Sospensione Schengen: fine del sogno europeo?5 min read

29 Gennaio 2016 Europa -

Sospensione Schengen: fine del sogno europeo?5 min read

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Sospensione Schengen: fine del sogno europeo?
@russiantour

A causa della difficoltà nel controllare l’ondata di migranti e il pericolo terrorismo, molti Stati europei sono tornati a controllare le frontiere, sospendendo di fatto il Trattato di Schengen sulla libera circolazione all’interno dei Paesi aderenti. Misura provvisoria o definitiva? Le conseguenze di un definitivo abbandono di Schengen non sarebbero disastrose solo a livello politico, anche i normali cittadini subirebbero forti limitazioni rispetto alle libertà che posseggono oggi. Cerchiamo insieme di capire come si è arrivati a questa situazione e quanto effettivamente il rischio sia concreto.

Il trattato di Schengen: la storia

La “Convenzione di Schengen” fa riferimento ad un trattato firmato nel 1985 nella piccola città di Schengen nel Lussemburgo. L’oggetto del trattato riguarda la libera circolazione delle persone all’interno dei territori dei Paesi firmatari. I primi aderenti furono Belgio, Francia, Germania, Olanda, Lussemburgo e Monaco (unico Stato firmatario a non fare ancora parte dell’allora CEE). Nel 1990 aderì anche l’Italia e nel 1992 si aggiunsero anche Spagna, Portogallo e Grecia. Dopo Monaco, nel 1996 altri Stati esterni all’UE entrano nell’area di libera circolazione: Islanda e Norvegia aderirono assieme ai Paesi comunitari Danimarca, Finlandia e Svezia.

Nel 2004 tocca a Malta, Svizzera e ai Paesi dell’est: Slovenia, Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria. Nel 2008 entra anche al piccolo Liechtenstein. Ci sono poi Paesi che hanno adottato formalmente il trattato ma per i quali ancora esso non è in vigore: Cipro (adottato nel 2004), Bulgaria e Romania (adottato nel 2007) e Croazia (adottato nel 2013). Dagli accordi di Schengen sono esclusi alcuni territori nazionali localizzati in diverse aree geografiche del mondo: un esempio su tutti sono gli ex-possedimenti coloniali francesi o i territori danesi della Groenlandia e le isole Fær Øer.

La formazione di una vastissima area internazionale di libera circolazione ha permesso la nascita di nuove opportunità imprenditoriali ed iniziative istituzionali legate allo spostamento di persone che oggi diamo ormai per scontate: viaggi aerei low cost, treni con itinerari internazionali, bus turistici internazionali a basso costo, la creazione di programmi di scambio scolastici ed universitari, la mobilità lavorativa e la possibilità per i professionisti di esercitare la professione (con i dovuti adeguamenti) anche al di fuori del Paese di origine.

Sospensione Schengen

La mancanza di frontiere interne rappresenta un incognita nella gestione del flusso dei migranti: le persone disperate che arrivano sulle coste italiane o greche molto spesso non hanno alcuna intenzione di stanziarsi nel Paese di arrivo. Molti preferiscono dirigersi a nord, nella speranza di trovare maggiori possibilità economiche e un sistema di assistenza più efficiente. La mancanza di controlli frontalieri permette a chiunque di passare i confini degli Stati di “passaggio” ed eventualmente trovare una sistemazione comunque ritenuta provvisoria. Viste le difficoltà dei controlli e le consecutive inadempienze dei Paesi di arrivo, è difficile identificare e fermare preventivamente eventuali soggetti pericolosi.

Molti governi hanno quindi deciso di adottare politiche protezioniste per evitare di far entrare nel proprio Paese tali sospetti considerati pericolosi che si nascondono fra le masse di disperati che scappano da guerre e fame: la Macedonia e l’Ungheria (entrambe fuori dall’area di Schengen) hanno chiuso le proprie frontiere, mentre Francia, Germania, Austria, Svezia, Danimarca e Croazia hanno sospeso il trattato di libera circolazione. Questa situazione ha messo in seria difficoltà i Paesi di primo approdo, Italia compresa. La situazione rischia di degenerare ulteriormente dopo l’ultimatum dato dalla Commissione europea alla Grecia: Atene non avrebbe garantito adeguati sistemi di controllo nell’accoglienza dei migranti in arrivo dai Paesi Arabi mettendo in pericolo la sicurezza dell’intera area di Schengen.

