Aprilia Racing: poche idee, molto confuse5 min read
Oltre a ciò, anche tra le derivate di serie della Superbike, dopo una fugace apparizione tra fine anni ’90 ed i primi anni 2000, Aprilia è poi tornata in pianta stabile nel campionato dal 2009, riuscendo a conquistare 4 mondiali costruttori e due affermazioni tra i piloti, con il già menzionato Biaggi e Guintoli. Proprio alla luce del palmares che la casa di Noale vanta, stride la situazione di confusione tecnica e gestionale in cui Aprilia è caduta da ormai un biennio abbondante a questa parte.
Cosa non funziona in casa Aprilia Racing?
Innanzitutto, è netta la scelta in favore del progetto Motogp fatta dalla casa, ponendo quindi la Superbike in secondo piano: infatti, Aprilia ha approntato per questo 2016 un prototipo nuovo di zecca, che andrà a sostituire la vecchia Rs-Gp che ha corso fino al passato campionato, e che si caratterizzava per il fatto di essere di diretta derivazione Superbike, progetto già visto in pista nelle passate stagioni caratterizzate dal fallimentare tentativo Crt, dove comunque il mezzo (rinominato Art) aveva ben figurato grazie soprattutto alle prestazioni di Aleix Espargaro. Al contempo, tra le derivate di serie Aprilia ha deciso di non presentare più una sua struttura ufficiale, affidando a partire dalla passata stagione la gestione a team privati, che acquistano le moto fornite di pacchetti più o meno aggiornati.
Già di per sé questa decisione lascia alquanto perplessi. Perché se è vero che la Motogp garantisce maggiore visibilità alle case che ci corrono, allo stesso tempo si è dimostrato un campionato in cui è estremamente difficile emergere fino ad arrivare a lottare per posizioni importanti. Basti pensare che, tranne Capirossi nel 2006 e Stoner nel suo quadriennio in Ducati, dall’introduzione della categoria ad oggi solo piloti Honda e Yamaha hanno vinto un titolo o lottato per farlo, mentre le altre varie case hanno faticato a tenere il loro passo, gettando la spugna per poi riprovarci (come Suzuki) o abbandonando definitivamente la presa (come Kawasaki).
Insomma, il rischio è quello di impiegare tante risorse per sviluppare dei mezzi che non sono in grado di essere realmente competitivi se non per ottenere qualche sporadico piazzamento, riuscendo ben difficilmente a ripagare l’investimento effettuato.
Tra l’altro, il nuovo prototipo è in ritardo rispetto alle tempistiche “imposte” dai test pre-stagionali, ed è stato fatto debuttare in pista solo nella scorsa settimana, costringendo i piloti titolari (i confermati Bautista e Bradl) a disputare le prime prove del 2016 con il modello vecchio, e a saltare quelle in programma in questi giorni in Australia, per presentarsi con la nuova arma solo a poche settimane dall’inizio del campionato direttamente nell’ultima sessione, prevista in Qatar.
Aprilia e il caso Superbike
Il tutto assume ancora più i contorni della discutibilità se consideriamo che Aprilia ha abbandonato al suo destino un progetto eccellente come quello della Rsv4 utilizzata in Superbike, che ancora l’anno scorso, nonostante la non presenza diretta della casa, ha saputo conquistare delle vittorie e dei podi, consentendo a due piloti buoni, ma non di primissimo livello per la categoria, come Haslam e Torres, di chiudere entrambi a fine campionato nella top 5 della classifica.
Proprio il modo con cui è stata trattata la Superbike è sicuramente un altro profilo che può essere contestato ad Aprilia Racing. E questo ancora nel momento in cui la casa era presente in forma ufficiale, dove sono state fatte alcune scelte di piloti non propriamente felici, come ad esempio quella di lasciare andare un Laverty vice-campione del mondo in luogo di un Melandri che ha lasciato più ricordi negativi che positivi alla casa di Noale. Allo stato attuale, il clima di incertezza che regna sovrano non permette a chi schiera le moto della fabbrica italiana di poter prendere piloti di primo livello, accontentandosi di ciò che il mercato lascia a disposizione.
Ne è un esempio l’attuale team che avrà, nel prossimo biennio, la gestione della Rsv4 Aprilia: la struttura è l’italiana Ioda, emigrata in fretta e furia in Superbike dopo un quadriennio in Motogp passato ad occupare le posizioni di fondo classifica, e che si presenterà praticamente senza test sulle spalle al primo appuntamento del 2016, in programma a fine mese in Australia.
Se non altro, di positivo c’è che la scelta di uno dei due piloti è ricaduta su Lorenzo Savadori, giovane e talentuoso pilota italiano che, dopo aver vinto la Stock1000 nel 2015, ha rischiato di rimanere appiedato proprio a causa del non sblocco della situazione relativa ad Aprilia, che per tanti mesi ha trattato con molti team chiedendo cifre elevate per dare in concessione le proprie moto, venendo sempre messa in disparte in favore di altre case che davano la stessa opportunità, ma a costi maggiormente contenuti. L’altro pilota sarà De Angelis, reduce da un grave infortunio sul finire della sua esperienza in Motogp nel 2015 e le cui condizioni fisiche, in recupero ma non ancora ottimali, restano un punto interrogativo non da poco.
Sarà sicuramente interessante vedere cosa farà questa squadra tutta “made in Italy”, ma le prospettive sembrano essere comunque difficili sul lungo periodo: non avere aggiornamenti continui e corposi dalla casa ha creato difficoltà anche alle strutture che, in passato, hanno avuto in gestione le moto delle varie Honda e Suzuki, e difficilmente Aprilia sfuggirà a questa sorte. Specie se consideriamo che sarà chiamata a confrontarsi con case, come Kawasaki, Ducati e la rientrante Yamaha, che puntano forte sul campionato e continuano un incessante lavoro finalizzato a migliorare la propria competitività, ed anche la stessa Honda ha in programma un nuovo forte investimento sul modello Superbike a partire dal 2017.