I dati sugli immigrati a Milano potrebbero interessarvi13 min read
Reading Time: 10 minutesA qualcuno vengono in mente donne col velo che spingono passeggini di seconda mano. Qualcun altro penserà agli africani sulle panchine dei parchi comunali, intenti a godersi la pacchia a spese degli italiani, con le tasche gonfie dei due euro di diaria. Oppure al kebabbaro sotto casa (il mio ha un ritratto di Padre Pio appeso al muro e diversi fattorini italiani alle sue dipendenze), all’ennesima sartoria cinese che ha preso il posto del calzolaio del paese, alla badante di mezza età che sembra quasi italiana, o al nuovo medico di famiglia con un cognome strano e un accento dell’est.
Luoghi comuni a parte, come in tutta Europa anche a Milano c’è chi è entusiasta e vede nella diversità un’occasione, e c’è chi ha paura e vive la presenza degli stranieri come una minaccia. Ma quanti sono e chi sono gli immigrati che abitano la città metropolitana di Milano?
Milano è prima in classifica sotto molti aspetti quando si parla di presenza migratoria, in particolare quella che riguarda i non comunitari: dalla mera presenza numerica al tasso di occupazione, dall’incidenza delle imprese individuali al numero di alunni non comunitari. Ciò può essere ricondotto alla più favorevole situazione dal punto di vista delle opportunità lavorative.
Tuttavia, come accade sul piano nazionale, il contesto della Città Metropolitana di Milano – composta dal capoluogo lombardo e dai 134 comuni dell’ex provincia – non è omogeneo e porta con sé una complessità sia a livello di distribuzione sul territorio che di composizione.
Non mancano le criticità, insomma, anche se nel complesso i dati sembrano raccontare una storia positiva, in cui molti stranieri scelgono questo territorio per studiare, lavorare, fare progetti per il futuro. Una storia di integrazione possibile.
Quanti sono gli immigrati a Milano
Secondo i nuovi Rapporti annuali sulla presenza dei migranti nelle città metropolitane italiane, resi pubblici dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e da ANPAL (Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro), la distribuzione sul territorio nazionale dei 3.714.934 cittadini non comunitari regolarmente soggiornanti in Italia mostra che le prime città metropolitane per numero di presenze sono Milano (quasi 445 mila) e Roma (346 mila). Seguono a distanza Torino, Firenze, Napoli e Bologna.
Il capoluogo lombardo risulta primo anche per incidenza: l’11,8% delle persone iscritte in anagrafe a Milano proviene da un Paese non UE. Seguono Firenze (9,9%), Bologna (8,5%) e Roma (7,4%).
Anche i dati della serie storica mostrano che dal 2011 al 2018 la presenza di migranti di cittadinanza extra UE nella città metropolitana di Milano è cresciuta in misura nettamente maggiore rispetto a quanto rilevato a livello nazionale, con un incremento del 14% rispetto al 5%. Come l’Italia, anche Milano ha conosciuto una flessione a partire dal 2015, e una successiva stabilizzazione. Tale flessione però è stata molto più contenuta.
I Rapporti del Ministero si concentrano sui cittadini non comunitari, a cui secondo la corrente etichetta di “straniero” andrebbero aggiunti i cittadini provenienti da altri paesi dell’Unione Europea. Conteggiando anche loro, l’incidenza degli stranieri sulla popolazione residente è del 14,2%.
Immigrati a Milano: chi sono e da dove vengono
La nazionalità più rappresentata nella Città Metropolitana di Milano è quella egiziana, con il 14,9% sul totale degli immigrati non comunitari residenti. La comunità egiziana di Milano, peraltro, rappresenta la prima in Italia, raccogliendo quasi la metà dei cittadini provenienti dal paese nordafricano regolarmente presenti in tutto lo stivale. Al secondo posto troviamo la comunità filippina (10,6%) e al terzo la cinese (10,1%).
Seguono la peruviana, l’albanese, la marocchina e l’ecuadoriana. Queste ultime sono le comunità di più antica migrazione e hanno fatto registrare, tra il 2017 e il 2018, un calo che va dal -2,3% dei peruviani al -4,2% dei marocchini. Secondo il Rapporto, però, “tale calo è da legare, con ogni probabilità, alle acquisizioni di cittadinanza.” In altre parole, molti stranieri non sono più stranieri, ma italiani nati all’estero. Tenendo conto anche dei comunitari, una quota importante di cittadini (seconda solo agli egiziani) viene dalla Romania.
