Venezia e turismo: storia di un amore fragile3 min read
Reading Time: 3 minutesVenezia e turismo è il secondo tema che affrontiamo nella nostra narrazione sulla città lagunare, dopo esserci occupati di ambiente.
Venezia e turismo: una convivenza al ribasso
Il rapporto tra Venezia e turismo è, come si può intuire, necessario e burrascoso. Cominciamo da alcuni dati. Nel 2013 i turisti complessivamente presenti a Venezia (centro storico) sono stati quasi 6 milioni e mezzo, con una variazione del 2,9% in più rispetto all’anno precedente. I residenti, sempre nella città storica, sono 58 mila (dati del 2012). La sproporzione tra chi abita e chi visita è evidente: dal 1992 sono costanti sia l’aumento delle presenze turistiche, sia il decremento delle residenze.
Al di là dei picchi stagionali (il Carnevale, l’estate), o delle concentrazioni spaziali (Piazza San Marco, Ponte di Rialto), la quantità di persone che giungono in Laguna a scopo turistico è impressionante in qualsiasi periodo dell’anno, facendo di Venezia la seconda città più visitata d’Italia dopo Roma.
La questione è che Venezia e turismo è ormai un binomio inscindibile, di tutti questi visitatori c’è ormai un bisogno disperato. La città che a inizio Novecento si costruì Marghera per investire nel suo futuro industriale, che poteva contare su molti laboratori e officine artigianali uniche al mondo (i vetri di Murano su tutti), e che fino alla fine degli anni settanta ospitava 100 mila abitanti, si è ridotta a vivere di un terziario a basso valore aggiunto. Il turismo di massa, in una città fragilissima.
La relazione tra i veneziani e i turisti è, senza eufemismi, di tipo parassitario. I primi hanno trovato comodo rifugiarsi nel settore dell’ospitalità perché, a causa dell’elevatissima domanda, possono attestarsi su un’offerta scarsamente innovativa, strutturalmente statica e culturalmente ridotta. Sotto un profilo strettamente economico il turismo a Venezia è più una rendita che un’attività d’impresa.
La permanenza media in città dei turisti è talmente ridotta (2,4 giorni per persona secondo i dati del 2007, riferiti all’intero territorio comunale) che il ritorno economico complessivo è comunque minore di quello potenziale: buona parte dei visitatori usa con Venezia una tattica mordi-e-fuggi, il che non fa certo bene all’impronta ecologica che grava sulla città.
Il quadro è ulteriormente complicato dalla questione del passaggio delle grandi navi in Laguna, frutto avvelenato di un turismo sempre più globalizzato, sempre più difficile da controllare e gestire, nel quale la domanda cresce in progressione geometrica cannibalizzando il sito teatro dell’offerta. Al turista globale viene offerta la Venezia che già s’immagina, già conosce, aderendo all’idea di “viaggio non come scoperta dell’altro” ma “di noi stessi di fronte al nuovo”*. Difficile uscire dalla cartolina, dall’itinerario preconfezionato, dal pacchetto che ottimizza tempo e denaro.
Venezia e turismo: la sfida della sostenibilità
Difficile, non impossibile. Venezia e la sua Laguna sono un luogo perfetto e sfidante per il turismo sostenibile. Per un’offerta rimodulata, che oltre al consueto schema albergo/visita/souvenir concentrati in centro storico, riesca a distribuire la massa dei flussi turistici in tutto il (vastissimo) spazio terracqueo lagunare (il Parco Laguna Nord risponde anche a questo obiettivo), puntando con decisione anche sulle bellezze ambientali di un luogo unico al mondo.
Altra strategia da perseguire è la distribuzione delle tempistiche con adeguati sconti, promozioni ed eventi speciali, che coprano tutto l’anno, chè Venezia è bella tutto l’anno. Insomma, ci vorrebbe infine un minimo di programmazione tra i vari attori coinvolti, in primo luogo la Regione: Venezia non si può lasciare a sé stessa, questo è ormai chiaro.
Cercare sul serio nuove traiettorie per migliorare il rapporto tra Venezia e turismo farebbe uscire i veneziani dal (finora insolubile) dilemma: “come faccio a mandar via i turisti, visto che proprio loro mi danno da vivere?”. Un dilemma divenuto parte della loro vita quotidiana, al pari delle poche opportunità lavorative, al di fuori del turismo, o ancora delle difficoltà abitative.
Ed è proprio dell’abitare a Venezia che parleremo nel prossimo post.
* Aime Marco, L’incontro mancato, Bollati Boringhieri, 2010.
Immagine | Roberto Taddeo
Chiara
però l'offerta culturale a Venezia non è ridotta. certo, magari si potrebbe dibattere sul come viene attuata … ma per esserci c'è.
Pier
''offerta culturalmente ridotta' in effetti può dar luogo a malintesi: intendevo ridotta non come ''oggetto'' ( il ''cosa'' offrire), che è intuitivamente enorme, ma come ''modalità'' (il ''come'' offrire), nel senso che spesso sono gli stessi operatori turistici a non vedersi costretti ad elevare la qualità della propria prestazione (es. lingue parlate, innovazione, networking, best practice ecc.), proprio grazie alla attraibilità intrinseca, naturale direi, della città
lorenzo
Anche restando in città Venezia offre tantissimo al visitatore al di fuori dei soliti siti "icona". Lo sanno i Tedeschi che hanno buone guide e pochi altri. Già solo promuovere la conoscenza di tutta la città sarebbe vantaggioso sia al fine di allungare le permanenze sia al fine di diluire la congestione pedonale dei luoghi clou.
Pier
Esatto, promuovere la ''grande Venezia'' che significa le isole, la Laguna, certi approdi di terraferma (Treporti, Lio Piccolo, S. Giuliano, naturalmente Chioggia) ma anche la ''piccola Venezia'', cioè quella ''minore'' -per riprendere un vecchio libro di Egle Trincanato - fatta, appunto, di percorsi non monumentali, tra le zone popolari (S.Elena e Castello, S. Marta, la Giudecca, S. Giobbe ecc. ecc.)
Nox Johnny Flnc
In realtà trovo l'offerta non povera,poverissima.. almeno per chi ha la consapevolezza di dove sta realmente andando.. per fare un esempio,mangiare tipico veneziano a venezia è quasi impossibile.. menù fotocopia per la stragrande maggioranza dei ristoranti e zero tipicità..