Quanti migranti sono arrivati nel 2018?48 min read

7 Gennaio 2019 Dati migrazioni -

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Sociologo

Quanti migranti sono arrivati nel 2018?48 min read

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Migranti 2018: i numeri in Italia al 31 agosto

migranti 2018

Secondo i dati Unhcr, tra il 1 gennaio e il 31 agosto 2018 sono sbarcate in Italia 19.687 persone, l’80% in meno rispetto ai primi otto mesi del 2017.

Nel mese di agosto 2018 sono arrivate 1.500 persone, mai così poche in un mese estivo degli ultimi anni: ad agosto 2014, 2015 e 2016 arrivarono 22-24 mila persone, ad agosto 2017 quattromila.

Tra i paesi di provenienza il più rappresentato è la Tunisia (3.700 persone, 19% del totale) seguito da Eritrea (tremila persone, 16%), Sudan (9%), Nigeria (7%), Costa d’Avorio (6%). Seguono Pakistan, Iraq e Mali.

Il 71% delle persone arrivate sulle coste italiane è di sesso maschile, le donne sono il 10%, i minori il 19% – in buona parte minori non accompagnati.

Migranti 2018: i numeri in Europa

Se consideriamo gli sbarchi su tutte le coste europee, tra il 1 gennaio e il 31 agosto 2018 sono arrivati via mare in Europa circa 74 mila migranti. 19 mila sono sbarcati in Grecia e 35 mila in Spagna.

La Spagna sta quindi diventando sempre più il paese europeo con maggiori arrivi di migranti. Il numero delle persone in arrivo, in gran parte via mare ma in piccola parte anche via terra nelle enclave di Ceuta e Melilla confinanti con il Marocco, era già aumentato nel 2017, arrivando a 22 mila persone, numero già ampiamente superato nel 2018. In Spagna arriva un’umanità varia di diverse nazionalità dell’Africa subsahariana (Guinea, Mali, Costa d’Avorio), del Maghreb (Marocco, Algeria), del Medio Oriente (Siria, Iraq).

In Grecia gli arrivi sono da qualche mese assestati sui due-tremila al mese, e arrivano soprattutto siriani e iracheni che sfuggono alle maglie del controllo turco.

Migranti 2018: strategie politiche

L’Europa e gli incontri interlocutori

Ad agosto abbiamo assistito ad un altro atto della pantomima dei governi europei sul tema migrazioni. Il 30 agosto si è tenuto un incontro informale tra i ministri della Difesa dei paesi europei, in cui l’Italia puntava a ottenere la rotazione dei porti di sbarco delle navi della missione Sophia. Come prevedibile gli altri paesi hanno detto no, e la ministra Trenta si è detta molto delusa. Il giorno dopo si sono riuniti i ministri degli esteri e alla fine hanno detto una cosa tipo “va beh, vedremo”.

Sophia è una missione militare internazionale a guida italiana che ha diversi obiettivi, tra cui il contrasto al traffico di esseri umani e la formazione della guardia costiera libica. Pur non avendolo tra le priorità, le navi dell’operazione che pattugliano il Mediterraneo sono tenute a svolgere anche attività di soccorso, e ad attraccare presso i porti italiani.

Va detto che la missione Sophia è comunque in scadenza a dicembre, molti paesi suggeriscono quindi di ridiscuterne contenuti e modalità dopo la scadenza. Concretamente insomma non cambia molto, sembra più una forzatura del governo italiano per sollevare la questione davanti all’elettorato interno più che non una reale esigenza dell’immediato.

Le navi in mezzo al mare

Il mese di agosto è stato dominato mediaticamente dal caso Diciotti. Il 15 agosto la nave militare della Guardia costiera italiana ha soccorso 190 persone nel mar Mediterraneo. È rimasta 5 giorni in mare in attesa che il governo italiano provasse prima a mandare la nave a Malta – accusata di non aver soccorso i migranti – poi a ottenere garanzie sulla distribuzione dei migranti in altri paesi europei.

