Sistemi educativi europei a confronto | Quali sono i più virtuosi?11 min read

11 Novembre 2022 Educazione -

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Sistemi educativi europei a confronto | Quali sono i più virtuosi?11 min read

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Ogni stato europeo, e spesso ogni regione, organizza i sistemi educativi in modo diverso per quanto riguarda la durata dei cicli scolastici, i titoli di studio e l’offerta formativa. I percorsi possono essere unici o frammentati in più cicli scolastici, inseriti in contesti pubblici o privati, diversificati già a partire dalle scuole medie o più tardi. Il modo in cui una scuola è organizzata può influire sulla qualità della preparazione di studenti e studentesse, sulla possibilità di affrancarsi dal proprio contesto socio-economico di origine e di scegliere liberamente una carriera o un percorso di vita. Mettiamo quindi a confronto i sistemi educativi europei.

Quali sono i modelli che funzionano meglio? Basandoci sulle informazioni di Eurydice – la rete europea che analizza e coordina il funzionamento dei sistemi scolastici nazionali – prendiamo in considerazione le strutture della scuola dell’obbligo dei diversi paesi europei e cerchiamo di individuare le caratteristiche di un sistema educativo efficace e, allo stesso tempo, inclusivo.

Questo viaggio tra le scuole europee sarà utile anche per capire quali insegnamenti possiamo trarre degli altri paesi, ora che il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza mette a disposizione 19,44 miliardi di euro per il potenziamento dei servizi dell’istruzione, dagli asili nido fino all’università.

I tre modelli organizzativi delle scuole europee

Secondo il report “Strutture dei sistemi educativi europei” in Europa esistono tre principali modelli organizzativi di istruzione primaria e secondaria inferiore. In altre parole, quei cicli di scuola che in Italia corrispondono alla scuola elementare e media e che secondo gli standard internazionali corrispondono ai livelli ISCED1 e ISCED2.

Questi livelli di istruzione rivestono una particolare rilevanza perché sono parte dell’istruzione obbligatoria in tutti i sistemi educativi europei e costituiscono le fondamenta del futuro formativo e professionale di studenti e studentesse. Questi i tre modelli presenti nei sistemi educativi europei.

 

 

I tre principali modelli organizzativi della scuola primaria e secondaria in Europa

Istruzione a struttura unica: per la durata dell’istruzione obbligatoria tutti gli studenti seguono un percorso comune, che offre un’istruzione di tipo generale. Non sono previsti passaggi tra la scuola primaria e secondaria inferiore, quindi tra elementari e medie. Per dirla secondo gli standard internazionali, i livelli ISCED1 e ISCED2 sono accorpati. Fanno parte di questo gruppo i paesi scandinavi e buona parte di quelli balcanici, oltre a Danimarca, Estonia e Polonia. La Finlandia, ad esempio, offre un unico ciclo scolastico uguale per tutti, che inizia a 7 anni per finire a 16-17 anni.

Offerta di un curricolo comune di base: dopo l’istruzione primaria tutti gli studenti e le studentesse passano all’istruzione secondaria inferiore, dove seguono lo stesso curricolo comune di base di tipo generale. È organizzata in questo modo buona parte dei paesi dell’Europa occidentale e meridionale, tra cui Italia, Spagna, Francia, Irlanda, Romania, Grecia e Turchia.

Istruzione secondaria inferiore differenziata: dopo l’istruzione primaria gli studenti frequentano percorsi distinti o tipologie specifiche di istruzione secondaria inferiore. Al termine dei loro studi, alunni e alunne conseguono tipi diversi di certificato. Ad avviare una precoce differenziazione dei percorsi di studio sono ad esempio Germania, Svizzera, Austria, parte del Belgio e Lituania.

Cosa rende migliore un sistema educativo?

Abbiamo visto i diversi modi in cui possono essere organizzati i sistemi educativi, almeno per quanto riguarda la durata e la suddivisione dei cicli scolastici obbligatori. Ma cosa rende un sistema educativo migliore di un altro? È possibile stabilire delle regole generali? Secondo un altro report di Eurydice la risposta è sì se, oltre che efficace, per scuola migliore intendiamo equa e inclusiva.

Secondo i dati a disposizione il divario tra studenti con rendimento elevato e scarso (indicatore di inclusione) e l’impatto del contesto socioeconomico sui risultati degli studenti (indicatore di equità) variano ampiamente in Europa, specialmente nell’istruzione secondaria. I due indicatori, peraltro, vanno spesso di pari passo e secondo il report meno di un terzo dei sistemi educativi può essere considerato equo in entrambe le dimensioni.

Diversi fattori influiscono sull’inclusività e sull’equità dei sistemi scolastici. La varietà nella scelta delle scuole secondarie inferiori, ad esempio, se da una parte va incontro ai diversi bisogni di studenti e studentesse, dall’altra può incrementare le disuguaglianze e causare una segregazione educativa, soprattutto in presenza di criteri di ammissione. È quindi importante trovare il giusto equilibrio tra la risposta ai diversi bisogni e l’equità.

