Quanti migranti sono arrivati nel 2018?48 min read

7 Gennaio 2019 Dati migrazioni -

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Sociologo

Quanti migranti sono arrivati nel 2018?48 min read

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Migranti 2018: i numeri in Italia al 31 luglio

migranti 2018

Secondo i dati Unhcr, tra il 1 gennaio e il 31 luglio 2018 sono sbarcate in Italia 18.196 persone, l’81% in meno rispetto ai primi sette mesi del 2017.

Nel mese di luglio 2018 sono arrivate 1.782 persone, mai così poche in un mese estivo degli ultimi anni: a luglio 2014, 2015 e 2016 arrivarono 24 mila persone, a luglio 2017 11 mila.

Tra i paesi di provenienza il più rappresentato è la Tunisia (tremila persone, 19% del totale) seguito da Eritrea (2,5 mila persone, 16%), Sudan (9%), Nigeria (8%), Costa d’Avorio (6%). Seguono Pakistan, Iraq e Mali.

Il 71% delle persone arrivate sulle coste italiane è di sesso maschile, le donne sono il 10%, i minori il 19% – in buona parte minori non accompagnati.

Migranti 2018: i numeri in Europa al 31 luglio

Se consideriamo gli sbarchi su tutte le coste europee, tra il 1 gennaio e il 31 luglio 2018 sono arrivati via mare in Europa circa 62 mila migranti. 16 mila sono sbarcati in Grecia e 28 mila in Spagna.

La Spagna sta quindi diventando sempre più il paese europeo con maggiori arrivi di migranti. Il numero delle persone in arrivo, in gran parte via mare ma in piccola parte anche via terra nelle enclave di Ceuta e Melilla confinanti con il Marocco, era già aumentato nel 2017, arrivando a 22 mila persone, numero già superato a metà 2018. In Spagna arriva un’umanità varia di diverse nazionalità dell’Africa subsahariana (Guinea, Mali, Costa d’Avorio), del Maghreb (Marocco, Algeria), del Medio Oriente (Siria, Iraq).

In Grecia gli arrivi sono da qualche mese assestati sui due-tremila al mese, e arrivano soprattutto siriani e iracheni che sfuggono alle maglie del controllo turco.

Migranti 2018: strategie politiche

Il Consiglio europeo e i suoi non risultati

Il concitato Consiglio europeo di fine giugno si è concluso con un documento che non dice praticamente nulla ma che ha consentito a tutti i governi di tornare dai loro elettori rivendicando di “aver fatto ascoltare la propria voce”.

Nell’accordo l’Europa intende percorrere la strada di istituire hotspot nei paesi di transito, per valutare le domande di asilo in territorio africano e accogliere in Europa solo i migranti a cui viene riconosciuta la protezione internazionale. Tutti i paesi chiamati in causa – Tunisia, Marocco, Algeria, Egitto, Libia – si sono però già affrettati a dire che non apriranno nessun hotspot sul loro territorio.

Rimane in piedi solo la collaborazione con il Niger, già attiva da diversi mesi, per impedire ai migranti di entrare in Libia e sperimentare la valutazione delle domande di asilo in questo paese, come ha iniziato a fare la Francia ovviamente con un’azione unilaterale senza coinvolgere l’Europa.

Non cambia nulla sul fronte del regolamento di Dublino. Non solo il regolamento non è stato modificato, ma addirittura si è stabilito che può essere riformato solo all’unanimità e non più su base maggioritaria. In sostanza i migranti dovranno continuare a chiedere asilo nel paese di primo approdo, quindi Italia, Grecia e Spagna per chi arriva via mare.

Le navi in mezzo al mare

A luglio abbiamo assistito ad altri battibecchi e situazioni ambigue sulla pelle dei migranti. Il 16 luglio una nave della Guardia di finanza con 450 persone a bordo è stata fatta attraccare a Pozzallo dopo tre giorni di attesa solo dopo che l’Italia ha ottenuto la disponibilità di Francia, Malta, Germania, Spagna e Portogallo ad accogliere parte di quei migranti. L’evento è stato celebrato come una vittoria politica dal Presidente del Consiglio Conte.

Il 17 luglio gli operatori dell’Ong spagnola Open Arms hanno trovato un gommone distrutto al largo delle acque libiche. A bordo hanno trovato i cadaveri di una donna e di un bambino, e hanno salvato Josephine, una donna camerunense che è riuscita a sopravvivere giorni al naufragio con una tenacia spaventosa.

Il gommone era in teoria stato soccorso dalla guardia costiera libica, come dimostrano alcune conversazioni radio registrate, perciò gli operatori di Open Arms non si spiegano come mai hanno trovato la scena di un gommone distrutto con delle persone lasciate sostanzialmente alla morte. Per questo motivo hanno ipotizzato che in realtà i libici non siano intervenuti, denunciando la situazione come omissione di soccorso. Salvini ha bollato il racconto di Open Arms come fake news, ma non ha fornito ricostruzioni alternative credibili né chiarimenti sulla vicenda.

Il 31 luglio è terminata l’incredibile odissea della nave cargo Sarost 5. La nave è rimasta in mare 22 giorni con 40 persone a bordo – tra cui due donna incinte – perché nessun paese voleva farla attraccare. Dopo aver ricevuto il rifiuto di Tunisia, Malta e Italia, la Sarost 5 ha preso a stazionare al largo del porto più vicino, quello di Zarzis in Tunisia, dove è rimasta bloccata tre settimane e dove alla fine è attraccata.

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Sociologo, lavora come progettista e project manager per Sineglossa. Per Le Nius è responsabile editoriale, autore e formatore. Crede nell'amore e ha una vera passione per i treni. fabio@lenius.it
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