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Quanti migranti sono arrivati nel 2017?

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Il 2016 è stato un anno di passione sul fronte migrazioni. Lo era già stato il 2015, e ancora prima il 2014. La guerra in Siria si è trasformata in vera e propria catastrofe umanitaria, e centinaia di migliaia di profughi si sono riversati in Europa attraversando il mare che separa Turchia e Grecia, insieme a moltissimi altri migranti provenienti da Afghanistan e Iraq.

Il flusso, che ha portato al famoso milione di profughi in Europa nel 2015, si è interrotto a marzo 2016 quando l’Unione Europea ha stretto un accordo con la Turchia, delocalizzando sostanzialmente la gestione dei profughi in arrivo in cambio di sei miliardi di euro.

Si è contemporaneamente assistito a un costante incremento dei flussi di migranti in arrivo dalle coste nord africane, libiche soprattutto, verso l’Italia. Questo flusso ha portato oltre 180 mila persone a sbarcare in Italia nel 2016, mai così tante. E 5.022 persone a morire attraversando il Mediterraneo, mai così tante.

Un flusso che è proseguito fino metà 2017, salvo poi rallentare notevolmente a partire da luglio, come testimoniato dai numeri che presentiamo nella prima parte, per l’effetto congiunto di una serie di fattori che analizzeremo nella seconda parte.

Migranti 2017: i numeri in Italia

Secondo i dati Unhcr, tra il 1 gennaio e il 31 dicembre 2017 sono sbarcate in Italia 119.247 persone. Un dato in netta diminuzione rispetto al 2016, quando arrivarono 181.436 persone (-34%).

Il dato è divisibile esattamente a metà. Tra gennaio e giugno 2017 sono arrivate 83 mila persone, il 18% in più rispetto allo stesso periodo del 2016. Tra luglio e dicembre 2017 sono arrivate 36 mila persone, il 67% in meno rispetto allo stesso periodo del 2016.

I paesi di provenienza più rappresentati nel 2017 sono stati: Nigeria (16% degli arrivi, circa 18 mila persone), Guinea, Costa d’Avorio e Bangladesh (tutti tra l’8 e il 9% degli arrivi, circa 9-10 mila persone a paese). Seguono Mali, Eritrea, Sudan, Tunisia, Marocco, Senegal, Gambia.

Ad arrivare in Italia sono stati soprattutto uomini (il 74%), con una considerevole fetta di minori non accompagnati (il 14,5% degli arrivi).

Gli sbarchi sono avvenuti soprattutto in Sicilia (Il 60% circa, ma fino a pochi mesi fa questa percentuale era del 90%) e Calabria (20% circa), seguite da Campania, Puglia e Sardegna.

Migranti 2017: i numeri in Europa

Se consideriamo gli sbarchi su tutte le coste europee, tra il 1 gennaio e il 31 dicembre 2017 sono arrivati via mare in Europa 171.332 migranti. Oltre che in Italia ci sono stati sbarchi in Grecia, anche se a ritmi molto più bassi di quelli pre accordo con la Turchia, e si è riaffacciata la Spagna come terra di sbarco.

Nel 2017 sono arrivati in Grecia 29.718 migranti, contro i 173 mila del 2016. Più della metà delle persone sbarcate in Grecia nel 2017 sono siriane, seguite da iracheni e afghani.

22 mila migranti sono poi arrivati in Spagna, in aumento rispetto agli 8 mila del 2016. I paesi di provenienza sono soprattutto Marocco, Algeria, Costa d’Avorio, Guinea e Gambia.

Migranti 2017: le strategie politiche italiane ed europee

Il tema migrazioni è in cima all’agenda politica e all’attenzione dell’opinione pubblica europea ormai dal 2014, e lo è stato anche per tutto il 2017. Moltissime sono le questioni poste, proposte, affrontate, risolte, fallite in questo tempo.

La questione sistemica più evidente è che l’Europa fatica a trovare la quadra, a causa di posizioni inconciliabili tra i suoi stati membri, tra chi fa la prima accoglienza (Italia e Grecia), chi accoglie già numeri importanti di migranti e rifugiati (Austria, Svezia), chi aveva spalancato le porte ma poi ci ha ripensato (Germania), chi non ne vuole sentir parlare (Ungheria) e chi nell’Europa non ci sta più (Regno Unito).

Una linea comune, a ben vedere, c’è: lasciare fuori dall’Europa il maggior numero possibile di migranti. È una strategia che ha funzionato nel 2016 con l’accordo con la Turchia, che da un anno e mezzo funge da barriera per i migranti siriani, iracheni, afghani, pakistani in cambio di qualche miliardo di euro e di un ossequioso silenzio sulla virata autoritaria del regime di Erdogan.

È una strategia che l’Europa, con l’Italia in prima linea, ha riproposto nel 2017 con la Libia e la rotta del Mediterraneo centrale. D’altra parte la chiusura della rotta Libia-Italia era stata annunciata fin da inizio anno come il vero obiettivo del 2017.

A inizio febbraio è stato siglato un primo accordo tra Italia e Libia, che è stato poi gradualmente rafforzato fino ad arrivare ad una notevole riduzione delle partenze a partire da luglio.

La situazione in realtà è molto confusa, perché la Libia non è la Turchia. L’ipotesi più probabile è addirittura che il governo italiano abbia di fatto stretto accordi con milizie libiche che gestiscono il traffico dei migranti (i famigerati trafficanti, fino a ieri nemico pubblico numero uno) pur di impedire le partenze dalle coste libiche, come svelato da un’inchiesta di Associated Press.

Gli accordi con la Libia sono molto criticati da più parti per ragioni politiche, umanitarie, giuridiche, economiche, ben riassunte in questo articolo di Internazionale. Un’ondata di indignazione, che non ha comunque avuto conseguenze politiche, ha seguito la pubblicazione di questa inchiesta della CNN che ha mostrato come i migranti vengano venduti all’asta in Libia.

Il ministro Minniti dice di essere impegnato a porre i campi profughi in Libia sotto la tutela di Unhcr (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati) e Oim (Organizzazione Internazionale delle Migrazioni), ma l’ipotesi non sembra essere realistica nell’attuale contesto libico.

La netta diminuzione degli arrivi sulle coste italiane deriva quindi dalla diminuzione delle partenze dalla Libia ma anche da una rinvigorita attività di controllo svolta lungo tutta la rotta africana, soprattutto in Niger. Il paese, snodo centrale della rotta che dai paesi sub-sahariani portava alla Libia, è oggetto di un importante sforzo da parte dell’Unione Europea che intende sostenere la riconversione dell’economia nigerina, attualmente basata sul traffico di migranti.

Oltre al blocco delle frontiere esterne (e interne, in alcuni casi), l’altra grande linea strategica europea è la cosiddetta relocation, cioè il ricollocamento dei profughi in modo che siano distribuiti più equamente tra gli stati dell’Unione Europea.

L’accordo, stipulato a settembre 2015, prevedeva inizialmente il ricollocamento di 160 mila persone da Grecia e Italia ad altri paesi europei entro settembre 2017. Il processo è stato fin dall’inizio irto di ostacoli, tanto che la Commissione Europea ha dovuto ridurre il target a 106 mila persone e prorogare l’iniziativa. Vediamo a che punto siamo.

Fonte | Unhcr

Alla data del 3 novembre 2017 sono state rilocate solo 31 mila persone: un misero 29% rispetto all’obiettivo fissato più di due anni fa.

Siamo insomma in una fase di grandi manovre politiche (e pre-elettorali, non dimentichiamolo), la cui efficacia sarà tutta da verificare nei prossimi mesi. Efficacia rispetto al loro obiettivo primario, che rimane quello di tenere i migranti fuori dall’Europa, un obiettivo che sembra ormai prevalere sulle ragioni umanitarie, che trovano sempre meno spazio nel dibattito pubblico.

Quanti migranti sono arrivati nel 2016?

Quanti sono gli immigrati residenti in Italia e in Europa?

E in tutto, irregolari compresi, quanti sono gli stranieri presenti in Italia?

Le parole delle migrazioni: cosa intendiamo con migranti, rifugiati, richiedenti asilo, immigrati, profughi?

Immagine | Beyond Access

Migranti 2017: i numeri in Italia al 30 novembre

Secondo i dati Unhcr, tra il 1 gennaio e il 30 novembre 2017 sono sbarcate in Italia 116.076 persone. Un dato in netta diminuzione rispetto allo stesso periodo del 2016, quando arrivarono 173.015 persone (-33%).

A novembre 2017 sono sbarcati 5.371 migranti, molti meno dei 13.500 di novembre 2016. Da luglio a novembre 2017 sono arrivati 32 mila migranti, contro i 100 mila del 2014, i 73 mila del 2015, i 114 mila del 2016.

