La variante di Mario Draghi7 min read

17 Febbraio 2021 Politica interna -

La variante di Mario Draghi7 min read

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“Arrivavano i barbari”, si diceva quando su Roma calava la Lega Lombarda di Bossi. “Arrivano di nuovo i barbari”, si è sentito dire quando sono arrivati gli eletti del Movimento 5 Stelle.

E adesso? Arriva il marziano, Maradona, il banchiere, il Santo, l’apostolo, l’europeista, l’uomo di Goldman, il fenomeno, il tecnico, no il politico. Siamo a Carnevale, chi più ne ha più ne metta.

Sono immagini divertenti che catturano la fantasia, a volte anche in modo accurato. Più spesso però lasciano per strada molto della realtà. Se questa considerazione può dirsi vera in generale, sembra applicarsi in maniera perfetta all’individuo Mario Draghi.

Chi è Mario Draghi?

Di fatti, il tratto che più di tutti caratterizza il personaggio, agli occhi dei più, sembra quello dell’essere sfuggente. L’enigma Draghi, scriveva qualche anno fa il Financial Times. Chi è dunque Mario Draghi? È di destra o di sinistra (la domanda più digitata su Google il giorno della sua convocazione al Quirinale)? È con il popolo o con le banche? È quello delle privatizzazioni o quello delle politiche Keynesiane? È per l’austerità o per il Quantitative Easing? Accuse e apologie. Ad essere onesti, allo stato attuale prevalgono le esultanze da ingresso in Gerusalemme la Domenica della Palme, tanto per mettere in croce c’è sempre tempo poi (e la lista dei Barabba in attesa di riscatto è nutrita).

Insomma, in meno di una settimana sono stati versati fiumi di inchiostro, nel tentativo di afferrare questa figura in un tweet, ma con scarsi risultati. Fiumi di inchiostro per descrivere un uomo di pochissime parole, spesso nel numero di tre. E allora, buttandoci nella mischia a dire la nostra, noi scegliamo due coppie di tre parole per approcciare l’ignoto: “whatever it takes” e “conoscenza, coraggio, umiltà”.

Europa e crisi economica: le risposte di Mario Draghi
Foto | European Central Bank

Whatever it takes

La prima espressione è ormai mitologica. Aldilà della retorica, quel “ad ogni costo” incarna perfettamente alcuni tratti dell’agire di Draghi. Trovatosi al timone della Banca Centrale Europea nella più grande crisi finanziaria mondiale dal 1929, ha percepito con chiarezza che il ruolo del tecnico non esiste, soprattutto a certi livelli e di fronte a certe sfide. Ha capito che l’unico ruolo politico veramente europeo nel novero della varie istituzioni dell’UE, nonché quello con una qualche indipendenza dalla politica degli Stati membri, è proprio la posizione di Presidente della Banca Centrale. Colto questo, quando ha potuto, ha agito con determinazione e visione.

Di fronte alla concreta eventualità che la moneta unica andasse in pezzi, e con essa le economie degli Stati membri, ha agito fuori dagli schemi (e non è un modo di dire) con una mossa che resterà come uno dei grandi spartiacque nella storia dell’integrazione europea. Ci sarà sempre un prima e un dopo. Più che una dichiarazione, un’azione.

Draghi ha dribblato lo statuto della BCE, che impedisce alla Banca centrale di finanziare (cioè acquistare) il debito pubblico degli Stati membri, e ha iniziato a inondare il sistema di liquidità (ossia stampare moneta). La BCE non era stata creata per questo, anzi. (Qui è dove spieghiamo tutto sulla BCE).

Oggi che siamo nella pandemia del secolo, con l’economia in ginocchio, in un Paese con il terzo più alto debito pubblico al mondo, qualcuno ha sentito parlare di spread? No. Il Quantitative Easing di Draghi, proseguito da Lagarde, ne è il motivo principale: la BCE compra i titoli di Stato dei Paesi e rassicura gli altri investitori sul mercato, i quali fanno dunque lo stesso, il tutto a prezzi sostenibili per l’Italia o chiunque altro.

Mario Draghi ha colto il momento e l’urgenza del balzo. Per fare ciò, ha vinto le ritrosie politiche del più potente Stato membro in Europa, la Germania, proprio mentre la sua linea economica era dettata dal falco Schäuble. Eravamo infatti ai tempi dell’austerità e delle Troika, non in quelli delle maglie larghe. Se oggi la Germania ha dato il via libera al piano di ricostruzione europeo, basato su investimenti e risorse messe in comune, il merito è anche – e molto – del primo balzo di Draghi.

