Di Roma-Juve, maratone e lotte di classe5 min read

3 Marzo 2015 Uncategorized -

Di Roma-Juve, maratone e lotte di classe5 min read

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Di Roma-Juve, maratone e lotte di classe
@runlovers

Mi tolgo subito il peso: dovevamo vincere. Non lo abbiamo fatto. Male. Malissimo. Abbiamo giocato 25 minuti, gli ultimi 25 tra l’altro. È sempre più difficile, l’atto di fede che professo ogni maledetta domenica da 33 maledetti anni mi impone di crederci fino alla fine e questo farò. Immotivatamente e orgogliosamente. Sempre.

Detto questo voglio raccontarvi una storia.
Domenica. 5.45 del mattino. Sveglia.
Di domenica mattina, a quest’ora, ti svegli solo se devi prendere un aereo o se ti stai giocando lo scudetto all’ultima giornata e vuoi arrivare immotivatamente allo stadio alle 8.
Quale delle due? Nessuna. Come nessuna? Oggi c’è la mezza maratona non ricordi? Ma chi me l’ha fatto fa’?

Colazione. Il mio cervello dopo il dialogo di cui sopra è andato in stand by e ha iniziato a canticchiare Please please please let me get what I want degli Smiths. Vi giuro che la canzone non mi abbandonerà fino a domenica sera, quando passeggerò soddisfatto per il mio quartiere con le gambe indolenzite, pensando al giorno seguente cioè ieri (lunedì) e a Roma Juve, a quello che accadrà. Ma questo io, alle 5.45 del mattino con 21 km da correre ancora non lo so.
Ultimo check alla borsa. Ultimo controllo all’abbigliamento. È una giornata spettacolare. Fa freddo. Tanto. Ma chi me l’ha fatto fa’?

Metro A. Siamo solo corridori della Roma-Ostia. Alcuni parlano. Chi del clima, chi delle scarpe nuove, qualcuno dice che vuole migliorare il tempo di Londra. Londra?! Io mi sono allenato correndo per il Quadraro o lungo il perimetro dell’Isola Sacra e qui c’è gente che parla di migliorare il tempo di Londra. Cerco consolazione in Lorenzo il mio compagno d’avventura che mi risponde via sms: “Digli che io a Londra so’ stato sveglio tre giorni di fila. Lui ci riuscirebbe? Roma-Lido in ritardo, ma arrivo”.

Sono le 8. Vorrei stare immotivatamente davanti ai cancelli dello stadio per giocarmi uno scudetto all’ultima giornata. Ma sto andando a correre la mia terza mezza maratona. Ma chi me l’ha fatto fa’? Arriva Lorenzo. Neanche mi saluta, dice: Coso, sono tre giorni che penso a chi me l’ha fatto fa’ e lo sai che mi rispondo ogni volta? Te! è colpa tua se adesso stiamo qui. Ancora n’altra volta. Lui, almeno, ha un capro espiatorio.

Cerchiamo il camion dove lasciare le borse. Ci spogliamo. Sarà l’adrenalina, sarà la gente, sarà che tanto ormai stai lì e non puoi tirarti indietro che allora smette pure di fare freddo. Da questo momento in poi potrei raccontarvi un sacco di cose: dell’orripilante poncho giallo indossato per fare il riscaldamento. Tanto brutto quanto fondamentale. Della fila al bar per comprare l’acqua accanto a dei corridori che a 40 minuti dalla partenza mangiano cornetto e cappuccino, del conto alla rovescia, della partenza, del giro dentro l’Eur prima di imboccare la Colombo poi sempre dritta fino al mare oppure di Francesca, che non vedevo dalla festa del diploma e l’ho incontrata proprio mentre correvamo entrambi la maratona.

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Roma-Juve: ma n’era meglio esse juventini?

Potrei dirvi tutte queste cose scendendo anche nei dettagli, ma sono già nel bel mezzo della salita -simpaticamente denominata dagli organizzatori spacca cuore- quando Lorenzo mi dice:

– Certo, in previsione de domani… ma n’era meglio esse juventini. Te svegli la mattina e sai che in un modo o nell’altro il mondo te sorride. E se non te sorride un anno te sorride per forza quello dopo. Noi se eravamo juventini manco ce stavamo oggi qui a corre, te lo dico io. Stavamo a magna’ da qualche parte. In Umbria, tipo. Todi, te piace Todi?

– Allora Lore’ tu non hai capito proprio un cazzo! Io sono figlio di un operaio e di una cassiera del supermercato. Non m’hanno mai fatto manca’ niente, che pure sticazzi lo so… ma io il poco che c’ho me lo so’ conquistato da solo e c’ho sempre avuto un senso di repulsione verso chi aveva tutto già pronto.
– Sì ma corri, non parla’!

– Aspetta, il problema nostro sai qual è stato? Che semo cresciuti in una periferia demmerda circondati da gente demmerda che s’è ritrovata ricca e s’è fatta la villa all’Axa e pensa de pote’ governà il mondo. Ecco pe’ me gli juventini so’ questi: cafoni arricchiti de Casal Palocco co’ la cabina in qualche stabilimento chic a Ostia ma che non hanno mai messo il naso fuori da Roma.
– Ma non era l’Axa, la villa dico?

– è uguale, non rompe il cazzo e corri. È una fottuta lotta de classe e io non baratto 3 scudetti miei per svegliarmi la mattina sicuro che tanto vinco prima o poi. In un modo o nell’altro. Te se mo’ passasse un motorino ce saliresti? Lo prenderesti e manderesti a puttane mesi de allenamenti?
– Si vabbè ma pensa a corre che sennò schiattamo.

E poi da lontano eccolo. L’ultimo chilometro. Se qualcosa deve accadere, accadrà adesso. E allora dio dello sport, dio dei maratoneti, dio dei finali mai scontati, dio degli scudetti persi all’ultima giornata, dio delle coppe in faccia e dio delle levatacce, per favore, ti supplico, per una volta rendi tutto banale, per favore, te lo dico pure in inglese perché magari in questo momento vi siete dati il cambio e ci sei tu ad ascoltarmi, dio del rock: Please let me get what I want. This time.

Il traguardo. Gli applausi, il mare, il mare di Roma, il mio mare. Sono commosso. Sono stanco. Sono contento. Ho deciso di iniziare a correre 1° settembre 2013. Il giorno in cui ho corso per la prima volta 10km ed eccomi qui 18 mesi esatti e tre mezze maratone dopo. Lorenzo mi abbraccia, non si lamenta più. Lo pensi spesso questo momento. Ma viverlo è un’altra storia.
Ancora gli Smiths in testa. Prima o poi ce lo prenderermo quello che vogliamo, e vaffanculo palocchini della juventus. Spero di non restere l’unico a pensarlo. Good times for a change.

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Anche noto come Coso. Classe 1981, attualmente in vita. Nasce brutto e povero e non potendosi permettere di cambiare vita chirurgicamente è costretto a vendere il suo corpo al giornalismo, ma nessuno se lo compra. Casca, si rialza, non se rompe. È tipo il pongo. Scrive cose, fa lavatrici.
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