I paesi di provenienza più rappresentati nel 2017 sono (dati aggiornati al 31 ottobre): Nigeria (16,6% degli arrivi, circa 17 mila persone), Guinea (9%, 9 mila persone), Bangladesh (8,5%, 8.800 persone) e Costa d’Avorio (8,5%, 8.800 persone). Seguono Mali, Sudan, Senegal, Eritrea, Gambia.

Ad arrivare in Italia sono soprattutto uomini (il 74%), con una considerevole fetta di minori non accompagnati (il 14,5% degli arrivi).

Gli sbarchi avvengono soprattutto in Sicilia (64%, ma fino a pochi mesi fa questa percentuale era del 90%) e Calabria (20%), seguite da Campania (6%), Puglia (5,5%) e Sardegna (4,5%).

Migranti 2017: i numeri in Europa al 30 novembre

Se consideriamo gli sbarchi su tutte le coste europee, tra il 1 gennaio e il 30 novembre 2017 sono arrivati via mare in Europa circa 165 mila migranti. Continuano ad esserci sbarchi in Grecia, a ritmi molto più bassi di quelli pre accordo con la Turchia, e si riaffaccia la Spagna come terra di sbarco.

Nei primi undici mesi del 2017 sono arrivati in Grecia circa 27 mila migranti, con circa 3 mila arrivi a ottobre. Circa 21 mila migranti sono poi arrivati in Spagna fino al 31 ottobre 2017. Da giugno 2017 si registra un incremento significativo di ingressi dalla Spagna, sia via mare dal Marocco sia via terra di persone che riescono a scavalcare le barriere che separano il Marocco dalle enclave spagnole di Ceuta e Melilla. Ottobre è stato il mese con il maggior numero di arrivi, circa 4 mila, e il dato, pur rimanendo contenuto, sta allarmando le autorità spagnole.

Migranti 2017: i numeri in Italia al 31 ottobre

Secondo i dati Unhcr, tra il 1 gennaio e il 31 ottobre 2017 sono sbarcate in Italia 110.705 persone. Un dato in netta diminuzione rispetto allo stesso periodo del 2016, quando arrivarono 159.434 persone (-31%).

A ottobre 2017 sono sbarcati 5.756 migranti, pochissimi rispetto ai 27 mila di ottobre 2016. Da luglio a ottobre 2017 sono arrivati 27 mila migranti, contro i 90 mila del 2014, i 70 mila del 2015, i 100 mila del 2016.

I paesi di provenienza più rappresentati nel 2017 sono (dati aggiornati al 30 settembre): Nigeria (17% degli arrivi, circa 17 mila persone), Guinea (9,3%, 9 mila persone), Bangladesh (9%, 8.800 persone), e Costa d’Avorio (8,8%, 8.700 persone). Seguono Mali, Senegal, Gambia, Eritrea, Sudan.

Rispetto al 2016 diminuiscono gli eritrei, aumentano guineani e ivoriani, si confermano i nigeriani ed emerge la novità Bangladesh.

Il caso dei bangladesi è molto interessante per capire la natura dei movimenti migratori verso l’Europa. Tra i circa 8.700 migranti bangladesi arrivati nel 2017 sulle coste italiane, ci sono persone che provengono, più o meno direttamente, dal Bangladesh, partite con l’esplicito scopo di raggiungere l’Europa. Ci sono agenzie specializzate in Bangladesh che organizzano il viaggio in aereo a Tripoli, via Istanbul e Dubai, dove poi i migranti si mettono in contatto con i trafficanti locali per organizzare il viaggio in barca verso l’Italia.

Ci sono però anche molti migranti che hanno lasciato il Bangladesh spesso da anni e si sono distribuiti, oltre che in Europa, in diversi paesi del medio oriente, della penisola arabica e del nord Africa per lavorare.

Ora coloro che vivono e lavorano in Libia stanno lasciando il paese per la situazione di instabilità del paese che rende sempre più precaria la loro condizione economica e li espone ad atti di violenza e discriminazione.

Ad arrivare in Italia sono soprattutto uomini (il 74%), con una considerevole fetta di minori non accompagnati (il 14,5% degli arrivi).

Gli sbarchi avvengono soprattutto in Sicilia (65%, ma fino a pochi mesi fa questa percentuale era del 90%) e Calabria (19%), seguite da Campania (6%), Puglia (5,5%) e Sardegna (4,5%).

Migranti 2017: i numeri in Europa al 31 ottobre

Se consideriamo gli sbarchi su tutte le coste europee, tra il 1 gennaio e il 31 ottobre 2017 sono arrivati via mare in Europa 143.111 migranti. Continuano ad esserci sbarchi in Grecia, a ritmi molto più bassi di quelli pre accordo con la Turchia, e si riaffaccia la Spagna come terra di sbarco.

Nei primi dieci mesi del 2017 sono arrivati in Grecia circa 24 mila migranti, con circa 4 mila arrivi a ottobre. Circa 17 mila migranti sono poi arrivati in Spagna fino al 30 settembre 2017. Un ritmo abbastanza costante dall’inizio dell’anno, di circa 500-1000 arrivi al mese, con un incremento nei mesi estivi, che sta allarmando le autorità spagnole.

Migranti 2017: le strategie politiche italiane ed europee

Una linea comune, a ben vedere, c’è: lasciare fuori dall’Europa il maggior numero possibile di migranti. È una strategia che ha funzionato con l’accordo con la Turchia, che da un anno e mezzo funge da barriera per i migranti siriani, iracheni, afghani, pakistani in cambio di qualche miliardo di euro e di un ossequioso silenzio sulla virata autoritaria del regime di Erdogan.

È una strategia che l’Europa, o meglio l’Italia con l’altalenante appoggio di Francia e Germania, sta riproponendo con la Libia e la rotta del Mediterraneo centrale. D’altra parte la chiusura della rotta Libia-Italia era stata annunciata fin da inizio anno come il vero obiettivo del 2017.

La situazione in realtà è molto confusa, perché la Libia non è la Turchia. A fare ulteriore confusione, la farsa del codice di condotta per le Ong, divenute bersaglio politico e sociale per la loro attività di salvataggio di vite umane nel Mediterraneo. Il Codice è stato poi fortemente ridimensionato, grazie all’aggiunta di un addendum negoziato in particolare dall’Ong Sos Mediterranee che in pratica lo rende un documento inutile, ma ha rappresentato un passaggio ad alto impatto mediatico, anche se con effetti praticamente nulli.

Le conseguenze di questo cambiamento di scenario sono principalmente due: uno, più migranti muoiono nel deserto, perché gli spostamenti sono diventati ancora più pericolosi e i trafficanti ancora più senza scrupoli; due, i migranti rimangono intrappolati nei campi e nelle prigioni libiche, già da anni conclamati come luoghi di violenza, tortura e assenza di tutela dei diritti umani minimi.

Oltre al blocco delle frontiere esterne (e interne, in alcuni casi), l’altra grande linea strategica europea è la cosiddetta relocation, cioè il ricollocamento dei profughi in modo che siano distribuiti più equamente tra gli stati dell’Unione Europea.

L’accordo, stipulato a settembre 2015, prevedeva inizialmente il ricollocamento di 160 mila persone da Grecia e Italia ad altri paesi europei entro settembre 2017. Il processo è stato fin dall’inizio irto di ostacoli, tanto che la Commissione Europea ha dovuto ridurre il target a 106 mila persone. Vediamo a che punto siamo.

Fonte: Unhcr

Già, alla fine del target temporale fissato sono state rilocate solo 29 mila persone: un misero 27%. La relocation comunque proseguirà, visto che l’accordo è stato prolungato oltre la scadenza di settembre.

Ecco i numeri delle persone arrivate via mare in Italia e in Europa fino al 30 settembre 2017 e le principali questioni politiche aperte in Italia e in Europa, che tratteremo nella seconda parte.

Migranti 2017: i numeri in Italia

Secondo i dati Unhcr, tra il 1 gennaio e il 30 settembre 2017 sono sbarcate in Italia 104.949 persone. Un dato in diminuzione rispetto allo stesso periodo del 2016, quando arrivarono 132.050 persone (-20%).

A settembre 2017 sono sbarcati 5.961 migranti, pochissimi rispetto agli scorsi anni. Da luglio a settembre 2017 sono arrivati 21 mila migranti, contro i 75 mila del 2014 e i 60 mila del 2015 e del 2016.

I paesi di provenienza più rappresentati nel 2017 sono: Nigeria (18% degli arrivi, circa 16.600 persone), Guinea (9,5%, 8.800 persone), Bangladesh (9,4%, 8.700 persone), e Costa d’Avorio (8,8%, 8.200 persone). Seguono Mali ed Eritrea.

Ad arrivare in Italia sono soprattutto uomini (il 74%), con una considerevole fetta di minori non accompagnati (il 15% degli arrivi).