Per questo motivo, la Grecia ha tempo tre mesi per effettuare gli adeguati controlli frontalieri altrimenti gli altri Stati confinanti saranno legittimati a chiudere le proprie frontiere ed impedire la circolazione dei migranti nel continente. Questa misura d’emergenza è contemplata nello stesso codice di Schengen nell’articolo 26: per far fronte a carenze sui controlli ai confini che possano mettere in pericolo il funzionamento dei meccanismi di libera circolazione, il Consiglio europeo su proposta della Commissione può adottare una raccomandazione che permette la reintroduzione dei controlli delle frontiere interne per un periodo non superiore a due anni.

Le cause della crisi e le conseguenze

Uno dei maggiori fattori che ha portato alla crisi attuale è stata l’incapacità delle istituzioni europee e degli Stati membri di trovare un accordo definitivo efficace per l’accoglienza dei migranti: le quote di accoglienza concordate o non sono state rispettate o si sono rivelate inadeguate rispetto all’afflusso proveniente dal Mediterraneo. A farne le spese è stata soprattutto l’area balcanica, con la Grecia incapace di adempiere ai doveri di prima accoglienza e con gli Stati dell’est reticenti a far entrare nel proprio territorio i migranti ammassati ai loro confini.

Per risolvere la situazione, i governi degli Stati membri hanno accettato la creazione di un tavolo per coordinare le strategie future ma a giocare un ruolo fondamentale sarà la proposta del Presidente della Commissione Junker che dovrebbe essere presentata nel mese di febbraio: l’intento è quello di superare gli accordi di Dublino, liberando il Paese di prima accoglienza dall’onere esclusivo di registrazione e presa in carico della richiesta di asilo. La proposta prevede di lasciare al Paese di primo approdo l’obbligo di registrazione, ma procedere immediatamente allo smistamento dei migranti nei vari Stati Europei basandosi su quote rigide ricavate da determinati fattori quali PIL, popolazione ecc. Una volta smistato, il migrante potrà fare richiesta di asilo nel Paese di destinazione, che valuterà se accoglierlo o procedere al rimpatrio.

A fiancheggiare la proposta di Junker ci sono in prima linea il premier italiano Matteo Renzi e la cancelliera tedesca Angela Merkel. I due sono pronti a fare fronte comune per convincere i governi dei Paesi dell’Est ad adottare il piano di accoglienza per scongiurare un potenziale disastro umanitario: se le frontiere interne che si affacciano sulla Grecia dovessero venire tutte chiuse, il Paese ellenico si troverebbe a dover creare un impianto organizzativo per la gestione del flusso dei migranti non sostenibile a livello economico e logistico da un unico Stato.

Malgrado la situazione sia critica, le istituzioni europee proveranno a salvaguardare i traguardi raggiunti col trattato di Schengen. La decisione finale dovrebbe essere presa a maggioranza qualificata al Consiglio Europeo il prossimo 18 e 19 febbraio. È probabile che le resistenze dei governi populisti e di destra, soprattutto dell’est Europa, cadranno difronte ad una presa di posizione comunitaria ed al disastroso scenario che porterebbe la completa chiusura frontaliera verso la Grecia. Senza la garanzia della libera circolazione nel territorio comunitario, molte delle libertà e delle possibilità che oggi diamo per scontate sarebbero irrealizzabili. Ricordiamo che senza Schengen siamo tutti extra-comunitari, anche nella nostra stessa Europa.

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Fiorentino di nascita, Web Marketing Specialist per diletto e Nerd di professione. Si nutre di cultura pop e vive la sua vita perennemente in direzione ostinata e contraria. Per Le Nius supporta l'area editoriale, in ambito politica, e l'area social. matteo@lenius.it
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