Cosa succede in Venezuela | Guaidó e Maduro si contendono il potere63 min read

16 Maggio 2019 Mondo Politica -

Cosa succede in Venezuela | Guaidó e Maduro si contendono il potere63 min read

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Cosa succede in Venezuela: Aggiornamento 28 agosto

Il 5 Marzo del 2013 Hugo Chávez muore dopo mesi di malattia, lasciando il suo Venezuela nelle mani del suo vice-presidente Nicolas Maduro. In questi due anni, il Paese si trovato ad affrontare una crisi economica alla quale non era preparato e a farne le spese è stata soprattutto la popolazione. Maduro è accerchiato dagli avversari sempre più agguerriti, ma un alleato insperato potrebbe venire in suo aiuto nel prossimo futuro. Vediamo chi è.

Cosa succede in Venezuela: il dopo-Chávez e la crisi economica

All’inizio del 2013 Nicolas Maduro assume il ruolo di Presidente venezuelano ad interim dopo il ritiro di Chávez dalla vita politica a causa del progredire della sua malattia. Le iniziative del neo-Presidente conservano il carattere democratico-socialista della linea chavista, ma ben presto queste risultano inefficienti a causa dell’aggravarsi di una crisi economica che, fino a quel momento, aveva toccato solo in parte l’economia venezuelana. In Aprile si svolgono le prime elezioni dopo la morte di Chávez. Con il 50,78% dei voti a favore, Maduro riesce a battere lo sfidante di destra Henrique Capriles Radonski e viene riconfermato alla guida del Paese malgrado le accuse di inadeguatezza ricevute durante il suo mandato ad interim. Poco dopo le elezioni, si registrano primi disordini provocati dai movimenti studenteschi coadiuvati dai partiti d’opposizione di destra. I manifestanti insistono sull’incapacità del nuovo governo di combattere l’inflazione (arrivata al 56%) e protestano per la mancanza dei beni di prima necessità, che saranno posti sotto razionamento prima della fine dell’anno. Ad alimentare il dissenso si aggiungono poi il caos finanziario, dovuto al doppio regime di cambio del bolivar, la corruzione diffusa negli apparati statali, il tasso di criminalità altissimo e la stagnazione dell’economia centralizzata dovuta alle esportazioni del petrolio in calo. Le proteste vengono sedate violentemente dalla Guardia Nacional Bolivariana, con numerosi arresti di studenti e leader dell’opposizione. La repressione violenta provoca anche diverse vittime civili: fra febbraio e maggio, perdono la vita ben 43 manifestanti negli scontri con le forze dell’ordine.

Pur essendo evidenti le responsabilità del governo, l’esecutivo scarica parte della colpa della crisi sulle grandi imprese private in mano ai sostenitori della destra all’opposizione: a quanto pare, molte aziende boicotterebbero volontariamente le iniziative governative destinando al mercato nero dei Paesi limitrofi buona parte dei beni di largo consumo che, invece, sarebbero riservati alla vendita al pubblico nazionale a prezzi fissati secondo le politiche socialiste del governo. Uno scontro fra poteri forti statali e privati che sta privando la popolazione di risorse basilari. Durante tutto il 2014, l’esecutivo di Maduro è riuscito a mantenere il controllo della situazione grazie soprattutto all’amicizia dei militari e all’ampliamento delle politiche di Welfare in continuità con le iniziative portate avanti da Chávez nel passato. Questo ha però causato un costo non indifferente in termini di spesa pubblica: il Welfare delle misiones chivatiste (lotta alla povertà e all’analfabetismo, politiche per la casa e il lavoro) è arrivato a impegnare il 60,7% dell’intero bilancio statale e ha ridotto le riserve di liquidità nelle case dello Stato. A questa criticità si sono poi aggiunti gli effetti del rigido sistema di cambi voluto da Chávez nel 2003, secondo il quale tasso di cambio ufficiale dollaro-bolívar imposto (1$=6,3 bolivar) è oggi fino a 10 volte inferiore a quello reale (1$=64 bolivar) in vigore nel mercato nero. La situazione ha creato grossi problemi alle imprese, in quanto il Venezuela importa il 57% di ciò che consuma, comprese le materie prime. Il Paese ha deciso di puntare le sue risorse principalmente sull’esportazione di petrolio, che conta ben il 95% dell’export, limitando fortemente le possibilità per le altre produzioni industriali. Molte aziende hanno così iniziato vendere di contrabbando le proprie merci negli Stati vicini, dando riscontro alle accuse del governo: incassando in dollari dal mercato nero queste possono acquistare direttamente le materie prime nel mercato internazionale con la stessa valuta senza dover passare dallo svantaggioso sistema di cambio fisso nazionale.

Alla scarsità dei beni di prima necessità, i cittadini soffrono anche per il proliferare della violenza incontrollata fra gli stessi civili. Secondo la ong Observatorio venezolano de violencia, ci sono 79 omicidi ogni 100 mila abitanti, indice otto volte superiore alla soglia dell’Onu che definisce gli Stati vittima di “violenza epidemica” (10 omicidi ogni 100 mila). La situazione critica è principalmente dovuta alla debolezza dei governi locali e alla diffusa corruzione in queste piccole amministrazioni. La giustizia privata prevale il più delle volte su quella legittima dello Stato. Una spiegazione più profonda può essere trovata nell’approccio che la popolazione ha rispetto al problema della delinquenza: la Lapop (Latin american public opinion project) evidenzia come il 40% dei sudamericani appoggia l’idea che le autorità debbano violare le leggi quando perseguono un criminale, mentre il 27% pensa che andrebbe depenalizzata la giustizia fai da te, anche in caso di conseguenze gravi.

