulla nave per dieci giorni, tra l’imbarazzo generale.

La soluzione del caso porta con sé alcune importanti – e per alcuni preoccupanti – novità sulle modalità di accoglienza dei migranti in Italia, ben riassunte in questo articolo. Ad esempio si sperimenta un ricollocamento dei migranti in paesi extra Unione Europea (l’Albania) e un ambiguo intervento privato (della Chiesa) nella gestione dell’accoglienza.

D’altra parte casi molto simili si susseguono da quando si è insediato il nuovo governo, prendendo di mira navi dello Stato, delle Ong e navi commerciali. Come risultato, le Ong non sono più presenti nel Mediterraneo centrale, paradossalmente proprio nel momento in cui si certifica che le accuse contro di loro non avevano fondamento.

Le stesse navi commerciali sono totalmente disincentivate dal portare a termine interventi di salvataggio di persone in mare, visto che si trovano poi a dover vagare giorni con persone in condizioni difficili a bordo prima di poter attraccare, perdendo tempo e denaro.

Cosa è cambiato con il nuovo governo

È inevitabile collegare queste vicende al nuovo-vecchio corso del governo italiano. Vecchio perché altro non si tratta che la prosecuzione della linea Minniti che già aveva notevolmente ridotto le partenze, e dunque gli arrivi, sulle nostre coste.

Nuovo perché si è introdotta una voluta confusione sul gioco apro i porti/chiudo i porti per rendere ancora più difficile l’attracco delle navi con migranti a bordo, ma più che altro per guadagnare continua attenzione mediatica e consenso politico. A qualsiasi costo. Che significa: più morti e più respingimenti in Libia.

I migranti morti nel Mediterraneo sulla rotta centrale verso l’Italia sono già più di mille nel 2018. Sono stati 2.200 nello stesso periodo del 2017, ma con molte più partenze. In particolare, il numero di morti ha avuto un incremento spaventoso nel mese di giugno 2018, quando sono morte 587 persone. Ne erano morte 54 in tutti i tre mesi precedenti.

Può essere una coincidenza di un mese, ma è il mese in cui è entrata in azione la stretta ancora più decisa del nuovo governo italiano, che ha ulteriormente delegato il salvataggio ai libici, reso molto più ardua l’azione delle navi delle Ong, e scoraggiato anche le navi cargo e commerciali che poi devono vagare giorni prima di poter attraccare da qualche parte.

La Spagna è la nuova frontiera calda

Mentre l’Italia fa di tutto per rimanere mediaticamente appariscente, l’attenzione si sposta gradualmente sulla Spagna, ormai di gran lunga paese di maggior approdo. Non certo a causa dei seicento migranti dirottati dal governo italiano a giugno sull’Aquarius ma per un crescente numero di partenze dal Marocco, che desta sempre più preoccupazione in ambienti europei.

Il numero di migranti in arrivo in Spagna è in continua crescita e ormai notevolmente superiore a quello italiano. Di fronte a questa nuova situazione, la Spagna appare impreparata: il sistema di accoglienza, pensato per piccoli numeri, non regge. Il nuovo governo si è appena insediato, a parole si mostra aperto ma dovrà dimostrare di saper gestire una non facile situazione.

La nuova rotta balcanica

Si segnala poi una significativa ripresa di movimenti lungo la rotta balcanica, su un nuovo tragitto denominato “New Balkan Route” che vede i migranti uscire dalla Grecia attraverso Albania e Montenegro, entrare in Bosnia e qui rimanere bloccati al confine con la Croazia. Nel 2018 sono già 6.500 le persone che sono entrate in Bosnia lungo questa via, contro le 700 dell’intero 2017.

Migranti 2018: i numeri in Italia al 31 luglio

Secondo i dati Unhcr, tra il 1 gennaio e il 31 luglio 2018 sono sbarcate in Italia 18.196 persone, l’81% in meno rispetto ai primi sette mesi del 2017.

