Stanislas Wawrinka, il rivoluzionario3 min read

28 Gennaio 2014 Uncategorized -

Stanislas Wawrinka, il rivoluzionario3 min read

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Wawrinka (1)Bisogna viaggiare nella retorica più pura per raccontare il successo di Stanislas Wawrinka agli Australian Open appena conclusi. Quella di Stan è la vittoria dell’underdog, il tennista di talento che vive all’ombra del pluripremiato campione ma per una volta gli ruba tutti i titoli delle prime pagine sportive. È soprattutto la svolta che il tennis aspettava per mettere almeno un sassolino sopra l’era dei Fab Four.

Nel tennis, i Fab Four sono i quattro tennisti più vittoriosi degli anni recenti, che dal 2005 vedono alternarsi i loro nomi nell’albo d’oro dei quattro tornei dello Slam. Federer, Nadal, Djokovic e Murray, prima di questo rivoluzionario Australian Open, avevano conquistato 34 degli ultimi 35 tornei maggiori del circuito ATP, con l’unica eccezione nel successo insperato quanto anacronistico di un Del Potro in versione deluxe all’US Open del 2009.

Favoriti d’obbligo e quasi sempre vincitori di tutti i tornei a cui prendono parte, i Fab Four hanno contrassegnato l’ultimo decennio del tennis, fino all’inatteso successo di Stanislas Wawrinka, una vera e propria epifania tennistica.

Stan The Man Wawrinka, tennista svizzero dalle origini che pervadono un po’ tutto il mondo mitteleuropeo, è sempre stato un buon giocatore di tennis. Ha un servizio micidiale e un rovescio a una mano – sempre più una rarità nel tennis di oggi – di una bellezza e di un’efficacia pressoché unica.

È un giocatore d’attacco, che preferisce cercare il vincente con i piedi dentro al campo piuttosto che fare il tergicristalli dietro la linea di fondo e rimandare tutto il possibile oltre la rete.

Prima del sorprendente trionfo in terra australiana, Wawrinka poteva vantarsi di aver conquistato solo 5 tornei, in posti dove il tennis non ha di certo scritto la sua storia – Chennai (due volte), Casablanca, Umago, Oeiras. Aveva anche vinto le Olimpiadi di Pechino in doppio con Roger Federer, suo grande amico e soprattutto sua grande ombra, in quello che finora era il titolo più importante della carriera.

Dopo essere stato quasi sempre tra la decima e la ventesima posizione del Ranking ATP, Wawrinka, all’inizio del 2012, ha sfiorato la posizione numero 30. Un anno prima aveva deciso di abbandonare la moglie Ilham e la figlia Alexia per tentare una volta per tutte di dare una scossa alla sua carriera. Aveva finito l’anno in crescendo e aveva fatto ancora meglio nel 2013, raggiungendo la semifinale all’US Open e il Masters per i migliori otto tennisti del circuito. Si era anche riappacificato con la moglie.

stan-wawrinka

Mancava ancora un aspetto importante, però, per diventare grande: la capacità di vincere partite difficili. Per ben due volte aveva perso al quinto set contro Djokovic in un torneo dello Slam, mentre con Nadal, al Roland Garros, non aveva visto boccia. Il destino ha voluto che nelle due propizie settimane australiane li incontrasse entrambi, per eliminarli.

Col campione serbo – il karma è una brutta bestia – la vittoria è arrivata proprio al quinto set, dopo quattro ore di battaglia. Con Nadal, “Stanimal” – soprannome coniato proprio da Federer – è stato aiutato dai dolori dello spagnolo, ma nell’unico set degno di nota, il primo, Wawrinka aveva disegnato la partita perfetta, mettendo sotto scacco il maiorchino come poche volte s’è visto.

Non ha la scocca dura, Wawrinka, e lo si è notato nel modo in cui ha regalato a un Nadal quasi immobile il terzo set della finale, riprendendosi poi, psicologicamente più che tecnicamente, nel quarto, per un trionfo vero, autentico, nonostante la gioia contenuta di chi ancora non riesce a credere a quel che ha fatto.

Diventa il terzo svizzero del tennis a laurearsi in uno Slam, dopo Hingis e Federer, che però avevano da sempre i tratti dei predestinati. Wawrinka, invece, è sempre stato uno semplice, cresciuto nel cantone Vaud nella fattoria gestita dai genitori che, tra l’altro, danno lavoro a operai con disabilità mentali. Un ragazzo che la sua storia se l’è tatuata sul braccio con le parole di Samuel Beckett, che adesso hanno tutto un altro peso. «Ever tried. Ever failed. No matter. Try again. Fail again. Fail better».

Immagine| Melty; focus.de

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Statistico atipico, ha curato la sezione Sport e amministrato i profili social di Le Nius. Formatore nei corsi di scrittura per il web e comunicazione social, ha fondato e conduce il podcast sul calcio Vox2Box e fa SEO a Storeis. Una volta ha intervistato Ruud Gullit, ma forse lui non si ricorda.
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