Guerra in Ucraina, la situazione nei paesi di confine | Altre voci dalla Polonia9 min read
Reading Time: 7 minutesJacek Tokarski è polacco e vive a Cracovia, insieme alla moglie Iwona e ai suoi due figli di 6 e 12 anni.
Fin dall’inizio del conflitto in Ucraina si è speso per aiutare i profughi mettendo a disposizione il suo tempo e la sua generosità.
Dopo aver parlato con Emiliano Ranocchi, studioso della cultura e letteratura polacca, abbiamo fatto qualche domanda anche a Jacek per capire quale sentimento c’è dietro al grande movimento di persone che in Polonia si è mosso per aiutare gli ucraini, prima che il governo intervenisse e che altri paesi, come il nostro, si accorgessero del disastro umanitario in atto.
Jacek è laureato in storia all’Università Jagellonica di Cracovia (la più antica del Paese, n.d.r.) ed è proprietario, insieme a Iwona, di una piccola casa editrice, la Wysoki Zamek.
Sappiamo che sei molto attivo nell’aiuto verso la popolazione ucraina. Cosa ti ha spinto a intervenire nella questione dei profughi ucraini?
Può sembrare patetico o auto incensatorio, ma ho dentro di me un grosso bisogno di aiutare gli altri. Per quanto posso, e per quanto mi permetta il tempo. È molto che mi occupo di azioni di aiuto, soprattutto verso le persone in crisi abitativa qui a Cracovia. Per quanto riguarda l’Ucraina per me è qualcosa di assolutamente naturale, mia nonna materna era ucraina, come storico mi sono occupato di Ucraina, in passato mi sono anche guadagnato da vivere come guida turistica in Ucraina. Conosco quel paese molto bene. Ho anche scritto una guida di Leopoli e io là mi sento semplicemente a mio agio. Nella nostra casa editrice la parte dedicata all’Ucraina è assolutamente sostanziale, quindi quando tutto questo è iniziato ci siamo semplicemente dati da fare senza pensarci sopra, come se fosse un imperativo categorico.
Secondo te cosa ha spinto centinaia di cittadini polacchi alla frontiera in aiuto della popolazione in fuga?
All’inizio della guerra ho incrociato su Facebook un frammento di una poesia di un grande poeta polacco, Zbigniew Herbert (1924-1998), dal titolo “La potenza del gusto”. Permettetemi di citare questo frammento:
Non c’era per niente bisogno di un grande carattere
il nostro rifiuto il disaccordo e la resistenza
avevamo un poco di inevitabile coraggio
ma in fondo era una questione di gusto
sì, di gusto
in cui ci sono fibre di anima e cartilagini di coscienza.
È la mia poesia per questi tempi. A noi polacchi piace agire sotto l’influsso delle emozioni, davvero. La proverbiale ospitalità polacca non è un vuoto luogo comune. Perché i polacchi hanno iniziato ad aiutare gli ucraini in maniera così massiccia? Una donna con un bambino, con dei bambini, gli anziani… sono persone che risvegliano la nostra compassione. Gli ucraini sono i nostri “vicini più vicini”, la prima ondata di emigrazione ebbe luogo dopo i fatti del 2014. Sulle nostre strade, nei negozi, nei taxi e in molti altri luoghi, cominciavano ad essere visibili gli ucraini. il mio barbiere, da quasi tre anni, è Victor di Kiev.
Vale la pena ricordare che, dopo la seconda guerra mondiale, la Polonia è diventata un paese monocorde dal punto di vista nazionale, religioso e culturale. È stata un’enorme perdita, giacché avevamo una plurisecolare e magnifica esperienza nel vivere con gli altri: ebrei, ucraini, lituani, bielorussi, tatari, tedeschi…
Il nostro aiuto è dettato in un certo senso anche dalla paura dello stesso nemico, della Russia comandata da Putin. Aiutiamo gli ucraini perché è possibile che noi potremmo aver bisogno di un simile aiuto. Lo scrivo con orrore, ma non esagero più di tanto.