Nel mese di luglio 2018 sono arrivate 1.782 persone, mai così poche in un mese estivo degli ultimi anni: a luglio 2014, 2015 e 2016 arrivarono 24 mila persone, a luglio 2017 11 mila.

Tra i paesi di provenienza il più rappresentato è la Tunisia (tremila persone, 19% del totale) seguito da Eritrea (2,5 mila persone, 16%), Sudan (9%), Nigeria (8%), Costa d’Avorio (6%). Seguono Pakistan, Iraq e Mali.

Il 71% delle persone arrivate sulle coste italiane è di sesso maschile, le donne sono il 10%, i minori il 19% – in buona parte minori non accompagnati.

Migranti 2018: i numeri in Europa al 31 luglio

Se consideriamo gli sbarchi su tutte le coste europee, tra il 1 gennaio e il 31 luglio 2018 sono arrivati via mare in Europa circa 62 mila migranti. 16 mila sono sbarcati in Grecia e 28 mila in Spagna.

La Spagna sta quindi diventando sempre più il paese europeo con maggiori arrivi di migranti. Il numero delle persone in arrivo, in gran parte via mare ma in piccola parte anche via terra nelle enclave di Ceuta e Melilla confinanti con il Marocco, era già aumentato nel 2017, arrivando a 22 mila persone, numero già superato a metà 2018. In Spagna arriva un’umanità varia di diverse nazionalità dell’Africa subsahariana (Guinea, Mali, Costa d’Avorio), del Maghreb (Marocco, Algeria), del Medio Oriente (Siria, Iraq).

In Grecia gli arrivi sono da qualche mese assestati sui due-tremila al mese, e arrivano soprattutto siriani e iracheni che sfuggono alle maglie del controllo turco.

Migranti 2018: strategie politiche

Il Consiglio europeo e i suoi non risultati

Il concitato Consiglio europeo di fine giugno si è concluso con un documento che non dice praticamente nulla ma che ha consentito a tutti i governi di tornare dai loro elettori rivendicando di “aver fatto ascoltare la propria voce”.

Nell’accordo l’Europa intende percorrere la strada di istituire hotspot nei paesi di transito, per valutare le domande di asilo in territorio africano e accogliere in Europa solo i migranti a cui viene riconosciuta la protezione internazionale. Tutti i paesi chiamati in causa – Tunisia, Marocco, Algeria, Egitto, Libia – si sono però già affrettati a dire che non apriranno nessun hotspot sul loro territorio.

Rimane in piedi solo la collaborazione con il Niger, già attiva da diversi mesi, per impedire ai migranti di entrare in Libia e sperimentare la valutazione delle domande di asilo in questo paese, come ha iniziato a fare la Francia ovviamente con un’azione unilaterale senza coinvolgere l’Europa.

Non cambia nulla sul fronte del regolamento di Dublino. Non solo il regolamento non è stato modificato, ma addirittura si è stabilito che può essere riformato solo all’unanimità e non più su base maggioritaria. In sostanza i migranti dovranno continuare a chiedere asilo nel paese di primo approdo, quindi Italia, Grecia e Spagna per chi arriva via mare.

Le navi in mezzo al mare

A luglio abbiamo assistito ad altri battibecchi e situazioni ambigue sulla pelle dei migranti. Il 16 luglio una nave della Guardia di finanza con 450 persone a bordo è stata fatta attraccare a Pozzallo dopo tre giorni di attesa solo dopo che l’Italia ha ottenuto la disponibilità di Francia, Malta, Germania, Spagna e Portogallo ad accogliere parte di quei migranti. L’evento è stato celebrato come una vittoria politica dal Presidente del Consiglio Conte.

Il 17 luglio gli operatori dell’Ong spagnola Open Arms hanno trovato un gommone distrutto al largo delle acque libiche. A bordo hanno trovato i cadaveri di una donna e di un bambino, e hanno salvato Josephine, una donna camerunense che è riuscita a sopravvivere giorni al naufragio con una tenacia spaventosa.

