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Come sta cambiando il matrimonio in Italia e in Europa

quando ci si sposa in italia e in europa

@Katsu Nojiri

Reading Time: 28 minutes

Il matrimonio è un istituto giuridico che, stando all’etimologia del termine, indica l’unione di un uomo e una donna a fini civili e/o religiosi che assumono reciprocamente diritti e doveri. Dal punto di vista etimologico, l’enfasi è posta sui fini procreativi dell’unione e sul compito di madre più che su quello di moglie (matris = madre, monium = dovere, compito).

Insomma, i tradizionalisti possono attingere soddisfatti al banchetto dell’etimologia. Parliamo però di un termine originato nel contesto del diritto romano, che istituzionalizzava una situazione sociale che relegava la donna al ruolo appunto di madre, per affidare all’uomo il compito del padre (patrimonium), quello cioè di provvedere al sostentamento della famiglia.

Sono passati circa duemila anni. Da allora il matrimonio ha mutato continuamente forma, importanza, modalità, effetti riflettendo i cambiamenti sociali e gli interessi dei diversi poteri politici e religiosi.

Le più recenti battaglie si combattono attorno al sesso dei contraenti il matrimonio, che ormai in 34 paesi del mondo (più un’altra decina se consideriamo anche le unioni civili) non devono essere necessariamente un uomo e una donna, e sui diritti da riconoscere alle coppie che scelgono di costituire una famiglia pur non contraendo matrimonio.

Una cosa è certa: il matrimonio è in crisi. Lo sentiamo ripetere da anni. Ma è davvero così? Quanti sono i matrimoni in Italia e in Europa? Stanno davvero diminuendo? È vero che nascono sempre più figli fuori dal matrimonio? E che i matrimoni durano poco?

Quanti sono i matrimoni in Italia e in Europa

L’anno con più matrimoni celebrati in Italia è il 1963, con 420 mila matrimoni. Nel 2020 sono 97 mila, meno di un quarto. Certo, il 2020 è un anno speciale, c’è di mezzo la pandemia che, tra le altre cose, ha rimandato le nozze di molte persone. La tendenza però è inesorabile: nel 2019 i matrimoni celebrati erano stati 184 mila, un dato comunque in calo, anche se non così drastico.

Un altro dato: negli anni sessanta (1960-69) si celebrarono 4 milioni di matrimoni; negli anni settanta 3,7 milioni; negli anni ottanta 3 milioni; negli anni novanta 2,9 milioni; negli anni duemila 2,5 milioni. Negli anni dieci 2,1 milioni.

E come va nel resto d’Europa? Per un confronto con gli altri paesi europei dobbiamo fare ricorso a un altro indicatore: il tasso di nuzialità (crude marriage rate, nel linguaggio internazionale), che è il rapporto tra numero di matrimoni contratti durante l’anno e la popolazione del paese, e si esprime per mille abitanti.

Per l’Italia quindi 97 mila matrimoni in rapporto a circa 60 milioni di abitanti risulta in un tasso di nuzialità di 1,6 matrimoni ogni mille abitanti. Il grafico riporta un confronto tra alcuni paesi europei.

 

L’Italia è dunque lo stato con il più basso tasso di nuzialità d’Europa. Siamo abituati a stare in fondo alle classifiche, ma questo dato forse sorprende un po’, se ci immaginiamo il matrimonio come un’istituzione conservatrice di matrice religiosa.

In alto alla classifica troviamo, oltre ad alcuni paesi dell’est Europa su cui spicca l’Ungheria, che ha addirittura incrementato il suo tasso di nuzialità nel 2020, anche alcuni paesi del centro-nord Europa che leghiamo nel nostro immaginario a società più progressiste e secolarizzate dalla nostra.

La questione infatti è che il matrimonio non è un’istituzione religiosa.

Quanti sono i matrimoni religiosi in Italia e in Europa

Se andiamo a scomporre ulteriormente il quadro, notiamo infatti che in Italia solo il 29% dei matrimoni del 2020 si è svolto con rito religioso. Attenzione però perché questo dato è particolarmente falsato dalla pandemia, che ha evidentemente suggerito il rinvio soprattutto dei matrimoni religiosi. Negli anni precedenti la percentuale si divideva più o meno al 50% tra matrimoni civili e religiosi.

Resta comunque il fatto che la percentuale di matrimoni religiosi era al 70% fino al 2004 e al 60% fino 2012 e, nonostante il drastico calo del 2020, risulta ancora più alta di altri paesi europei.

 

Nel Regno Unito i matrimoni religiosi sono il 19%, in Francia il 15%, in Spagna il 10%, in Germania addirittura il 3%. Tutti dati influenzati negativamente dalla pandemia, ma che c’è da scommettere non risaliranno così tanto neanche dopo il 2021.

In Italia quindi ci si sposa poco, ma ci si sposa (ancora, un po’) religioso. Le differenze regionali però sono molto ampie. In alcune regioni del centro-nord – Valle d’Aosta, Liguria, Provincia di Bolzano, Emilia Romagna, Toscana, Friuli Venezia Giulia – i matrimoni religiosi sono meno del 20%, mentre in molte regioni del sud (Sardegna, Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Puglia) la percentuale ha comunque superato il 60% nonostante l’anno di crisi.

Primi e secondi matrimoni in Italia e in Europa

Un indicatore di cambiamento sociale è anche il numero di secondi matrimoni, conseguenza della crescita di divorzi e separazioni che analizzeremo in seguito. I dati Eurostat riportano in realtà il dato opposto, ossia la percentuale di primi matrimoni rispetto al totale dei matrimoni celebrati in un anno.

Il dato sembra essere molto falsato dalla pandemia, che ha probabilmente influito negativamente soprattutto sui primi matrimoni, almeno nei paesi più tradizionalisti. I paesi mediterranei e dell’est Europa, che solitamente hanno percentuali oltre l’80% di primi matrimoni, sono finiti agli ultimi posti con percentuali tra il 20 e il 40%. Rimangono invece più elevate le percentuali di paesi del centro-nord, che invece solitamente sono in fondo alla classifica. Vistosa eccezione è l’Ungheria, in cui nel 2020 l’85% dei maschi e il 94% delle femmine erano al primo matrimonio.

Fatta eccezione di nuovo per l’Ungheria, dove dal 2016 è in crescita, è una percentuale in diminuzione ovunque. Pensate ad esempio che in Italia nel 1990 il 95% degli sposi maschi era al primo matrimonio contro il 22% del 2020 (dato influenzato dalla pandemia, ma che comunque era al 44% nel 2019), e percentuali molto simili si riscontrano anche per le femmine.

