Troy Bayliss storia di un mito senza tempo4 min read

25 Febbraio 2015 Uncategorized -

Troy Bayliss storia di un mito senza tempo4 min read

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troy bayliss storia
@TroyBayliss

Se già non bastava l’attesa per il ritorno delle competizioni vere e proprie, dopo i classici sonnacchiosi mesi invernali, caratterizzati da interviste e test, la ripresa della Superbike ha attirato grande attenzione anche per la presenza, come accennato, di Troy Bayliss, di nuovo in sella alla Ducati in sostituzione di Davide Giugliano, infortunatosi nei test pre-gara della settimana scorsa. Ridurre la bella giornata di motociclismo vissuta in quel di Phillip Island alla presenza del campione australiano sarebbe ingeneroso verso diversi altri piloti, perché quello che si è visto in entrambe le manche è stato uno spettacolo di alto livello, offerto dai “vecchi” volponi Rea, Haslam e Davies, o da volti nuovi quali Torres e Van Der Mark. Ma, indubbiamente, anche la presenza di Bayliss ha giocato la sua parte in tutto questo.

Troy Bayliss storia: il campione atipico

Descrivere quello che rappresenta Bayliss per chi è appassionato di questo sport non è facile. Sicuramente parliamo di un vincente dal palmares molto importante, e si sa che chi appartiene a questa “risma” attira intorno a sé molti consensi favorevoli. Ma, a differenza di molti altri piloti che sono ricordati per gesta direttamente collegate alle vittorie, l’australiano si è fatto apprezzare paradossalmente quasi più per altri aspetti, in grado di esprimere la sua storia e la sua personalità, oltre che a quanto di grande ha saputo mettere in pista nel corso della sua esperienza nella categoria. Un esempio di ciò può essere la particolarità del suo arrivo alle gare, decisamente “tortuoso”, avvenuto a 23 anni dopo un periodo passato a fare il carrozziere, specializzato in particolare nella verniciatura a spray. Un qualcosa di inimmaginabile ai tempi attuali, dove sin da adolscenti i piloti hanno un approccio alle gare ed un contegno già da professionista consumato, a dispetto della giovanissima età. Oppure ancora la capacità di stupire, nonostante una scarsa esperienza alle spalle, con quel fantastico sorpasso multiplo in fondo al rettilineo di Monza nel 2000, su una pista sconosciuta fino a pochi giorni prima e con una moto con la quale aveva corso, in quel campionato, solo un round in Giappone, anche in quel caso da sostituto. Per non parlare poi di quanto accaduto a Donington nel 2007 dove, a seguito di una caduta patita nella prima manche, costatagli una profonda ferita ad una falange del mignolo della mano destra, decise di farsela amputare, in modo tale da poter essere in pista già per la seconda gara della giornata e non perdere troppi punti in campionato, che lo vedeva in lizza nuovamente per il titolo.

A tutti questi episodi si aggiunga il suo modo di relazionarsi: corretto e signorile con i suoi “colleghi”, molto amichevole e aperto con chiunque lo avvicini, senza mai lasciar intravedere un atteggiamento da “superstar” fredda e distaccata con gli appassionati. E su questo aspetto, semmai ce ne fosse bisogno, il sottoscritto è pronto a mettere la classica mano sul fuoco dato che, nel maggio del 2012, ho avuto la possibilità di incontrarlo e scambiare qualche parola, in un negozio di articoli motociclistici poco lontano rispetto a dove vivo. Un aspetto che mi ha sempre colpito è il fatto che Bayliss riesca a mettere d’accordo (in positivo) praticamente chiunque, a dispetto delle preferenze che ognuno di noi può avere per un certo pilota o una certa casa. E questo credo che sia il riconoscimento più importante per uno sportivo, il segno chiaro ed univoco di essere stato in grado di lasciare qualcosa in chi segue le gare, tanto da meritarsi una sostanziale unanimità nel rispetto e nell’ammirazione suscitata.

Ultimo, ma non meno importante, con il fine settimana australiano Bayliss ha dimostrato, nonostante i quasi 46 anni, di essere ancora un pilota vero, in grado di fare una figura assolutamente dignitosa. Difficile dire adesso se l’esperienza vissuta a Phillip Island avrà un seguito o meno, però non nego che sarebbe molto interessante poter valutare nuovamente il potenziale del pilota australiano, dandogli tempo e modo di prendere maggiore confidenza con il mezzo a disposizione, nonché di poter impostare una preparazione fisica più adeguata per l’impegno da affrontare. Ma anche se ciò non dovesse accadere, con quanto messo in pista domenica Bayliss è stato in grado di dimostrare ancora una volta il suo spirito da vincente, il suo coraggio da leone che gli ha fatto scegliere di confrontarsi con piloti molto più giovani di lui, alcuni dei quali, addirittura, potrebbero essere suoi figli, tanta è la differenza di età che passa. E per questo, più che per parlare di cosa dovrebbe o non dovrebbe decidere Ducati a riguardo, c’è spazio per una sola cosa: un sincero ringraziamento per un campione, che è stato in grado di farci sognare ancora.

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Studente di giurisprudenza come "occupazione" ufficiale e appassionato di sport in generale, più come spettatore che come atleta, ahimè. Seguo con particolare interesse gli sport motoristici e da qualche anno a questa parte il motomondiale (ma pure la superbike), pur essendomi avvicinato ad essi con le 4 ruote e la F1.
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