Gli sbarchi sono sempre più distribuiti nei porti del sud Italia, come conseguenza del fatto che in molti casi i migranti arrivano sulle navi della guardia costiera o delle Ong impegnate nelle operazioni di salvataggio, e vengono quindi smistati nei diversi porti, anche se le cose potrebbero nuovamente cambiare. Il 64% avviene in Sicilia (fino a pochi mesi fa questa percentuale era del 90%), il 20% in Calabria, seguite da Campania (6%), Puglia e Sardegna (circa il 5% ciascuna).

Migranti 2017: i numeri in Europa

Se consideriamo gli sbarchi su tutte le coste europee, tra il 1 gennaio e il 30 settembre 2017 sono arrivati via mare in Europa 133.386 migranti. Continuano ad esserci sbarchi in Grecia, a ritmi molto più bassi di quelli pre accordo con la Turchia, e si riaffaccia la Spagna come terra di sbarco.

Nei primi nove mesi del 2017 sono arrivati in Grecia circa 20 mila migranti, ad un ritmo crescente fino ai quasi cinquemila di settembre. Circa 15 mila migranti sono poi sbarcati in Spagna fino al 31 agosto 2017. Un ritmo abbastanza costante dall’inizio dell’anno, di circa 500-1000 arrivi al mese, con un netto incremento nei mesi di giugno, luglio e agosto, che sta allarmando le autorità spagnole.

Ecco i numeri delle persone arrivate via mare in Italia e in Europa fino al 31 agosto 2017 e le principali questioni politiche aperte in Italia e in Europa, che tratteremo nella seconda parte.

Migranti 2017: i numeri in Italia al 31 agosto

Secondo i dati Unhcr, tra il 1 gennaio e il 31 agosto 2017 sono sbarcate in Italia 98.988 persone. Un dato per la prima volta in diminuzione rispetto allo stesso periodo del 2016, quando arrivarono 115.075 persone (-14%).

Ad agosto 2017 sono sbarcati 3.914 migranti, pochissimi rispetto agli scorsi anni. A luglio e agosto 2017 sono arrivati 15 mila migranti, contro i 49 mila del 2014 e i 45 mila del 2015 e del 2016.

I paesi di provenienza più rappresentati nel 2017 sono: Nigeria (18% degli arrivi, circa 16.600 persone), Guinea (9,5%, 8.800 persone), Bangladesh (9,4%, 8.700 persone), e Costa d’Avorio (8,8%, 8.200 persone). Seguono Mali ed Eritrea.

Rispetto al 2016 diminuiscono gli eritrei, aumentano guineani e ivoriani, si confermano i nigeriani ed emerge la novità Bangladesh.

Ad arrivare in Italia sono soprattutto uomini (il 74%), con una considerevole fetta di minori non accompagnati (il 15% degli arrivi).

Gli sbarchi sono sempre più distribuiti nei porti del sud Italia, come conseguenza del fatto che in molti casi i migranti arrivano sulle navi della guardia costiera o delle Ong impegnate nelle operazioni di salvataggio, e vengono quindi smistati nei diversi porti, anche se le cose potrebbero nuovamente cambiare. Il 62% avviene in Sicilia (fino a pochi mesi fa questa percentuale era del 90%), il 22% in Calabria, seguite da Campania (6,5%), Puglia e Sardegna (circa il 5% ciascuna).

Migranti 2017: i numeri in Europa al 31 agosto

Se consideriamo gli sbarchi su tutte le coste europee, tra il 1 gennaio e il 31 agosto 2017 sono arrivati via mare in Europa 122.261 migranti. Continuano ad esserci sbarchi in Grecia, a ritmi molto più bassi di quelli pre accordo con la Turchia, e si riaffaccia la Spagna come terra di sbarco.

Nei primi otto mesi del 2017 sono arrivati in Grecia quasi 15 mila migranti, ad un ritmo crescente fino ai 3.700 di agosto. Circa 10 mila migranti sono poi sbarcati in Spagna. Un ritmo abbastanza costante dall’inizio dell’anno, di circa 500-1000 arrivi al mese, con un netto incremento nei mesi di giugno, luglio e agosto, che sta allarmando le autorità spagnole.

Migranti 2017: le strategie politiche italiane ed europee

Oltre al blocco delle frontiere esterne (e interne, in alcuni casi), l’altra grande linea strategica europea è la cosiddetta relocation, cioè il ricollocamento dei profughi in modo che siano distribuiti più equamente tra gli stati dell’Unione Europea.

L’accordo, stipulato a settembre 2015, prevedeva inizialmente il ricollocamento di 160 mila persone da Grecia e Italia ad altri paesi europei entro settembre 2017. Il processo è stato fin dall’inizio irto di ostacoli, tanto che la Commissione Europea ha dovuto ridurre il target a 106 mila persone. Vediamo a che punto siamo.

Fonte | Unhcr

Già, a un mese dal target temporale fissato sono state rilocate solo 27 mila persone: un misero 25%. L’accordo sarà quasi certamente prolungato ben oltre la scadenza di settembre.

Ecco i numeri delle persone arrivate via mare in Italia e in Europa fino al 31 luglio 2017 e le principali questioni politiche aperte in Italia e in Europa, che tratteremo nella seconda parte.

Migranti 2017: i numeri in Italia al 31 luglio

Secondo i dati Unhcr, tra il 1 gennaio e il 31 luglio 2017 sono sbarcate in Italia 95.074 persone. Un dato in linea con quello dello stesso periodo del 2016, quando arrivarono 93.781 persone.

A luglio 2017, questa è la notizia, sono arrivati via mare in Italia 11 mila migranti, meno della metà rispetto ai 23 mila di luglio 2016, ma anche di luglio 2015 e 2014. È presto per dare indicazioni sul motivo di questo deciso e insolito rallentamento. Forse è un semplice ciclo che riprenderà a crescere, o forse sono i primi effetti dell’azione politica italiana ed europea che cerca di arginare gli arrivi, rafforzando la guardia costiera libica e ostacolando il lavoro delle navi delle Ong.

I paesi di provenienza più rappresentati nel 2017 (dati aggiornati al 30 giugno) sono: Nigeria (18% degli arrivi, circa 14 mila persone) Bangladesh (10,4%, ottomila persone), Guinea (10%, 7.800 persone) e Costa d’Avorio (9,3%, 7.300 persone). Seguono Gambia, Senegal e Mali.

Rispetto al 2016 si registrano meno eritrei (circa 4.500 finora da inizio anno), aumentano guineani e ivoriani, si confermano i nigeriani ed emerge la novità Bangladesh.

Il caso dei bengalesi è molto interessante per capire la natura dei movimenti migratori verso l’Europa. Tra i circa ottomila migranti bengalesi arrivati nel 2017 sulle coste italiane, ci sono persone che provengono, più o meno direttamente, dal Bangladesh, partite con l’esplicito scopo di raggiungere l’Europa. Ci sono agenzie specializzate in Bangladesh che organizzano il viaggio in aereo a Tripoli, via Istanbul e Dubai, dove poi i migranti si mettono in contatto con i trafficanti locali per organizzare il viaggio in barca verso l’Italia.

Ci sono però, anche molti migranti che hanno lasciato il Bangladesh spesso da anni e si sono distribuiti, oltre che in Europa, in diversi paesi del medio oriente, della penisola arabica e del nord Africa per lavorare.
Ora coloro che vivono e lavorano in Libia stanno lasciando il paese per la situazione di instabilità del paese che rende sempre più precaria la loro condizione economica e li espone ad atti di violenza e discriminazione.

Ad arrivare in Italia (dati al 30 giugno 2017) sono soprattutto uomini (il 74%), con una considerevole fetta di minori non accompagnati (il 14% degli arrivi).

Gli sbarchi sono sempre più distribuiti nei porti del sud Italia, come conseguenza del fatto che in molti casi i migranti arrivano sulle navi della guardia costiera o delle Ong impegnate nelle operazioni di salvataggio, e vengono quindi smistati nei diversi porti. Il 61% avviene in Sicilia (fino a pochi mesi fa questa percentuale era del 90%), il 23% in Calabria, seguite da Campania (7%), Puglia e Sardegna (circa il 5% ciascuna).

Migranti 2017: i numeri in Europa< al 31 luglio/h2>

Se consideriamo gli sbarchi su tutte le coste europee, tra il 1 gennaio e il 31 luglio 2017 sono arrivati via mare in Europa 113.614 mila migranti. Continuano ad avvenire alcuni sbarchi in Grecia, a ritmi molto più bassi di quelli pre accordo con la Turchia, e si riaffaccia timidamente la Spagna come terra di sbarco.