Quando ci si sposa in Italia e in Europa

Altro indicatore determinante per cogliere il cambiamento dell’istituto del matrimonio in Italia e in Europa è l’età media a cui ci si sposa.

 

L’Italia è quindi tra i paesi dove ci si sposa più tardi in Europa. I paesi dove ci si sposa prima sono quelli dell’Est Europa. Questi dati fanno riferimento alla popolazione femminile. Per ottenere i valori dei maschi dovete aggiungere in media due-tre anni.

Il cambiamento nel tempo anche di questo indicatore è evidente. I primi dati messi a disposizione da Eurostat rispetto all’età media del primo matrimonio per le donne e gli uomini europei fanno riferimento al 1990. Prendiamo quindi come riferimento il periodo 1990-2020 e analizziamo il fenomeno in termini storici. In Italia, ad esempio, la situazione è questa.

 

Nell’arco di 30 anni l’età media delle donne al primo matrimonio è aumentata di 7,7 anni e quella degli uomini di 7,5.

Un cambiamento notevole, figlio dei cambiamenti sociali ed economici che hanno mutato i percorsi di transizione all’età adulta dei giovani, con percorsi formativi più lunghi e ingressi molto precari e graduali nel mondo del lavoro, ma anche con scelte che sono ora molto più accettate socialmente, come quella di non sposarsi oppure di dedicare più tempo anche ad esperienze di piacere e crescita personale.

Un cambiamento che attraversa trasversalmente tutti i paesi europei, anche se in misura diversa. Possiamo quindi affermare che è vero, ci si sposa sempre più tardi. E i figli? Il matrimonio è (ancora) vissuto come un passo preliminare alla procreazione?

Figli dentro e fuori dal matrimonio in Italia e in Europa

Come abbiamo visto all’inizio, l’etimologia della parola matrimonio mette l’accento sui fini procreativi dell’unione, e d’altra parte sia nel rito religioso che in quello civile il riferimento alla prole è evidente.

Tuttavia, anche qui, un conto è la carta e un conto sono i comportamenti sociali. Comportamenti che, anzitutto, va detto, vanno nella direzione di una diminuzione dei figli, per una serie di cause sociali ed economiche tra cui, e per fortuna, una accresciuta libertà di scelta di persone e coppie.

Ciò premesso, consideriamo l’indicatore del numero di figli che nascono fuori dal matrimonio come un indicatore del cambiamento di quest’ultimo e della società. Si tratta di un dato che è in netta crescita ovunque, mostrando come matrimonio e procreazione non siano più necessariamente conseguenti.

 

In Italia il 34% delle nascite è avvenuta fuori dal matrimonio nel 2018. Nel 1970 questo dato era al 2%. Un mutamento straordinario, che pure ci lascia ancora agli ultimi posti fra i paesi europei dietro a Grecia – dove solo il 13,8% delle nascite avviene fuori dal matrimonio – Croazia, Polonia, Lituania, Ungheria, Romania e, sorpresa, Germania.

Il paese europeo con il più alto tasso di nascite fuori dal matrimonio è la Francia, dove sei bambini su dieci nascono da coppie non sposate, seguita da Bulgaria, Portogallo, Slovenia, Svezia, Danimarca, Olanda.

Sorprende in questa classifica trovare alle posizioni più alte anche paesi mediterranei e dell’est Europa, solitamente considerati più tradizionalisti. Evidentemente, certi collegamenti non vanno dati per scontati.

Il dato che accomuna tutti i paesi è che la percentuale di bambini che nascono fuori dal matrimonio è in crescita ovunque tranne, al solito, in Ungheria, dove è passata dal 48% del 2015 al 30% del 2020.

Questi dati derivano ovviamente dal fatto che ci si sposa di meno preferendo forme di convivenza non regolate, ma anche dal fatto che il matrimonio sta diventando sempre più una scelta legata alle dinamiche di coppia più che una tappa propedeutica alla procreazione. In un numero crescente di casi il matrimonio diventa una tappa successiva, maturata anche anni dopo la nascita di uno o più figli.

Quanti sono divorzi e separazioni in Italia e in Europa?

L’ultimo indicatore che consideriamo è naturalmente il numero di divorzi e separazioni che, visto il quadro dipinto finora, supponiamo essere in crescita un po’ ovunque. È così? Ni.

Nel 2020 ci sono stati 66.662 divorzi e 79.917 separazioni. Entrambi i dati sono in calo rispetto al 2019, probabilmente per effetto della pandemia. Le separazioni si mantengono ormai da almeno dieci anni intorno alle 80-100 mila unità annue.

Per quanto riguarda i divorzi, furono 18 mila nel 1971, primo anno in cui si poteva divorziare. La cifra si è poi stabilizzata intorno alle 10-15 mila unità all’anno per i successivi 15 anni. Il vero boom è iniziato a metà degli anni ottanta, con una crescita di divorzi proseguita fino ad oggi, anche se il dato negli ultimi anni segna un calo dopo il picco di 99 mila divorzi nel 2016.

In pratica, per ogni 100 matrimoni ci sono circa 68 divorzi. Erano 2,9 ogni 100 nel 1975, 20 ogni 100 solo nel 2007. Per un confronto con gli altri paesi europei dobbiamo fare ricorso a un altro indicatore: se per i matrimoni avevamo utilizzato il tasso di nuzialità, dobbiamo usare qui quello che possiamo chiamare tasso di divorzialità, ossia il rapporto tra numero di divorzi avvenuti durante l’anno e popolazione del paese, che si esprime per mille abitanti.

Per l’Italia quindi 66 mila divorzi in rapporto a circa 60 milioni di abitanti risulta in un tasso di 1,1 divorzi ogni mille abitanti, il più basso dell’Unione Europea. I paesi del centro-nord Europa presentano i dati più alti, dati che in ogni caso sono in crescita ovunque, almeno fino al 2010. Da lì in poi in molti paesi il dato è stabile o in leggera flessione.

E le unioni civili?

Chiudiamo questa lunga carrellata dedicata ai cambiamenti del matrimonio in Italia e in Europa con i dati sulle unioni civili in Italia. Le unioni civili sono state introdotte nel 2016 dalla cosiddetta legge Cirinnà. Nel periodo compreso tra luglio 2016 e il 31 dicembre 2020 sono state costituite in totale 13.356 unioni civili, di cui il 66% tra uomini (8,8 mila unioni) e il 33% (4,5 mila) tra donne.