Il gommone era in teoria stato soccorso dalla guardia costiera libica, come dimostrano alcune conversazioni radio registrate, perciò gli operatori di Open Arms non si spiegano come mai hanno trovato la scena di un gommone distrutto con delle persone lasciate sostanzialmente alla morte. Per questo motivo hanno ipotizzato che in realtà i libici non siano intervenuti, denunciando la situazione come omissione di soccorso. Salvini ha bollato il racconto di Open Arms come fake news, ma non ha fornito ricostruzioni alternative credibili né chiarimenti sulla vicenda.

Il 31 luglio è terminata l’incredibile odissea della nave cargo Sarost 5. La nave è rimasta in mare 22 giorni con 40 persone a bordo – tra cui due donna incinte – perché nessun paese voleva farla attraccare. Dopo aver ricevuto il rifiuto di Tunisia, Malta e Italia, la Sarost 5 ha preso a stazionare al largo del porto più vicino, quello di Zarzis in Tunisia, dove è rimasta bloccata tre settimane e dove alla fine è attraccata.

Migranti 2018: i numeri in Italia al 30 giugno

Secondo i dati Unhcr, tra il 1 gennaio e il 30 giugno 2018 sono sbarcate in Italia 16.414 persone, l’80% in meno rispetto ai primi sei mesi del 2017. Nel mese di giugno 2018 sono arrivate tremila persone, mentre in tutti gli anni precedenti – 2014, 2015, 2016, 2017 – erano sempre arrivate 22/23 mila persone.

Tra i paesi di provenienza (dato aggiornato al 31 maggio 2018) il più rappresentato è la Tunisia (circa 2.700 persone, 22% del totale) seguito da Eritrea (2.200 persone, 17%), Nigeria (7%), Costa d’Avorio e Sudan (6%). Seguono Mali, Guinea e Pakistan.

Il 72% delle persone arrivate sulle coste italiane è di sesso maschile, le donne sono il 12%, i minori il 16% – in buona parte non accompagnati.

Migranti 2018: i numeri in Europa al 30 giugno

Se consideriamo gli sbarchi su tutte le coste europee, tra il 1 gennaio e il 30 giugno 2018 sono arrivati via mare in Europa circa 48 mila migranti. 13.694 sono sbarcati in Grecia e 17.781 in Spagna.

La Spagna è quindi in questo momento il paese europeo con il maggior numero di arrivi. Il numero delle persone in arrivo, in parte via mare e in parte via terra nelle enclave di Ceuta e Melilla confinanti con il Marocco, era già aumentato nel 2017, arrivando a 22 mila persone, numero destinato ad essere superato nel 2018. In Spagna arriva un’umanità varia di diverse nazionalità dell’Africa subsahariana (Guinea, Mali, Costa d’Avorio), del Maghreb (Marocco, Algeria), del Medio Oriente (Siria, Iraq).

In Grecia gli arrivi sono da qualche mese assestati sui due-tremila al mese, e arrivano soprattutto siriani e iracheni che sfuggono alle maglie del controllo turco.

Migranti 2018: strategie politiche

Il mese di giugno è stato particolarmente caldo, con diversi paesi che hanno posto questioni sul tavolo, a partire dall’Italia con il nuovo governo 5 Stelle – Lega. È stato un lungo mese di sfide, ricatti, accuse, uscite propagandistiche che si è concluso con il vertice europeo del 28 e 28 giugno in cui i 28 stati membri hanno prodotto un documento praticamente irrilevante. La montagna ha partorito un topolino.

Tutto è (ri)cominciato con la nota vicenda dell’Aquarius, la nave dell’Ong Sos Mediterranée a cui Italia e Malta hanno negato l’approdo. Dopo nove giorni trascorsi in mezzo al mare con 629 persone a bordo, la nave ha dovuto affrontare un lungo viaggio per attraccare a Valencia, dopo la disponibilità data dal nuovo governo socialista spagnolo.