Quali sono le principali attività di sostegno che la popolazione polacca sta stando ai profughi al confine e nelle città che li ospitano?
I polacchi si sono organizzati in maniera rapidissima, su Facebook comparivano sempre più pagine di aiuto. La più importante è stata Pomoc dla Ukrainy (Aiuto per l’Ucraina) la quale in questo momento ha più di 590.000 follower. La gente ha iniziato a elencare informazioni e bisogni e le risposte arrivavano immediatamente. Quando lo leggo mi si serra la gola dalla commozione. Per esempio qualcuno scrive alle 22.30 che c’è una mamma con bambino alla stazione di Varsavia che non sa dove andare, alle 22.44 ci sono già diversi post con la domanda “Dove vado a prenderli?”. Questo è solo uno dei tanti esempi.
Tornando alla domanda, una parte delle persone è andata direttamente alla frontiera, una parte è rimasta lì per aiutare in diverse strutture, altri sono andati con le macchine vuote (con l’autista) per prendere la gente al confine e portarla all’interno della Polonia. Bisogna ricordarsi che la maggior parte dei fuggiaschi aveva dai 3 ai 5 giorni di viaggio sulle spalle. Yulia e i suoi due bambini, per esempio, che sono andato a prendere alla stazione di Cracovia, hanno viaggiato con un breve riposo a Leopoli per più di cinque giorni. I più coraggiosi (e non sono stati pochi) sono entrati all’interno dell’Ucraina e all’andata portavano aiuto, mentre al ritorno portavano fuori i fuggitivi. I polacchi hanno fatto e stanno facendo una cosa incredibile, accolgono sotto il loro tetto e nelle loro case e appartamenti migliaia di profughi. Una cosa così, nella nostra storia, non è mai successa. Alcuni ospitano fino a una ventina di giorni, altri offrono la loro seconda casa, che spesso sono appartamenti in affitto che dovrebbero essere un’entrata aggiuntiva al budget familiare, e lo fanno gratis o a prezzo di favore.
Ovviamente c’è anche una quota marginale di persone cattive e avide, che vuole guadagnare sulla pelle dei profughi ucraini, ma in verità credo che si tratti veramente di una piccola parte della popolazione.
Si tratta principalmente di iniziative spontanee o anche più organizzate?
Un’altra forma di supporto importantissima è l’aiuto nell’assistenza delle pratiche burocratiche per asili, scuole o lavoro.
I polacchi stanno donando in massa a diverse organizzazioni caritatevoli e con grande cuore rispondono agli appelli di diverso genere a donare. Molto bella è anche l’iniziativa di Cracovia “Zupa dla Ukrainy Kraków” (Minestra per l’Ucraina): le persone si sono messe d’accordo su Facebook e preparano minestre che vengono raccolte in un piccolo magazzino, gestito da volontari, e sempre ben rifornito. La risposta è stata immediata, sia privati che ristoratori professionali preparano e conservano queste zuppe, poi distribuite dove c’è bisogno di un pasto caldo, per esempio alla stazione centrale di Cracovia. In rete circola una battuta: che la Polonia in questo momento sia un’unica grande organizzazione umanitaria.
Prima che il nostro governo si rendesse conto e cominciasse ad agire, centinaia di migliaia di fuggiaschi dall’Ucraina erano stati sfamati e avevano un tetto sopra la testa. Bisogna anche onestamente ammettere che in tempi velocissimi è stato preparato e firmato un accordo grazie al quale i polacchi che aiutano i profughi possono contare in un rimborso di una parte dei costi sostenuti.
Prima del conflitto molti polacchi erano d’accordo con le politiche di contenimento dell’immigrazione, soprattutto dalla Bielorussia, al cui confine è stata avviata a fine gennaio l’erezione di un muro. Pensi che oggi qualcosa sia cambiato (per la politica e per i cittadini comuni)?