La saggezza di Draghi sta nell’aver saputo attuare la propria visione al momento giusto e mirando a un esito favorevole per tutti. Per questo è inutile chiedersi se Draghi sia pro austerità o pro spesa. Ha colto il momento per determinare il passaggio dall’una all’altra. La BCE è la Banca centrale europea, ossia la Banca Centrale di un Paese, come l’Italia, immerso nel debito pubblico ma che alimenta la catena produttiva della Germania; allo stesso tempo è la Banca centrale di un Paese, la Germania, che naviga nel surplus di bilancia commerciale avvelenando gli scambi, ma che con le sue commesse nutre l’economia manifatturiera italiana. Dare una svolta alla politica economica europea tutta, osando il passo che si sostanzia nel “non ci si salva da soli” – soprattutto dopo il disastro Grecia – non sarebbe stato possibile in altro modo.

Conoscenza, coraggio, umiltà

La seconda espressione, “conoscenza, coraggio, umiltà”, è stata usata da Draghi nella sua lectio magistralis in ricevimento della Laurea honoris causa alla Cattolica di Milano, appena prima del termine del suo mandato alla BCE. Con questo trittico di parole, ha indicato quelle che per lui sono le virtù del civil servant, dell’uomo delle istituzioni.

È inutile dilungarsi in una disquisizione filosofica sul significato di questi termini, perché la realtà la supera. Sono esattamente le caratteristiche adoperate da Draghi nella gestione della BCE che abbiamo qui brevemente ricordato. Una solida conoscenza, che resta sterile se non si tramuta nella capacità di agire affrontando l’incertezza che si accompagna all’azione, insieme all’umiltà di comprendere il proprio ruolo nel contesto delle varie istanze. Sembrerebbe un manualetto teorico, se non fosse che tale spunto ha portato alla più significativa rivoluzione politico-economica degli ultimi 30 anni nel continente europeo.

mario draghi
Foto | European Parliament

La variante di Draghi

In due parole, nel suo ruolo alla BCE, Draghi ha saputo “fare sintesi” di mondi ed esigenze diverse e quasi contrapposte. Non restando fermo, ma determinando un epocale salto in avanti alla barca sui cui tutti stanno. Il fatto che anche oggi, presentandosi come nuovo Premier italiano, abbia usato l’espressione “fare sintesi”, sembra essere di buono auspicio. Ecco dunque una sua terza espressione, che come le altre appare velata di mistero, ma che ci auguriamo abbia la fortuna delle precedenti.

Oggi infatti Draghi si accinge a intraprendere un nuovo compito, in apparenza più arduo del primo. Visto da Bruxelles, in un periodo così difficile e nell’anno in cui Angela Merkel lascerà il comando in Germania, si nutre grande speranza che Draghi possa incarnare nuovamente, in veste diversa, il motore della politica dell’Unione europea. In tal senso, all’Italia si chiede di assumere un ruolo guida mai prima d’ora interpretato. In questo contesto, Draghi probabilmente subirà attacchi in un campo più ruvido di quello in cui prima giocava e, forse inizialmente, potrebbe scegliere di navigare a vista.

Ma prima che la nave parta, non intendiamo sottrarci – neppure noi – al divertissement di dare un volto all’inafferrabile Mario. Aggiungiamo dunque un’immagine alle tante già utilizzate: il giocatore di scacchi. Questa disciplina ci sembra addirsi bene a una trasfigurazione letteraria del personaggio: ci viene in mente un uomo che studia le sue mosse e sfodera una variante che scompagina la partita, senza poter essere previsto, come nel bellissimo “La variante di Luneburg”, di Paolo Maurensig.

Gli scacchi richiedono riflessione e conoscenza delle partite del passato. Un incedere in apparenza compassato, che aggancia la scelta delle mosse allo studio dei presupposti e delle conseguenze. Allo stesso tempo sono azione, verso un fine. Il senso dell’attesa è volto, in presenza delle condizioni, a sferrare un colpo dirompente con una mossa di strappo, utile solo se attuata al momento giusto.

Uno scenario in cui poche parole, dette senza enfasi, pesano come pietre: “checkmate” (scaccomatto), altrimenti detto, “whatever it takes”.

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Milano, Dublino, Londra e Bruxelles. Specializzato in diritto bancario, dei mercati finanziari e dell'Unione europea, collaboro con le facoltà di Economia e Diritto di alcune università europee.
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