Il sistema di accoglienza dei migranti in Italia, spiegato per bene38 min read

8 Marzo 2024 Dati migrazioni Migrazioni Politiche migratorie -

Il sistema di accoglienza dei migranti in Italia, spiegato per bene38 min read

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Il sistema di accoglienza dei migranti in Italia ad agosto 2017

Articolo redatto da Fabio Colombo

Seguiamo una logica che segue il percorso di un migrante che arriva sulle coste italiane e poi entra, appunto, nel sistema di accoglienza, con un processo che possiamo rendere visivamente così:

sistema di accoglienza dei migranti in italia

Il sistema di accoglienza in Italia opera su due livelli: prima accoglienza, che comprende gli hotspot e i centri di prima accoglienza, e seconda accoglienza, il cosiddetto SPRAR (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati).

In teoria, se tutto filasse liscio (l’accoglienza ordinaria, linea piena nell’infografica), la prima accoglienza dovrebbe servire a garantire ai migranti primo soccorso, a procedere con la loro identificazione, ad avviare le procedure per la domanda di asilo. Dovrebbero essere procedure veloci, per poi assegnare i richiedenti asilo ai progetti SPRAR, ossia alla seconda accoglienza, fiore all’occhiello del sistema, un programma che riesce a garantire un processo di integrazione nei territori a 360 gradi, che va ben oltre il vitto e l’alloggio.

Però non fila tutto liscio. I beneficiari del sistema di accoglienza sono aumentati a dismisura dal 2014, a causa del numero crescente di arrivi via mare in Italia di persone che fanno domanda di asilo, entrando quindi nel sistema di accoglienza.

Non solo. Il programma SPRAR per funzionare bene come funziona, garantendo una reale accoglienza e integrazione nel territorio, ha bisogno dell’adesione dei comuni, che i comuni diano cioè la loro disponibilità a gestire un progetto di accoglienza sul proprio territorio.

Moltissimi comuni non lo vogliono fare, nonostante i progetti siano pagati con soldi dello Stato. Non lo vogliono fare per ragioni politiche. Un po’ perché sono di un altro colore politico rispetto al governo, un po’ perché non vogliono assumersi la responsabilità di avviare un progetto che porta “i profughi” a contatto con i propri elettori.

Così, il sistema non può funzionare. Troppe domande, troppi pochi posti. Aumentare i posti, di fronte alle difficoltà nel rapporto con i comuni, è un processo lento. C’è bisogno di una soluzione rapida, “di emergenza” (la linea tratteggiata nell’infografica), che viene individuata nei cosiddetti CAS (Centri di Accoglienza Straordinaria), un ibrido che formalmente rientra nella prima accoglienza a cui si accede spesso direttamente dai porti di sbarco, ma praticamente dà ormai un’accoglienza di lungo periodo come accade nella seconda accoglienza.

Vediamo meglio come funzionano nello specifico le diverse componenti del sistema di accoglienza: la prima accoglienza e lo SPRAR. Trattiamo alla fine i CAS, concependoli come un’anomalia del sistema.

Prima accoglienza: Hotspot e Centri di prima accoglienza

La prima accoglienza è svolta in centri collettivi dove i migranti appena arrivati in Italia vengono identificati e possono avviare, o meno, la procedure di domanda di asilo. Il sistema dei centri è in fase di riforma, frutto di politiche congiunte a livello europeo e della legge Minniti-Orlando che ha introdotto modifiche ancora da implementare. Questo nel frattempo il panorama dei diversi centri operativi.

Gli hotspot sono centri dove vengono raccolti i migranti al momento del loro arrivo in Italia. Qui ricevono le prime cure mediche, vengono sottoposti a screening sanitario, vengono identificati e fotosegnalati e possono richiedere la protezione internazionale (di fatto la grande maggioranza dei migranti che arrivano via mare lo fa). Ad oggi gli hotspot sono quattro: Lampedusa, Pozzallo, Trapani e Taranto.

Dopo una prima valutazione, i migranti che fanno domanda di asilo vengono trasferiti (in teoria entro 48 ore) nei centri di prima accoglienza (noti anche come hub regionali), dove vengono trattenuti il tempo necessario per individuare una soluzione nella seconda accoglienza. Questi al momento i centri di prima accoglienza operativi, con le presenze al 23 gennaio 2017 così come riportate da un report della Commissione parlamentare d’inchiesta sul sistema di accoglienza della Camera dei Deputati (pdf).

centri di accoglienza migranti

Il sistema basato su hotspot e centri di prima accoglienza ha sostituito il precedente sistema basato su sigle che dobbiamo ormai considerare superate: i vari CPSA (Centri di Primo Soccorso e Accoglienza), CDA (Centri di Accoglienza) e CARA (Centri di Accoglienza per Richiedenti Asilo).

In realtà questa catena lineare hotspot-centri di prima accoglienza-seconda accoglienza è più sulla carta che sulla realtà. Ce lo conferma Stefano Trovato, Responsabile Area Immigrazione del CNCA (Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza), a cui abbiamo chiesto aiuto per comprendere il complesso funzionamento del sistema di accoglienza. Il CNCA è una federazione nazionale che riunisce circa 250 organizzazioni del terzo settore in Italia, più di 100 delle quali gestiscono progetti di seconda accoglienza. Trovato ha quindi uno sguardo completo, anche dal basso, sul processo di accoglienza.