Mi aspettavo questa domanda e dico sinceramente che non ho una buona risposta sul perché siamo in grado di portare aiuto agli uni e non agli altri. Ho dei pensieri che mi vengono in mente: 1) la retorica e l’atteggiamento dell’attuale governo era indiscutibilmente contro l’immigrazione e questo è stato condiviso da una grande parte di polacchi; 2) in mezzo ai profughi arrivati alla frontiera polacco-bielorussa, c’erano molti giovani uomini e la loro vista ha soltanto rafforzato il timore che possano essere persone pericolose; 3) anche qui hanno avuto il loro effetto le questioni relative alle grandi differenze culturali.
Questo non significa però che tutti i polacchi abbiano approvato la politica del governo di non fare entrare queste persone, molti si sono impegnati in loro aiuto. Persone famose, del mondo della cultura e dei media hanno rivolto appelli a favore dell’aiuto agli immigrati. Il governo in realtà è andato per la sua strada, gli aiuti erano soltanto dati per casi specifici, e a queste persone non veniva concesso l’ingresso in Polonia e sulla frontiera polacco-bielorussa si spende un’enormità di denaro per costruire un gigantesco muro. Questa situazione dal mio punto di vista non era bianco e nero, era risaputo che questi profughi si trovassero sul confine e su ispirazione di Lukashenko e quindi sicuramente col consiglio o quantomeno il benestare di Putin.
Forse i dittatori volevano controllare come si sarebbero comportati i polacchi quando ai loro confini sarebbero arrivati migliaia di profughi dall’Ucraina. Se così è stato i loro calcoli si sono dimostrati completamente sbagliati. Abbiamo accolto gli ucraini come gente nostra. In fondo sono i nostri “vicini più vicini”, ci conosciamo bene, anche se nella storia non sono mancati tra i nostri popoli eventi molto difficili e tragici.
Quali paure ha scatenato l’invasione della Russia in Ucraina in te come polacco?
Purtroppo le peggiori. Fino ad oggi, pensando al futuro, avevo timore per il cambiamento climatico e i suoi effetti sulle nostre vite e soprattutto sulle vite dei nostri figli, adesso è cambiato tutto. Uno stato enorme è comandato da un pazzo che in più ha l’accesso alle armi atomiche. Che abbiamo a che fare con dei barbari è dimostrato dalle relazioni da Bucha e da altre città ucraine. Mi sorprende che così tanti russi sostengano Putin, che gli credano così tanto.
Contrariamente a quello che pensavo, in Russia, non è cambiato un granché. Loro devono sempre avere un nemico, non riescono a vivere in pace, e, per i loro leader, la vita della gente non ha nessun significato. È sempre stato così e lo dico da storico, e non bisogna andare molto indietro, è sufficiente ricordarsi cosa è successo alla scuola di Beslan (in Ossezia del Nord, nel 2004, n.d.r) o al teatro Dubrovka di Mosca. L’ipotesi di una grande guerra è assolutamente reale. La Polonia è uno degli obiettivi di Putin. Ho perso sicuramente una parte della gioia di vivere, ogni giorno mi chiedo come sarà il futuro, mi immagino la situazione in cui saluto mia moglie e i miei figli, loro scappano e io rimango a combattere. Tutta questa situazione mi dimostra come sia passeggera la vita e su cosa convenga veramente investire.
Jacek ci ha raccontato che lo scorso anno ha realizzato un suo grande sogno piantando vicino a Cracovia una piccola vigna. Ci ha detto che la parte più interessante di questo progetto è stata la raccolta fondi: i soldi per questo investimento li ha raccolti grazie a Facebook, dove amici e conoscenti non si sono tirati indietro. Una grande dimostrazione di solidarietà amicale che Jacek non dimentica e ha messo a disposizione degli altri, a testimonianza che la generosità ripaga sempre. A conclusione della nostra intervista ci ha detto che hanno appena finito di potare le viti, che si preparano a piantarne altre e tutti sperano che alla fine riusciranno a fare un brindisi con il loro vino. Desideri semplici e profondi che contrastano con la pericolosità di quel che sta succedendo a pochi chilometri da casa.