Tsonga, una vita da top ten3 min read

12 Agosto 2014 Uncategorized -

Tsonga, una vita da top ten3 min read

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Tsonga, una vita da top ten

Tsonga, una vita da top ten

Sia benedetto il cemento americano, ma sul serio. Finalmente, mette fine a quella lunga coda di tornei su terra rossa che seguono Wimbledon, utili solo a chi vuole guadagnare 15 posizioni nel ranking tentando una volta per tutte l’accesso all’ambitissima top 80.

Ma soprattutto, i tornei sul cemento americano – nello specifico quello canadese – segnano il ritorno dei grandi tennisti nel circuito ATP, e in special modo questa edizione della Rogers Cup di Toronto ci ha regalato il rientro tra i grandi di Jo Wilfred Tsonga, che è il tennista migliore del circuito tra quelli che scarseggiano in continuità, forma fisica e, soprattutto, neuroni.

Non era di certo stata, almeno finora, la stagione di Tsonga. Una sola finale disputata, a Marsiglia, persa contro Gulbis – non proprio il classico tennista che vende sempre cara la pelle. Fuori agli ottavi negli Slam, con Federer in Australia e due volte con Djokovic al Roland Garros e a Wimbledon, senza neanche vincere un set.

Nessuno poteva immaginare che il tennista francese sarebbe rinato proprio nella settimana canadese, eppure la nuova classifica della settimana lo riporta in top ten, dove tra l’altro Jo chiude l’anno da cinque stagioni consecutive – e se arrivasse la sesta eguaglierebbe il record francese di Noah.

Il cammino del franco-congolose a Toronto è iniziato con due derby vinti (con Roger-Vasellin e Chardy) come antipasto, poi il destino ha messo ancora di fronte il nostro mastino e Novak Djokovic, numero uno del tabellone canadese e, come già detto, ultimo tennista a battere Tsonga sul green londinese di Wimbledon. Stavolta non c’è stato scampo per il serbo,caduto con un duplice 6-2 sotto i colpi sempre più potenti del rinato francese, che da lì ha intrapreso la sua rincorsa al secondo Master della carriera – il primo fu vinto 6 anni fa, a Parigi-Bercy.

La partita con Murray è stata quella della consacrazione, intesa come certificazione di aver raggiunto – o meglio, riacquisito – il livello di gioco che in passato lo aveva portato fino al numero 5 del ranking. Per capirci, quando si parla di probabili vincitori di un torneo, Tsonga è sempre uno dei primi nomi che viene fuori dopo i principali favoriti, uno di quelli che nella giusta settimana è capace di battere tutti i migliori al mondo, soprattutto su superfici rapide.

Proprio quello che è successo a Toronto, seppure questa volta il nome di Tsonga non era certo tra i primissimi outsider considerati alla vigilia. Nel quarto di finale con Murray ha rimontato da un parziale di 0-3 nel terzo set, ribaltando il risultato e chiudendo 6-4. È stata quella con lo scozzese l’unica partita in cui Jo ha perso un set, smarrendo per un attimo quella spaventosa continuità al servizio e da fondo campo che ha messo in difficoltà tutti i suoi avversari.

Superata poi la pratica Dimitrov in semifinale, nell’ultimo atto Jo si è trovato di fronte Federer, che gli avrebbe lasciato la quinta delle sei finali disputate in questo 2014. La sintesi della finale è presto fatta: Tsonga non ha sbagliato nulla quando era al servizio, mentre Federer era quasi sempre costretto ad allungare i giochi ai vantaggi. Un break nel primo set e un tie-break perfetto nel secondo davano al francese di Le Mans un successo inatteso e insperato, proiettandolo nuovamente nel gotha del tennis mondiale.

Adesso il calendario ATP propone il Master di Cincinnati e, tra qualche settimana, l’US Open. Sono state stagioni troppo monotone, le ultime, per farci sperare in un altro epilogo a sorpresa dopo l’Australian Open vinto da Wawrinka a inizio stagione, ma noi proviamo a illuderci lo stesso. Anche grazie a questo Tsonga.

Immagine| www.weser-kurier.de

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Statistico atipico, ha curato la sezione Sport e amministrato i profili social di Le Nius. Formatore nei corsi di scrittura per il web e comunicazione social, ha fondato e conduce il podcast sul calcio Vox2Box e fa SEO a Storeis. Una volta ha intervistato Ruud Gullit, ma forse lui non si ricorda.
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