Da quel momento per le Ong è praticamente impossibile svolgere il loro lavoro. La nave Lifeline ha dovuto restare in mare per una settimana prima di poter sbarcare le 234 persone che trasportava a Malta, per poi essere messa sotto sequestro. L’Aquarius non può più rifornirsi a Malta, dovendo rientrare ogni volta al porto di Marsiglia. La nave Sea Watch dell’omonima Ong è stata bloccata a Malta dalle autorità e non si sa quando potrà ripartire.

Lungo tutto il mese c’è stata poi un’inutile cagnara tra Conte e Macron, la crescente difficoltà della Merkel il cui governo è stato messo in discussione dagli alleati proprio sul punto dei migranti, la visita di Salvini in Libia a cui è seguito il varo di un “piano di rafforzamento urgente” delle forze libiche, che dovranno sempre più agire come controllori delle frontiere esterne europee.

In mezzo a questa confusione è infine arrivato l’incontro del Consiglio europeo di fine giugno, in cui a quanto pare si è sfiorata la rottura prima di arrivare al già citato documento firmato dai 28 stati membri.

Sembra assurdo, come sottolinea Patrick Kingsley sul New York Times, ma l’Unione Europea rischia di sfaldarsi sul tema migrazioni proprio nel momento in cui gli arrivi di migranti sono ai minimi termini. L’emergenza, se anche così vogliamo chiamare un fenomeno che andava avanti da almeno tre anni, è finita da un anno.

Da due anni l’accordo stretto con la Turchia funge da barriera per i migranti siriani, iracheni, afghani, pakistani che fino a inizio 2016 entravano in Grecia per poi percorrere la rotta balcanica. Un accordo simile è in vigore da un anno anche con la Libia, grazie all’operato dell’ex ministro Minniti. Un accordo che ha molte contraddizioni, e che relega di fatto decine o centinaia di migliaia di persone a un destino di violenze, torture, stupri, ricatti, quando non alla morte.

L’Europa del 2018 è quindi un’entità politica sempre più chiusa e sempre più vittima degli egoismi nazionali. In questo gioco che riguarda più i destini politici di leader e movimenti che non l’interesse comune, a rimetterci non sono solo le persone respinte a frontiere esterne sempre più lontane e indefinibili, ma anche gli europei, qualsiasi cosa voglia dire questa parola.

Migranti 2018: i numeri in Italia al 31 maggio

Secondo i dati Unhcr, tra il 1 gennaio e il 31 maggio 2018 sono sbarcate in Italia 13.313 persone. Gli arrivi sono in crescita rispetto a inizio anno, ma siamo ben lontani dai numeri del 2017 (60 mila arrivi tra gennaio e maggio), 2016 (47 mila), 2015 (48 mila).

Tra i paesi di provenienza (dato aggiornato al 30 aprile 2018) il più rappresentato è la Tunisia (circa 1.900 persone, 21% del totale) seguito da Eritrea (1.800 persone, 20%), Nigeria (8%), Sudan e Costa d’Avorio (6%). Seguono Pakistan, Mali e Guinea.

Rispetto ai mesi precedenti sono meno presenti i paesi dell’Africa occidentale (Nigeria, Costa d’Avorio, Senegal, Guinea, Gambia), mentre il dato più significativo è la crescita degli arrivi dalla Tunisia, che arriva ad essere il paese più rappresentato nel 2018. Pur con alti e bassi, l’arrivo di persone tunisine è un fenomeno che ha ormai una sua consistenza da settembre 2017.

Il 70% delle persone arrivate sulle coste italiane è di sesso maschile, le donne sono il 12%, i minori il 18% – in gran parte non accompagnati.

Interessante notare che mentre lo scorso anno il 97% delle imbarcazioni era partito dalla Libia, nei primi quattro mesi del 2018 questa percentuale è al 72%. Cresce invece la percentuale di partenze dalla Tunisia, che raggiungono ora il 21%.