 

Come quello dei matrimoni, anche il dato delle unioni civili è in calo nel 2020 a causa della pandemia, anche se a dire la verità lo era già negli anni precedenti dopo il boom del 2016/2017 quando sono state istituite.

Per quanto riguarda il 2020, a livello regionale il Lazio è la regione con il maggior numero di unioni civili in rapporto agli abitanti (4,5 per centomila abitanti), seguita da Toscana, Lombardia, Emilia Romagna e Liguria. Agli ultimi posti Calabria e Basilicata con un tasso inferiore allo 0,5 per centomila abitanti.

In conclusione: il matrimonio è cambiato

Cosa dedurre da tutti questi dati? Una cosa sicuramente: l’istituto del matrimonio è molto cambiato. In generale, ci si sposa sempre meno, sempre meno con il rito religioso, e sempre più tardi. Ma il passaggio cruciale mi pare un altro.

In termini molto generali, e almeno in Italia, dal dopoguerra in poi il matrimonio era considerato un passaggio quasi obbligato e propedeutico al fare figli. Dagli anni ottanta le cose hanno iniziato a cambiare: molte coppie non si sposano, altre si sposano ma non hanno figli, altre hanno figli e poi si sposano, altre si separano, con molta più accettazione sociale di prima.

Salta in sostanza il passaggio lineare matrimonio – procreazione e si aprono traiettorie di vita molto più diversificate, come succede peraltro in molti altri aspetti della vita, come lo studio e il lavoro. Qualcuno la chiamerebbe postmodernità.

Questo mutamento, che è un mutamento profondo delle relazioni sociali, investe molti contesti occidentali, anche se non tutti allo stesso modo. Nei paesi del nord Europa, ad esempio, il matrimonio è sempre stato qualcosa di diverso, legato più alle scelte individuali che ad un passaggio socialmente regolato preliminare all’avere figli.

Questa narrazione è inevitabilmente grossolana e merita di essere letta nelle sue sfumature e nelle sue eccezioni, che abbiamo visto non essere poche. Mette in evidenza però come lo stesso istituto, nel tempo e nello spazio, possa assumere significati molto diversi tra loro ed è la bellezza, quasi magica, di quell’insieme di relazioni, norme e comportamenti che chiamiamo società.

Matrimonio in Italia: per approfondire

L’età media del primo figlio in Italia e in Europa

L’età media di uscita dalla casa dei genitori dei giovani italiani e europei

Quanti sono i matrimoni in Italia e in Europa: dati 2018

L’anno con più matrimoni celebrati in Italia è il 1963, con 420 mila matrimoni. Nel 2018 sono 196 mila, molto meno della metà. Un altro dato: negli anni sessanta (1960-69) si celebrarono 4 milioni di matrimoni; negli anni settanta 3,7 milioni; negli anni ottanta 3 milioni; negli anni novanta 2,9 milioni; negli anni duemila 2,5 milioni. Negli anni dieci siamo finora a 1,8 milioni.

Di primo acchito quindi sì, ci sono molti meno matrimoni in Italia. Il 2018 fa segnare in realtà una lieve crescita rispetto al 2017 (196 mila contro 191 mila), ma è improbabile che si tratti di un segnale di ripresa costante.

Per un confronto con gli altri paesi europei dobbiamo fare ricorso a un altro indicatore: il tasso di nuzialità (crude marriage rate, nel linguaggio internazionale), che è il rapporto tra il numero di matrimoni contratti durante l’anno e la popolazione del paese, e si esprime per mille abitanti.

Per l’Italia quindi 196 mila matrimoni in rapporto a circa 60 milioni di abitanti risulta in un tasso di nuzialità di 3,2 matrimoni ogni mille abitanti. Il grafico riporta un confronto tra alcuni paesi europei.

L’Italia è dunque lo stato con il più basso tasso di nuzialità d’Europa. Siamo abituati a stare in fondo alle classifiche, ma questo dato forse sorprende un po’, se ci immaginiamo il matrimonio come un’istituzione conservatrice di matrice religiosa.

In alto alla classifica troviamo, oltre ad alcuni paesi dell’est Europa su cui spicca la Romania, anche alcuni paesi del centro-nord Europa – Danimarca, Svezia, Austria – che leghiamo nel nostro immaginario a società più progressiste e secolarizzate dalla nostra.

La questione infatti è che il matrimonio non è un’istituzione religiosa.

Quanti sono i matrimoni religiosi in Italia e in Europa: dati 2018

Se andiamo a scomporre ulteriormente il quadro, notiamo infatti che in Italia il 50% dei matrimoni si svolge con rito religioso. Una percentuale in grande calo negli ultimi anni, pensate che solo dieci anni fa era al 65%, che pure risulta nettamente più alta di altri paesi europei.

Nel Regno Unito i matrimoni religiosi sono il 22%, in Francia il 21%, in Spagna il 20,5%, in Germania addirittura il 18,4%.

In Italia quindi ci si sposa poco, ma ci si sposa religioso. Le differenze regionali però sono molto ampie. In alcune regioni del centro-nord – Valle d’Aosta, Liguria, Provincia di Bolzano, Emilia Romagna, Toscana, Friuli Venezia Giulia – i matrimoni religiosi sono meno del 35%, mentre in tutte le regioni del sud la percentuale supera il 70%.

Primi e secondi matrimoni in Italia e in Europa: dati 2018

Un indicatore di cambiamento sociale è anche il numero di secondi matrimoni, conseguenza della crescita di divorzi e separazioni che analizzeremo in seguito.

I dati Eurostat riportano in realtà il dato opposto, ossia la percentuale di primi matrimoni rispetto al totale dei matrimoni celebrati in un anno.

La percentuale di primi matrimoni è in generale più alta (tra l’80 e il 90%), sia per i maschi che per le femmine, nei paesi mediterranei e dell’est Europa, mentre si ferma al 70-75% in molti paesi del centro-nord Europa.

È una percentuale in diminuzione ovunque. Pensate ad esempio che in Italia nel 1990 il 95% degli sposi maschi era al primo matrimonio contro l’86% del 2018, e percentuali molto simili si riscontrano anche per le femmine.

Quando ci si sposa in Italia e in Europa: dati 2018

Altro indicatore determinante per cogliere il cambiamento dell’istituto del matrimonio in Italia e in Europa è l’età media a cui ci si sposa.