Cosa succede in Venezuela: il governo Maduro e la crisi economica
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La situazione oggi

Il calo dei prezzi del petrolio e il mancato reinvestimento di ampi fondi per l’estrazione di idrocarburi nel Paese, hanno fortemente pesato sulla crescita economica del Venezuela: il Pil nel 2014 è sceso del 2,6% con l’esportazione di petrolio fortemente ridimensionata rispetto al 2013. La leadership di Maduro continua a essere messa in discussione dall’opposizione e anche all’interno della popolazione, la sua popolarità è sempre più in calo. Nel febbraio del 2015, è stato arrestato, il sindaco dell’area metropolitana di Caracas, Antonio Ledezma, accusato di cospirazione contro il governo. L’evento ha suscitato non poche polemiche e riportato l’attenzione internazionale nel Paese dopo la dura repressione delle proteste del 2014. Lo scorso Aprile, il Presidente venezuelano ha inoltre denunciato un presunto tentativo di golpe che avrebbe ricevuto il sostegno degli Stati Uniti. Non è chiaro se Maduro abbia maturato una sorta di paranoia riguardo la propria posizione o se veramente vi sono dei piani segreti per sostituirlo senza far precipitare la nazione nel caos. Una buona parte della popolazione è delusa dalla sua esperienza di governo e anche i “vicini” Stati Uniti non sembrano soddisfatti della sua gestione.

Gli USA sono noti per la loro forte ingerenza nei confronti dei governi sudamericani. Già dopo gli episodi del 2014, la Casa Bianca aveva emanato un decreto presidenziale che definiva la nazione latino-americana come una minaccia per la sicurezza nazionale e solo di recente Obama e Maduro sono tornati lavorare su un potenziale disgelo dei rapporti reciproci. Secondo le parole del Presidente venezuelano, rilasciate durante un’intervista a TeleSUR, le due nazioni stanno già discutendo sulle dimensioni che avranno le future rispettive ambasciate, sui compiti e sulla cooperazione in diverse aree. Oltre a questi, in dei meeting organizzati fra i rappresentanti di entrambi i Paesi, si sono aggiunti altri temi chiave sul tavolo della discussione: il rispetto del diritto internazionale da parte di Caracas (riferito agli impegni economici e ai diritti umani) e alla possibilità che i due paesi lavori insieme nell’ambito dell’iniziativa PetroCaribe. Questa era stata avviata dall’allora presidente Hugo Chávez e prevede l’impegno del Venezuela nel rifornire di greggio le nazioni centro americane e caraibiche a prezzi particolarmente favorevoli. La distensione dei rapporti con gli USA potrebbe essere una buona occasione per Maduro per trovare un nuovo appoggio internazionale e rilanciare la propria figura di leader. Il sostegno degli USA garantirebbe al Presidente venezuelano uno scudo contro altri tentativi di golpe e l’apertura di nuovi mercati preferenziali al nord servirebbe a rilanciare le esportazioni di petrolio, fulcro dell’economia del Paese. Vista la storia del Venezuela (e del Sudamerica in generale) è difficile prevedere quali possano essere le conseguenze nel lungo periodo di un eventuale sodalizio con gli USA, soprattutto per quanto riguarda la reazione degli chavisti anti-imperialisti più intransigenti.

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Fiorentino di nascita, Web Marketing Specialist per diletto e Nerd di professione. Si nutre di cultura pop e vive la sua vita perennemente in direzione ostinata e contraria. Per Le Nius supporta l'area editoriale, in ambito politica, e l'area social. matteo@lenius.it
3 Commenti
  1. Massimo Gilardi

    Un brillante collage della politica internazionale sul Venezuela. Peccato che la scelta abbia privilegiato le fonti di destra. Non una volta, ripeto, nemmeno una, è successo in tutto l'articolo/collage che sia stata usata una fonte un poco meno che dalla parte dell'interventismo in Venezuela. Una forma davvero singolare di fare informazione e soprattutto di fare controinformazione. Non ci siamo amici carissimi; nulla di nuovo sul fronte occidentale.

  2. Davide

    Massimo, accogliamo di buon grado la tua critica. A noi però non pare tutta un'orchestrazione della destra venezuelana, per altro non messa benissimo: Maduro ci sta mettendo molto del suo in questo caos.

  3. Antonietta Antonucci

    La mia famiglia vive in Venezuela e da quando Chávez era presidente la situazione era andata a peggiorare. Maduro poi ha finito l'opera. Ma quando Papa Francesco è stato eletto si è affacciata una speranza......forse qualcosa stava per cambiare. Niente: Fame e morte oltre che una svalutazione senza misura. Poi la speranza con Guaido' e ancora lotta e sofferenze er il popolo venezuelano, perché non tutti capiscono ciò che succede in questa nazione. Lottiamo per la libertà del Venezuela

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