“In molti casi i migranti vengono condotti direttamente dal porto di sbarco al CAS”, concepito come forma di prima accoglienza anche se può essere un appartamento in mezzo a una città. C’è quindi ancora una distanza importante tra teoria e pratica, dove spesso prevale la necessità di gestire emergenze, soprattutto in questa fase di transizione tra i vecchi e i nuovi centri.

E coloro che non fanno domanda di asilo? Posto che sono molto pochi, vengono condotti nei CIE. I CIE (Centri di Identificazione ed Espulsione) sono centri dove vengono rinchiusi coloro che hanno ricevuto procedimenti di espulsione e devono essere rimpatriati. I migranti dovrebbero essere trattenuti per un massimo di 90 giorni (estendibili però abbastanza facilmente a 12 mesi). I CIE operativi erano quattro: Torino, Roma, Brindisi e Caltanissetta. Scriviamo erano, perché la recente riforma Minniti-Orlando ha cancellato i CIE sostituendoli con i CPR (Centri di Permanenza e Rimpatrio) che dovrebbero diventare 20, uno per Regione, ed essere più piccoli.

Attualmente è in corso la transizione da CIE a CPR. A quanto sappiamo alcune regioni hanno già inviato al Ministero dell’Interno una lista di strutture che sul proprio territorio dovrebbero ospitare i Centri di Permanenza e Rimpatrio. Si tratta di Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Piemonte, Emilia Romagna, Lazio, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sardegna, Sicilia. Non è ancora chiaro quando queste strutture saranno effettivamente operative, né quando verranno individuate le strutture nelle altre 9 regioni.

Seconda accoglienza: lo SPRAR

Una volta transitati dagli hotspot e dai centri di prima accoglienza, i richiedenti asilo vengono assegnati alla seconda accoglienza, entrano cioè a far parte del programma SPRAR (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati). Almeno, in teoria. Perché, come abbiamo già visto, essendo il programma SPRAR di piccole dimensioni, e ospitando anche rifugiati e titolari di protezione sussidiaria e umanitaria, di fatto i richiedenti asilo che arrivano in Italia vengono sempre più dirottati sui CAS.

Una pratica confermata dai dati, riportati dal Rapporto annuale SPRAR 2016. Nello SPRAR si tende attualmente ad accogliere soprattutto i rifugiati e i titolari di protezione sussidiaria e umanitaria: sono il 53% dei beneficiari, una percentuale in continua crescita (erano il 42% nel 2015), mentre i richiedenti asilo sono scesi dal 58 al 47%.

Negli alloggi del sistema SPRAR sono inseriti, abbiamo detto, soprattutto rifugiati e titolari di protezione sussidiaria o umanitaria, che possono restare nel progetto per sei mesi, prorogabili di altri sei mesi, durante i quali sono accompagnati a trovare una sistemazione autonoma. I richiedenti asilo invece restano per tutto il tempo necessario alla risoluzione della loro pratica, cioè fino a quando non ricevono la risposta, affermativa o negativa, rispetto alla loro domanda di asilo. Se ricevono una risposta negativa, ossia il diniego della protezione internazionale, devono lasciare il sistema SPRAR.

Ci sono poi tutta una serie di servizi per l’inserimento sociale che gli enti gestori sono tenuti a garantire, e che fanno la differenza per l’obiettivo di una reale accoglienza. Sono i servizi che consentono al rifugiato/richiedente asilo di inserirsi in un sistema legale, sanitario, educativo, sociale; di imparare la lingua con cui comunicare con gli italiani; di avere qualche chance lavorativa; di inserire i minori a scuola insieme a tutti gli altri minori del territorio; di fare sport, o cultura. E consentono alla popolazione locale di conoscere queste persone, condividendo occasioni di festa, quotidianità, magari anche conflitto, però mediato dagli operatori del progetto.

Per fare tutto questo ci vuole personale. Gli enti gestori quindi assumono operatori che lavorino nei progetti a supporto dei richiedenti e rifugiati ospiti: personale di coordinamento e amministrazione, operatori sociali, psicologi, assistenti sociali, operatori legali, interpreti e mediatori culturali, insegnanti di lingua italiana, addetti alle pulizie, autisti, manutentori. Nel 2016 il totale di persone impiegate nei progetti SPRAR è stato di 8.505.

Il personale rappresenta di solito la spesa più importante nei progetti. La restante quota va all’attivazione di servizi per l’integrazione (borse lavoro, iscrizione a corsi o ad attività sportive o culturali), eventuali interventi di manutenzione alle strutture, il pocket money che va direttamente in mano ai beneficiari, e che possono spendere come desiderano. Si tratta di un contributo che va dagli 1,5 ai 3 euro al giorno, che incide per meno del 10% sul costo dei progetti.

Secondo gli ultimi dati aggiornati al 1 aprile 2017, sono presenti nel sistema SPRAR 25.743 persone, di cui duemila circa minori non accompagnati. Sono attivi in tutta Italia 638 progetti che coinvolgono 544 enti locali (soprattutto Comuni), così distribuiti:

sistema di accoglienza dei migranti in italia

25 mila posti sono del tutto insufficienti a coprire la richiesta, che cresce sempre di più insieme agli sbarchi sulle coste italiane. Perché allora non mettere a disposizione più posti? Perché non ci sono soldi?