Secondo i dati Eurostat i paesi dove ci si sposa più tardi sono Svezia, Spagna, Danimarca, Italia. L’Italia è quindi tra i paesi dove ci si sposa più tardi in Europa. I paesi dove ci si sposa prima sono quelli dell’Est Europa: Slovacchia, Polonia, Bulgaria, Lituania, Croazia.

Questi dati fanno riferimento alla popolazione femminile. Per ottenere i valori dei maschi dovete aggiungere in media due-tre anni.

Il cambiamento nel tempo anche di questo indicatore è evidente. I primi dati messi a disposizione da Eurostat rispetto all’età media del primo matrimonio per le donne e gli uomini europei fanno riferimento al 1990. Prendiamo quindi come riferimento il periodo 1990-2018 e analizziamo il fenomeno in termini storici. In Italia, ad esempio, la situazione è questa.

Nell’arco di 28 anni l’età media delle donne al primo matrimonio è aumentata di 6,5 anni e quella degli uomini di 6,3. Un cambiamento notevole, figlio dei cambiamenti sociali ed economici che hanno mutato i percorsi di transizione all’età adulta dei giovani, con percorsi formativi più lunghi e ingressi molto precari e graduali nel mondo del lavoro, ma anche con scelte che sono ora molto più accettate socialmente, come quella di non sposarsi oppure di dedicare più tempo anche ad esperienze di piacere e crescita personale.

Un cambiamento che attraversa trasversalmente tutti i paesi europei, anche se in misura diversa. Considerando l’età media delle spose al primo matrimonio, questa aumenta tra il 1990 e il 2018 di 7,9 anni in Spagna, 7,6 in Repubblica Ceca e Ungheria, 7,3 in Slovenia; più contenuto l’incremento in Danimarca (+4,7 anni), Grecia e Finlandia (+5,4).

Possiamo quindi affermare che è vero, ci si sposa sempre più tardi. E i figli? Il matrimonio è (ancora) vissuto come un passo preliminare alla procreazione?

Figli dentro e fuori dal matrimonio in Italia e in Europa: dati 2018

Come abbiamo visto all’inizio, l’etimologia della parola matrimonio mette l’accento sui fini procreativi dell’unione, e d’altra parte sia nel rito religioso che in quello civile il riferimento alla prole è evidente.

Tuttavia, anche qui, un conto è la carta e un conto sono i comportamenti sociali. Comportamenti che, anzitutto, va detto, vanno nella direzione di una diminuzione dei figli, per una serie di cause sociali ed economiche tra cui, e per fortuna, una accresciuta libertà di scelta di persone e coppie.

Ciò premesso, consideriamo l’indicatore del numero di figli che nascono fuori dal matrimonio come un indicatore del cambiamento di quest’ultimo e della società. Si tratta di un dato che è in netta crescita ovunque, mostrando come matrimonio e procreazione non siano più necessariamente conseguenti.

In Italia il 34% delle nascite è avvenuta fuori dal matrimonio nel 2018. Nel 1970 questo dato era al 2%. Un mutamento straordinario, che pure ci lascia ancora agli ultimi posti fra i paesi europei dietro a Grecia – dove solo l’11,1% delle nascite avviene fuori dal matrimonio – Croazia, Polonia, Lituania, Romania e, sorpresa, Germania.

In 8 paesi UE su 28 nascono più bambini da coppie non sposate che da coppie sposate, e in 21 paesi la percentuale è superiore al 30%. Questo dato ci dovrebbe interrogare sulla distanza che a volte esiste tra immaginario e realtà, tra ordinamenti giuridici e comportamenti sociali.

Il paese europeo con il più alto tasso di nascite fuori dal matrimonio è la Francia, dove sei bambini su dieci nascono da coppie non sposate, seguita da Bulgaria, Slovenia, Portogallo, Svezia, Danimarca, Portogallo.

Sorprende in questa classifica trovare alle posizioni più alte anche paesi mediterranei e dell’est Europa, solitamente considerati più tradizionalisti. Evidentemente, certi collegamenti non vanno dati per scontati.

Il dato che accomuna tutti i paesi è che la percentuale di bambini che nascono fuori dal matrimonio è in crescita ovunque, a ritmi in alcuni casi elevatissimi. Il Portogallo è il paese che negli ultimi dieci anni ha più incrementato la percentuale (dal 38% del 2009 al 56% del 2018), seguita da Italia e Spagna con un incremento di 14 punti percentuali.

Il cambiamento quindi è più rapido nell’Europa mediterranea, mentre la situazione è più stabile nei paesi del centro-nord Europa dove il fenomeno aveva già raggiunto punte superiori al 40-50% negli anni novanta nei primi anni duemila.

Questi dati derivano ovviamente dal fatto che ci si sposa di meno preferendo forme di convivenza non regolate, ma anche dal fatto che il matrimonio sta diventando sempre più una scelta legata alle dinamiche di coppia più che una tappa propedeutica alla procreazione. In un numero crescente di casi il matrimonio diventa una tappa successiva, maturata anche anni dopo la nascita di uno o più figli.

Quanto dura il matrimonio in Italia?

Un altro indicatore formidabile per verificare i cambiamenti accaduti all’istituto del matrimonio è quello della durata dello stesso. Una questione che solo pochi decenni fa sarebbe apparsa quasi retorica: il matrimonio non ha durata!

In effetti, se pensiamo che in Italia la possibilità di divorziare è stata introdotta solo nel 1970 dovendo anche superare lo scoglio di un referendum abrogativo nel 1974, capiamo che l’idea di matrimonio era quella di un contratto senza scadenza, idea che solo recentemente ha iniziato a modificarsi.

L’ultimo dato disponibile fa riferimento al 2015 e parla di una durata media del matrimonio in Italia al momento della separazione di 17 anni. La durata media del matrimonio in Italia è in lieve ma costante crescita: dai 13 anni dei primi anni duemila, ai 14 del periodo 2005-2007, ai 15 anni del periodo 2008-2011, ai 16 del periodo 2012-2014 fino ai 17 del 2015.

La maggior parte delle separazioni – il 23,5% – avviene dopo il 25esimo anno di matrimonio, il 12% delle separazioni avviene entro i primi cinque anni di matrimonio, il resto delle separazioni è ripartito equamente tra le diverse fasce di durata. Ci si separa, in media, a 48 anni per gli uomini e a 45 anni per le donne.