Il 20 agosto la nave ha potuto attraccare al porto di Catania, ma alle persone a bordo – fatto salvo per i minori e alcune persone in condizioni sanitarie critiche – non è stato consentito di scendere per un’altra settimana. I migranti e i membri dell’equipaggio sono stati così di fatto trattenuti sulla nave per dieci giorni, tra l’imbarazzo generale.

La soluzione del caso porta con sé alcune importanti – e per alcuni preoccupanti – novità sulle modalità di accoglienza dei migranti in Italia, ben riassunte in questo articolo. Ad esempio si sperimenta un ricollocamento dei migranti in paesi extra Unione Europea (l’Albania) e un ambiguo intervento privato (della Chiesa) nella gestione dell’accoglienza.

D’altra parte casi molto simili si susseguono da quando si è insediato il nuovo governo, prendendo di mira navi dello Stato, delle Ong e navi commerciali. Come risultato, le Ong non sono più presenti nel Mediterraneo centrale, paradossalmente proprio nel momento in cui si certifica che le accuse contro di loro non avevano fondamento.

Le stesse navi commerciali sono totalmente disincentivate dal portare a termine interventi di salvataggio di persone in mare, visto che si trovano poi a dover vagare giorni con persone in condizioni difficili a bordo prima di poter attraccare, perdendo tempo e denaro.

Cosa è cambiato con il nuovo governo

È inevitabile collegare queste vicende al nuovo-vecchio corso del governo italiano. Vecchio perché altro non si tratta che la prosecuzione della linea Minniti che già aveva notevolmente ridotto le partenze, e dunque gli arrivi, sulle nostre coste.

Nuovo perché si è introdotta una voluta confusione sul gioco apro i porti/chiudo i porti per rendere ancora più difficile l’attracco delle navi con migranti a bordo, ma più che altro per guadagnare continua attenzione mediatica e consenso politico. A qualsiasi costo. Che significa: più morti e più respingimenti in Libia.

I migranti morti nel Mediterraneo sulla rotta centrale verso l’Italia sono già più di mille nel 2018. Sono stati 2.200 nello stesso periodo del 2017, ma con molte più partenze. In particolare, il numero di morti ha avuto un incremento spaventoso nel mese di giugno 2018, quando sono morte 587 persone. Ne erano morte 54 in tutti i tre mesi precedenti.

Può essere una coincidenza di un mese, ma è il mese in cui è entrata in azione la stretta ancora più decisa del nuovo governo italiano, che ha ulteriormente delegato il salvataggio ai libici, reso molto più ardua l’azione delle navi delle Ong, e scoraggiato anche le navi cargo e commerciali che poi devono vagare giorni prima di poter attraccare da qualche parte.

La Spagna è la nuova frontiera calda

Mentre l’Italia fa di tutto per rimanere mediaticamente appariscente, l’attenzione si sposta gradualmente sulla Spagna, ormai di gran lunga paese di maggior approdo. Non certo a causa dei seicento migranti dirottati dal governo italiano a giugno sull’Aquarius ma per un crescente numero di partenze dal Marocco, che desta sempre più preoccupazione in ambienti europei.

Il numero di migranti in arrivo in Spagna è in continua crescita e ormai notevolmente superiore a quello italiano. Di fronte a questa nuova situazione, la Spagna appare impreparata: il sistema di accoglienza, pensato per piccoli numeri, non regge. Il nuovo governo si è appena insediato, a parole si mostra aperto ma dovrà dimostrare di saper gestire una non facile situazione.

La nuova rotta balcanica

Si segnala poi una significativa ripresa di movimenti lungo la rotta balcanica, su un nuovo tragitto denominato “New Balkan Route” che vede i migranti uscire dalla Grecia attraverso Albania e Montenegro, entrare in Bosnia e qui rimanere bloccati al confine con la Croazia. Nel 2018 sono già 6.500 le persone che sono entrate in Bosnia lungo questa via, contro le 700 dell’intero 2017.

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Sociologo, lavora come progettista e project manager per Sineglossa. Per Le Nius è responsabile editoriale, autore e formatore. Crede nell'amore e ha una vera passione per i treni. fabio@lenius.it
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