Migranti 2018: i numeri in Europa

Se consideriamo gli sbarchi su tutte le coste europee, tra il 1 gennaio e il 31 maggio 2018 sono arrivati via mare in Europa circa 35 mila migranti. 11.278 sono sbarcati in Grecia e 10.639 in Spagna.

Fino ad ora quindi gli arrivi nei tre paesi quasi si equivalgono. In Grecia arrivano soprattutto siriani (43%) e iracheni (23%) che sfuggono alle maglie del controllo turco. In Spagna il numero delle persone in arrivo, in parte via mare e in parte via terra nelle enclave di Ceuta e Melilla confinanti con il Marocco, è aumentato passando dagli ottomila del 2016 ai 22 mila del 2017. Il trend sembra continuare a inizio 2018, con una crescita significativa proprio a maggio.

Migranti 2018: strategie politiche

Il tema migrazioni è in cima all’agenda politica e all’attenzione dell’opinione pubblica europea da ormai quattro anni e non accenna a perdere rilevanza. Moltissime sono le questioni poste, proposte, affrontate, risolte, fallite in questo tempo.

L’Unione Europea fatica a trovare una politica comune e ogni stato sembra badare più ai propri interessi e tornaconti elettorali che all’interesse comune europeo e globale.

Gli stati mediterranei, Italia e Grecia soprattutto, sono alle prese con una prima accoglienza che, a causa della chiusura delle frontiere interne all’Europa e dell’assurdo regolamento di Dublino, diventa un’accoglienza di lungo periodo che genera molti malumori e molti disagi, innanzitutto per i migranti.

Gli stati del centro-nord Europa – Austria, Germania, Danimarca, Svezia – accolgono già grandi numeri di richiedenti asilo e rifugiati e non sembrano disposti ad accoglierne altri, definendo quote e chiudendo confini.

Gli stati dell’est Europa mostrano un atteggiamento di chiusura totale, rifiutando di accogliere anche numeri minimi di richiedenti asilo, come dimostra la rigidissima gestione delle frontiere in Ungheria.

L’unica linea che sembra mettere tutti d’accordo è quella di lasciare fuori dall’Europa il maggior numero possibile di migranti. È una strategia che ha funzionato con l’accordo con la Turchia, che da un anno e mezzo funge da barriera per i migranti siriani, iracheni, afghani, pakistani e che sta funzionando anche con la Libia, nonostante la traballante situazione politica del paese nord africano.

È una linea molto pragmatica che mette in secondo piano la questione umanitaria. È stato ampiamente documentato come la Libia sia un posto infernale per i migranti, vittime di torture, violenze, stupri, ricatti.

Ancora più a monte della Libia, l’Italia e l’Unione Europea sono molto attive in Niger, per due motivi. Primo, non vogliono che altri migranti entrino in Libia. Ciò renderebbe meno strategici gli accordi con un paese instabile e molto frammentato come la Libia, oltre a lavare un po’ di coscienze evitando che le persone finiscano nei terribili centri di detenzione libici. Il controllo di questa “nuova frontiera europea” si sta rivelando però molto problematico. Secondo, vogliono raccogliere le domande di asilo direttamente in Niger, e che il Niger accolga temporaneamente i migranti mentre questi attendono l’esito delle loro domande.

I problemi però non mancano; l’economia nigerina, per molto tempo basata sui servizi connessi al transito dei migranti, è in ginocchio, nonostante gli investimenti europei per la ricollocazione lavorativa di chi operava nel settore, e i presunti vantaggi dei programmi europei ancora non si vedono.

La strategia europea di esternalizzare il controllo delle frontiere a sud della Libia è dunque piena di insidie, e di conseguenze imprevedibili sul medio-lungo periodo, in un paese – il Niger – tra i più poveri al mondo e non estraneo ai richiami del fondamentalismo islamico.

