Top 10 eventi sociali 201411 min read
Reading Time: 9 minutes2. La svolta democratica in Tunisia
La primavera araba ha trovato il suo compimento là dove era cominciata, in Tunisia. Al punto che il paese nord africano è stato nominato “paese dell’anno” dall’Economist.
Il paese è andato al voto per le elezioni legislative il 26 ottobre e la vittoria è andata, fatto storico, a un partito laico, Nidaa Tounes, che in realtà è un’alleanza tra piccoli partiti e movimenti laici, alcuni legati al vecchio regime di Ben Ali, altri progressisti.
In una regione nota per gli abusi di potere di chi governa e per il protrarsi infinito di dittature e regimi vari, è da segnalare anche la decisione del governo precedente guidato dal partito islamico Ennahda, che aveva vinto le elezioni nel 2011, ma che si è dimesso per non aver raggiunto alcuni risultati che aveva promesso alle elezioni. Insomma, la parabola di Ennahda è la testimonianza che partiti islamici democratici possono esistere e funzionare.
Il 21 dicembre si è tenuto invece il ballottaggio delle elezioni presidenziali, che ha dato la vittoria a Béji Caid Essebsi, 88enne (!) leader di Nidaa Tounes. Ora c’è da sperare che le fragili e neonate istituzioni democratiche reggano e si consolidino.
La carriera democratica della Tunisia è ancora più luminosa se consideriamo il grigiume che la circonda, da una Libia profondamente instabile a un Egitto che nel 2014, al contrario, è tornato al punto zero della cosiddetta primavera araba.
Proprio a Il Cairo, in piazza Tahrir, la rivoluzione araba aveva toccato uno dei suoi momenti più gloriosi. Ma l’Egitto ha poi seguito un’involuzione storica terrificante che ha riavvolto il nastro del tempo e, passando per una breve transizione governativa dei Fratelli Musulmani detronizzati da un colpo di stato misto popolare/militare (ma molto più militare che popolare), ha visto tornare al potere un governo militare forte che ha fatto della repressione brutale il proprio cavallo di battaglia.
Così, la decisione di assolvere Mubarak dall’accusa di aver ucciso 239 manifestanti proprio in piazza Tahrir, presa da un tribunale egiziano il 29 novembre è una sentenza simbolo, di corsi e ricorsi storici che nel caso egiziano sono andati davvero in fretta. Basti pensare che dall’instaurazione del governo militare di Al-Sisi nel luglio 2013 i manifestanti morti sono ben 1.400.