Nessuna trivella per nessuna sorella3 min read

15 Marzo 2016 Genere Politica -

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Sociologo

Nessuna trivella per nessuna sorella3 min read

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slogan trivelle

Prima lo sciagurato slogan sulle trivelle, poi le offese denunciate da Patrizia Bedori, ex candidata sindaca del Movimento 5 Stelle a Milano, infine l’affaire Meloni. Sono giorni devastanti per il travagliato cammino verso il pieno riconoscimento della soggettività della donna e, dunque, per il travagliato cammino di tutta la società.

“Trivella tua sorella” è lo slogan scelto da un’agenzia di comunicazione (si chiama BeShaped, se volete depennarla dalla lista) per promuovere il sì al referendum del 17 aprile, accompagnato dall’immagine stilizzata di una donna piegata a novanta gradi davanti a una trivella che schizza petrolio dalla cima.

Una roba aberrante sotto ogni punto di vista, che speriamo vivamente sia archiviata come case history negativa in tutti i corsi di scienze della comunicazione, ma che intanto è circolata, anche associata ad altre immagini, sulle pagine social di molti uomini sedotti dal machismo dello slogan.

Ovviamente non è solo, non è tanto, una questione tecnica di comunicazione. È una storia, una brutta storia, che rivela quanto siamo ancorati a un certo linguaggio sfacciatamente sessista, dove la donna è ridotta ad oggetto di valore infinitamente minore rispetto al fondale marino. La prima si può “trivellare”, il secondo no.

Sappiamo bene, cari amici che derubricate il fatto con un innocente “è solo una battuta”, che non è solo una battuta. Il linguaggio è pratica, è politica, è azione. Il linguaggio non descrive la realtà, il linguaggio fa la realtà e contribuisce a riprodurla o trasformarla.

Questo linguaggio violento è esattamente quello che conduce dritto alla violenza contro le donne, quella a cui poi siamo tutti pronti a “dire no”. Salvo poi smarcarci, ritrattare, precisare, certo io non giustifico niente, però la minigonna, però i jeans, però certi atteggiamenti, però se ne poteva stare buona buona. Però è una battuta, cosa vuoi che sia.

Certo sono battute anche quelle rivolte a Patrizia Bedori, ex candidata sindaca di Milano per il Movimento 5 Stelle. Brutta, grassa, casalinga e disoccupata. È vero, sono parole che funzionano anche al maschile, ma ho come il sospetto che non sarebbero state usate, se il candidato sindaco fosse stato Patrizio Bedori.

Certo sono parole, sono solo parole, anche quelle secondo cui Giorgia Meloni non può candidarsi a sindaca di Roma perché aspetta un bambino, e “deve fare la mamma”. Quante premure riserviamo a questi esseri deboli, domestici, marginali, che sono le donne.

È solo una battuta

Così si è giustificato il maschio alfa Guido Bertolaso chiamato a rendere conto del suo commento alla probabile candidatura di Meloni.

Delle due l’una: o viviamo dentro un patetico show di cabaret dove chiunque può salire sul palco e sparare la sua battuta di merda oppure no, stiamo assistendo allo spettacolo della costruzione sociale della realtà, uno spettacolo dove il linguaggio è protagonista assoluto.

È il linguaggio che tradisce un’idea di donna ancora così tremendamente diffusa nella società, e cerca di imporla: una donna succube, una donna oggetto, una donna immagine, una donna mamma, una donna privata.

Ed è sul terreno del linguaggio, ancor prima che su quello dell’azione, che dobbiamo continuare a combattere. Per liberare la società da una certa nauseante asfissia maschile.

Immagine | Seabamirum

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Sociologo, lavora come progettista e project manager per Sineglossa. Per Le Nius è responsabile editoriale, autore e formatore. Crede nell'amore e ha una vera passione per i treni. fabio@lenius.it
1 Commenti
  1. Andrea

    Bravo Fabio, completamente d'accordo. Non conoscevo questa becera campagna referendaria. Semplicemente assurda

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