No, non è questo il motivo. I soldi ci sono. A non esserci, abbiamo detto, è la volontà dei comuni italiani di ospitare migranti sul proprio territorio. L’adesione dei comuni al programma è infatti volontaria, e degli ottomila comuni italiani solo mille sono finora coinvolti in progetti SPRAR. Questa la mappa dei comuni dove sono presenti strutture di accoglienza SPRAR a fine 2016.

il sistema di accoglienza in italia
Fonte | Rapporto Annuale SPRAR 2016

Eppure il sistema SPRAR è riconosciuto come una buona pratica sotto diversi punti di vista: garantisce un coordinamento proficuo tra Stato centrale e enti locali, pone attenzione alla distribuzione territoriale dei migranti, garantisce un supporto all’inserimento sociale molto importante per prevenire conflitti con la popolazione locale, si prende cura anche di categorie vulnerabili con servizi dedicati, come i minori non accompagnati e i disabili.

In sostanza l’egoismo politico degli amministratori locali impedisce ad un programma virtuoso di entrare a regime, e costringe lo Stato a dirottare le risorse sull’accoglienza straordinaria (i CAS, di cui diremo fra poco). Se tutti i comuni aderissero allo SPRAR, riusciremmo a distribuire molto bene i migranti presenti nel sistema, garantendo loro anche un accompagnamento di qualità per l’integrazione e l’inclusione sociale ed economica, e prevenendo molte situazioni di conflitto con la popolazione locale.

L’accoglienza straordinaria: i CAS

Lo abbiamo detto, pochi comuni aderiscono allo SPRAR, e questo rende il sistema insufficiente a rispondere al bisogno di accoglienza delle centinaia di migliaia di richiedenti asilo in arrivo in Italia. Per questo sono stati introdotti i CAS (Centri di Accoglienza Straordinaria), concepiti come strutture temporanee da aprire nel caso in cui si verifichino “arrivi consistenti e ravvicinati di richiedenti” che non sia possibile accogliere tramite il sistema ordinario.

Dato che dal 2014 gli arrivi ravvicinati e consistenti sono la regola, i CAS sono diventati la regola, e il loro nome è quanto mai improprio. Si tratta infatti non necessariamente di centri (si possono usare anche appartamenti, come nello SPRAR) e l’accoglienza è tutt’altro che straordinaria: si tratta infatti ormai della modalità ordinaria in cui vengono inseriti i migranti (il 78% delle presenze, come vedremo).

È una soluzione, potremmo dire, di “rientro dalla finestra”: da una parte costruisco una pratica virtuosa ma volontaria con i comuni. Dall’altra, visto che molti comuni non collaborano e io devo sistemare tutti i migranti che arrivano, attivo un sistema di accoglienza parallelo gestito direttamente da me, e costringo tutti i comuni dove gli enti gestori individuano le strutture ad ospitare migranti sul proprio territorio.

A differenza dei progetti SPRAR, gestiti da enti non profit su affidamento dei comuni, i CAS possono essere gestiti sia da enti profit che non profit su affidamento diretto delle prefetture. Ogni prefettura territoriale pubblica quindi delle gare d’appalto periodiche per l’assegnazione della gestione dei posti in modalità CAS.

I CAS possono essere gestiti in modalità accoglienza collettiva o accoglienza diffusa. L’accoglienza collettiva comprende strutture anche di centinaia di persone, che sono poi quelle che danno più spesso dei problemi sia per i migranti che per i territori dove sono situate: hotel, bed & breakfast, agriturismi, case coloniche. L’accoglienza diffusa avviene invece in appartamento e, seppur con meno garanzie di qualità rispetto agli appartamenti inseriti nello SPRAR, risulta comunque in un impatto più sostenibile sul territorio in cui viene attuata.

“Di fatto però – segnala Stefano Trovato – le nuove gare d’appalto per i CAS fatte dalle prefetture sono impostate sulla modalità dei grandi centri, e chiedono ad esempio di avere un presidio sanitario con medico interno alla struttura. Ma se io scelgo l’accoglienza diffusa in appartamento cosa devo fare? Avere un presidio sanitario in ogni appartamento? Assumere un medico ad hoc per i richiedenti asilo? È un’impostazione da grande centro, proprio quella che dovremmo superare – continua Trovato – anche se io non ci vedo una scelta politica quanto una mancanza di coordinamento e risorse di tempo e persone che si possano dedicare nelle prefetture alla pianificazione e gestione delle gare”.

Come lo SPRAR, anche i CAS vengono finanziati con il Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo e vengono, come detto, assegnati tramite gare d’appalto basate su una retta giornaliera per ciascun utente. La retta indicativa riconosciuta agli enti gestori è di 35 euro a persona accolta al giorno, ma ogni prefettura può modificare la base d’asta di partenza, alzando o abbassando la retta. Anche qui, circa 1,5 – 3 euro al giorno sono destinati al pocket money per i richiedenti asilo.

Pur avendo quindi nella pratica una funzione praticamente identica allo SPRAR, i CAS sono concepiti e gestiti in modo molto diverso, come se fossero strutture temporanee dove parcheggiare i beneficiari in attesa che facciano il loro ingresso nel bel mondo dello SPRAR. Nei fatti però non lo sono, perché i beneficiari restano spesso nei CAS per tutta la durata della loro pratica di asilo. Questo disallineamento tra teoria e pratica conduce a situazioni problematiche.

I posti vengono assegnati per rispondere a emergenze, la prefettura ha bisogno di strutture in tempi brevi, il che la costringe ad accettare anche soluzioni non ottimali. Trovato però puntualizza: “è vero che arrivano flussi importanti che mettono sotto pressione le prefetture, ma è anche vero che questi flussi erano previsti. Se negli anni precedenti si poteva essere un po’ sorpresi, per il 2017 si potevano pianificare meglio le cose, perché già dal 2016 si prevedeva un flusso di circa 200 mila migranti, invece si continua a lavorare sull’emergenza continua”.

