Pride l’orgoglio delle minoranze3 min read

19 Dicembre 2014 Cultura -

Pride l’orgoglio delle minoranze3 min read

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Pride l’orgoglio delle minoranze – Giugno 1984: Mark Ashton e Mike Jackson, due giovani attivisti omosessuali, durante il Gay Pride di Londra cominciano a raccogliere fondi per supportare economicamente lo sciopero di quei minatori per i quali il governo Thatcher ha previsto la chiusura delle miniere di carbone. Nasce così il comitato LGSM (Lesbians and Gays Support the Miners): al suo interno, oltre ai due, i compagni Jonathan e Gethin, il femminile Jeff, il “discretamente gay” Joe e la punk Steph (la L del comitato). Il gruppo raccoglie numerosi fondi e, dopo aver contattato un’associazione di minatori del Galles, decide di incontrarli per manifestare personalmente il loro sostegno. Dovranno però scontrarsi con i pregiudizi della comunità.

Basato su una storia vera (già raccontata dal documentario amatoriale All Out! Dancing in Dulais), Pride ripercorre il rapporto che si instaura fra due diverse realtà, tanto lontane quanto accomunate dalla stessa aspirazione: far valere i propri diritti e rivendicare quella dignità che è loro negata. Questo incoraggia i giovani gay a solidarizzare con i minatori, proprio perché questi stanno sperimentando quanto loro stessi hanno subito, ossia la mancata considerazione della società.

Nonostante l’iniziale difficoltà di farsi accettare da coloro che vedono il diverso come un pericolo da scacciare piuttosto che da affrontare, prevale infine l’ostinazione di ritenersi uguali, di voler costruire qualcosa insieme e di voler soccorrere il prossimo. Mark e il suo gruppo sono così spronati a continuare ad operarsi per la causa dei minatori e ad entrare in contatto con loro. Per creare un progetto comune, dove nessuno sia lasciato solo e dove, pur nella sconfitta (i minatori saranno infatti costretti a riprendere il lavoro), trionfino la solidarietà e l’accettazione di quel “diverso” che mai tale è stato.

Sullo sfondo della diffusione dell’AIDS e dell’accettazione in famiglia, si afferma dunque il valore dell’amicizia che spingerà successivamente i minatori ad aprire il corteo del Gay Pride del 1985 e a contribuire in maniera decisiva per l’inserimento, all’interno del programma del partito laburista, della difesa dei diritti degli omosessuali. Ma soprattutto, emerge l’orgoglio delle minoranze e l’idea che dalla diversità deve trarsi il sostegno reciproco.

Premiato con la Queer Palm al Festival di Cannes, Pride è un gioiellino: capace di non scadere mai nella farsa e nel grossolano, ben amalgama divertimento e satira con un sano tocco di british humour. Uno humour che strappa sempre un sorriso allo spettatore e annovera nel suo complesso battute intelligenti e originali.

Ma il film è anzitutto in grado di tenere perfettamente in equilibrio commedia e dramma, giovani promesse (George MacKay, Ben Schnetzer e Jessica Gunning) e vecchie glorie (Bill Nighy, Imelda Staunton e Dominic West), influssi loachiani e wildiani. Tutto merito del brillante sceneggiatore Stephen Beresford e del dinamico ed elettrico regista Matthew Warchus, entrambi provenienti dal teatro.

Un’opera veramente preziosa che ribadisce l’importanza della fratellanza garantendo contemporaneamente il piacere di scene di memorabile comicità, come il ballo di Jonathan sulle note di Shame Shame Shame di Shirley & Company.

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Romano di nascita, si è sempre sentito umbro di spirito. Si diploma al liceo classico e attualmente studia Giurisprudenza. La profonda passione per il cinema ha inizio alla tenera età di sei anni; ha una particolare predilezione per le produzioni indipendenti e il cinema asiatico e medio-orientale. In qualità di critico cinematografico, si annovera fra i seguaci di Truffaut. Alla settima arte si affiancano gli interessi per il teatro (rigorosamente sperimentale) e la fotografia. Ama la Pop Art e l’arte contemporanea; è inoltre un cultore di poesia neo-ellenica e, in particolare, di Constantinos Kavafis. Al momento, scrive per la Newsletter mensile del Coordinamento Pena di Morte di Amnesty International Italia. Insomma, ricco di contraddizioni.
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