In Turchia intanto i migranti esclusi dall’Europa – in gran parte siriani – vivono un crescente sentimento di ostilità da parte della società turca, già sfociata in episodi di violenza, ma che si manifesta anche in inevitabili difficoltà di integrazione nel medio periodo, con scarse prospettive educative e occupazionali e la sensazione di vivere una vita sospesa tra la patria perduta e quell’Europa meta irraggiungibile del progetto migratorio di molti di loro. Tanto che alcuni stanno ritornando in patria, nonostante la totale mancanza di sicurezza.

Le conseguenze di queste politiche europee sono ben riassunte in questo articolo pubblicato da Frontline, e non è un riassunto piacevole. Attraversare il Mediterraneo è diventato sempre più pericoloso, dalle 37 morti ogni 10 mila persone del 2015 alle 180 del 2017. Decine di migliaia di persone sono intrappolate nei confini interni dell’Europa, in Grecia, Bulgaria, Serbia, Italia stessa, in condizioni in alcuni casi disumane. Delle situazioni che i migranti vivono in Libia e Turchia abbiamo già detto.

Il 2018 vede quindi un’Europa sempre più impegnata a contenere i flussi di migranti in arrivo, con ulteriori sviluppi nei suoi interventi diretti nei paesi africani, a partire dal Niger, e il rafforzamento della cooperazione con la Turchia per impedire l’accesso al continente ai profughi siriani, afghani e iracheni.

Migranti 2018: i numeri in Italia al 30 aprile

Secondo i dati Unhcr, tra il 1 gennaio e il 30 aprile 2018 sono sbarcate in Italia 9.418 persone. Con circa tremila arrivi, aprile 2018 ha fatto registrare un leggero aumento rispetto a febbraio e marzo, ma siamo ben lontani dai numeri del 2017 (13 mila arrivi ad aprile), 2016 (novemila), 2015 (16 mila).

Tra i paesi di provenienza (dato aggiornato al 31 marzo 2018) il più rappresentato è l’Eritrea (circa 1.600 persone, 25% del totale) seguito da Tunisia (1.200 persone, 19%), Nigeria (6%), Pakistan e Libia. Seguono Costa d’Avorio, Sudan e Guinea.

Rispetto ai mesi precedenti sono meno presenti i paesi dell’Africa occidentale (Nigeria, Costa d’Avorio, Senegal, Guinea, Gambia), mentre il dato più significativo è la crescita degli arrivi dalla Tunisia a partire da settembre 2017.

Il 68% delle persone arrivate sulle coste italiane (dato aggiornato al 31 marzo 2018) è di sesso maschile, le donne sono il 13%, i minori il 19% – in gran parte non accompagnati.

Interessante notare che mentre lo scorso anno più del 95% delle imbarcazioni era partito dalla Libia, nei primi due mesi del 2018 questa percentuale è al 74%. Sono infatti cresciute le partenze dalla Tunisia, che raggiungono ora il 19%.

Migranti 2018: i numeri in Europa al 30 aprile

Se consideriamo gli sbarchi su tutte le coste europee, tra il 1 gennaio e il 30 aprile 2018 sono arrivati via mare in Europa circa 24 mila migranti. 8.300 sono sbarcati in Grecia e 6.300 in Spagna.

Fino ad ora quindi gli arrivi nei tre paesi quasi si equivalgono. In Grecia gli arrivi sono in crescita per il terzo mese. Sono stati tremila ad aprile, soprattutto sulle isole di Lesbo e Samos. In Spagna il numero delle persone in arrivo, in parte via mare e in parte via terra nelle enclave di Ceuta e Melilla confinanti con il Marocco, è aumentato passando dagli ottomila del 2016 ai 22 mila del 2017. Il trend sembra continuare a inizio 2018.