Altro problema è che con i CAS viene meno il patto di fiducia tra Ministero e territori, perché la ripartizione è gestita direttamente dal Ministero, tramite le Prefetture, senza coordinarsi con l’ANCI e spesso senza nemmeno avvisare i comuni che gruppi di richiedenti asilo saranno distribuiti sul proprio territorio.

C’è da dire che questa modalità, che tanto suscita le proteste dei comuni e di alcuni cittadini, deriva anche dalla riluttanza di molti comuni ad aderire alla rete SPRAR, situazione che ha di fatto costretto il Ministero ad operare in modo coercitivo senza prendere accordi con enti che probabilmente avrebbero ostacolato l’apertura del CAS sul proprio territorio. È questa la ragione alla base delle polemiche che sono arrivate alla cronaca nazionale in tempi recenti, come ad esempio quella sorta nella zona dei Nebrodi, in provincia di Messina.

Numeri e costi del sistema di accoglienza dei migranti in Italia

Alla fine di questo complesso percorso di accoglienza per i richiedenti asilo, rifugiati e destinatari di protezione sussidiaria e umanitaria, tiriamo le somme numeriche ed economiche del sistema. Questi gli ultimi dati disponibili sulle presenze nel sistema di accoglienza dei migranti in Italia.

cas e sprar
Fonte | Commissione parlamentare d’inchiesta sul sistema di accoglienza Camera dei Deputati

Alla data del 23 gennaio 2017 erano presenti nel sistema di accoglienza italiano 175.550 persone, di cui 14.750 (l’8%) nella prima accoglienza, 136.978 (il 78%) nei CAS, e 23.822 (il 14%) nello SPRAR.

È quindi evidente come l’accoglienza straordinaria dei CAS sia diventata la modalità primaria per inserire i richiedenti asilo nel sistema di accoglienza italiano, mentre l’accoglienza ordinaria riesce ad assorbire solo il 20% della domanda, tra prima e seconda accoglienza.

I comuni coinvolti in qualche forma nel sistema di accoglienza, perché gestiscono progetti SPRAR o ospitano centri di prima accoglienza o CAS, sono 3.153, secondo quanto affermato dal Ministro dell’Interno Minniti in un intervento alla Camera dei Deputati lo scorso 18 luglio 2017. Ci sono quindi ancora quasi cinquemila comuni del tutto esenti dall’accoglienza sul proprio territorio.

Per quanto riguarda i costi del sistema, facciamo riferimento ai dati indicati nel Def (Documento Economico e Finanziario) approvato dal Consiglio dei Ministri l’11 aprile 2017.

Nel 2016 l’Italia ha speso per il sistema di accoglienza dei migranti circa 2,5 miliardi di euro, quasi il doppio rispetto al 2015, quando la spesa era stata di 1,3 miliardi. La previsione per il 2017 contenuta nel Def parla di una cifra compresa tra i 2,9 e i 3,2 miliardi di euro. In termini percentuali, passiamo dallo 0,1% del PIL del 2015 allo 0,15% del 2016, al potenziale 0,17% del 2017.

Per quanto riguarda la ripartizione di questi costi, l’ultimo dato disponibile fa riferimento al 2015, quando allo SPRAR furono destinati 242 milioni di euro, mentre il restante miliardo di euro è stato utilizzato per la prima accoglienza (inclusi i CAS).

Capiamo da questi dati che l’ostacolo allo sviluppo dello SPRAR non sono i fondi. Un ampliamento della rete SPRAR è infatti sempre possibile economicamente, destinando le risorse impiegate per i CAS. Parliamo in ogni caso di cifre che vengono riversate sul territorio in termine di creazione di posti di lavoro, affitti e consumi.

A queste vanno poi aggiunte le spese per le operazioni di soccorso e salvataggio in mare, che ammontano a circa 800 milioni di euro l’anno. Ogni anno l’Italia riceve dall’Unione Europea un contributo di circa 100-120 milioni di euro, destinato a crescere per il 2017 e a cui vanno aggiunti i fondi distribuiti dalla Commissione Europea tramite i bandi del fondo FAMI (Fondo Asilo Migrazione e Integrazione), che ammontano a circa 600 milioni di euro per il periodo 2014-2020.

Il sistema di accoglienza che verrà?

La situazione, come abbiamo visto lungo questo excursus sul sistema di accoglienza in Italia, è estremamente fluida. Nuove leggi ridisegnano i processi, smantellano sigle, individuano nuovi attori. E chissà quanto dureranno.

Per quanto riguarda la prima accoglienza, ci si muoverà in due direzioni. Da una parte verrà rafforzata la rete dei centri di prima accoglienza, individuando sempre più hub regionali possibilmente di sempre più piccole dimensioni, per non impattare troppo su singoli territori. Dall’altra si verificherà la trasformazione dei CIE in CPR, con l’individuazione di una struttura per regione dove rinchiudere i migranti oggetto di provvedimenti di espulsione.

Quanto alla seconda accoglienza, lo slogan è “più SPRAR, meno CAS”, ma la sua applicazione è tutt’altro che semplice. L’obiettivo è far aderire sempre più comuni alla rete SPRAR per continuare ad aumentare, possibilmente a ritmi sempre maggiori, i posti disponibili nelle strutture del programma.