Nei primi sette mesi del 2017 sono arrivati in Grecia 11.500 migranti, al ritmo di 1.500 al mese, in crescita negli ultimi due mesi. 6.500 migranti sono poi sbarcati in Spagna dall’inizio dell’anno. Un ritmo abbastanza costante dall’inizio dell’anno, di circa 500-1000 arrivi al mese, con un netto incremento nel mese di giugno, da verificare nei prossimi mesi.

Migranti 2017: le strategie politiche italiane ed europee

Oltre all’accordo con la Turchia, la principale strategia comune è la cosiddetta relocation, cioè il ricollocamento dei profughi in modo che siano distribuiti più equamente tra gli stati dell’Unione Europea.

L’accordo, stipulato a settembre 2015, prevedeva inizialmente il ricollocamento di 160 mila persone da Grecia e Italia ad altri paesi europei entro settembre 2017. Il processo è stato fin dall’inizio irto di ostacoli, tanto che la Commissione Europea ha dovuto ridurre il target a 106 mila persone. Vediamo a che punto siamo.

Già, in 20 mesi (i dati sono aggiornati al 3 luglio 2017) sono state rilocate solo 23 mila persone: un misero 22%. L’accordo sarà quasi certamente prolungato ben oltre la scadenza di settembre.

Il vero obiettivo del 2017 per l’Europa, così come da dichiarazioni di inizio anno, era la chiusura della rotta Libia-Italia, sul modello di quanto fatto con la rotta balcanica nel 2016. A inizio febbraio è stato siglato un accordo tra Italia e Libia, che stabilisce una serie di ambiti di collaborazione tra i due paesi per la riduzione dei flussi in partenza dalla Libia.

L’accordo si sta rivelando del tutto inadeguato a raggiungere l’obiettivo di diminuire le partenze, per questo si sta intensificando l’attività diplomatica per renderlo più efficace. A fine luglio si è tenuto un importante vertice a Tunisi tra alcuni ministri europei e africani; l’obiettivo è intercettare i migranti prima che arrivino in Libia, in paesi come Mali, Niger, Etiopia, Ciad e Sudan ed effettuare lì lo screening che dovrebbe distinguere i rifugiati dai migranti economici.

A luglio il governo italiano ha poi annunciato una sorta di upgrade dell’accordo con la Libia: le navi della guardia costiera italiana opereranno anche in acque libiche a supporto della guardia costiera libica. Si crede che la missione italiana finirà di fatto per respingere le imbarcazioni prima che escano dalle acque libiche.

Questa decisione ripropone l’annosa questione del rispetto dei diritti umani nei campi profughi libici, finora calpestati, anche se il governo italiano assicura che chiederà garanzie, che comunque difficilmente arriveranno.

La terza grossa novità di luglio è l’approvazione del tanto discusso codice di condotta per le Ong che operano nel Mediterraneo. Il codice prevede 13 punti, ma è stato molto contestato dalle Ong.

Al momento in cui scriviamo, solo due hanno effettivamente firmato (Save the Children e Moas). Molte altre non si sono ancora espresse, mentre ha avuto particolare risonanza il no di Medici Senza Frontiere, motivato con l’impossibilità di accettare la presenza di uomini armati a bordo e la contrarietà al divieto di trasbordo, ossia il divieto di trasferire persone da una nave all’altra che, secondo l’Ong, innalza il rischio di morti in mare.

Il Ministro dell’Interno Minniti ha dichiarato che le Ong che non firmano il codice non potranno più operare nel Mediterraneo. Seguiremo nei prossimi mesi gli effetti di questa decisione.

Ecco i numeri delle persone arrivate via mare in Italia e in Europa fino al 30 giugno 2017 e le principali questioni politiche aperte in Italia e in Europa, che tratteremo nella seconda parte.

Migranti 2017: i numeri in Italia al 30 giugno

Secondo i dati Unhcr, tra il 1 gennaio e il 30 giugno 2017 sono sbarcate in Italia 83.731 persone. Un dato superiore a quello dello stesso periodo del 2016, quando arrivarono 70.229 persone (+18%). A giugno 2017 sono arrivati via mare in Italia 23 mila migranti, mille in più dello scorso anno.

I paesi di provenienza più rappresentati nel 2017 (dati aggiornati al 31 maggio) sono: Nigeria (15% degli arrivi, circa novemila persone) Bangladesh (12%, settemila persone), Guinea (10%, seimila persone) e Costa d’Avorio (9,5%, 3.700 persone). Seguono Gambia, Senegal e Marocco.

Rispetto al 2016 si registrano pochi eritrei (circa duemila finora da inizio anno), aumentano gli ivoriani, e appaiono nazionalità meno presenti nei mesi scorsi, come Marocco e soprattutto Bangladesh.

Ad arrivare in Italia (dati al 31 maggio 2017) sono soprattutto uomini (il 75%), con una considerevole fetta di minori non accompagnati (il 15% degli arrivi).

Gli sbarchi sono sempre più distribuiti nei porti del sud Italia, come conseguenza del fatto che in molti casi i migranti arrivano sulle navi della guardia costiera o delle Ong impegnate nelle operazioni di salvataggio, e vengono quindi smistati nei diversi porti. Il 60% avviene in Sicilia (fino a pochi mesi fa questa percentuale era del 90%), il 25% in Calabria, seguite da Campania, Puglia e Sardegna (circa il 5% ciascuna).

Migranti 2017: i numeri in Europa al 30 giugno

Se consideriamo gli sbarchi su tutte le coste europee, tra il 1 gennaio e il 30 giugno 2017 sono arrivati via mare in Europa 97 mila migranti. Continuano ad avvenire alcuni sbarchi in Grecia, a ritmi infinitamente più bassi di quelli pre accordo con la Turchia, e si riaffaccia timidamente la Spagna come terra di sbarco.

Nei primi sei mesi del 2017 sono arrivati in Grecia 9 mila migranti, al ritmo di 1.500 al mese. Quattromila migranti sono poi sbarcati in Spagna dall’inizio dell’anno. Un ritmo abbastanza costante dall’inizio dell’anno, di circa 500-1000 arrivi al mese, che non può essere considerato un segnale significativo di ripresa di questa rotta.

Migranti 2017: cosa fa l’Europa

Oltre all’accordo con la Turchia, la principale strategia comune è la cosiddetta relocation, cioè il ricollocamento dei profughi in modo che siano distribuiti più equamente tra gli stati dell’Unione Europea.

L’accordo, stipulato a settembre 2015, prevedeva inizialmente il ricollocamento di 160 mila persone da Grecia e Italia ad altri paesi europei entro settembre 2017. Il processo è stato fin dall’inizio irto di ostacoli, tanto che la Commissione Europea ha dovuto ridurre il target a 98 mila persone. Vediamo a che punto siamo.

Già, in 19 mesi (i dati sono aggiornati a maggio 2017) sono state rilocate solo ventimila persone: un misero 20%.

Il vero obiettivo del 2017 per l’Europa, così come da dichiarazioni di inizio anno, era la chiusura della rotta Libia-Italia, sul modello di quanto fatto con la rotta balcanica nel 2016.

L’accordo si sta rivelando del tutto inadeguato a raggiungere l’obiettivo di diminuire le partenze: la Libia non ha un governo ma tre, e il governo con cui si è siglato l’accordo non è in grado di farlo rispettare se non in minima parte. C’è poi un enorme problema umanitario, visto che la violazione dei diritti umani fondamentali verso i migranti in Libia è all’ordine del giorno, con abusi, torture e stupri riportati da anni dai migranti che transitano per il paese dove ora l’Europa vuole trattenerli a tutti i costi.

A questo aggiungiamo la realizzazione dei primi respingimenti in mare: la guardia costiera libica ha infatti iniziato a intercettare e riportare indietro imbarcazioni di migranti, con azioni che alcune Ong denunciano come illegali.

Respingimenti che riguardano comunque numeri molto limitati e non rappresentano una soluzione credibile rispetto al flusso presente e futuro. Per questo l’Europa sembra orientata a cercare una soluzione intanto temporanea, su richiesta pressante dell’Italia: se non possiamo fermare il flusso, almeno distribuiamolo.

L’Italia chiede ad alcuni partner europei, Francia e Spagna su tutti, di aprire i propri porti alle navi delle Ong in modo da sgravare il carico sui porti italiani. Per ora si registra un accordo di massima, di cui seguiremo gli effetti concreti nei prossimi mesi.

Migranti 2017: cosa fa l’Italia

Sul fronte interno, abbiamo già detto dell’impegno del governo italiano finalizzato alla distribuzione dell’accoglienza dei migranti su più stati europei. Contestualmente, si lavora all’implementazione del decreto Minniti-Orlando approvato ad aprile, che introduce importanti novità per la gestione del fenomeno migratorio in Italia.

Si implementano i primi CPR (Centri di Permanenza e Rimpatrio) su base regionale, che gradualmente sostituiranno i CIE (Centri di Identificazione ed Espulsione) per la gestione di quei migranti per cui viene avviata la procedura di rimpatrio, con l’obiettivo di renderla più efficiente.

