Banca Centrale Europea (BCE): cos’è e come funziona9 min read
Reading Time: 7 minutesNel proseguire la nostra serie di articoli dedicati ad una rapida comprensione delle Istituzioni dell’Unione Europea, ci concentriamo questa volta non su Bruxelles, bensì su Francoforte. Parleremo infatti della Banca Centrale Europea, nota più comunemente come BCE, la banca centrale dei Paesi membri dell’Unione che adottano la moneta unica Euro.
BCE: le origini
La BCE è stata istituita in base al Trattato sull’Unione europea e allo statuto del sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea, in data 1º giugno 1998. Ha iniziato a operare il 1º gennaio 1999, quando tutte le funzioni di politica monetaria e del tasso di cambio delle allora undici banche centrali nazionali, dei Paesi che sarebbero diventati “zona Euro”, sono state trasferite alla BCE. La creazione della BCE si incardina in un processo più ampio, cioè la costituzione dell’Unione Economica e Monetaria (UEM), pietra fondamentale dell’Unione Europea. L’introduzione della Moneta Unica e la costituzione della BCE fanno parte della lettera “M”, nell’acronimo UEM (unione monetaria), che può oggi considerasi completa. Incompleta, invece, è la lettera “E” (unione economica) poiché gli Stati membri sono gelosi delle proprie politiche economiche nazionali. Questa asimmetria fra un’area monetaria unica e diverse politiche economiche sottostanti è elemento che necessita – come la crisi ha dimostrato – un qualche serio approccio di riflessione e rimedio progettuale. Quello che si può affermare, però, è che in ambito di politica monetaria (e, vedremo, non solo) l’Europa unita è stata davvero realizzata.
Cosa fa la BCE: politica monetaria
La BCE è al cuore dell’Eurosistema, detto anche sistema europeo delle banche centrali, costituito dall’istituto di Francoforte e della altre banche centrali degli Stati nazionali che adottano l’Euro. Attualmente, si tratta di 19 Stati Membri dell’UE (su 28), i quali hanno deciso di condividere pienamente la sovranità monetaria. Questa condivisione si traduce nell’attribuzione ad un’istituzione comune, la BCE, di tutti i pieni poteri di conduzione della politica monetaria della zona Euro. Determinare la politica monetaria è infatti il compito fondamentale della Banca Centrale (di tutte le banche centrali). Ma cosa significa? Vuol dire determinare il costo, il volume e la velocità di circolazione del denaro nell’economia. Con particolare riferimento al primo e preponderante aspetto, la BCE stabilisce innanzitutto il costo del denaro, cioè i tassi di interesse.
Mandato, poteri, limiti
Stando ai Trattati e allo Statuto, la BCE ha un mandato particolare e dei poteri per poterlo realizzare. Il mandato della BCE, da conseguire tramite l’esercizio dei poteri di conduzione delle politica monetaria, è chiarissimo: mantenere la stabilità dei prezzi. Non si tratta di un caso.
Ogni cosa, comprese le banche centrali, è infatti figlia del proprio tempo. La stabilità dei prezzi, detta anche bassa inflazione, è da sempre l’asse portante e imprescindibile della politica della Germania. Dopo i disastri della terribile inflazione della politica di Weimar, con le conseguenze sociali devastanti che portarono fra le altre cose all’affermarsi di partiti populisti di destra xenofoba quali il partito nazista, la Germania ha giurato guerra all’inflazione e, da par loro, i tedeschi non ammettono alcuna flessibilità interpretativa. Il controllo della stabilità dei prezzi, infatti, era già il principio cardine della Banca Centrale Tedesca, la Bundesbank, il cui proverbiale “Marco forte” era emblema di sicurezza granitica per tutto il popolo.
