Ecomafie | Vallo di Diano, una storia italiana8 min read

5 Ottobre 2023 Ambiente Economia -

Ecomafie | Vallo di Diano, una storia italiana8 min read

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Il Vallo di Diano, territorio chiave della provincia di Salerno, è attraversato dal fiume Tanagro e protetto dagli Appennini. Terra di confine, crocevia tra Basilicata, Calabria e Campania, ha sempre collegato diverse culture: dagli Oschi ed Enotri, ai Romani con la via Popilia, fino alla moderna autostrada Salerno-Reggio Calabria. Un territorio cerniera, che oggi conta solo 60mila abitanti in 800 km2. Il Vallo di Diano fa parte delle aree interne, quei luoghi più periferici in termini di accesso ai servizi essenziali: poco conosciuti, soffrono lo spopolamento e spesso sono presi di mira. La sua posizione posizione l’ha reso da più di trent’anni appetibile alle influenze delle organizzazioni criminali.

Vallo di Diano: tra storia, natura e ombre criminali

Inizia tutto nel 1990 quando Francesco Muto, detto il “re del pesce”, viene mandato in soggiorno obbligato a Sala Consilina, il centro abitato più grande dell’area, 12.000 abitanti. Francesco Muto è il capo di un’agguerrita ‘ndrina calabrese e gestiva il monopolio del mercato ittico lungo il litorale cosentino, fino al confine campano. L’enorme disponibilità di capitali ha permesso alla cosca di inserirsi nel tessuto economico di molte regioni italiane. Il contatto nel Vallo di Diano è Vito Gallo, narcotrafficante che per i suoi affari si serviva dell’aviopista di Teggiano, nel cuore del Valle.

Gli anni Novanta aprono le porte anche alla camorra, grazie a Luigi Cardiello, il personaggio di collegamento con i casalesi, che diventerà noto come “il Re Mida dei rifiuti”. Il primo episodio risale al 1991 quando Mario Tamburrino, l’autista della ditta di autotrasporti intestata a Cardiello, si reca al pronto soccorso. Ha subito un drastico abbassamento della vista, dopo aver scaricato bidoni contenenti rifiuti chimici provenienti dalla ditta Ecomovil di Pianfrei in provincia di Cuneo. Siamo agli albori del traffico e smaltimento illegale di rifiuti tossici dalle aziende del Centro-Nord verso la Campania, in quell’area che diventerà famosa in tutto il mondo con il nome ‘Terra dei Fuochi’.

Sono gli anni del post terremoto dell’Irpinia, che colpì duramente anche il Vallo di Diano. La spinta alla ricostruzione porta alla nascita di nuove imprese e aziende sul territorio. Il paesaggio muta rapidamente e, al posto delle forme architettoniche tradizionali, si opta per nuovi insediamenti a valle. Si svuotano i vecchi borghi e il mondo contadino viene spazzato via così come i terreni, su cui sorgono capannoni e piazzali in cemento.

Con il tempo, tutto porta ad una forte frattura identitaria nella popolazione. La nostalgia per un mondo svanito troppo presto, una malinconia che ricorda Calvino nelle città invisibili, quando di fronte a Maurilia “il viaggiatore è invitato a visitare la città e nello stesso tempo a osservare certe vecchie cartoline illustrate che la rappresentano com’era prima: la stessa identica piazza con una gallina al posto della stazione degli autobus, il chiosco della musica al posto del cavalcavia, due signore col parasole al posto della fabbrica di esplosivi”. Il viaggiatore si rammarica per i cambiamenti che non ripagano d’una certa grazia perduta, la quale può essere assaporata solo guardando le vecchie cartoline. Calvino ci suggerisce che la scissione tra la Maurilia di oggi e la Maurilia di ieri, vive nel sentire ambivalente dei suoi abitanti, che non sono più capaci di comunicare con quel luogo. Le due ‘Maurilia’ non sono due fasi evolutive della stessa città, ma città diverse che non intrecciano più il sentire di chi le abita. Così nel Vallo di Diano dove le connessioni sono tagliate e la popolazione, persa la cura del proprio ambiente, si ritrova spaesata.

Ecomafie | Vallo di Diano, una storia italiana

Da Re Mida a Chernobyl

Nel disinteresse diffuso, alcune aziende stringono sodalizi con la criminalità organizzata, suggellati da patti di comparanza. Come rivela l’operazione Godfather del maggio 2004, sui movimenti della famiglia Muto, la rete arriva lentamente ad insinuarsi nel mondo bancario, nelle aziende sanitarie e nelle amministrazioni comunali.

La riforma della geografia giudiziaria del 2012 chiude il Tribunale di Sala Consilina e la Procura, portando all’assenza dei presidi dello stato e alla chiusura del carcere del Vallo di Diano. L’ex tribunale di Sala Consilina è annesso a quello di Lagonegro, in Basilicata.

Secondo la DIA – Direzione investigativa antimafia – del 2019, la rete criminale in questi anni espande i propri interessi in traffici di stupefacenti, smaltimento illegale di rifiuti tossici, estorsioni, attività di riciclaggio e reimpiego di capitali. Diverse indagini hanno dettagliato i movimenti illegali sul territorio.

Già nel 2003, con il processo Re Mida, Luigi Cardiello è arrestato e indagato per traffico illecito di rifiuti e inquinamento ambientale. L’operazione è chiamata così proprio per un’intercettazione telefonica, dove Cardiello si vanta di riuscire a “trasformare la spazzatura in oro”.