Quanti sono i divorzi in Italia e in Europa?

L’ultimo indicatore che consideriamo è naturalmente il numero di divorzi che, visto il quadro dipinto finora, supponiamo essere in crescita un po’ ovunque. È così? Ni.

Nel 2018 il numero di divorzi in Italia è stato di 88.458. Furono 18 mila nel 1971, primo anno in cui si poteva divorziare. La cifra si è poi stabilizzata intorno alle 10-15 mila unità all’anno per i successivi 15 anni. Il vero boom è iniziato a metà degli anni ottanta, con una crescita di divorzi proseguita fino ad oggi, anche se il dato segna un calo dopo il picco di 99 mila divorzi nel 2016.

In pratica, per ogni 100 matrimoni ci sono circa 48 divorzi. Erano 2,9 ogni 100 nel 1975, 20 ogni 100 solo nel 2007. È dunque indubbiamente così in Italia, dove i divorzi sono in crescita anche molto significativa.

Per un confronto con gli altri paesi europei dobbiamo fare ricorso a un altro indicatore: se per i matrimoni avevamo utilizzato il tasso di nuzialità, dobbiamo usare qui quello che possiamo chiamare tasso di divorzialità, ossia il rapporto tra numero di divorzi avvenuti durante l’anno e popolazione del paese, che si esprime per mille abitanti.

Per l’Italia quindi 88 mila divorzi in rapporto a circa 60 milioni di abitanti risulta in un tasso di 1,5 divorzi ogni mille abitanti (contro 3,2 matrimoni), uno tra i più bassi in Europa, davanti solo a Slovenia, Malta e Irlanda.

I paesi del centro-nord Europa presentano i dati più alti, dati che in ogni caso sono in crescita ovunque, almeno fino al 2010. Da lì in poi in molti paesi il dato è stabile o in leggera flessione.

E le unioni civili?

Chiudiamo questa lunga carrellata dedicata ai cambiamenti del matrimonio in Italia e in Europa accennando ai primi dati disponibili sulle unioni civili in Italia.

Le unioni civili sono state introdotte nel 2016 dalla cosiddetta legge Cirinnà. Nel periodo compreso tra luglio 2016 e il 31 dicembre 2019 sono state costituite in totale 11.817 unioni civili, di cui il 67% tra uomini (7,9 mila unioni) e il 33%, circa 3,9 mila, tra donne.

Per quanto riguarda il 2019, a livello regionale il Lazio è la regione con il maggior numero di unioni civili in rapporto agli abitanti (6,1 ogni centomila), seguita da Lombardia, Toscana e Liguria. Agli ultimi posti Calabria e Basilicata con un tasso inferiore allo 0,5 per centomila abitanti.

Grande differenza la fa il contesto urbano: Roma e Milano in particolare spiccano sia per valori assoluti sia in termini relativi: 1 unione civile su 5 si è celebrata in questi due comuni.

Quanti sono i matrimoni in Italia e in Europa: dati 2017

L’anno con più matrimoni celebrati in Italia è il 1963, con 420 mila matrimoni. Nel 2017 i matrimoni in Italia sono 191 mila, molto meno della metà. Un altro dato: negli anni sessanta (1960-69) si celebrarono 4 milioni di matrimoni; negli anni settanta 3,7 milioni; negli anni ottanta 3 milioni; negli anni novanta 2,9 milioni; negli anni duemila 2,5 milioni.

Di primo acchito quindi sì, ci sono molti meno matrimoni in Italia. Anche l’inversione di tendenza che si era registrata tra il 2014 (189 mila matrimoni) e il 2016 (203 mila) sembra essersi arrestata.

Per un confronto con gli altri paesi europei dobbiamo fare ricorso a un altro indicatore: il tasso di nuzialità (crude marriage rate, nel linguaggio internazionale), che è il rapporto tra numero di matrimoni contratti durante l’anno e la popolazione del paese, e si esprime per mille abitanti.

Per l’Italia quindi 191 mila matrimoni in rapporto a circa 60 milioni di abitanti risulta in un tasso di nuzialità di 3,2 matrimoni ogni mille abitanti. Il grafico riporta un confronto tra alcuni paesi europei.

Fatta eccezione per la Slovenia che si trova a 3,1, l’Italia è dunque lo stato con il più basso tasso di nuzialità d’Europa. Siamo abituati a stare in fondo alle classifiche, ma questo dato forse sorprende un po’, se ci immaginiamo il matrimonio come un’istituzione conservatrice di matrice religiosa.

In alto alla classifica troviamo, oltre ad alcuni paesi dell’est Europa su cui spicca la Romania, anche alcuni paesi del centro-nord Europa – Danimarca, Svezia, Austria, Germania – che leghiamo nel nostro immaginario a società più progressiste e secolarizzate dalla nostra.

La questione infatti è che il matrimonio non è un’istituzione religiosa.

Quanti sono i matrimoni religiosi in Italia e in Europa: 2017

Nel Regno Unito i matrimoni religiosi sono il 26%, in Francia il 24%, in Spagna e Germania addirittura il 22%.

In Italia quindi ci si sposa poco, ma ci si sposa religioso. Le differenze regionali però sono molto ampie. In alcune regioni del centro-nord – Valle d’Aosta, Liguria, Provincia di Bolzano, Emilia Romagna, Toscana – i matrimoni religiosi sono meno del 35%, mentre in tutte le regioni del sud la percentuale supera il 70%.

Quando ci si sposa in Italia e in Europa: dati 2017

Secondo i dati Eurostat i paesi dove ci si sposa più tardi sono Austria (34,5 anni), Svezia (33,8) Spagna (33,2), Lussemburgo (32,1), Danimarca (32,4), Italia (32). L’Italia è quindi tra i paesi dove ci si sposa più tardi in Europa. I paesi dove ci si sposa prima sono quelli dell’Est Europa: Polonia e Bulgaria (27,3), Romania (27,5), Lituania (27,8), Croazia (28,2). Questi dati fanno riferimento alla popolazione femminile. Per ottenere i valori dei maschi dovete aggiungere in media due-tre anni.

Il cambiamento nel tempo anche di questo indicatore è evidente. I primi dati messi a disposizione da Eurostat rispetto all’età media del primo matrimonio per le donne e gli uomini europei fanno riferimento al 1990. Prendiamo quindi come riferimento il periodo 1990-2017 e analizziamo il fenomeno in termini storici. In Italia, ad esempio, la situazione è questa.