Se guardiamo i numeri, vediamo come in effetti il numero di posti disponibili e, di conseguenza, di beneficiari del programma SPRAR è in continua crescita dalla sua istituzione ad oggi, ma i ritmi appaiono ancora troppo lenti rispetto alla domanda proveniente dai tanti richiedenti asilo che arrivano in Italia.

sistema di accoglienza dei migranti in italia
Fonte | Rapporto annuale Sprar 2016

Per incrementare ulteriormente il numero di comuni aderenti, e dunque di posti, la strategia del governo è quella di migliorare gli incentivi all’adesione. In particolare si punta molto sull’introduzione dalla clausola di salvaguardia, che consentirà ai comuni aderenti allo SPRAR di vedere limitare la presenza di migranti nelle strutture di accoglienza sul territorio a circa 3 per 1000 abitanti, esponendo gli altri comuni al rischio di vedersi imporre numeri ben superiori attraverso il canale del CAS.

“Si tratta certamente di una strategia condivisibile – dice Stefano Trovato – ma bisogna considerare anche alcune conseguenze pratiche. Va bene distribuire le persone ma poi gestire le persone sparpagliate in comuni magari di poche centinaia o migliaia di abitanti e molto distanti fra loro è più complicato, sia per i beneficiari, che sono dispersi in situazioni isolate difficili da sostenere, sia per gli enti gestori, che vedono i costi per gli spostamenti salire, e di molto”.

Vedremo se questa strategia si rivelerà vincente. Il lavoro dell’ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani, promotrice dello SPRAR insieme al Ministero dell’Interno) in questo senso è molto intenso, e volto a spiegare ai sindaci i vantaggi dell’adesione al programma. I sindaci stanno così cominciando a capire che, al di là dello schieramento politico di appartenenza, l’attivazione di progetti SPRAR conviene a tutti, perché un’accoglienza fatta bene è certamente vantaggiosa per il territorio.

D’altra parte ci sono, e ci saranno, ancora molti comuni che, per ragioni politiche, rifiutano a prescindere di aderire allo SPRAR salvo poi sollevare la popolazione locale contro il governo quando la prefettura impone l’apertura di un CAS sul proprio territorio.

Il sogno di trasformare tutti i CAS in SPRAR vale quindi certamente la pena di essere perseguito, ma sembra ben lontano dal realizzarsi, nonostante tutti avrebbero da guadagnarci: gli italiani, i migranti, i comuni, lo stato.

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Laureata in filosofia all'Università di Verona, inizia a lavorare come operatrice nel Sistema di Accoglienza e Integrazione. Frequenta il master migrazione e sviluppo presso l'Università Sapienza di Roma e nel tempo libero studia la criminalità organizzata e scrive articoli di approfondimento sulle migrazioni e sulla criminalità.
48 Commenti
  1. Mariasara

    grazie fabio! un articolo che era doveroso fare!

  2. Paolo Sbraga

    Complimenti Fabio, per l'articolo e per la chiarezza del tuo stile.

  3. Nicolo

    Ciao, sono stato a contatto con queste realtà nel mio territorio e confermo il problema politico, ma non nell'accezione descritta nell'articolo. Il problema è la gestione degli SPAR, affidata spesso a realtà totalmente incompetenti. Abbiamo esempi assurdi di situazioni in cui il personale a stento parla inglese, corsi di lingue affidati a volontari, programmazione ridicola delle attività ed estremi problemi nell'integrazione. Dall'esterno quindi vediamo giovani ragazzi che da più di un anno ormai dormono fino alle 10 e ogni tanto escono a giocare a calcio, pochi progressi e sicuramente un ambiente totalmente diseducativo. Capisco che non sarà sempre così, ci saranno realtà virtuose e funzionanti sicuramente ma allora perché non prenderle come modello? Perché non impostare una strategia e un programma di inserimento univoco e a cui tutte le cooperative/associazioni facciano riferimento e vengano giudicate in base ai risultati?Potrebbero forse farlo i comuni, ma nel mio caso dall'alto dei nostri 1300 abitanti abbiamo un solo assessore e un consigliere che si occupano di assistenza sociale (pro bono ovviamente) e sono già al limite delle loro possibilità, come si può pretendere di affidare a principianti o incompetenti nel settore anche ulteriori situazioni così complesse.Tralasciando volutamente nel discorso il risanamento economico di molte cooperative locali che probabilmente non hanno come obiettivo il benessere ed il futuro delle persone a loro affidate. Ripeto, non voglio fare di tutta l'erba un fascio, ma il sistema attuale fa acqua da tutte le parti e permette ai più furbi di muoversi tranquillamente.

    • Fabio Colombo

      Buongiorno Nicolò, grazie del commento. Quello che descrivi mi risulta soprattutto nella gestione dei CAS, più che degli SPRAR.In teoria, ad ogni modo, sia per gli SPRAR che per i CAS c'è un modello come dici tu, in cui le Prefetture dovrebbero fare controlli e ispezioni e sanzionare i soggetti che si dimostrano poco affidabili quando non peggio, fino all'interruzione degli appalti. Il problema è che in questo momento le Prefetture sono in grossa difficoltà, non tanto ad effettuare i controlli (mi risulta che li fanno, anche se a macchia di leopardo) quanto a privarsi degli enti gestori, perché si troverebbero con centinaia di migranti da ricollocare nel giro di poche ore e non saprebbero dove e a chi collocarli. In questo momento quindi gli enti gestori (dei CAS, soprattutto) hanno molto potere.Come se ne esce? Beh, o con una diminuzione degli arrivi (cosa che sta avvenendo) per cui le Prefetture possano lavorare meno col fiato sul collo, oppure (meglio) come dici tu con una programmazione di medio periodo che consenta di uscire dalla logica dell'emergenza. Come si dice nell'articolo, nel 2017, almeno fino a giugno, sono arrivati molti migranti, ma è anche vero che questi numeri erano previsti. Si poteva allora pianificare meglio certamente.Mi sembra esagerato però dire che il sistema fa acqua da tutte le parti. Certamente ci sono falle, anche gravi, ma considerata la difficoltà della gestione di un sistema così complesso su un tema così delicato, la baracca tutto sommato regge, si potrebbe dire.

