Storie di sport: Bellini, il gregario famoso nel Brasile del ’582 min read
Reading Time: 2 minutesDue giorni fa è morto Hilderaldo Luiz Bellini. Nel Brasile del ’58, prima selezione verdeoro a conquistare il Mondiale, il suo nome si perdeva in mezzo ai fenomeni come il classico gregario tra i favoriti di una gara ciclistica. Facile quando nella formazione di cui fai parte sono presenti Gilmar, il miglior portiere della storia del Brasile, i terzini Nilton e Djalma Santos, e una delle uniche due persone (insieme a Franz Beckenbauer) ad aver conquistato la Coppa del Mondo da giocatore e allenatore: Mario Zagallo. Fin qui restiamo nell’ambito degli “umani”, fin troppo facile sarebbe citare Didì, Vavà, Pelé e Garrincha, ma c’erano anche loro e facevano la differenza.
Secondo la leggenda fu Bellini, uno stopper, a “suggerire” al ct Vicente Feola di schierare Zito e i giovanissimi Pelé e Garrincha al posto di Sani, Altafini e Joel, i primi due mostri sacri che la Serie A e il Milan hanno ben conosciuto. Il tutto dopo uno 0-0 con l’Inghilterra nel girone eliminatorio che scatenò feroci critiche contro la Seleçao. Dalla gara successiva non ce ne sarà per nessuno e i brasiliani vinceranno in carrozza un Mondiale stradominato.
E’ un trionfo lontano dalla patria, nella fredda Svezia. Otto anni prima il Brasile aveva perso, in casa, la rassegna organizzata e condotta fino alla tristemente famosa finale contro l’Uruguay. Una vittoria scritta, con tanto di discorso già preparato in portoghese da Jules Rimet, inventore dell’omonima Coppa e allora presidente della Fifa. Un’apoteosi in differita, che proietterà l’immagine di Bellini nel mondo. E’ lui il capitano che alza il trofeo. In mezzo a campioni che faranno la storia del calcio molto più di quanto non riuscirà a fare lui. Il gregario che portava acqua si è preso la scena. Come un suggeritore che esce dall’ombra e ruba la scena all’attore protagonista.
Non ci sarà più un Brasile così. Ne arriveranno altri quattro che vinceranno il Mondiale, altre formazioni non vincenti verranno ricordate per l’immensa qualità tecnica pur fermandosi prima del trionfo. Nessuno lascerà ai posteri l’alone “leggendario” di quella formazione, capace di sconfiggere in finale i padroni di casa guidati da Liedholm, Green, Hamrin.
Nella stessa competizione, Just Fontaine segnerà tredici gol in sei partite, uno proprio al Brasile in semifinale. Nessun altro ci riuscirà più.
A strappare Bellini alla vita è stato l’Alzheimer che la famiglia continuerà a combattere, un cancro della memoria umana che i libri di storia e le immagini in bianco e nero combattono quotidianamente e che tuttora ci permettono di celebrare il più grande Brasile mai visto in azione. Una statua davanti al Maracanà di Rio de Janeiro (nella foto) ne ricorda il gesto più celebre della carriera.