Incrociando i dati della provenienza con quelli relativi al genere balza all’occhio come la maggioranza dei migranti provenienti da Egitto, Marocco, Sri Lanka e Pakistan siano uomini (con percentuali che vanno dal 68% al 53%), mentre la maggioranza dei provenienti da Ucraina, Perù, Ecuador e Filippine siano donne (con percentuali tra il 77% e il 56%). In questo senso la forbice più ampia è quella che riguarda l’Ucraina (77,4% donne e 22,6% uomini), mentre le comunità cinese e albanese fanno registrare una sostanziale parità di genere.
Queste differenze non riguardano la sola Città Metropolitana di Milano e possono essere dovute a motivazioni storiche e culturali, oltre che a fattori legati al mondo del lavoro e ai contatti che nel tempo si sono sviluppati tra i paesi di origine e quello di arrivo, contatti che spesso orientano scelte e percorsi personali e professionali.
Considerando in generale la composizione per genere nella città metropolitana di Milano, le comunità a prevalenza maschile e quelle a prevalenza femminile si bilanciano, creando un equilibrio quasi perfetto: gli uomini rappresentano il 50,4% e le donne il 49,6%.
Minori e alunni stranieri a Milano
Una quota significativa di stranieri non comunitari residenti a Milano è costituita da minori: sono il 22,6% dei cittadini extra UE nell’ex provincia di Milano. Tale presenza è stabile, mentre è in calo il numero di nati stranieri (-3,3%). Nonostante questo calo, superiore a quello registrato su scala nazionale (-2,3%), Milano risulta prima tra le città metropolitane per numero di nati di cittadinanza non italiana.
Di conseguenza, Milano è anche una città con molti alunni stranieri nelle scuole, in termini assoluti la più alta presenza in Italia. Si parla di 77.743 persone, pari al 12% del totale nazionale. Sono distribuiti in modo piuttosto omogeneo nell’area metropolitana anche se, come per la composizione in generale, troviamo una situazione complessa con i suoi estremi opposti.
Da una parte c’è un 7,3% delle scuole che non ha nessun alunno proveniente da paesi extra UE, dall’altra un 6% di istituti con una presenza che supera il 40%. Nel mezzo, la maggioranza delle scuole (il 60,8% del totale) ne raccoglie meno del 15%. Vi sono poi 507 scuole (20,6%) con una percentuale di iscritti tra il 15% e il 30% e 130 scuole (5,3%) con una percentuale tra il 30% e il 40%.
Immigrati a Milano: dove vivono
Nell’area metropolitana di Milano possiamo trovare situazioni, e vissuti, molto lontani tra loro. La presenza di cittadini non comunitari è più marcata nei comuni più prossimi ai confini della città di Milano. In particolare, nei comuni di Baranzate e Pioltello la quota supera il 20% sul totale dei residenti. Seguono Milano (17%), Sesto S. Giovanni (15%), Cinisello Balsamo (13,6%) e Corsico (12,5%).
Anche all’interno del capoluogo, la composizione risulta diversa e in continua evoluzione di quartiere in quartiere. Gli stranieri vivono prevalentemente in periferia, mentre sono di meno nei quartieri più ricchi e in quelli della Milano “storica”. I quartieri con la percentuale di immigrati più elevata sono la zona intorno a piazzale Selinunte, la zona della Bovisa e quella intorno allo scalo Romana. La minor presenza invece si trova in Via Washington, Pagano, corso Magenta, Ticinese, porta Vigentina e infine De Angeli – Monte Rosa.
Tornando alla città metropolitana nel suo complesso, casi eccezionali a parte, la situazione è piuttosto equilibrata: soltanto 14 comuni superano un’incidenza del 10%, 69 comuni sono tra il 5 e il 10%, mentre nei restanti 53 comuni l’incidenza è al di sotto del 5%.
Immigrati a Milano: motivi e durata del soggiorno
Al 1 gennaio 2018 nella Città metropolitana di Milano si registra una quota di lungosoggiornanti – o soggiornanti di lungo periodo – del 59,6%. Si tratta di quei cittadini stranieri che, in possesso da almeno 5 anni di un permesso di soggiorno in corso di validità, e in grado di dimostrare la disponibilità di un reddito minimo stabilito per legge, hanno ottenuto un permesso di soggiorno a tempo indeterminato. I cittadini possessori di permessi di soggiorno soggetti a rinnovo sono invece il 40,4%.