      • Nicolo

        Sarà per il fatto che io sono nei pressi di Ventimiglia e la situazione è particolarmente complessa e satura. Sarebbe interessante a livello statistico avere un quadro della situazione con sondaggi e risultati ottenuti nei vari centri.

        • Fabio Colombo

          Sì certo nell'articolo si dà un quadro di insieme ma ci sono poi situazioni molto differenziate sui diversi territori.Sull'Atlante Sprar, disponibile sul sito dello Sprar, si trovano alcuni dati, parziali, su risultati in termini di inclusione sociale, abitativa, lavorativa... Sempre riferiti all'insieme dei progetti su tutto il territorio nazionale.

      • Nicolo

        Sarà la mia visione locale allora che qui, nei pressi di Ventimiglia, mi fa apparire la situazione ben diversa e appunto... lacunosa a causa di perdite d'acqua notevoli. Ma il flusso di chi non rientra in nessuno dei canali programmati è alto.

  4. abaco

    Grazie per l'articolo, mi chiedo solo se non fosse possibile renderlo un po' più sintetico in modo da farlo arrivare ad un pubblico più ampio (spesso distratto, svogliato e poco concentrato). Se si riuscisse ad estendere una buona informazione alle masse saremmo in grado di cambiare il mondo!

    • Fabio Colombo

      Grazie Abaco, è quello che cerchiamo di fare. In molti altri articoli su temi affini siamo stati anche più brevi, ma in questo caso il sistema è di una tale complessità da rendere complicato fare un'ulteriore sintesi. Comunque ce lo siamo chiesti anche noi e il tuo commento ci spingerà nei prossimi articoli a lavorare in questa direzione. Grazie.

  5. Giulio varotto

    Complimenti mi è stato molto d'aiuto per una ricerca scolastica

  6. Diletta

    Ciao! Articolo molto interessante! Sto scrivendo una tesi magistrale sul sistema di accoglienza e sto cercando ricerche italiane che si sono occupate dell'argomento. Qualcuno può aiutarmi? Grazie :) Diletta

  7. Redazione

    Ottimo articolo, lo citerò nel prossimo numero di "Sviluppo Felice" (23 aprile).

  8. Ornella Caspani

    Ciao Diletta, anche io sto srivendo una tesi magistrale sul sistema di accoglienza a Roma, possiamo parlare?

  9. Ornella Caspani

    Caro Fabio Grazie mille per aver scritto questo articolo, ho letto molte notizie, articoli, leggi, ecc con uno scopo accademico e sei riuscito a riassumere perfettamente la situazione complessa e molto chiaramente. Mi congratulo con te!

    • Fabio Colombo

      Ti ringrazio Ornella, si va avanti anche grazie a commenti come questo :)

  10. Matt75

    Ciao Ornella, sono interessato all'outcome della tua tesi. Ti dispiacerebbe metterti in contatto con me? Puoi farlo attraverso il form email del mio sito web oppure credo via FB.

  11. Matt75

    Ciao Diletta, stessa richiesta a te come già chiesto a Ornella. Sono interessato anche io all'argomento. Se puoi metterti in contatto, sarebbe d'aiuto. M.

  12. Martino

    Grazie mille Fabio, un articolo chiaro e informativo! Solo non capisco un'apparente incongruenza tra i dati di due statistiche che hai usato, quella di Openpolis/Actionaid e il successivo grafico di atlante Sprar. I numeri di persone presenti ogni anno nelle strutture Sprar sembra differente dall'uno all'altro: per esempio nell'anno 2017 secondo il primo erano 24.741 mentre il secondo riporta la cifra di 36.955. A cosa è dovuta la differenza? Grazie mille

    • Fabio Colombo

      Grazie mille del tuo commento Martino e della domanda molto pertinente. La differenza è dovuta al fatto che il rapporto SPRAR fa riferimento alle 36.955 persone accolte in totale nel 2017, mentre il rapporto di Openpolis/Actionaid riporta le 24.741 persone presenti al 31 dicembre 2017. Circa 12 mila delle 36.955 persone accolte durante l'anno sono uscite dal sistema prima del 31 dicembre per diversi motivi (alcune hanno terminato il loro percorso ad esempio perché hanno trovato altre sistemazioni, alcune sono andate via di loro iniziativa, alcune - molto poche - sono state espulse).

  13. Martino

    Chiarissimo grazie mille!

  14. Sofia

    Articolo perfettamente chiaro! Sto facendo una tesi di Master a Londra sul sistema di accoglienza adottato a Riace e ho dovuto brevemente spiegare come è strutturato il sistema di accoglienza italiano. Questo articolo è stato una preziosissima fonte :D

    • Fabio Colombo

      Grazie Sofia per esserti presa il tempo di scrivere questo commento, che ci fa bene :)

  15. Marco Ulivi

    Mi sono permesso di citare questo vostro articolo, insieme alla fotografia del'agosto 2017, in una discussione scritta avvenuta questa mattina, in calce alle numerose prese di posizione di questi giorni sulla Legge Salvini da parte delle AGeSCI regionali. Mi stupisce sempre di più la scarsa informazione di molti sedicenti capi scout (o ex capi) che commentano le dichiarazioni associative senza aver mai letto nulla del e sul decreto Salvini con la seguente Legge e sulle precedenti leggi in materia di immigrazione. I vostri due articoli mi sono sembrati così chiari e completi che non ho potuto esimermi dal linkarli.