Migranti 2018: strategie politiche

Il 2018 vede un’Europa sempre più impegnata a contenere i flussi di migranti in arrivo, con ulteriori sviluppi nei suoi interventi diretti nei paesi africani, a partire dal Niger, e il rafforzamento della cooperazione con la Turchia per impedire l’accesso al continente ai profughi siriani, afghani e iracheni.

L’Italia è pienamente su questa linea, anche se contemporaneamente ha esteso il progetto dei corridoi umanitari attivo da un paio di anni con i profughi siriani a rifugiati provenienti da paesi africani come Eritrea, Somalia e Sud Sudan.

La prospettata riforma del regolamento di Dublino, approvata dal Parlamento europeo, si arenerà probabilmente al Consiglio europeo, dove difficilmente gli stati membri troveranno un accordo.

Non è dato sapere, invece, cosa succederà ai migranti. Se davvero molti di loro rinunceranno a partire, se vivranno una vita in transito, se troveranno nuove rotte e nuovi varchi di ingresso.

Migranti 2018: i numeri in Italia al 31 marzo

Secondo i dati Unhcr, tra il 1 gennaio e il 31 marzo 2018 sono sbarcate in Italia 6.306 persone. Nei primi tre mesi del 2017 erano arrivate in Italia 24.292 persone, il calo è quindi del 74%.

Marzo 2018 è stato il mese con il minor numero di sbarchi degli ultimi quattro anni, da quando cioè si fa partire l’incremento nel flusso di arrivi rispetto agli standard precedenti. Lo era già stato febbraio, due mesi sono ancora un periodo di tempo limitato ma certamente è un segnale se consideriamo che anche i mesi precedenti hanno fatto registrare un calo sensibile.

Tra i paesi di provenienza (dato aggiornato al 28 febbraio 2018) il più rappresentato è l’Eritrea (circa 1.400 persone, 25% del totale) seguito da Tunisia (mille persone, 20%), Nigeria (6%), Pakistan e Libia.

Rispetto ai mesi precedenti sono dunque meno presenti i paesi dell’Africa occidentale (Nigeria, Costa d’Avorio, Senegal, Guinea, Gambia) e crescono l’Eritrea e i paesi del nord Africa (soprattutto la Tunisia), ma i dati relativi a due mesi sono ancora poco significativi per evidenziare eventuali trend.

Il 68% delle persone arrivate sulle coste italiane (dato aggiornato al 28 febbraio 2018) è di sesso maschile, le donne sono il 14%, i minori il 18% – in gran parte non accompagnati.

Interessante notare che mentre lo scorso anno più del 95% delle imbarcazioni era partito dalla Libia, nei primi due mesi del 2018 questa percentuale è al 74%. Sono infatti cresciute le partenze dalla Tunisia, un fenomeno che si osserva da qualche mese e cha ha riguardato mille persone a gennaio 2018.

Migranti 2018: i numeri in Europa al 31 marzo

Se consideriamo gli sbarchi su tutte le coste europee, tra il 1 gennaio e il 31 marzo 2018 sono arrivati via mare in Europa 16.700 mila migranti. 5.400 sono sbarcati in Grecia e 5 mila in Spagna.

Fino ad ora quindi gli arrivi nei tre paesi quasi si equivalgono. In Grecia continuano ad arrivare alcune persone, al ritmo di circa mille – duemila al mese, soprattutto sulle isole di Lesbo e Samos. In Spagna il numero delle persone in arrivo, in parte via mare e in parte via terra nelle enclave di Ceuta e Melilla confinanti con il Marocco, è aumentato passando dagli ottomila del 2016 ai 22 mila del 2017. Il trend sembra continuare a inizio 2018.

Migranti 2018: i numeri in Italia al 28 febbraio

Secondo i dati Unhcr, tra il 1 gennaio e il 28 febbraio 2018 sono sbarcate in Italia 5.258 persone. Nei primi due mesi del 2017 erano arrivate in Italia 13.439 persone, il calo è quindi del 61%.