Si riscontrano conseguenze negative anche in quei sistemi educativi che richiedono un precoce indirizzamento a particolari percorsi. Infatti, dover scegliere presto un indirizzo formativo rafforza il legame tra il background socio economico e i risultati scolastici.

Questa conseguenza negativa può essere mitigata se vengono implementate attività di orientamento efficaci, in grado di accompagnare studenti e studentesse a una scelta consapevole e meno forzata dal contesto socio-economico.

L'inclusività delle scuole europee
Photo by CDC on Unsplash

A influenzare equità e inclusività dei sistemi scolastici sono anche il tipo di finanziamento e il grado di autonomia delle scuole. Il finanziamento pubblico alle scuole, soprattutto primarie, è un fattore chiave per ridurre l’impatto del background socio economico sul rendimento degli allievi.

Anche le bocciature influiscono negativamente sull’equità. La ripetizione degli anni di scuola, infatti, può portare ad un ampliamento del divario tra studenti con risultati bassi e alti. Tuttavia, la ripetizione rimane diffusa in Europa: in media, il 4% degli studenti europei ripete almeno un anno scolastico una volta, e in alcuni sistemi educativi il tasso supera il 30%.

D’altro canto, vi sono alcune pratiche che possono portare nella direzione giusta. Ad esempio, applicare un’ampia gamma di misure per sostenere le persone svantaggiate favorisce l’equità di un sistema scolastico. Sembra scontato, ma attualmente solo un quarto dei sistemi educativi europei lo fa. Per ridurre le differenze di prestazioni tra scuole vi sono diverse opzioni a disposizione dei governi, tra cui correggere lo squilibrio nel contesto socioeconomico, fornire supporto mirato alle scuole svantaggiate e incoraggiare buoni insegnanti a lavorare in queste scuole.

Anche l’organizzazione del corpo docente costituisce un fattore decisivo: avere docenti specializzati/e nell’aiutare gli alunni in difficoltà, infatti, riduce la segregazione educativa. Un ultimo spunto utile per favorire equità e inclusività riguarda le attività aggiuntive – gratuite o incentivate – al di fuori della giornata scolastica formale e durante le vacanze scolastiche.

L’inclusività delle scuole europee alla prova dei dati

Un possibile approccio, tra quelli presentati da Eurydice, per misurare efficacia e grado di inclusività di un sistema educativo consiste nel combinare due dati: la percentuale di studenti con risultati scarsi (definiti low achievers) e il divario di rendimento tra questi e gli studenti con risultati alti (high achievers).

Secondo questo approccio, laddove c’è una minor percentuale di low achievers e, contemporaneamente, un minore gap tra i più e i meno “performanti”, il sistema educativo è più efficace e inclusivo.

I risultati di alunni e alunne delle elementari

Andando a vedere il livello di preparazione e il gap tra studenti della scuola primaria europei troviamo una situazione eterogenea (dati relativi al 4° anno, basati sulle indagini PIRLS 2016 e TIMSS 2015).

La percentuale di studenti che raggiungono scarsi risultati nelle competenze di lettura è più alta per Malta (55,4%), Belgio francofono (35,4%) e Francia (28,1%), mentre è minore in Finlandia (8,7%), Irlanda, Lettonia, e Norvegia (percentuali intorno al 10%).

I paesi con un minor gap tra studenti più e meno “performanti” sono Paesi Bassi, Belgio fiammingo, Lettonia e Finlandia. Questi ultimi due paesi riescono a combinare un basso numero di studenti con scarsi risultati con un ridotto divario.

In Italia non va malissimo, ma si può migliorare. La nostra percentuale di bambini e bambine con basse competenze in lettura è del 13,2%, e siamo settimi in Europa quanto al divario tra chi ha buoni e chi ha scarsi risultati.

Per quel che riguarda le competenze in matematica gli stati virtuosi, ovvero con un minor numero di low achievers, sono Belgio fiammingo, Irlanda del Nord e Norvegia, mentre i meno virtuosi sono Francia e Turchia. Anche in questo caso il minor gap si registra nei Paesi Bassi, seguiti da Belgio fiammingo e Germania. Dal lato opposto troviamo Turchia, Ungheria e Serbia.

Nelle competenze in matematica l’Italia se la cava peggio che nella lettura, con oltre il 30% di studenti con scarsi risultati e all’undicesimo posto in Europa per divario.

I risultati di studenti e studentesse di 15 anni

La situazione cambia leggermente per gli studenti di 15 anni, età in cui possiamo già tirare alcune somme riguardo all’efficacia e all’equità dei sistemi educativi. Secondo l’indagine PISA 2018, che indaga le prestazioni in lettura, matematica e scienze dei quindicenni di tutto il mondo, la percentuale di studenti con scarsi risultati varia in Europa tra l’11% e il 55% nella lettura e tra il 10% e il 61% in matematica.

I paesi con meno studenti in difficoltà sono Estonia, Irlanda, Finlandia e Polonia per la lettura ed Estonia, Danimarca, Polonia e Finlandia per la matematica.

Al contrario, le percentuali di low achievers sono alte in entrambe le aree in Macedonia del Nord, dove più della metà degli studenti riportano scarsi risultati, e superano il 40% in Bulgaria, Romania, Albania, Bosnia Erzegovina e Montenegro. All’elenco, ma solo per la lettura, si aggiunge Cipro.