Viene poi applicata la riforma del diritto di asilo, con l’eliminazione del grado di appello per i richiedenti asilo a cui la Commissione Asilo nega lo status di rifugiato o altre forme di protezione umanitaria, i cui effetti sull’efficienza del sistema e, soprattutto, sui diritti dei richiedenti asilo potremo verificare sul medio-lungo periodo.

Accanto a queste misure per la gestione dei migranti sul suolo nazionale, il Ministro dell’Interno Minniti sta lavorando alla stipula di accordi bilaterali con i paesi di origine dei migranti (ad esempio Sudan, Niger e Nigeria), con l’obiettivo, anche qui, di rendere più efficiente la macchina dei rimpatri. Questi accordi sono però molto complicati da stringere, e trapelano poche informazioni sul loro reale stato di avanzamento.

Siamo insomma in una fase molto confusa. Il massiccio flusso di migranti in arrivo dalla Libia è in continua crescita e non dà segni di poter diminuire. Il sistema di accoglienza regge, ma non è chiaro fino a che punto potrà essere ampliato.

La via d’uscita politica pare quella di amplificare la retorica dell’abbandono dell’Europa con la conseguente necessità di un maggiore impegno di altri paesi. Ci si dimentica, però, che questi altri paesi già ospitano un numero di rifugiati e richiedenti asilo che, nella maggior parte dei casi, è superiore all’Italia e che l’Europa già finanzia, in buona parte, il sistema di accoglienza italiano.

È indubbio che occorre un progetto comune a livello europeo che tenga conto delle esigenze di tutti i paesi, è altrettanto indubbio che le vere politiche che possono dare risposte concrete e durature al fenomeno migratorio sono quelle che portano pace e stabilità nei contesti di partenza e di transito dei migranti.

Ecco i numeri delle persone arrivate via mare in Italia e in Europa fino al 31 maggio 2017 e le principali questioni politiche aperte in Italia e in Europa, che tratteremo nella seconda parte.

Migranti 2017: i numeri in Italia al 31 maggio

Secondo i dati Unhcr, tra il 1 gennaio e il 31 maggio 2017 sono sbarcate in Italia 60.309 persone. Un dato significativamente superiore a quello dello stesso periodo del 2016, quando arrivarono 47.858 persone (+26%). A maggio 2017 sono arrivati via mare in Italia 23 mila migranti, il 15,5% in più dello scorso anno.

I paesi di provenienza più rappresentati nel 2017 (dati aggiornati al 30 aprile) sono: Nigeria (14,1% degli arrivi, circa cinquemila persone) Bangladesh (12,5%, 4.600 persone), Guinea (11,2%, quattromila persone) e Costa d’Avorio (10,5%, 3.900 persone). Seguono Gambia, Senegal e Marocco, da cui sono arrivate nel 2017 tra le due e le tremila persona.

Rispetto al 2016 si registrano pochi eritrei (circa mille finora da inizio anno), aumentano gli ivoriani, e appaiono nazionalità meno presenti nei mesi scorsi, come Marocco e soprattutto Bangladesh.

Ad arrivare in Italia (dati al 30 aprile 2017) sono soprattutto uomini (il 75%), con una considerevole fetta di minori non accompagnati (il 15% degli arrivi).

La gran parte degli sbarchi avviene in Sicilia (il 75%) ma sono in aumento gli arrivi via mare in Calabria (il 10% circa), seguita da Sardegna, Puglia e Campania (circa il 5% ciascuna). C’è da dire che molte imbarcazioni non arrivano ad effettuare un vero e propri sbarco di fortuna, ma vengono intercettate in mezzo al mare poi le persone vengono condotte nei porti (ad esempio a Augusta, Catania, Reggio Calabria).

Migranti 2017: i numeri in Europa al 31 maggio

Tra il 1 gennaio e il 31 maggio 2017 sono arrivati via mare in Europa 71.080 migranti. Continuano ad avvenire alcuni sbarchi in Grecia, certo a ritmi infinitamente più bassi di quelli pre accordo con la Turchia, e si riaffaccia timidamente la Spagna come terra di sbarco.

Nei primi cinque mesi del 2017 sono arrivati in Grecia 7.323 migranti, al ritmo di poco più di mille al mese, con segnali di ripresa a maggio (circa duemila arrivi), tutti da monitorare.

3.200 migranti sono poi sbarcati in Spagna dall’inizio dell’anno. Un ritmo abbastanza costante dall’inizio dell’anno, di circa 500-1000 arrivi al mese, che non può essere considerato un segnale significativo di ripresa di questa rotta.

Continueremo comunque a monitorare anche queste due rotte, verso la Grecia e la Spagna. Monitoreremo anche l’eventuale insorgere di altre rotte, in questo quadro mai fisso che sono i movimenti migratori.

Migranti 2017: cosa fa l’Europa

Oltre all’accordo con la Turchia, la principale strategia comune è la cosiddetta relocation, cioè il ricollocamento dei profughi in modo che siano distribuiti più equamente tra gli stati dell’Unione Europea.

L’accordo, stipulato a settembre 2015, prevedeva inizialmente il ricollocamento di 160 mila persone da Grecia e Italia ad altri paesi europei entro settembre 2017. Il processo è stato fin dall’inizio irto di ostacoli, tanto che la Commissione Europea ha dovuto ridurre il target a 98 mila persone. Vediamo a che punto siamo.

Già, in 19 mesi sono state rilocate solo ventimila persone: un misero 20%.

Il vero obiettivo del 2017 per l’Europa è comunque la chiusura della rotta Libia-Italia, sul modello di quanto fatto con la rotta balcanica nel 2016. A inizio febbraio è stato siglato un accordo tra Italia e Libia, che stabilisce una serie di ambiti di collaborazione tra i due paesi per la riduzione dei flussi in partenza dalla Libia.

L’Italia dovrebbe fornire assistenza, equipaggiamento e formazione alla guardia costiera libica, ma anche supportare la Libia nel controllo delle frontiere a sud e nell’ammodernamento dei centri di accoglienza dei migranti, con il sostegno dell’Unione Europea.

A maggio si sono visti i primi effetti concreti dell’accordo: la guardia costiera libica ha infatti iniziato a intercettare e riportare indietro imbarcazioni di migranti, con azioni che alcune Ong denunciano come illegali.

Si tratta di operazioni che potrebbero diventare sempre più frequenti anche se secondo più di un osservatore il rafforzamento della guardia costiera libica potrebbe anche causare l’effetto contrario, ossia un incremento del traffico dei migranti, visti i rapporti di collusione tra quest’ultima e i trafficanti.

Al di là del ruolo specifico della guardia costiera libica, l’applicazione dell’accordo appare molto problematica. C’è un problema pratico, ed è che la Libia non ha un governo ma tre, e che il governo con cui si è siglato l’accordo non è in grado di farlo rispettare se non in minima parte.

C’è poi un enorme problema umanitario, visto che la violazione dei diritti umani fondamentali verso i migranti in Libia è all’ordine del giorno, con abusi, torture e stupri riportati da anni dai migranti che transitano per il paese dove ora l’Europa vuole trattenerli a tutti i costi.

Migranti 2017: cosa fa l’Italia

Sul fronte interno, si lavora all’implementazione del decreto Minniti-Orlando approvato ad aprile, che introduce importanti novità per la gestione del fenomeno migratorio in Italia.

Il decreto riforma il sistema di prima accoglienza con l’obiettivo di aumentare i rimpatri. In particolare viene dato nuovo impulso al ruolo dei CIE (Centri di Identificazione ed Espulsione), rinominati CPR (Centri di Permanenza e Rimpatrio) e distribuiti sul territorio, uno per regione. Nei CPR verranno rinchiusi quei migranti per cui viene avviata la procedura di rimpatrio, con l’obiettivo di renderla più efficiente.

In secondo luogo, viene introdotta un’importante riforma del diritto di asilo. Viene eliminato il grado di appello per i richiedenti asilo a cui la Commissione Asilo nega lo status di rifugiato o altre forme di protezione umanitaria, con l’obiettivo di ridurre i tempi di permanenza nel sistema di accoglienza dei richiedenti asilo, che ora, tra domanda, esame della stessa e ricorso, arrivano fino a due anni.

Infine, il decreto prevede anche che i richiedenti asilo siano massicciamente impiegati in lavori di pubblica utilità purché, si intende, non retribuiti, aprendo una questione su quale sia il limite tra promozione dell’integrazione, sfruttamento economico e introduzione di una condizionalità tra accoglienza e lavoro non retribuito che sarebbe inaccettabile.