Febbraio 2018 è stato il mese con il minor numero di sbarchi degli ultimi quattro anni, da quando cioè si fa partire l’incremento nel flusso di arrivi rispetto agli standard precedenti. Un mese, per di più un mese invernale, è tuttavia un periodo di tempo troppo limitato per poter dire se si tratta di un segnale destinato a durare.

Tra i paesi di provenienza (dato aggiornato al 31 gennaio 2018) il più rappresentato è l’Eritrea (28% delle persone arrivate) seguito da Tunisia (15%), Pakistan (7%) e, sotto il 5%, Nigeria, Libia, Costa d’Avorio, Senegal.

Rispetto ai mesi precedenti sono dunque meno presenti i paesi dell’Africa occidentale (Nigeria, Costa d’Avorio, Senegal, Guinea, Gambia) e crescono l’Eritrea e i paesi del nord Africa (Tunisia, Libia, Algeria), ma i dati relativi ad un mese sono ancora poco significativi per evidenziare eventuali trend.

La gran parte dei migranti sbarca nei porti della Sicilia (il 92%), la restante parte approda tra Calabria e Sardegna. Il 67% delle persone arrivate sulle coste italiane (dato aggiornato al 31 gennaio 2018) è di sesso maschile, le donne sono il 14%, i minori il 19% – in gran parte non accompagnati.

Interessante notare che mentre lo scorso anno più del 95% delle imbarcazioni era partito dalla Libia, nel primo mese del 2018 questa percentuale è al 78%. Sono infatti cresciute le partenze dalla Tunisia – un fenomeno che si osserva da qualche mese e cha ha riguardato seicento persone a gennaio 2018 – e da Turchia e Grecia (300 persone). Anche qui però attendiamo i dati relativi ad un periodo più lungo per trarre indicazioni significative.

Migranti 2018: i numeri in Europa al 28 febbraio

Se consideriamo gli sbarchi su tutte le coste europee, tra il 1 gennaio e il 28 febbraio 2018 sono arrivati via mare in Europa 10.109 migranti. 2.700 circa sono sbarcati in Grecia e più di tremila in Spagna.

Merita un rapido approfondimento la situazione spagnola. Da gennaio 2017 i numeri degli arrivi in Spagna, in parte via mare e in parte via terra nelle enclave di Ceute e Melilla confinanti con il Marocco, sono aumentati passando dagli ottomila del 2016 ai 22 mila del 2017. Il trend sembra continuare a inizio 2018, con tremila persone arrivate in due mesi, così come nel 2017. Si tratta soprattutto di persone provenienti da Marocco, Algeria, Guinea, Costa d’Avorio, Gambia e Siria.

Migranti 2018: strategie politiche

Migranti 2018: i numeri in Italia al 31 gennaio

Secondo i dati Unhcr, tra il 1 e il 31 gennaio 2018 sono sbarcate in Italia 4.158 persone. Il dato è in linea con il mese di gennaio 2017, doppio rispetto al dato di dicembre 2017 ma inferiore a novembre 2017. Quindi? Quindi niente, un mese è un periodo di tempo troppo breve per fare qualsiasi considerazione.

Tra i paesi di provenienza il più rappresentato è l’Eritrea (28% delle persone arrivate) seguito da Tunisia (15%), Pakistan (7%) e, sotto il 5%, Nigeria, Libia, Costa d’Avorio, Senegal. La gran parte dei migranti sbarca nei porti della Sicilia. Il 67% delle persone arrivate sulle coste italiane è di sesso maschile, le donne sono il 14%, i minori il 19% – in gran parte non accompagnati.

Migranti 2018: i numeri in Europa al 31 gennaio

Se consideriamo gli sbarchi su tutte le coste europee, tra il 1 e il 31 gennaio 2018 sono arrivati via mare in Europa 7.296 migranti. 1.700 circa sono sbarcati in Grecia e 1.500 in Spagna. Non sono al momento disponibili informazioni più dettagliate sulle caratteristiche delle persone arrivate via mare in questi due paesi.

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