Quindi quali sono i sistemi educativi europei più virtuosi?

In sintesi, dai dati appena esposti, tra i sistemi educativi europei più virtuosi in termini di efficacia e inclusività ci sono quelli di Irlanda, Estonia, Lettonia, Danimarca e Finlandia (qui un approfondimento sul modello educativo finlandese). Tutti questi paesi, tranne l’Irlanda, hanno un’organizzazione a struttura unica, che sembra quindi essere una formula vincente.

In pratica unificare elementari e medie in un unico ciclo potrebbe essere una buona idea. A conferma di questa ipotesi c’è il caso dei Paesi Bassi, organizzati con una istruzione secondaria inferiore differenziata. Il sistema educativo del paese, infatti, risulta tra i più inclusivi nella scuola primaria (dove tutti gli studenti seguono lo stesso percorso) per poi risultare molto meno inclusivo per i quindicenni, che seguono percorsi diversi.

Cercando una correlazione tra l’inclusione e l’equità, ovvero il grado in cui i risultati di allievi e allieve sono correlati alla situazione socio-economica di origine, i sistemi educativi con ampi gap nei risultati sono in genere anche quelli in cui la condizione socio-economica di origine influisce di più sui risultati degli studenti. Questo vale sia per la scuola primaria che secondaria, anche se alla primaria la correlazione è meno marcata in matematica.

sistemi educativi europei
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Com’è messa la scuola italiana?

La scuola primaria italiana risulta tra le più eque, ed è in linea con altri paesi (es. Spagna, Lituania e Repubblica Ceca) quanto a inclusione.

Le cose però cambiano, in peggio, nella scuola secondaria. Secondo i dati PISA, in Italia la percentuale di quindicenni con scarsi risultati è tra il 23% e il 24% sia in lettura che in matematica, con un gap in linea con la media dei paesi europei nella lettura e poco al di sopra in matematica. Solo il 10% circa degli studenti provenienti da un contesto socio-economico svantaggiato ottiene punteggi particolarmente elevati in lettura e una percentuale simile riguarda gli studenti con background migratorio.

Questa situazione si riflette sulle prospettive per il futuro: tra coloro che provengono da un contesto di origine svantaggiato ma hanno un alto rendimento, solo 6 su 10 si aspettano di conseguire un titolo oltre il diploma (rispetto ai 9 su 10 di quelli che provengono da un contesto avvantaggiato). Non mancano le ripercussioni sulle aspettative di carriera e sugli stereotipi di genere: solamente 1 ragazzo su 4 e 1 ragazza su 8 provenienti da contesti svantaggiati, ma con buoni risultati in matematica e scienze, prevedono di lavorare come ingegnere o professionista delle scienze a 30 anni.

Inoltre, sebbene in Italia lo status socio economico della famiglia di origine abbia un peso inferiore rispetto alla media OCSE, di fatto le scuole tendono ad essere frequentate da studenti con lo stesso background, generando un effetto di segregazione.

La scuola inclusiva ci cambia la vita

Ricevere un’educazione equa, inclusiva e di qualità è l’occasione, per alcuni l’unica e la più importante, di affrancarsi da una situazione di partenza svantaggiata per povertà economica, culturale, e perfino affettiva.

Grazie alla scuola bambini e bambine senza risorse possono scoprire e coltivare punti di forza, passioni e attitudini, e sviluppare competenze di alto livello. Possono arrivare a guadagnare bene, se è questo che desiderano, ma soprattutto scegliersi una vita diversa da quella che la loro origine avrebbe imposto loro. Non va dimenticato che anche la collettività ha di che guadagnare da una scuola equa, con notevoli vantaggi in coesione sociale, ricchezza economica e qualità della vita.

Il PNRR è in questo senso un’occasione epocale. Tra le voci di spesa del Piano solo alcune riguardano direttamente la scuola primaria e secondaria di primo grado, tra cui ad esempio l’estensione del tempo pieno e delle mense, il potenziamento delle infrastrutture per lo sport a scuola e la riforma del sistema di orientamento.

Molto denaro viene destinato alle infrastrutture, alle tecnologie, all’istruzione secondaria superiore e all’università. Denaro necessario, non c’è dubbio, ma si rifletta su un punto: una volta arrivati alla scuola superiore, la disuguaglianza è ormai un dato di fatto difficilmente rimediabile. Per questo investire sui primi cicli di scuola (non dimenticando il nido e la scuola dell’infanzia) significa investire anche sui cicli futuri.

Come abbiamo visto da questo viaggio comparativo tra le scuole europee, il sistema educativo italiano non è certo tra i peggiori, ma può migliorare. Guardando a chi fa meglio, possiamo concludere che l’obiettivo è duplice: alzare il livello, e alzarlo per tutti.

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Educatore professionale e formatore, ha lavorato in diversi ambiti del terzo settore. Nel suo lavoro mescola linguaggi e strumenti per creare occasioni di crescita personale attraverso esperienze condivise. Per Le Nius scrive di temi sociali e non profit.
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