Accanto a queste misure per la gestione dei migranti sul suolo nazionale, il Ministro dell’Interno Minniti sta lavorando alla stipula di accordi bilaterali con i paesi di origine dei migranti (ad esempio Sudan, Niger e Nigeria), con l’obiettivo, anche qui, di rendere più efficiente la macchina dei rimpatri. Questi accordi sono però molto complicati da stringere, e trapelano poche informazioni sul loro reale stato di avanzamento.

Si continua a discutere poi sul ruolo delle organizzazioni non governative nel Mar Mediterraneo. Dal 2015 le imbarcazioni di alcune tra le più importanti ONG internazionali (ad esempio Medici senza frontiere, Save the children, SOS Mediterranée, Proactiva Open Arms) compiono operazioni di salvataggio in mare e sono state pesantemente accusate di fungere da fattore di attrazione per i migranti quando non di essere apertamente colluse con i trafficanti.

Una polemica che ha il sapore di pura strumentalizzazione politica, e che getta ulteriore fumo negli occhi a chi non vuole vedere le vere questioni politiche, sociali ed economiche che stanno alla base del fenomeno migratorio.

Ecco i numeri delle persone arrivate via mare in Italia e in Europa fino al 30 aprile 2017.

Migranti 2017: i numeri in Italia al 30 aprile

Secondo i dati Unhcr, tra il 1 gennaio e il 30 aprile 2017 sono sbarcate in Italia 37.142 persone. Un dato significativamente superiore a quello dello stesso periodo del 2016, quando arrivarono 27.933 persone (+33%).

Ad aprile 2017 sono arrivati via mare in Italia 12.901 migranti, il 41% in più dello scorso anno, anche se significativamente meno rispetto ad aprile 2015 e 2014, quando arrivarono più di 15 mila persone.

Il 2017 sta facendo registrare novità molto significative rispetto ai paesi di provenienza (dati aggiornati al 31 marzo 2017): i più rappresentati sono Bangladesh (14,6% degli arrivi), Nigeria (14,1%), Guinea (10,3%). Seguono Gambia (9,5%), Costa d’Avorio (8,4%), Marocco (7,3%) e Senegal (6,7%). Rispetto al 2016, si registrano pochi eritrei, e appaiono nazionalità meno presenti nei mesi scorsi, come Marocco e soprattutto Bangladesh.

Ad arrivare in Italia sono soprattutto uomini (il 73%), con una considerevole fetta di minori non accompagnati (il 13,5% degli arrivi). La gran parte degli sbarchi avviene in Sicilia (il 78%) ma ci sono arrivi via mare anche in Calabria (14%, in aumento) e Sardegna (5%).

Migranti 2017: i numeri in Europa al 30 aprile

Tra il 1 gennaio e il 30 aprile 2017 sono arrivati via mare in Europa 44.776 migranti. Continuano ad avvenire alcuni sbarchi in Grecia, certo a ritmi infinitamente più bassi di quelli pre accordo con la Turchia, e si riaffaccia timidamente la Spagna come terra di sbarco.

Nei primi quattro mesi del 2017 sono arrivati in Grecia 5.282 migranti. 2.352 migranti sono poi sbarcati in Spagna dall’inizio dell’anno. Non abbiamo informazioni più specifiche su questa rotta, né se si tratti di un timido segnale di ripresa o di episodi estemporanei.

Monitoreremo nel corso dell’anno anche queste due rotte, verso la Grecia e la Spagna. Monitoreremo anche l’eventuale insorgere di altre rotte, in questo quadro mai fisso che sono i movimenti migratori.

Migranti 2017: questioni aperte al 30 aprile

Il tema migrazioni è in cima all’agenda politica e all’attenzione dell’opinione pubblica europea da ormai tre anni. Moltissime sono le questioni poste, proposte, affrontate, risolte, fallite in questo tempo.

Oltre all’accordo con la Turchia, la principale strategia comune è la cosiddetta relocation, cioè il ricollocamento dei profughi in modo che siano distribuiti più equamente tra gli stati dell’Unione Europea.

L’accordo, stipulato a settembre 2015, prevedeva inizialmente il ricollocamento di 160 mila persone da Grecia e Italia ad altri paesi europei entro settembre 2017. Il processo è stato fin dall’inizio irto di ostacoli, tanto che la Commissione Europea ha dovuto ridurre il target a 98 mila persone. Vediamo a che punto siamo.

Già, in 18 mesi sono state rilocate solo 16 mila persone: un misero 16%.

Sul fronte interno, il 12 aprile è stato definitivamente approvato il decreto Minniti-Orlando, dal nome dei due ministri di interno e giustizia che lo hanno proposto, che introduce importanti novità per la gestione del fenomeno migratorio in Italia.

Il mese di aprile è stato poi caratterizzato dal polverone sollevato attorno al ruolo delle organizzazioni non governative nel Mar Mediterraneo. Dal 2015 le imbarcazioni di alcune tra le più importanti ONG internazionali (ad esempio Medici senza frontiere, Save the children, SOS Mediterranée, Proactiva Open Arms) compiono operazioni salvataggio in mare e nell’ultimo mese sono state accusate di fungere da fattore di attrazione per i migranti quando non di essere apertamente colluse con i trafficanti.

Una polemica che ha il sapore di pura strumentalizzazione politica, e che getta ulteriore fumo negli occhi a chi non vuole vedere le vere questioni politiche, sociali ed economiche che stanno alla base del fenomeno migratorio.

Ecco i numeri delle persone arrivate via mare in Italia e in Europa fino al 31 marzo 2017 e le principali questioni politiche aperte in Italia e in Europa, che tratteremo nella seconda parte.

Migranti 2017: i numeri in Italia al 31 marzo

Secondo i dati Unhcr, tra il 1 gennaio e il 31 marzo 2017 sono sbarcate in Italia 24.241 persone. Un dato significativamente superiore a quello dello stesso periodo del 2016, quando arrivarono 18.784 persone (+29%).

A marzo 2017 sono arrivati via mare in Italia 10.802 migranti, il 12% in più dello scorso anno, cinque volte di più rispetto a marzo 2015.

Ci sono novità sul fronte dei paesi di provenienza (dati aggiornati al 28 febbraio 2017): i più rappresentati sono la Guinea (15% degli arrivi), la Nigeria (14%) e il Bangladesh (12%). Seguono Gambia (10%), Costa d’Avorio e Senegal (9%), Marocco (8%).

Rispetto al 2016, non figura l’Eritrea, solitamente molto rappresentata, e appaiono nazionalità meno presenti nei mesi scorsi, come Marocco e soprattutto Bangladesh (sì, ci sono migranti che dal Bangladesh arrivano in Libia e da lì si imbarcano per l’Italia).

Verificheremo se si tratta di dati passeggeri o di nuove tendenze che si consolideranno nel corso del 2017.

Ad arrivare in Italia sono soprattutto uomini (il 71%), con una considerevole fetta di minori non accompagnati (il 16% degli arrivi).

La gran parte degli sbarchi avviene in Sicilia (l’84%) ma ci sono arrivi via mare anche in Calabria (13%) e Sardegna (3%).

Migranti 2017: i numeri in Europa al 31 marzo

Tra il 1 gennaio e il 31 marzo 2017 sono arrivati via mare in Europa 29.758 migranti. Continuano ad avvenire alcuni sbarchi in Grecia, certo a ritmi infinitamente più bassi di quelli pre accordo con la Turchia, e si riaffaccia timidamente la Spagna come terra di sbarco.

Nei primi tre mesi del 2017 sono arrivati in Grecia 4.007 migranti. Erano, pensate, 151 mila nei primi tre mesi del 2016.

1.500 migranti sono poi sbarcati in Spagna dall’inizio dell’anno. Non abbiamo informazioni più specifiche su questa rotta, né se si tratti di un timido segnale di ripresa o di episodi estemporanei.

Monitoreremo nel corso dell’anno anche queste due rotte, verso la Grecia e la Spagna. Monitoreremo anche l’eventuale insorgere di altre rotte, in questo quadro mai fisso che sono i movimenti migratori.

Migranti 2017: cosa fa l’Europa

Oltre all’accordo con la Turchia, la principale strategia comune è la cosiddetta relocation, cioè il ricollocamento dei profughi in modo che siano distribuiti più equamente tra gli stati dell’Unione Europea.

L’accordo, stipulato a settembre 2015, prevede il ricollocamento di 106 mila persone da Grecia e Italia ad altri paesi europei entro settembre 2017. Vediamo a che punto siamo.

Già, in 17 mesi sono state rilocate solo 13 mila persone: un misero 12%.

Altro specchio del fallimento delle politiche europee sono le condizioni miserabili in cui sono costretti a vivere molti profughi in diversi paesi.

Situazioni di estremo disagio vengono riportate lungo tutta la (ex) rotta balcanica, ben documentate da questo report della missione congiunta che Ipsia e Caritas hanno svolto a febbraio in sei campi profughi in Serbia.