  16. mael

    Buongiorno,La ringrazio tantissimo per aver scritto un articolo cosi interessante e preciso. Sono francese e ho lavorato durante 3 mesi preso 1SPRAR e 2 CAS (dormivo anch'io li). Ho lavorato come mediatore e interprete.Sono d'accordo con lei a 200% ... I responsabili/direttori non sono competenti. Molto spesso, non c'è nessuno che sia in grado di parlare inglese. Ho visto cose molto triste li. Anzi, la situazione è molto triste ; i migranti hanno già molto da fare/pensare ma gli operatori dei centri non parlano inglese/francese/arabo/mandinka (a volte non parlano nemmeno bene italiano).La settimana prossima, tenero una conferenza all'università di Brest ; racconterò le mie esperienze in Sicilia. Il suo articolo mi ha aiutato ad organizzare la mia presentazione.Grazie!

    • Fabio Colombo

      Grazie davvero del tuo commento Mael e buona fortuna per la tua presentazione! :)

  17. Sergio Messere

    Complimenti, articolo dettagliato su tutti i fronti e ha contribuito a schiarirmi le idee... considerando che i mass m. non aiutano certo.

  18. cama

    Articolo delirante, l'auspicio finale è sempre lo stesso (e qui si colgono chiaramente le idee politiche di chi ha redatto l'articolo), ovvero incentivare, diffondere ed educare all'accettazione dell'immigrazione di massa. Il punto è che bisogna bloccare l'immigrazione e rimpatriare quelli che sono già qui, l'immigrazione andrebbe affrontata solamente in 2 modalità: respingimenti e rimpatri. Qui invece si auspica che sempre più comuni mettano a disposizione sempre più posti per accogliere sempre più migranti, questo è l'obiettivo finale, il tutto corredato dalle solite parole vuote e oramai logore di significato (integrazione e accoglienza), che però tradotte correttamente diventano Business e sostituzione etnica, perchè è di questo che si sta parlando: infarcire l'Italia di sempre più immigrati e obbligare gli autoctoni a stare a contatto con soggetti sgraditi. La storia dell'accoglienza diffusa l'abbiamo già sperimentata in italia, ed è semplicemente un modalità elaborata dalla sinistra per disperdere queste persone e renderne impossibile il controllo e il successivo rimpatrio. Nell'articolo poi, unitamente all' "accoglienza diffusa" si parla della concessione di tanti diritti ai migranti, il tutto al solo scopo di rendere impossibile il loro rimpatrio e infarcire l'Italia sempre più di immigrati. Lascia però che ti faccia i complimenti quantomeno per lo sforzo da te compiuto, un altro estremista di sinistra si sarebbe lasciato andare a dei più veloci e sbrigativi insulti su quanto sono razzisti e fascisti gli italiani che rifiutano l'idea dell'accoglienza e non voglio queste persone a casa propria, tu invece hai fatto un giro lungo 20km per arrivare bene o male alla stessa conclusione (ovvero incentivare l'immigrazione di massa), senza però insultare gli altri, ti do atto quantomeno di questo tuo sforzo.

  19. elena

    SALVE HO LETTO IL VOSTRO ARTICOLO E VOLEVO CHIEDERE DOVE SI PUO TROVARE PER UNA PERSONA IMMIGRATA CHE HA CHIESTO ASILO UN ALLOGGIO DOVE VIVERE? E UN MANTINEMENTO TEMPORALE CE LA POSSIBILITA AVERE UN LAVORO? se e possibile avere delle indicazione piu precisi per chi ne ha bisogno.

    • Fabio Colombo

      Buongiorno Elena, se la persona ha fatto domanda di asilo ha diritto a un posto nei progetti di accoglienza, dovrebbe essere indirizzato nel momento in cui fa domanda di asilo. Se non è stato così, dovrebbe tornare in questura dove ha fatto domanda, oppure conviene chiedere a un'associazione del territorio dove vive che si occupa di migranti e rifugiati che sarà certamente in grado di accompagnarvi. Essere inserito nei progetti di accoglienza comporta un alloggio, i pasti e un piccolo pocket money di 2-3 euro al giorno. Per il lavoro è molto più difficile. In quale città avete fatto domanda di asilo?

  20. Agostino

    I giovani migranti che arrivano senza parenti che fine fanno? Vengono vaccinati?

    • Fabio Colombo

      Buongiorno Agostino, ai minori stranieri non accompagnati abbiamo dedicato questo approfondimento: https://www.lenius.it/minori-stranieri-non-accompagnati-in-italia/

  21. Luca Sciortino

    Grazie mille per questo articolo (e altri pertinenti che ho trovato qui, come la differenza fra i vari tipi di protezione concessa nel permesso di soggiorno). Finalmente spiegazioni chiare, nella giusta misura sintetiche ed esaurienti, e corredate da fonti e dati. Tutto in una singola pagina! Ho passato il pomeriggio a cercare informazioni sul web e questa è senz'altro la scoperta migliore.

