Prostituzione 4/5: le regole in Europa3 min read

11 Marzo 2014 Società -

Prostituzione 4/5: le regole in Europa3 min read

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prostituzione in europaLa prostituzione non solo non è diffusa in tutto il mondo (si veda parte 2), ma neppure nella stessa Europa riceve uguale trattamento, a dimostrazione che il fenomeno è complesso e facilmente assoggettabile a ideologie e moralismi.

La prostituzione in Europa viene infatti regolamentata secondo tre modelli:

Prostituzione in Europa: il modello legalizzante

La prostituzione è considerata legale, come nel sistema italiano prima della legge Merlin. Lo Stato regola con più o meno precisione il fenomeno, individuando luoghi dedicati all’attività, sottoponendo le professioniste a tassazione e a controllo sanitario.

Pensiamo ad esempio ai quartieri red light di Amsterdam, o alla Germania, dove da una decina di anni la prostituta può operare come autonoma o come dipendente, con regolare contratto, purché sia maggiorenne. Le vicinissime Austria e Svizzera accolgono numerosi pendolari del sesso italiani in cerca di “un’esperienza legale, tranquilla e pulita”, come racconta un cliente insoddisfatto della prostituzione in patria, sempre sospesa tra (inutile) riprovazione morale e (inquietanti) contatti con la malavita. Anche nella (ex)ipercattolica Spagna dal 1995 la prostituzione è legale, sono i bordelli (i puticlub) a pagare le tasse. Pure l’inquieta Turchia è legalista.

Prostituzione in Europa: il modello abolizionista

In questo caso la prostituzione non è né regolata dalla legge, né punita penalmente, quindi è lecita a certe condizioni. È lo schema vigente, tra gli altri, in Italia, Belgio, Francia, Regno Unito, Portogallo, Polonia. Lo Stato fa un passo indietro, decide di non incidere sull’attività in sé ma la sfavorisce indirettamente sanzionando penalmente le condotte di sfruttamento, favoreggiamento, reclutamento, gestione di case chiuse ecc.

In Inghilterra la prostituzione non può svolgersi in luogo aperto al pubblico, per cui contrattare per strada è reato, anche se poi le autorità sono tolleranti con chi si prostituisce in periferia o in certi club. Infine ha poco più di un mese la proposta di legge francese di punire con pesanti multe i clienti e, con il piglio paternalistico e giacobino tipico dei transalpini, indirizzarli in “stage rieducativi” volti a illustrare i danni dell’industria del sesso.

Prostituzione in Europa: il modello proibizionista

La prostituzione è vietata e chi la esercita è punito in vari modi, dalla multa alla galera. È così in buona parte dell’Est Europa e della penisola balcanica, e in alcuni casi è prevista anche una sanzione per il cliente. Questa modalità di regolamentazione è una delle cause del proliferare di prostitute provenienti dall’Est Europa nelle nostre strade, e dello squallido turismo sessuale in posti come la romena Timisoara dove molti occidentali (tra cui non pochi italiani) sono alla ricerca di un’esperienza “illegale e sporca”, per parafrasare l’espressione di un altro cliente. I Paesi proibizionisti infatti non possono e non vogliono reprimere seriamente il fenomeno anche per l’elevato indotto economico che apporta loro.

Prostituzione in Europa: la via svedese

Se il modello legalizzante prende una posizione decisa, cercando sempre di tutelare il cliente, quello abolizionista lascia il fenomeno in una cornice di opacità legislativa ben descritta dal gesto di spazzare la polvere sotto il tappeto. Il modello proibizionista infine, moralmente fondato in apparenza, non può certo modificare la realtà con un semplice tratto di penna. Insomma, in ogni caso non se ne esce: il problema resta.

Una strada interessante tuttavia c’è, ed è quella perseguita dalla Svezia. Qui, dal 2000, viene applicato il modello proibizionista, ma con la significativa variante che ad essere puniti sono i clienti, in quanto autori di un reato, mentre le prostitute ne sono le vittime. “La prostituzione è una forma di violenza dell’uomo verso la donna”, recita l’articolo 1 della legge svedese, che in effetti pare l’unica in Europa ad avvicinarsi al nocciolo del fenomeno, quella prevaricazione di genere che ne legittima una gestione maschilista, malamente sospesa tra colpevolezza e istintualità.

Immagine | Thomas Leuthard

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Aspirante antropologo, vive da sempre in habitat lagunar-fluviale veneto, per la precisione svolazza tra Laguna di Venezia, Sile e Piave. Decisamente glocal, ama lo stivale tutto (calzini fetidi inclusi), e prova a starci dietro, spesso in bici. Così dopo frivole escursioni nella giurisprudenza e nel non profit, ha deciso che è giunta seriamente l'ora di mettere la testa a posto e scrivere su tutto quello che gli piace.
2 Commenti
  1. Fabio Colombo

    Non mi convince affatto l'ipotesi che associa alla presenza di un modello proibizionista la presenza di donne dell'est Europa che si prostituiscono nei paesi dell'ovest Europa. Piuttosto credo siano semplicemente fattori socio-economici.

  2. pier

    ''Questa modalità di regolamentazione è una delle cause del proliferare di prostitute provenienti dall’Est Europa nelle nostre strade''. difatti una delle cause, non al sola. il modello proibizionista è quello più favorevole per lo sfruttamento della prostituzione: proibendo un fenomeno che comunque c'è, lo costringe a percorrere ogni tipo di strada (letteralmente!), compresa quella di espatriare. Poi è chairo che intervengono altri ''fattori socio-economici'': la disoccupazione, la poca diffusione dei diritti civili, tutta la maldigerita transizione dal socialismo reale ai sistemi odierni ecc.

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