L’indagine vede coinvolti centri di stoccaggio, società commerciali, gestori di discariche e società di autotrasporto, portando alla luce l’intricata rete dello smaltimento illegale di rifiuti nella Terra dei Fuochi. Dopo 18 anni di processi, le accuse vengono cancellate per tutti gli imputati. I reati sono estinti e anche Luigi Cardiello ottiene la prescrizione.

Nel 2006 l’inchiesta Chernobyl  sullo sversamento illegale di rifiuti manda a processo 38 persone, tra cui alcuni imprenditori del Vallo di Diano, con diverse accuse: delitti ambientali inerenti al traffico illecito di rifiuti speciali, truffa aggravata ai danni dello stato e disastro ambientale. Si conclude nel 2017, dopo oltre dieci anni di rinvii, con la prescrizione per la maggior parte dei reati e l’assoluzione di tutti gli imputati perché ‘il fatto non sussiste per insufficienza di prove’.

Sembra non ci sia giustizia per questa Valle. Per la terra contadina soffocata dal cemento che prova a resistere nelle braccia dei vecchi, ancora chini sotto il peso della zappa caricata in spalla al mattino. “Prima la terra ha perso il suo sabato di riposo, poi i suoi lavoratori hanno perduto la terra”. Così scrive Erri De Luca ne ‘Le rivolte inestirpabili’: “progrediamo verso l’asservimento della terra e dei coltivatori, perciò oggi siamo tutti senza terra, anche chi ha un campetto ben iscritto a suo nome”. Ci siamo mai chiesti come abbiamo permesso che ci privassero della terra, inquinando quanto di più prezioso abbiamo?

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La battaglia per la custodia di un territorio: il caso Shamar

Ciclicamente i protagonisti delle reti ecomafiose sono tornati. Ancora una volta, hanno avvelenato il tessuto ambientale, economico e sociale del Vallo di Diano. Ricordate Luigi Cardiello? Questa volta è intercettato durante l’indagine chiamata “Febbre dell’oro nero”, relativa a un vasto contrabbando di idrocarburi. Tra gli indagati Raffaele Diana, boss della camorra, uno dei capi dei casalesi. Una telefonata in cui i due parlano di un affare che riguarda rifiuti speciali, anche pericolosi. Sono alla ricerca di nuovi siti per lo sversamento di scarti industriali. La zona in cui identificarli è quella del Vallo di Diano, per poi arrivare alla Basilicata e la Puglia. Terreni che non danno nell’occhio, insospettabili, ma ben collegati con le arterie stradali principali, così da facilitare le operazioni di trasporto.

Si apre un nuovo filone, è il caso Shamar: otto gli imputati, tutti residenti nel Vallo di Diano, accusati a vario titolo di smaltimento illecito di ingenti quantità di idrocarburi leggeri. È il 2019 quando i militari riescono a bloccare un secondo sversamento: 18.000 litri di solventi chimici pronti per essere scaricati in un terreno ad Atena Lucana. Nell’aprile del 2021 sette persone saranno arrestate, tra loro Luigi Cardiello e le accuse sono sempre le stesse: traffico di rifiuti, inquinamento ambientale, gestione illecita di rifiuti e associazione a delinquere.

L’operazione Shamar ha impedito che l’organizzazione criminale allargasse il raggio di azione ad altri siti di stoccaggio, alcuni già individuati nel comune di Tursi, in provincia di Matera, zona famosa per la produzione di frutta, venduta poi in tutta Italia.

L’ultima udienza interlocutoria si è tenuta il 15 giugno 2023, con la deposizione del perito in riferimento alle intercettazioni che riguardano Cardiello. Sono stati discussi i risultati dei rilievi effettuati nei terreni identificati come possibili siti di stoccaggio ad Atena Lucana e la concentrazione di idrocarburi è risultata pari a 8000 mcg/kg, nonostante il limite massimo per le zone ad alta densità industriale è di 250 mcg/kg.

Solo due dei 15 comuni che popolano il Vallo di Diano si sono costituiti parte civile e questo è sintomatico dell’inerzia delle istituzioni. In risposta però, crescono sempre di più le associazioni e i collettivi sul territorio. Hanno nomi che parlano chiaro, come ‘Libera’, presidio che raggruppa associazioni e singoli cittadini convinti che si può e si deve contrastare la cultura mafiosa. O ‘Resta’, associazione composta da attivisti uniti dall’amore per la propria terra e da una sensibilità per le questioni ambientali.

Il processo Shamar prende il nome da una parola ebraica che tradotta vuol dire ‘osservare’, inteso come prendersene cura, custodire, difendere. È da qui che si comincia a costruire nuove connessioni con il territorio. Difendere i nostri luoghi non vuol dire solo prendersi cura della terra, ma custodire e difendere l’identità di una popolazione.

La prossima udienza del processo Shamar è stata rinviata al 12 Ottobre. Verranno ascoltati in qualità di testimoni i Carabinieri e il Capitano della Compagnia di Sala Consilina che hanno effettuato l’operazione. Il lieto fine è ancora lontano, ma citando il poeta lucano Rocco Scotellaro, finalmente ‘È fatto giorno, siamo entrati in giuoco anche noi con i panni e le scarpe e le facce che avevamo’.

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Fotoreporter e storyteller, traveller per necessità. Quella sottile e vitale necessità di sentirsi altrove. Segue la strada del racconto, la curiosità la porta a relazionarsi con il mondo e le sue diverse culture. Nei suoi viaggi raccoglie grandi e piccole storie, provando a dar loro una voce. Lavora da freelance, si occupa di sociale, dedicandosi alla fotografia documentaristica e alla scrittura, in ogni sua forma.
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