Nell’arco di 27 anni l’età media delle donne al primo matrimonio è aumentata di 6,3 anni e quella degli uomini di 6,1. Un cambiamento notevole, figlio dei cambiamenti sociali ed economici che hanno mutato i percorsi di transizione all’età adulta dei giovani, con percorsi formativi più lunghi e ingressi molto precari e graduali nel mondo del lavoro, ma anche con scelte che sono ora molto più accettate socialmente, come quella di non sposarsi oppure di dedicare più tempo anche ad esperienze di piacere e crescita personale.

Un cambiamento che attraversa trasversalmente tutti i paesi europei, anche se in misura diversa. Considerando l’età media delle spose al primo matrimonio, questa aumenta tra il 1990 e il 2017 di 9,3 anni in Austria, di oltre 7 anni in Spagna, Repubblica Ceca, Ungheria; più contenuto l’incremento in Danimarca (+4,7 anni) e Olanda, Romania e Finlandia, tutte intorno ai +5 anni.

Figli dentro e fuori dal matrimonio in Italia e in Europa: 2017

In Italia il 28% delle nascite è avvenuta fuori dal matrimonio nel 2016. Nel 1970 questo dato era al 2%. Un mutamento straordinario, che pure ci lascia ancora agli ultimi posti fra i paesi europei dietro a Grecia – dove solo il 9,4% delle nascite avviene tuttora fuori dal matrimonio – Cipro (19%) e Polonia (25%).

Il paese europeo con il più alto tasso di nascite fuori dal matrimonio è la Francia, dove sei bambini su dieci nascono da coppie non sposate, seguita da Bulgaria e Slovenia (59%), Svezia (55%), Danimarca (54%), Portogallo (53%).

Il dato che accomuna tutti i paesi è che la percentuale di bambini che nascono fuori dal matrimonio è in crescita ovunque, a ritmi quasi sempre elevatissimi. L’unico paese dove la percentuale si è stabilizzata negli ultimi 15 anni è la Svezia, dove il fenomeno aveva già raggiunto punte superiori al 50% negli anni novanta (quando l’Italia, per dire, era al 6%).

Quanti sono i divorzi in Italia e in Europa? Dati 2017

L’ultimo indicatore che consideriamo è il numero di divorzi che, visto il quadro dipinto finora, supponiamo essere in crescita un po’ ovunque. È così? Ni.

Nel 2016 il numero di divorzi in Italia è stato di 99 mila. Furono 18 mila nel 1971, primo anno in cui si poteva divorziare. La cifra si è poi stabilizzata intorno alle 10-15 mila unità all’anno per i successivi 15 anni. Il vero boom è iniziato a metà degli anni ottanta, con una crescita di divorzi proseguita inesorabilmente fino ad oggi.

In pratica, per ogni 100 matrimoni ci sono 48,7 divorzi. Erano 2,9 ogni 100 nel 1975, 20 ogni 100 solo nel 2007. È dunque indubbiamente così in Italia, dove i divorzi sono in crescita anche molto significativa.

Per un confronto con gli altri paesi europei dobbiamo fare ricorso a un altro indicatore: se per i matrimoni avevamo utilizzato il tasso di nuzialità, dobbiamo usare qui quello che possiamo chiamare tasso di divorzialità, ossia il rapporto tra numero di divorzi avvenuti durante l’anno e popolazione del paese, che si esprime per mille abitanti.

Per l’Italia quindi 99 mila divorzi in rapporto a circa 60 milioni di abitanti risulta in un tasso di 1,6 divorzi ogni mille abitanti (contro 3,2 matrimoni), uno tra i più bassi in Europa, davanti solo a Bulgaria, Romania, Slovenia, Grecia e Malta.

I paesi del centro-nord Europa presentano i dati più alti, dati che in ogni caso sono in crescita ovunque, almeno fino al 2010. Da lì in poi in alcuni paesi – come Belgio, Germania, Repubblica Ceca, Grecia, Spagna, Francia, Austria, Ungheria, Portogallo, Slovacchia, Regno Unito e Svezia – il dato è stabile o in leggera flessione e sarà da verificare se si tratta di un assestamento dopo anni di crescita, di un’inversione di tendenza temporanea oppure più solida.

E le unioni civili?

Chiudiamo questa lunga carrellata dedicata ai cambiamenti del matrimonio in Italia e in Europa accennando ai primi dati disponibili sulle unioni civili in Italia.

Le unioni civili sono state introdotte nel 2016 dalla cosiddetta legge Cirinnà. Nel periodo compreso tra luglio 2016 e il 31 dicembre 2017 sono state costituite in totale 6.712 unioni civili, di cui il 70% tra uomini (4,7 mila unioni) e il 30%, circa duemila, tra donne.

Quando ci si sposa in Italia e in Europa? Sempre più tardi, secondo voci di corridoio che sentiamo spesso ripetere o che magari siamo noi stessi a pronunciare. Ma è davvero così? Ecco un quadro, anche storico, della situazione in Italia e in altri paesi europei.

Quando ci si sposa in Italia e in Europa: dati 2015

Gli ultimi dati disponibili forniti da Eurostat fanno riferimento al 2015. In media in Europa ci si sposa a 29,9 anni. Questo dato fa riferimento alla popolazione femminile. Per ottenere i valori dei maschi dovete solo aggiungere 2/3 anni a quelli indicati per le donne. Considerate anche che non sono disponibili dati relativi a: Austria, Belgio, Cipro, Francia, Malta e Regno Unito.

I paesi nordici e mediterranei sono quelli dove ci si sposa più tardi: 33,6 anni in Svezia, seguita da Spagna (32,7), Lussemburgo (32,1), Italia (32), Danimarca e Irlanda (31,9). L’Italia si conferma quindi tra i paesi dove ci si sposa più tardi in Europa. I paesi dove ci si sposa prima sono quelli dell’Est Europa: Romania (26,8 anni), Polonia (26,9), Bulgaria (27), Lituania (27,5), Croazia (27,9).

In tutti i paesi l’età media del primo matrimonio aumenta rispetto al 2014, con la sola eccezione dell’Ungheria, dove diminuisce di 0,1, e della Danimarca, dove resta uguale. L’aumento più significativo si registra in Irlanda (un roboante + 1,3 anni), seguita dall’Italia (+0,7).

Quando ci si sposa in Italia e in Europa: una lettura storica

I primi dati messi a disposizione da Eurostat rispetto all’età media del primo matrimonio per le donne europee fanno riferimento al 1990. Prendiamo quindi come riferimento il periodo 1990-2015 e analizziamo il fenomeno in termini storici.

