Il terrorismo nel mondo attraverso i dati12 min read
Reading Time: 10 minutesTerrorismo nel mondo: una panoramica 1970-2016
Da una prima elaborazione dei dati statistici, dal 1970 ad oggi sono circa 384 mila le persone rimaste uccise in attacchi terroristici e 496 mila quelle ferite, per un totale di persone colpite pari a 880 mila soggetti.
Gli attacchi terroristici cominciano ad aumentare in maniera significativa a partire dall’inizio degli anni ottanta, con una media annuale costante intorno alle 6-7 mila vittime fino al 2009 incluso. Anche il numero di soggetti colpiti (morti e feriti) cresce costantemente: 116 mila nel decennio 1980-89; 144 mila tra il 1990-1999; 214 mila tra il 2000-2009.
A partire dal 2010 il numero delle vittime sale in maniera esponenziale: 170 mila i caduti per mano del terrorismo e 218 mila i feriti. Dato ancor più drammatico se si considera che questi valori, calcolati su sette anni, sono superiori al totale dei colpiti tra il 1990 e il 2009. Anche il numero degli attacchi è aumentato in maniera vertiginosa dal 2010 in poi, triplicandosi rispetto al decennio precedente.
Storia e geografia del terrorismo nel mondo
Utilizzando le macro aree geografiche/geopolitiche definite dai ricercatori dell’Università del Maryland, si osserva che nel decennio che va dal 1970 al 1979 quasi la metà degli attacchi terroristici colpirono l’Europa.
In questi anni in Europa abbiamo la presenza di un terrorismo “da sinistra”, un terrorismo “da destra” e vari movimenti nazionalistici che utilizzano il terrorismo come strumento di lotta per ottenere l’indipendenza nazionale.
Il maggior numero di attacchi avviene in Irlanda del Nord (Ulster), in un’area grande quanto la Toscana: da una parte l’I.R.A., l’esercito repubblicano cattolico che punta all’annessione con il resto dell’Irlanda, con 1.084 attacchi, dall’altro la UVF, corrispettivo dei protestanti, con 265 attacchi. Seguono poi i nazionalisti baschi dell’ETA in Spagna e le Brigate Rosse in Italia con circa 100 attacchi ciascuno.
Nel decennio 1980-1989 il fenomeno del terrorismo in Europa comincia a ridursi drasticamente, passando dal 48% al 15% come ‘peso’ di tutti gli attacchi terroristici mondiali, e l’epicentro mondiale del terrorismo diventa il continente americano.
Oltre la metà di tutti gli attacchi terroristici nel mondo avviene in Centro e Sud America, per la contemporanea presenza di: movimenti di guerriglieri di ispirazione comunista, forze paramilitari, cartelli di narcotrafficanti organizzati con veri e propri eserciti, dittature militari.
Tutti questi soggetti fanno sì che dal 1979 al 1998 il terrorismo in questa area aumenti dal 29% al 55% di tutto il terrorismo mondiale. I movimenti più attivi sono quelli guerriglieri di Sendero Luminoso in Perù, con 3.132 attacchi, ed il Fronte Martì Liberazione Nazionale in Salvador con 2.543 in soli dieci anni. Minima invece la quota di attacchi in Medio Oriente e Nordafrica, pari al 9% di tutti gli attacchi terroristici.
Alla fine degli anni ottanta la caduta del Muro di Berlino e la disintegrazione dell’Unione Sovietica decretano la fine della guerra fredda ed incidono decisamente sull’evolversi del terrorismo nel mondo: alcune aree geopolitiche perdono di importanza e molti movimenti guerriglieri storici che operano in Sud America tendono a scemare, tanto che dal 1999 al 2009 il peso del terrorismo mondiale in questa area del continente americano si riduce dal 20% al 5%.
Il decennio successivo è marchiato dall’attacco terroristico di Al Qaeda dell’11 settembre 2001, che nell’immaginario collettivo costituisce una sorta di “dichiarazione di guerra” da parte dei fondamentalisti islamici all’Occidente.
Evento che a sua volta ha determinato una serie di interventi militari da parte di coalizioni a guida americana, quali l’intervento in Afghanistan (2001) per combattere il movimento terroristico di Osama Bin Laden e la guerra ed occupazione dell’Iraq (2003).
Questi sconvolgimenti degli equilibri geopolitici – per esempio la caduta di Saddam Hussein – danno il via ad una serie mai registrata prima di attacchi terroristici: 5.190 in Iraq, 1.948 in Afghanistan e 1.978 in Pakistan, così che per la prima volta l’area definita come “Asia del Sud” compare nella mappa mondiale del terrorismo, con un terzo di tutti gli attacchi avvenuti nel decennio.
Accanto all’incremento della capacità di azione dei movimenti jihadisti, registriamo durante questo ventennio la tenuta del movimento Sendero Luminoso, che rimane ancora il più pericoloso, con 1.253 attacchi, seguito dal PKK (partito dei lavoratori del Kurdistan), con 838 attacchi in Turchia e le Tigri del Tamil in Sri Lanka, con 746 azioni. L’Europa invece, a partire dagli anni duemila esce dalle classifica delle area geografiche più colpite nel mondo.
A partire dal 2010, complice anche una serie di fattori concomitanti quali l’intervento internazionale in Libia e la relativa caduta del paese in diverse zone di controllo, l’inizio delle Primavere Arabe, la guerra pressoché permanente in Siria, si delinea uno scenario per cui quasi il 40% di tutti gli attentati terroristici nel mondo avvengono in Nord Africa e Medio Oriente.
I movimenti più attivi sono quelli jihadisti: 5.439 attacchi dei Talebani in Afghanistan, 4.337 dell’Isis, 2.594 di Al-Shabab in Somalia. Esce invece definitivamente il continente americano dalle aree più colpite.
Terrorismo nel mondo: gli sviluppi più recenti
Se consideriamo solo l’ultimo anno per cui sono disponibili dati completi, il 2016, notiamo che nove dei dieci paesi più colpiti dal terrorismo nel mondo sono stati a maggioranza islamica; quasi 20 mila dei 25 mila morti di terrorismo nel 2016 sono musulmani, corrispondente all’80% di tutte le vittime.
I dati del 2017, seppur parziali, confermano questa tendenza: vengono riportati 1081 attacchi terroristici nel mondo e 7397 vittime, concentrati soprattutto nei paesi islamici.
I movimenti terroristici più attivi sono quelli jihadisti, che sono anche i più letali: i cinque gruppi più attivi hanno da soli provocato la morte dell’80% di tutte le vittime del 2017.
Gli Stati Uniti, paese che da sempre definisce come prioritaria nella propria agenda politica la lotta al terrorismo, sono tra i paesi al mondo meno colpiti dal fenomeno in termini numerici: dal 1970 al 2016 si registra la perdita di 6.124 cittadini americani, pari all’1,6% di tutti i morti per terrorismo degli ultimi 47 anni.
Ancora osservando i dati appare chiaro che quasi sempre il terrorismo colpisce i paesi più instabili, instabilità cui molte volte hanno contribuito scelte politiche effettuate da altri paesi per tutelare i propri interessi, ma che alla lunga si sono rilevate disastrose per la sicurezza e la stabilità di quei paesi, dando il via ad un escalation terroristica in quei territori.
È naturalmente diritto-dovere di ogni Stato affrontare il terrorismo sul piano militare, sempre in un ambito di diritto internazionale, ma è altresì fondamentale agire per rimuovere le condizioni sociali, economiche e politiche che favoriscono la nascita e la crescita dei movimenti terroristici.