Per molti l’unica alternativa, pur di non essere rispediti in Turchia o avventurarsi lungo le insidie della rotta balcanica, è rimasta quella di chiedere asilo in Grecia, dove le condizioni di vita dei profughi sono da più parti denunciate come indegne.

Migranti 2017: cosa fa l’Italia

Sul fronte interno, il Ministro dell’Interno Minniti ha un piano per l’immigrazione, per la verità ereditato in parte dal suo predecessore Alfano, centrato su quattro obiettivi: diminuire gli arrivi, aumentare i rimpatri, ridurre il tempo di permanenza dei richiedenti asilo nel sistema di accoglienza, migliorare la loro distribuzione sul territorio.

Diminuire gli arrivi significa diminuire le partenze. Come già anticipato, l’Italia si sta muovendo in sintonia con l’Europa per ridurre il flusso dei migranti in arrivo dalla Libia, ottenendo al momento l’effetto contrario.

L’aumento dei rimpatri comporta la stipula di accordi bilaterali con i paesi di origine dei migranti; compito non facile ma a cui il governo sta lavorando con una rete di contatti avviati con paesi come Sudan, Niger e Nigeria, oltre che la già citata Libia.

Per aumentare i rimpatri occorre anche rendere efficiente la macchina sul lato italiano, che per Minniti si traduce in luoghi e strumenti di detenzione amministrativa dei migranti. I famigerati CIE (Centri di Identificazione ed Espulsione), tanto per intenderci, che vengono rinominati (CPR – Centri di Permanenza e Rimpatrio) e distribuiti sul territorio (uno per regione) invece che concentrati in poche località.

L’eliminazione del grado di appello per i richiedenti asilo a cui la Commissione Asilo nega lo status di rifugiato o altre forme di protezione è invece la strategia individuata per ridurre i tempi di permanenza nel sistema di accoglienza dei richiedenti asilo, che ora, tra domanda, esame della stessa e ricorso, arrivano fino a due anni.

Queste nuove procedure per la gestione dei rimpatri e delle richieste di asilo sono introdotte dal cosiddetto Decreto Minniti-Orlando, dal nome dei due ministri che lo hanno proposto. Il decreto legge del Governo è in vigore dal 10 febbraio 2017, ma deve essere approvato dal Parlamento entro 60 giorni pena la sua decadenza. Lo scorso 29 marzo è stato approvato dal Senato, si attende ora l’approvazione anche alla Camera.

L’altro obiettivo politico del governo italiano è arrivare ad una migliore distribuzione territoriale dei richiedenti asilo, con un potenziamento del sistema Sprar, che garantisce un’accoglienza diffusa e integrata nei territori.

La minaccia alla realizzazione di questo obiettivo viene dai Comuni, che possono rifiutarsi di accogliere richiedenti asilo sul proprio territorio, costringendo altri comuni ad accoglierne di più. Esistono dei sistemi di premialità per i comuni accoglienti, ma non sono sufficienti.

Nel mese di marzo, il Parlamento ha approvato anche un’altra importante legge, che riguarda i minori stranieri non accompagnati. La legge, unica nel suo genere in Europa, interviene su un fenomeno in continua crescita migliorando il riconoscimento di una serie di diritti ai minori stranieri.

Ci sono anche strade alternative sperimentate dalla società civile per trovare nuove soluzioni che garantiscano maggiore dignità e sicurezza ai profughi, ma anche alle comunità locali di accoglienza.

La più nota è quella dei corridoi umanitari, che permette alle persone di arrivare in Italia in modo sicuro, senza rischiare la vita e godendo di un solido programma di integrazione.

Una forma di solidarietà attiva e reale che fa ben sperare, anche se certo ha bisogno di farsi politica per impattare in modo significativo.

Quanti migranti sono arrivati nel 2016?

Quanti sono gli immigrati residenti in Italia e in Europa?

E in tutto, irregolari compresi, quanti sono gli stranieri presenti in Italia?

Le parole delle migrazioni: cosa intendiamo con migranti, rifugiati, richiedenti asilo, immigrati, profughi?

Ecco i numeri delle persone arrivate via mare in Italia e in Europa fino al 28 febbraio 2017 e le principali questioni politiche aperte in Italia e in Europa, che tratteremo nella seconda parte.

Migranti 2017: i numeri in Italia al 28 febbraio

Secondo i dati Unhcr, tra il 1 gennaio e il 28 febbraio 2017 sono sbarcate in Italia 13.437 persone. Un dato significativamente superiore a quello dello stesso periodo del 2016, quando arrivarono 9.101 persone (+48%).

Ci sono novità sul fronte dei paesi di provenienza: per la prima volta dopo molto tempo la nazionalità più rappresentata è la Costa d’Avorio (20% degli arrivi), seguita da Guinea (19%), Nigeria (12%), Senegal (10%), Gambia (9%), Mali (7%).

Non figura l’Eritrea, solitamente molto rappresentata, e appaiono, anche se con percentuali minori, nazionalità meno presenti nei mesi precedenti, come Marocco e Bangladesh (sì, ci sono migranti che dal Bangladesh arrivano in Libia e da lì si imbarcano per l’Italia).

Verificheremo se si tratta di dati passeggeri o di nuove tendenze che si consolideranno nel corso del 2017.

Ad arrivare in Italia sono soprattutto uomini (il 71%), con una considerevole fetta di minori non accompagnati (il 16% degli arrivi). La gran parte degli sbarchi avviene in Sicilia (l’82%) ma ci sono arrivi via mare anche in Calabria (15%) e, in misura minima, in Puglia e Sardegna.

Migranti 2017: i numeri in Europa al 28 febbraio

Tra il 1 gennaio e il 28 febbraio 2017 sono arrivati via mare in Europa 16.663 migranti. Continuano infatti ad avvenire alcuni sbarchi in Grecia, certo a ritmi decisamente più bassi di quelli pre-accordo con la Turchia, e si riaffaccia timidamente la Spagna come terra di sbarco.

Nei primi due mesi del 2017 sono arrivati in Grecia 2.345 migranti. Erano, pensate, 124 mila nei primi due mesi del 2016.

Mille migranti sono poi sbarcati in Spagna dall’inizio dell’anno. Non abbiamo informazioni più specifiche su questa rotta, né se si tratti di un timido segnale di ripresa o di episodi estemporanei.

Monitoreremo nel corso dell’anno anche queste due rotte, nonché l’eventuale insorgere di altre rotte, in questo quadro mai fisso che sono i movimenti migratori.

Migranti 2017: cosa fa l’Europa

Il tema migrazioni è in cima all’agenda politica e all’attenzione dell’opinione pubblica europea da ormai tre anni. Moltissime sono le questioni poste, proposte, affrontate, risolte, fallite in questo tempo.

La questione sistemica più evidente è che l’Europa non ha trovato la quadra, a causa di posizioni inconciliabili tra i suoi stati membri, tra chi fa la prima accoglienza (Italia e Grecia), chi accoglie già numeri importanti di migranti e rifugiati (Austria, Svezia), chi aveva spalancato le porte ma poi ci ha ripensato (Germania), chi non ne vuole sentir parlare (Ungheria) e chi nell’Europa non ci sta più (Regno Unito).

In mezzo a questa confusione, oltre all’accordo con la Turchia, la principale strategia comune è la cosiddetta relocation, cioè il ricollocamento dei profughi in modo che siano distribuiti più equamente tra gli stati dell’Unione Europea.

L’accordo, stipulato a settembre 2015, prevede il ricollocamento di 106 mila persone da Grecia e Italia ad altri paesi europei entro settembre 2017. Vediamo a che punto siamo.

Fonte: UNHCR, 25 gennaio 2017

Già, in 15 mesi sono state rilocate solo 10 mila persone: un misero 10%.

L’obiettivo del 2017 per l’Europa è la chiusura della rotta Libia-Italia, sul modello di quanto fatto con la rotta balcanica nel 2016.

A inizio febbraio è stato siglato un accordo tra Italia e Libia, che stabilisce una serie di ambiti di collaborazione tra i due paesi per la riduzione dei flussi in partenza dalla Libia. L’applicazione dell’accordo appare tuttavia molto problematica.

Altro specchio del fallimento delle politiche europee sono le condizioni miserabili in cui sono costretti a vivere molti profughi in diversi paesi della (ex) rotta balcanica.

Migranti 2017: cosa fa l’Italia

Sul fronte interno, il Ministro dell’Interno Minniti ha un piano per l’immigrazione, per la verità ereditato in parte dal suo predecessore Alfano, centrato su quattro obiettivi: diminuire gli arrivi, aumentare i rimpatri, ridurre il tempo di permanenza dei richiedenti asilo nel sistema di accoglienza, migliorare la loro distribuzione sul territorio.