Ci accorgiamo subito che nel 1990 le donne europee si sposavano a 24,8 anni, mentre nel 2015 a 29,9. Questa variazione oscilla dal +4,1 anni della Danimarca al +7,2 di Ungheria e Repubblica Ceca. Anche considerando gli ultimi cinque anni il fenomeno rimane significativo, con le donne che, rispetto al 2011, si sposano in media 1,8 anni più tardi in Lussemburgo, 1,5 anni in Italia, 1,4 in Spagna e Portogallo, e comunque significativamente più tardi in tutti i paesi europei. Unica eccezione la Slovacchia, dove l’età media del primo matrimonio per le donne è diminuita di 1,1 anni tra il 2011 e il 2015.

Possiamo quindi affermare che è vero, ci si sposa sempre più tardi. Ma entriamo ora più nel dettaglio.

In termini assoluti i paesi dove ci si sposa più tardi rimangono, come già detto, quelli del Nord Europa. Considerate che sono paesi dove già nel 1990 ci si sposava dopo i 27 anni. Tutti i paesi dove le donne si sposano sotto i 30 anni rimangono quelli dell’Est Europa: Romania, Bulgaria, Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia, Slovacchia. Facciamo attenzione però: questi paesi partivano nel 1990 da valori molto bassi.

Questo significa che sono quelli che registrano i cambiamenti più tumultuosi. Se pensiamo ad esempio che 25 anni fa in Ungheria le donne si sposavano a 22 anni e ora a 29,2, capiamo come in alcuni contesti stiano avvenendo mutamenti importanti a velocità impressionante.

Per quanto riguarda l’Italia la situazione è in netta e continua crescita: le donne si sposavano a 25,9 anni nel 1990 e il trend ha continuato a crescere più o meno di 1 anno ogni 5, con una netta accelerazione tra il 2010 e il 2015, fino ad arrivare al dato medio odierno di 32 anni.

Infine un raffronto con l’età media del primo figlio. Notiamo che in tutti i paesi tranne Grecia e Polonia, l’età in cui ci si sposa è maggiore di quella in cui si fa il primo figlio, in alcuni casi anche molto maggiore (di quattro anni in Svezia, di tre in Danimarca).

I più maliziosi tra voi staranno pensando a vagonate di matrimoni riparatori, e a noi piace far loro credere che sia davvero così.

Quando ci si sposa in Italia e in Europa: Età media delle donne al primo matrimonio

1990 2000 2010 2015
Svezia 27,7 30,4 32,7 33,6
Spagna 25,6 28,1 30,9 32,7
Lussemburgo 25,6 27,4 30,2 32,1
Italia 25,9 27,8 30,3 32,0
Danimarca 27,8 29,9 31,2 31,9
Irlanda 26,6 : 31,3 31,9
Finlandia 26,3 28,3 30,2 31,0
Germania 25,5 27,7 : 30,9
Paesi Bassi 26,1 28,0 29,8 30,8
Portogallo 24,6 25,2 27,7 30,2
Grecia 24,9 27,2 30,1 30,1
Ungheria 22,0 24,8 28,3 29,2
Rep. Ceca 21,6 24,6 27,9 28,8
Slovacchia : 24,1 27,2 28,2
Bulgaria 21,5 24,7 26,6 27,0
Polonia : 24,1 26,1 26,9
Romania 22,4 23,7 : 26,8
Media 24,8 27,2 29,0 29,9

Fonte: Eurostat

Quando ci si sposa in Italia e in Europa: dati 2014

In media in Europa ci si sposa a 29,5 anni. Questo dato fa riferimento alla popolazione femminile. Per ottenere i valori dei maschi dovete solo aggiungere 2/3 anni a quelli indicati per le donne. Considerate anche che non sono disponibili dati relativi a: Austria, Belgio, Francia, Irlanda e Regno Unito.

Nei paesi nordici ci si sposa molto tardi: in Norvegia le donne si sposano a 31,6 anni, a 31,9 in Danimarca e addirittura a 33,3 anni in Svezia, il paese dove ci si sposa più tardi in Europa. Seconda è la Spagna, con 32,3 anni di media. L’Italia si conferma tra i paesi dove ci si sposa più tardi (31,1 anni), quinto posto in Europa.

I paesi dove ci si sposa prima sono quelli dell’Est Europa: Romania e Polonia (26,7 anni), Bulgaria (26,9), Lituania (27,3). In tutti i paesi l’età media del primo matrimonio aumenta rispetto al 2013, con la sola eccezione della Danimarca, dove resta uguale. Anche la media europea è in continua crescita: pensate che nel 1991 ci si sposava a 25,3 anni, come vedremo meglio più avanti.

Quando ci si sposa in Italia e in Europa: una lettura storica

I primi dati messi a disposizione da Eurostat rispetto all’età media del primo matrimonio per le donne europee fanno riferimento al 1991. Prendiamo quindi come riferimento il periodo 1991-2014 e analizziamo il fenomeno in termini storici.

Ci accorgiamo subito che nel 1991 le donne europee si sposavano a 25,3 anni, mentre nel 2014 a 29,5. Questa variazione oscilla dal +3 anni della Svizzera al +7,2 dell’Ungheria. Anche considerando gli ultimi tre anni il fenomeno rimane significativo, con le donne che, rispetto al 2011, si sposano in media un anno più tardi in Spagna e Portogallo, e comunque significativamente più tardi in tutti i paesi europei. Unica eccezione la Slovacchia, dove l’età media del primo matrimonio per le donne è diminuita di 1,2 anni tra il 2011 e il 2014.

Possiamo quindi affermare che è vero, ci si sposa sempre più tardi. Ma entriamo ora più nel dettaglio.

In termini assoluti i paesi dove ci si sposa più tardi rimangono, come già detto, quelli del Nord Europa. Considerate che sono paesi dove già nel 1991 ci si sposava dopo i 27 anni. Fatta eccezione per Portogallo e Grecia, i paesi dove le donne si sposano sotto i 30 anni rimangono quelli dell’Est Europa: Romania, Bulgaria, Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia, Slovacchia. Facciamo attenzione però: questi paesi partivano nel 1991 da valori molto bassi.

Questo significa che sono quelli che registrano i cambiamenti più tumultuosi. Se pensiamo ad esempio che 23 anni fa in Ungheria le donne si sposavano a 22,1 anni e ora a 29,3, capiamo come in alcuni contesti stiano avvenendo mutamenti importanti a velocità impressionante.