Quanto ai cittadini non comunitari titolari di un permesso di soggiorno soggetto a rinnovo, al 1° gennaio 2018 sono sostanzialmente in numero costante rispetto al 2017 (+0,3%). A cambiare sono invece i motivi di rilascio, con un vero e proprio boom dei permessi per asilo e motivi umanitari, aumentati in misura persino più significativa di quanto avviene su scala nazionale (+44,1% a fronte di +23,5%). I permessi acquisiti per motivi di lavoro e per motivi di studio si sono invece ridotti rispettivamente del 6,5% e del 3,7%, mentre sono aumentati di poco i permessi per motivi familiari (+2,9%).
Al 1 gennaio 2018, tra i permessi soggetti a rinnovo prevalgono comunque i motivi di lavoro (43,5% a fronte del 33,6% nazionale). Seguono i permessi per motivi di famiglia (42,8%) e quelli a scadenza legati a motivi di studio (4,8%). Nonostante il vertiginoso incremento, i permessi di asilo e umanitari costituiscono il 7,5% nell’area di Milano, incidenza di molto inferiore a quella nazionale che si attesta al 17,1%.
L’aumento di permessi di tipo umanitario e le richieste di asilo sono un tratto distintivo della recente storia italiana. Nella sola area metropolitana di Milano, nel 2011 era legato alla richiesta di una forma di protezione internazionale l’1,4% dei permessi soggetti a rinnovo, crescendo fino al 2018 di 6 punti percentuali. Complessivamente, sono oltre 13 mila i cittadini non comunitari regolarmente soggiornanti a Milano per richiesta di una forma di protezione internazionale, pari al 5,5% dei titolari di tali tipologie di permesso di soggiorno presenti in Italia.
Tuttavia questi dati non tengono conto del recente decreto legge n. 113/2018, convertito con modifiche dalla legge n. 132/2018, che ha abolito il permesso di soggiorno per motivi umanitari, sostituendolo con alcuni permessi di soggiorno per casi speciali. A occuparsi di queste persone è il cosiddetto sistema di accoglienza italiano, di cui abbiamo parlato ampiamente qui.
I lavoratori stranieri a Milano
Nella Città metropolitana di Milano i lavoratori stranieri sono una presenza in crescita da diversi anni. A confermarlo troviamo il più alto tasso di occupazione della popolazione non comunitaria tra le città metropolitane (70,4% su una media nazionale del 59,1%) e un tasso di disoccupazione tra i più bassi sul territorio nazionale (8,1% a fronte di una media nazionale del 14,9%).
I cittadini non comunitari rappresentano il 14,2% degli occupati dell’area. Si tratta in maggioranza di uomini (58,6% contro il 41,4% di donne), sebbene l’occupazione femminile a Milano risulti superiore a quella rilevata su scala nazionale (inferiore al 40%). Secondo il Rapporto:
Tutti i principali indicatori del mercato del lavoro restituiscono il quadro di un’integrazione piuttosto positiva della popolazione straniera, in particolare di quella di cittadinanza non comunitaria nel mercato del lavoro milanese.
Il Rapporto fa inoltre notare come “il tasso di occupazione della popolazione non comunitaria risulta, nell’area milanese, sensibilmente superiore a quello della popolazione autoctona (70,4% a fronte di 62,8%)”. Diversamente, il tasso di disoccupazione dei lavoratori stranieri è superiore a quello degli autoctoni, l’8% contro il 6,1%.
Approfondendo questo quadro generalmente positivo, però, si scoprono alcuni elementi di criticità: gli stranieri non comunitari si trovano a ricoprire soprattutto mansioni non qualificate e scarsamente retribuite. Il 41,3% svolge un lavoro manuale non qualificato, e il 35% ha uno stipendio inferiore a 800 euro.
Tra il 2016 e il 2017 c’è stata un’impennata di nuovi contratti di lavoro. Ne sono stati attivati oltre 10 milioni, di cui l’80% a favore di cittadini italiani e il 12% circa a favore di non comunitari. Tale aumento di assunzioni, pur essendo un segnale di ripresa, è legata all’espansione dei contratti a termine. In altre parole, crescono le assunzioni, ma anche le cessazioni dei contratti, aumentate dell’11,5% tra il 2016 e il 2017. In ogni caso, a parte nel 2016, negli ultimi anni le attivazioni hanno sempre avuto un andamento positivo.
Per quanto riguarda i non comunitari, il 57,6% dei contratti attivati è a tempo determinato. Nonostante il dato sia alto, l’occupazione non comunitaria nell’area milanese è caratterizzata da un maggior livello di stabilità: la quota di contratti a tempo indeterminato è infatti sensibilmente superiore a quella registrata sul piano nazionale: 34% a fronte di 26,7%.