Costituire una moneta unica europea, per la Germania, voleva dire rinunciare al Marco forte. Inoltre, voleva dire mettersi sulla stessa barca di Paesi che non facevano altro che svalutare la propria moneta, aumentando così l’inflazione, per poter campare facendo debito infinito senza dover aggiustare i propri conti pubblici. Sì, siamo noi, l’Italia: la famosa “liretta” è termine utilizzato ancora oggi in studi di politica monetaria anche all’estero per indicare tale prassi. Di fronte a tale enorme questione, anche a livello di opinione pubblica, la Germania ha posto le sue condizioni: sede a Francoforte e dogma primario della Bundesbank trasferito alla BCE, cioè bassa inflazione e nessuna svalutazione. Ha inoltre aggiunto un aspetto assai rilevante, a corollario del primo, che dobbiamo tenere presente per poi comprendere l’enormità della strada compiuta da Draghi: la BCE non può stampare moneta, cioè finanziare la politica economica di uno Stato. In altre parole, non può finanziarne il debito, cioè non può comprarne i titoli di Stato. Quando si dice che una banca centrale stampa moneta, infatti, quello che si descrive è un processo: lo Stato vende alla Banca Centrale i propri titoli di debito (buoni del Tesoro) e ne riceve in cambio denaro fresco che viene quindi immesso nell’economia. Tuttavia, se ciò avvenisse in Europa, uno Stato membro sarebbe incentivato a non mettere i conti in ordine, tanto c’è sempre mamma banca centrale che compra il tuo debito e finanzia, così, la tua spesa pubblica. Torneremo sul punto. Ora, però, è necessario chiarire una cosa. La BCE non è una forma di germanizzazione dell’Europa. Furono gli altri Stati europei, Francia e Italia in testa, a spingere per la creazione di una moneta unica che evitasse di farli diventare sudditi dello strapotere del Marco, come piccole monete satellite. Il rischio più grande, l’ha preso proprio la Germania, perché era un forte che si univa ai deboli. Pertanto, ha posto le sue condizioni.
Una novità: la vigilanza bancaria
Dal 4 novembre 2014, con la creazione dell’Unione Bancaria, la BCE è diventato il cuore non solo della politica monetaria, ma anche della vigilanza su tutte le banche della zona Euro. Dopo gli insegnamenti della crisi, infatti, l’Europa ha deciso di accentrare la funzione a Francoforte presso la BCE, lasciando le autorità di Vigilanza nazionali (per esempio, Banca d’Italia) come parte della rete di vigilanza. In ogni caso, questa funzione di supervisione, è del tutto separata da quella di politica monetaria, come fossero enti completamente distinti. Vale anche per gli apici. La funzione di Vigilanza vede a capo la francese Danielle Nouy, mentre la funzione di politica monetaria, vede a capo Mario Draghi. E proprio Mario Draghi rappresenta la spinta fondamentale alle grandi riforme del sistema bancario europeo culminate con l’Unione Bancaria, nonché le eclatanti novità sulle modalità di conduzione della politica monetaria della BCE, fino a stravolgerne il mandato, come sopra descritto.
Mister Euro: l’era di Mario Draghi
Ci sarà sempre un prima di Mario Draghi e un dopo Mario Draghi. Vediamo rapidamente il perché.
I predecessori di Draghi, cioè l’olandese Deusenberg e il francese Trichet, hanno amministrato la BCE durante un periodo di vacche grasse, cioè di crescita economica e poche frizioni fra Paesi membri dell’UE. Mario Draghi, invece, ha preso il timone nel maggio 2011, proprio quando gli effetti devastanti della crisi iniziata nel 2008 hanno deflagrato, trasferendosi dai bilanci delle banche a quelli degli Stati e dell’intera Zona euro, portando Paesi interi sull’orlo della bancarotta e minacciando perfino la sopravvivenza della moneta unica. Per fare fronte alle sconosciute difficoltà che si palesavano, Draghi ha deciso di interpretare il proprio ruolo tecnico fino farlo diventare, seppur con molta attenzione e rispetto del ruolo, quasi un ruolo da statista. Non per ambizione, ma per colmare un vuoto. Infatti, non si stanno tessendo le lodi di Draghi, ma semplicemente registrando i fatti, che dimostrano come sotto la sua guida la BCE abbia di certo assolto al proprio compito di determinazione della politica monetaria della zona Euro, ma abbia anche ampiamente sconfinato, fino a dettare la politica economica comune dei Paesi membri (altrimenti assente), nonché il processo di riforme legislative necessarie a mettere in sicurezza il sistema bancario e finanziario.