Per quanto riguarda l’Italia la situazione è in netta e continua crescita: le donne si sposavano a 26 anni nel 1991 e il trend ha continuato a crescere più o meno di 1 anno ogni 5, fino ad arrivare al dato medio odierno di 31,3 anni.

Quando ci si sposa in Italia e in Europa: Età media delle donne al primo matrimonio 2014

  1991 2001 2011 2014
Bulgaria 21,5 24,7 26,6 26,9
Rep. Ceca 21,6 25,0 28,1 28,7
Danimarca 28,0 29,9 31,4 31,9
Germania 25,9 28,0 30,2 30,7
Grecia 25,2 27,3 29,2 29,9
Spagna 25,9 28,8 31,3 32,3
Italia 26,0 28,1 30,6 31,3
Lussemburgo 26,1 27,9 30,3 30,9
Ungheria 22,1 25,2 28,7 29,3
Paesi Bassi 26,5 28,1 30,1 30,4
Polonia : 24,4 26,2 26,7
Portogallo 24,7 26,1 28,8 29,8
Romania 22,3 23,9 25,9 26,7
Slovacchia : 24,3 29,3 28,1
Finlandia 26,3 28,4 30,4 30,6
Svezia 27,9 30,3 33,0 33,3
Norvegia 26,6 28,6 31,1 31,6
Svizzera 27,1 28,4 29,9 30,1
Media 25,3 27,2 29,4 29,5

Fonte: Eurostat

Quando ci si sposa in Italia e in Europa: dati 2013

In media in Europa ci si sposa a 29,7 anni. Questo dato fa riferimento alla popolazione femminile. Per ottenere i valori dei maschi dovete solo aggiungere 2/3 anni a quelli indicati per le donne (con l’eccezione del Portogallo dove l’età media al primo matrimonio è praticamente uguale per maschi e femmine).

Nei paesi nordici ci si sposa molto tardi: in Norvegia le donne si sposano a 31 anni e mezzo, a 32 in Danimarca e addirittura a 33 anni in Svezia. L’Italia si conferma tra i paesi dove ci si sposa più tardi (31,1 anni), mentre la Spagna fa un balzo davvero notevole rispetto al 2011, arrivando a 32,2 anni.

I paesi dove ci si sposa prima sono quelli dell’est Europa: Romania (26,3 anni), Polonia (26,6), Bulgaria (26,7). In tutti i paesi si registra un aumento dell’età media del primo matrimonio rispetto al 2011, con la sola eccezione di Lussemburgo e Slovacchia. Anche la media europea è in continua crescita: pensate che nel 1991 ci si sposava a 25,3 anni, come vedremo meglio più avanti.

Quando ci si sposa in Italia e in Europa: una lettura storica

I primi dati messi a disposizione da Eurostat rispetto all’età media del primo matrimonio per le donne europee fanno riferimento al 1991. Prendiamo quindi come riferimento il periodo 1991-2013 e analizziamo il fenomeno in termini storici.

Ci accorgiamo subito che nel 1991 le donne europee si sposavano a 25,3 anni, mentre nel 2013 a 29,7. Questa variazione oscilla dal +3 anni della Svizzera al +6,9 di Repubblica Ceca e Ungheria. Anche considerando gli ultimi sette anni il fenomeno rimane significativo, con le donne che si sposano in media un anno e mezzo più tardi rispetto al 2006. Qui si va dal +0,3 del Lussemburgo al roboante +2,6 della Spagna.

Possiamo quindi affermare che è vero, ci si sposa sempre più tardi. Ma entriamo ora più nel dettaglio.

In termini assoluti i paesi dove ci si sposa più tardi rimangono, come già detto, quelli del Nord Europa. Considerate che sono paesi dove già nel 1991 ci si sposava dopo i 27 anni. Fatta eccezione per Portogallo, Grecia e per il sorprendente Lussemburgo, i paesi dove le donne si sposano sotto i 30 anni rimangono quelli dell’Est Europa: Romania, Bulgaria, Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia, Slovacchia. Facciamo attenzione però: questi paesi partivano nel 1991 da valori molto bassi.

Questo significa che sono quelli che registrano i cambiamenti più tumultuosi. Se pensiamo ad esempio che 22 anni fa in Repubblica Ceca le donne si sposavano a 21,6 anni e ora a 28,5, capiamo come in alcuni contesti stiano avvenendo mutamenti importanti a velocità impressionante.

Per quanto riguarda l’Italia la situazione è in netta e continua crescita: le donne si sposavano a 26 anni nel 1991 e il trend ha continuato a crescere più o meno di 1 anno ogni 5, fino ad arrivare al dato medio odierno di 31,1 anni.

Matrimonio in Italia: Età media delle donne al primo matrimonio 2013

  1991 1996 2001 2006 2011 2013
Belgium 24,0 25,7 26,7 28,4 : :
Bulgaria 21,5 23,0 24,7 25,7 26,6 26,7
Czech Republic 21,6 23,1 25,0 26,8 28,1 28,5
Denmark 28,0 29,9 29,9 30,9 31,4 31,9
Germany 25,9 26,9 28,0 29,1 30,2 30,5
Greece 25,2 26,3 27,3 28,5 29,2 29,7
Spain 25,9 27,4 28,8 29,6 31,3 32,2
France : : 28,5 29,8 30,8 :
Italy 26,0 27,1 28,1 29,4 30,6 31,1
Luxembourg 26,1 26,6 27,9 29,4 30,3 29,7
Hungary 22,1 23,4 25,2 27,0 28,7 29,0
Netherlands 26,5 27,4 28,1 29,4 30,1 30,3
Austria 25,4 26,5 27,5 29,1 30,3 :
Poland : 23,4 24,4 25,5 26,2 26,6
Portugal 24,7 25,4 26,1 27,1 28,8 29,4
Romania 22,3 23,1 23,9 25,3 25,9 26,3
Slovakia : : 24,3 26,3 29,3 27,8
Finland 26,3 27,5 28,4 29,5 30,4 30,4
Sweden 27,9 29,2 30,3 31,5 33,0 33,0
Norway 26,6 27,9 28,6 30,4 31,1 31,5
Switzerland 27,1 27,7 28,4 29,1 29,9 30,1
Media 25,3 26,3 27,2 28,5 29,4 29,7

Fonte: Eurostat

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