Diminuire gli arrivi significa diminuire le partenze. Come già anticipato, l’Italia si sta muovendo in sintonia con l’Europa per ridurre il flusso dei migranti in arrivo dalla Libia, ottenendo al momento l’effetto contrario.

Gli altri tre obiettivi vengono perseguiti attraverso alcune disposizioni introdotte con un Decreto Legge approvato dal Consiglio dei Ministri il 10 febbraio e attualmente in discussione al Parlamento (significa che è già in vigore, ma deve essere convertito in legge entro 60 giorni altrimenti decade).

L’aumento dei rimpatri comporta la stipula di accordi bilaterali con i paesi di origine dei migranti; compito non facile ma a cui il governo sta lavorando con una rete di contatti avviati con paesi come Sudan, Niger e Nigeria, oltre che la già citata Libia.

Per aumentare i rimpatri occorre anche rendere efficiente la macchina sul lato italiano, che per Minniti si traduce in luoghi e strumenti di detenzione amministrativa dei migranti. I famigerati CIE (Centri di Identificazione ed Espulsione), tanto per intenderci, che vengono rinominati (CPR – Centri di Permanenza e Rimpatrio) e distribuiti sul territorio (uno per regione) invece che concentrati in poche località.

L’eliminazione del grado di appello per i richiedenti asilo a cui la Commissione Asilo nega lo status di rifugiato o altre forme di protezione è invece la strategia individuata per ridurre i tempi di permanenza nel sistema di accoglienza dei richiedenti asilo, che ora, tra domanda, esame della stessa e ricorso, arrivano fino a due anni.

Entrambe queste misure sollevano molti dubbi dal punto di vista della tutela di diritti come la libertà personale, la difesa, l’asilo.

Il quarto obiettivo politico è arrivare ad una migliore distribuzione territoriale dei richiedenti asilo, con un potenziamento del sistema Sprar, che garantisce un’accoglienza diffusa e integrata nei territori.

La minaccia alla realizzazione di questo obiettivo viene dai Comuni, che possono rifiutarsi di accogliere richiedenti asilo sul proprio territorio, costringendo altri comuni ad accoglierne di più. Esistono dei sistemi di premialità per i comuni accoglienti, ma non sono sufficienti.

Il Decreto Legge prevede anche che i richiedenti asilo siano massicciamente impiegati in lavori di pubblica utilità purché, si intende, non retribuiti, aprendo una questione su quale sia il limite tra promozione dell’integrazione, sfruttamento economico e introduzione di una condizionalità tra accoglienza e lavoro non retribuito che sarebbe inaccettabile.

Ci sono anche strade alternative sperimentate dalla società civile per trovare nuove soluzioni che garantiscano maggiore dignità e sicurezza ai profughi, ma anche alle comunità locali di accoglienza.

La più nota è quella dei corridoi umanitari, che permette alle persone di arrivare in Italia in modo sicuro, senza rischiare la vita e godendo di un solido programma di integrazione.

Una forma di solidarietà attiva e reale che fa ben sperare, anche se certo ha bisogno di farsi politica per impattare in modo significativo.

Come abbiamo fatto per il 2016, seguiamo mensilmente l’andamento del fenomeno anche nel 2017. Ci interessa monitorare i numeri, delle persone che arrivano via mare in Italia e in Europa, anche se va detto che si tratta di solo una parte degli immigrati che arrivano in molti paesi per altre vie, via terra o via aria.

Ci interessa monitorare anche le principali questioni politiche aperte in Italia e in Europa, e le loro conseguenze sui flussi migratori, le rotte e, soprattutto, le vite delle persone.

Cominciamo, allora. Con un quadro della situazione relativo a gennaio 2017.

Migranti 2017: i numeri in Italia al 31 gennaio

Nel 2016 sono sbarcate in Italia 181.436 persone. Si tratta, come detto, del dato più alto di sempre: erano 153.842 nel 2015, 170.100 nel 2014, e molte meno negli anni precedenti.

Secondo i dati Unhcr, tra il 1 e il 31 gennaio 2017 sono sbarcate in Italia 4.463 persone. Un dato leggermente inferiore a quello di gennaio 2016, quando arrivarono 5.273 persone.

I dati sui paesi di provenienza non sono disponibili per il solo mese di gennaio 2017, e riguardano il periodo 1 gennaio 2016 – 31 gennaio 2017: Nigeria (21%), Eritrea (11%), Guinea, Gambia e Costa d’Avorio (7%), Senegal e Mali (6%), Sudan (5%).

Ad arrivare in Italia sono soprattutto uomini (il 71%), con una considerevole fetta di minori non accompagnati, in continua crescita (il 16% degli arrivi). La gran parte degli sbarchi avviene in Sicilia (il 78%) ma ci sono arrivi via mare anche in Calabria (il 20%).

Migranti 2017: i numeri in Europa al 31 gennaio

Tra il 1 e il 31 gennaio 2017 sono arrivati via mare in Europa 5.862 migranti. Continuano infatti ad avvenire alcuni sbarchi in Grecia, certo a ritmi decisamente più bassi di quelli pre accordo con la Turchia.

Nel primo mese del 2017 sono arrivati in Grecia 1.399 migranti, provenienti da Siria (47%), Afghanistan (24%) e Iraq (15%). Erano, pensate, 67 mila nel gennaio 2016.

Monitoreremo nel corso dell’anno questa rotta, se si manterrà su questi numeri o ci saranno cambiamenti. Monitoreremo anche l’eventuale insorgere di altre rotte, in questo quadro mai fisso che sono i movimenti migratori.

Migranti 2017: cosa fa l’Europa

Oltre al ritmo molto lento con cui procede il processo di relocation, altro specchio del fallimento delle politiche europee sono le condizioni miserabili in cui sono costretti a vivere molti profughi in diversi paesi.

La nostra coscienza ballerina è stata risvegliata a un certo punto dalle immagini provenienti da Belgrado, dove i profughi intrappolati dalla chiusura della rotta balcanica vivono letteralmente al freddo e al gelo la loro condizione di esiliati.

Situazioni di estremo disagio vengono riportate lungo tutta la (ex) rotta balcanica, con persone che muoiono cercando di percorrerla comunque, e altre bloccate in paesi in cui non vorrebbero stare senza poter tornare indietro né proseguire.

Per molti l’unica alternativa, pur di non essere rispediti in Turchia o avventurarsi lungo le insidie della rotta balcanica, è rimasta quella di chiedere asilo in Grecia, dove le condizioni di vita dei profughi sono da più parti denunciate come indegne.

Migranti 2017: cosa fa l’Italia

In Italia siamo alle prese con il dibattito sul sistema di accoglienza, ciclicamente riacceso da scandali presunti o reali, proteste plateali, e situazioni mediaticamente ghiotte come quelle dei 12 profughi respinti dagli abitanti a Gorino e della donna ivoriana morta in un centro di accoglienza a Cona.

Gli obiettivi del governo, in particolare del neo Ministro dell’Interno Minniti, vanno in quattro direzioni: diminuire gli arrivi, aumentare i rimpatri, ridurre il tempo di permanenza dei richiedenti asilo nel sistema di accoglienza, migliorare la loro distribuzione sul territorio.

Diminuire gli arrivi significa diminuire le partenze. Per questo l’Italia ha rinnovato il suo impegno sul fronte libico, rafforzando i legami con il debolissimo governo di unità nazionale riconosciuto dall’Onu, e avviando un programma di formazione della guardia costiera libica per aumentarne l’efficacia nel controllo della partenze.

Il governo italiano sta inoltre intensificando i rapporti con alcuni governi dei paesi di origine e di transito dei migranti che arrivano sulle nostre coste, come Niger e Tunisia oltre alla Libia, per negoziare accordi che limitino le partenze verso l’Italia.

Queste iniziative hanno ottenuto un importante sostegno a livello europeo: la chiusura della rotta dalla Libia all’Italia è diventata un obiettivo politico prioritario dell’Europa, almeno a sentire le parole del presidente del Consiglio europeo Tusk:

L’aumento dei rimpatri è un altro obiettivo dichiarato di Minniti e della sua proposta di riabilitare i tanto criticati CIE (Centri di Identificazione ed Espulsione), attivandone uno in ogni regione, come luogo dedicato alla gestione delle complesse procedure di rimpatrio, che dovrebbero interessare soprattutto quei profughi accolti nel sistema di accoglienza che compiono reati.

L’eliminazione del grado di appello per i richiedenti asilo a cui la Commissione nega lo status di rifugiato o altre forme di protezione è invece la strategia individuata per ridurre i tempi di permanenza nel sistema di accoglienza dei richiedenti asilo, che ora, tra domanda, esame della stessa e ricorso, arrivano fino a due anni.

L’altro obiettivo politico è arrivare ad una migliore distribuzione territoriale dei richiedenti asilo.

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