Con riferimento alle grandi novità verificatesi sotto la sua regia, infatti, è impossibile dimenticare la famosa frase “whatever it takes”, cioè, la BCE è pronta a salvare la moneta unica e la stabilità della zona euro ad ogni costo. Frase non certo da banchiere centrale. Eppure, è esattamente ciò che è avvenuto.
Infatti, Draghi è riuscito a far intraprendere alla BCE una serie di iniziative di politica monetaria prima sconosciute in Europa, che rappresentano in realtà misure di quasi-politica economica: le operazioni di LTROs (long term refinancing operations) e di T-Ltros (Targeted long term rifinancing operations) hanno dapprima concesso alla banche di consolidare i propri bilanci disastrati grazie alla liquidità proveniente dalla BCE, poi si sono concentrate (e sono ancora in corso) sull’economia reale, sottoponendo la disponibilità di questo fiume di liquidità alla condizione che le banche lo destinino a famiglie e imprese. In aggiunta, Draghi ha portato il tasso di interesse sui depositi che le banche lasciano presso la BCE in negativo. Questo significa che le banche europee non ci guadagnano nulla a lasciare il denaro presso la Banca Centrale, e sono dunque spinte e immetterlo nell’economia.
Contestualmente, a inizio 2105, Draghi ha sfoderato un’arma non convenzionale per la BCE, cioè il QE (Quantitative Easing). Se ricordate quanto detto sopra, la BCE non può, per statuto, stampare moneta, cioè finanziare il debito pubblico di uno Stato comprandone i titoli sovrani. Tuttavia, già da qualche anno, Draghi aveva dato inizio alle OTM (Outright Monetary Transactions), mediante la quali la BCE acquistava sul mercato i titoli sovrani dei Paesi UE, in particolare Italia e Spagna. Con il QE, in parole povere, questa pratica è stata istituzionalizzata e inserita in un programma definito e di portata vastissima. La BCE acquista fino a 60 miliardi di Euro al mese in titoli di Stato dei Paesi UE.
Perché lo ha fatto? Così facendo, Draghi consente che Paesi, come l’Italia, che soffrivano gli spread troppo alti (cioè pagavano un prezzo troppo alto per trovare finanziamento sul mercato), possano non temere il rischio di default e trovare, nella BCE, un acquirente sicuro che riversa fiumi di denaro a basso prezzo nell’economia. Come risultato, di spread non si sente nemmeno più parlare e in Europa è iniziata una fragile ma costante ripresa. Come ha potuto farlo? Draghi ha dapprima lottato politicamente contro i “falchi” della BCE (il tedesco Weidmann della Bundesbank, per esempio), che ritenevano impensabile tale condotta, e poi attuato alcuni accorgimenti tecnici e giuridici (per esempio, la BCE compra i titoli sul mercato secondario, come un qualsiasi altro attore di mercato, e non direttamente dagli Stati) per blindare la sua operazione più vasta. In pratica, Draghi ha aggirato politicamente una disposizione desueta e oggi, come la FED ha appena concluso di fare dopo più di un lustro, la BCE “stampa moneta”.
Nel vuoto pneumatico di una guida politica europea assente, mentre gli Stati membri si dimenavano disunendosi e correndo ognuno ai ripari per conto suo, con il rischio di disintegrare l’Unione e non ottenere nessuna ripresa dell’economia, anzi aggravandone i mali, Draghi ha rappresentato l’unico baluardo davvero europeo, colmando il vuoto, calmando i mercati impazziti e tenendo dritto il timone. Almeno in questi anni, la domanda di Kissinger quando era segretario di Stato USA (“a chi telefono se devo chiamare Mr. Europe?”), ha trovato risposta.
Ilva paola Iacone
ho fatto un investimento mi hanno detto che per poter usufruire del profitto maturato, devo risultare nel sistema della Banca Nazionale Europea come è la procedura per entrare nel sistema della BCE