Ma, numeri a parte, che lavoro fanno gli immigrati a Milano? La stragrande maggioranza dei non comunitari (81,4%) è impiegato nel settore dei servizi. Parliamo soprattutto di lavori non qualificati nell’ambito dell’assistenza alle famiglie e alle persone, nella ristorazione e nei servizi di pulizia. In particolare, oltre un quinto delle assunzioni di cittadini extra UE è nell’ambito della ristorazione. Da evidenziare l’elevata incidenza delle assunzioni tra i non comunitari di operai addetti ai servizi di igiene e pulizia e di manovali e personale non qualificato dell’edilizia.
L’imprenditoria straniera a Milano
Milano segue Roma e Napoli per quanto riguarda il numero di imprese individuali a titolarità non comunitaria (ne conta ben 33.305) con un’incidenza record del 25,6%. Stiamo parlando di un quarto del totale degli imprenditori individuali dell’area milanese, e dell’8,9% degli imprenditori non comunitari presenti in Italia.
In linea con quanto rilevato complessivamente in Italia il commercio è il settore di attività prevalente (33,9%). Spicca, nel confronto con il quadro nazionale, la maggior quota di imprese non comunitarie che opera nei servizi alle imprese e nelle costruzioni, rispettivamente 9,8% e 25,5%.
Tra gli imprenditori vi è una netta prevalenza di egiziani, che sono titolari di circa il 25% delle imprese individuali a guida non comunitaria. Quote inferiori, ma sempre rilevanti, dei titolari di imprese individuali non comunitari dell’area in esame sono nati in Cina (17,4%) e in Marocco (9,8%).
Nel confronto con i dati dell’anno precedente, gli imprenditori dell’area milanese nati in paesi terzi che mostrano una maggiore vivacità sono i pakistani, il cui numero cresce del 5,7% a seguire egiziani e cinesi che crescono entrambi al tasso del 4,2%.
Che fine fanno i soldi guadagnati dai migranti?
È opinione diffusa che gli stranieri non contribuiscano alla ricchezza del paese, perché invece di spendere sul territorio il denaro guadagnato lo manderebbero in patria, alle famiglie di origine. È proprio vero?
Secondo il Rapporto, Milano è la seconda Città metropolitana – dopo Roma – per ammontare di denaro inviato all’estero (il 12,8% del totale nazionale). Stiamo parlando di 529 milioni di euro inviati nel 2017.
La tendenza a inviare denaro nel paese di origine, però, è in generale e costante calo. Questo dato potrebbe essere interpretato come un segnale della volontà di stabilirsi in Italia, che diverrebbe così anche luogo di investimento per il futuro. Nella stessa prospettiva possiamo leggere il sempre maggior numero di stranieri titolari di conti correnti e di mutui (investimenti in genere a lungo termine).
I paesi asiatici risultano le principali destinazioni delle rimesse inviate dalla Città metropolitana in esame, con un’incidenza sul totale vicina al 40%. Rilevante per la Città metropolitana in esame l’ammontare di rimesse verso i paesi del Sud America, 127 milioni di euro che rappresentano un quarto delle rimesse in uscita dall’area milanese. Con riferimento alle singole comunità, è diretto nelle Filippine oltre un sesto del denaro inviato; seguono Perù, che riceve circa 70 milioni di euro, e Sri Lanka con quasi 68 milioni.
Immigrati a Milano: un’integrazione possibile
La città metropolitana di Milano è un luogo in cui gli stranieri mettono radici. Nonostante la complessità e la varietà del fenomeno migratorio, nonostante i casi estremi e le questioni contingenti, i numeri raccontano un territorio in cui gli immigrati studiano, lavorano, investono per il futuro.
L’elevato numero di permessi di soggiorno non soggetti a rinnovo, la significativa presenza di minori e famiglie, il gran numero di alunni nelle scuole, l’alto tasso di occupazione e il numero di imprese a guida straniera sono indicatori che parlano chiaro.
Certo è d’aiuto la situazione economica, più favorevole rispetto ad altre città metropolitane: si va a Milano perché c’è il lavoro e la ricchezza. Non possono dimostrarlo i numeri, ma la speranza è che ci sia anche una disposizione culturale all’integrazione, maturata nel tempo e proprio grazie all’incontro e alla convivenza.
Ebrahim
voglio aiuta
Davide Fracasso
Ciao Ebrahim, possiamo aiutarti?