  22. IB

    Questo articolo si lamenta della carenza di fondi per l'integrazione (" ha fortemente limitato i servizi per l’integrazione"), ma il vero problema sono proprio gli sprechi di questi stessi fondi. Infatti, negli ultimi anni mediamente il 70% dei richiedenti asilo (che non sono solo gli sbarcati) ha ricevuto un diniego alla richiesta di asilo. Al momento, sbarcano prevalmente tunisini, bengalesi, egiziani che hanno percentuali di diniego intorno al 90% ( http://www.libertaciviliimmigrazione.dlci.interno.gov.it/sites/default/files/allegati/riepilogo_anno_2021_dato_non_ancora_consolidato_0.pdf )Ne consegue che queste persone arrivano, le si ospita con costi miliardari, gli si insegna lingua, lavoro e altro. Dopo 60gg dalla domanda ( art. 22 del decreto legislativo del 18. agosto 2015 N°142 ) gli si dice pure che possono lavorare. Alla fine però probabilmente si scopre che la domanda era pretestuosa. Allora gli si dà un foglio in cui c'è scritto che devono andarsene. Nessuno lo fa e, necessariamente, devono mantenersi in modo illegale (accattonaggio, lavoro nero o criminalità). Solo se commettono crimini molto gravi, ci si decide a rimpatriarli, ma solo se ci si riesce nel tempo massimo per stare in un CPR. Altrimenti diventa una violazione della dei diritti umani e li si deve far uscire, così diventano nuovamente uccel di bosco e aspettano pazientemente la prossima sanatoria.Quindi, la vera schizofrenia è l'ingente investimento con l'assunto che otterranno un visto e che debbano iniziare a integrarsi anche se sappiamo che probabilmente non è vero.Si dice che arrivano sempre senza documenti, ma viene da pensare che questo serva proprio a massimizzare il periodo per avere un responso alla richiesta di asilo. Tempo che, grazie al dlg 18/2015, possono usare per lavorare pur con vitto e alloggio pagati dai contribuenti. Infatti, alle Canarie, dove i documenti consentono di prendere un aereo, i migranti sono "meno sbadati" e non perdono i documenti. https://www.elconfidencial.com/espana/2020-11-24/migrantes-faltan-canarias-espana-francia-irun_2844771/Si dovrebbero introdurre meccanismi penalizzanti verso le domande pretestuose.Chi arriva da nazioni come la Tunisia che non sono in guerra, senza presentare documenti e senza prove tangibili per una richiesta di asilo, se ne sta chiuso in un confortevole centro di accoglienza, senza ricevere corsi o altri benefits. Lì verranno garantiti tutti i suoi diritti umani tranne proprio quello di uscire da lì. Questo, fino alla sentenza di accettazione o diniego della domanda. Al diniego, occorre il rimpatrio diretto.Dovrebbe essere chiaro che gli italiani non sono contrari a tutti i migranti. Sono contrari ai clandestini e agli sprechi.

  23. Cinzia Pappalardo

    Ciao Fabio sono una psicologa, sto scrivendo una tesi sui minori migranti e il gruppo per il mio conseguimento diploma in psicoterapia. E' stato molto utile il tuo articolo. Vorrei approfittare della tua competenza se posso! vorrei approfondire il modo in cui il femminile viene visto nella cultura africana oggi hai qualche riferimento valido. grazie e buon lavoro a tutti Dott.ssa Cinzia Pappalardo

    • Fabio Colombo

      Cara Cinzia, grazie del commento! Non ho però riferimenti sull'argomento che mi chiedi. Buona fortuna per la tua tesi.

  24. Irene

    Buongiorno, sarebbe possibile conoscere le fonti da cui ha preso i dati del suo articolo? La ringrazio.

  25. Barbara

    Grazie del bellissimo articolo. Qualcuno sa consigliarmi un testo completo sull'argomento? Ho un'altra domanda: dato che più persone hanno dichiarato incompetenti responsabili e direttori, volevo chiedervi quali sono le principali falle della loro formazione visto che, se fossero solo le lingue, con un mediatore capace il problema sarebbe risolto. Inoltre, dato che la segnalazione di ogni criticità dovrebbe a mio avviso essere sempre accompagnata da un suggerimento di risoluzione, vorrei che qualcuno si soffermasse anche su questo aspetto. Grazie in anticipo.

    • Fabio Colombo

      Buongiorno Barbara, grazie del commento. Da dove ti risulta che responsabili e direttori siano incompetenti? Di quali servizi? Può essere che ci si riferisca soprattutto ai CAS, che sono stati dati in gestione anche a enti che non si occupano di accoglienza e gestione di servizi sociali, e che per questo non hanno le competenze per gestire simili servizi. Ti riferisci a questo?

  26. Massarelli Teresa

    Buongiorno e grazie a Fabio per il suo bel articolo. Sto scrivendo un libro sui rifugiati politici in Italia. Mi piacerebbe sapere di più sulle difficoltà che un rifugiato incontra quando arriva sul nostro territorio. Difficoltà che si aggiugono a quelle di riuscire a scappare dalla guerra , dalla fame. Difficoltà per quelli che, pur riuscendo a pagarsi un'attraversata al quanto insicura, sbarcano infine in Europa, e restano mesi in centri di accoglienza (detenzioni) prima che la loro domanda di asilo venga accettata o respinta... C'è qualcuno (rifugiato o non) che potrebbe dirmi di più? Vi ringrazio.

  27. ALBERTO MOSELE

    buongiorno. siamo 5 soci, ognuno con un proprio lavoro e 24 mesi fa abbiamo costituito una piccola onlus (iscritta al RUNTS), in provincia di Verona, per dare delle "piccole" risposte lavorative e abitative. C'è qualcuno che ci potrebbe insegnare a svolgere questo servizio di accoglienza? cosa si deve fare ? grazie Alberto 3931912460

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