I paradossi e i “mali” del basket italiano10 min read

12 Marzo 2015 Uncategorized -

I paradossi e i “mali” del basket italiano10 min read

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mali del basket italiano
Così si presentava il PalaDesio pochi minuti prima dell’inizio di Venezia-Brindisi, quarto di finale delle Final Eight 2015 | @brundisium

Ultimamente tra Coppa Italia di Serie A, Coppa Italia di LNP (Lega Nazionale Pallacanestro) e altre manifestazioni cestistiche importanti in Italia, il numero 1 della Federazione, Gianni Petrucci, ha parlato dello stato del basket nostrano, mostrando come al solito una gran convinzione nei mezzi del nostro sport e individuando quello che a suo dire sono “i mali” dello stesso. Più in generale, nel corso dell’ultimo periodo, dalla querelle-Hackett, passando per la Nazionale, alle varie situazioni economiche delle squadre del nostro paese, il presidente della Federazione ha sempre dato la sua visione (ottimistica), scatenando reazioni opposte e aprendo più di un dibattito, ma soprattutto diventando virale con la creazione degli hashtag che accompagnavano gli stessi.

Ripercorriamone qualcuno.

I paradossi e i mali del basket italiano: #TroppiStranieri

Questa è ormai la personalissima campagna elettorale che porta avanti Petrucci da anni. Sì, campagna elettorale, perché poi che lui possa credere o meno che il basket italiano possa fare passi avanti in caso di diminuzione degli stranieri è assolutamente secondario. Con il suo mantra, il presidente della lega porta acqua al suo mulino ricevendo consensi sia da un eccesso di populismo che vuole che gli italiani abbiano molto più spazio anche nelle serie maggiori, sia (da non trascurare questo fatto) dalla Giba, l’associazione dei giocatori, che deve necessariamente tutelare gli interessi dei cestisti italiani.

Cestisti italiani che ovviamente avrebbero dei vantaggi in caso di diminuzione degli extracomunitari, sia in termini di spazio, sia soprattutto in termini economici. I giocatori di passaporto italiano già da ora sono merce pregiata e pagata a caro prezzo, soprattutto rispetto a giocatori che ad esempio arrivano direttamente dall’NCAA, la lega di basket collegiale americano. Il tutto a vantaggio ovviamente dei procuratori che potrebbero fare la voce grossa in sede di trattativa contrattuale e con buona pace della meritocrazia.

Non so voi, ma a me vedere in campo in Serie A giocatori italiani che farebbero fatica in DNB (la quarta serie del basket italiano) non pare un’idea così buona per migliorare il movimento. E questo senza considerare che in Eurolega il regolamento non prevede limiti di nazionalità per le squadre e un eventuale limite nel campionato italiano andrebbe a penalizzare chi ha velleità di competere a livello europeo. Anche senza avere i budget delle big spagnole, che hanno sì il limite di 2 extracomunitari, ma che possono accaparrarsi il meglio che l’Europa possa offrire.

I paradossi e i mali del basket italiano: #IlBasketèInSalute

Virtus Bologna, Fortitudo Bologna, Treviso, Pesaro, Napoli, Torino, Rimini, sono solo alcune delle tante piazze che hanno dovuto abbandonare le serie importanti e ricominciare dal basso con altri progetti e altre società. Solo in questa stagione in Serie A2 Gold due squadre, Forlì e Veroli, hanno abbandonato il campionato per mancanza di fondi; Barcellona e Napoli hanno rischiato la stessa sorte e tutt’oggi vanno avanti navigando a vista.

Il paradosso Napoli, con ben 4 fallimenti in 5 anni (e diventerebbero 5 in 7 se saltasse anche questa stagione) è lo specchio di quella che è una gestione delle società quantomeno discutibile. Ciononostante il numero uno della federazione continua a (farci) credere che il basket sia in salute e che i 30.000€ di fidejussione richiesti fino alla stagione attuale siano sufficienti a garantire che le squadre arrivino in fondo ai campionati.

La ricetta? Aumentare la fidejussione fino a 70.000€ per la stagione 2015/2016 e, per la stagione 2016/2017, fino a 100.000€, cifra da molti ritenuta non adeguata (anche perché lo stipendio annuale di un buon giocatore di Gold si avvicina molto a questa cifra e il roster, si sa, è composto da almeno 12 giocatori).

I paradossi e i mali del basket italiano: #èFisiologico

Per ogni società che fallisce e abbandona il campionato, ce ne sono almeno altre due che faticano ad arrivare a essere in linea con i pagamenti. Certo, il fatto che il presidente della federazione si esprima con un eloquente “un ritardo di soli 2 mesi nello stipendio è fisiologico nel mondo dello sport” non aiuta molto ad aver fiducia in un movimento che la fiducia l’ha persa già da tempo. La frase, in risposta ad una denuncia fatta dall’allora coach della Sutor Montegranaro ed ex coach della Nazionale Italiana Charlie Recalcati, ha fatto giustamente storcere il naso a molti.

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Gianni Petrucci, presidente della FIP dal 1992 al 1996 e di nuovo in carica dal 2013 | @FipVeneto

Più in generale, se un lavoratore firma un contratto che prevede il pagamento mensile di uno stipendio, è quanto meno fuoriluogo che il numero 1 dell’organo di controllo della categoria si esprima minimizzando il concetto e sostanzialmente accettando l’irregolarità. E questo senza considerare che ci sono giocatori, staff, dipendenti delle società che non guadagnano più che un normale stipendio e che hanno spese e famiglie da mantenere, e che l’equazione Giocatore professionista = star superpagata sia un cliché in primis sbagliato se contestualizzato alle nostre serie cestistiche, in secundis errato nella forma e nella sostanza, perché anche se un giocatore fosse pagato milioni di Euro, il proprio datore di lavoro ha il dovere di pagare gli emolumenti secondo quanto pattuito in sede contrattuale, esattamente come un qualunque lavoratore dipendente.

I paradossi e i mali del basket italiano: #RiformaDeiCampionati

Le riforme sono belle, il più delle volte giuste, sicuramente caldeggiate. Però cambiare ogni anno formula e composizione del secondo campionato italiano, non aiuta né le società a programmare le proprie stagioni, né a fidelizzare il pubblico, che ha già visto cambiare nome dei campionati in Lega2, Serie A2, DNA, DNA Gold, Serie A2 Gold e ancora non si sa come il prossimo anno.

Ma non è solo una questione di nome (che comunque a livello di marketing aiuterebbe), ma anche di sostanza. Questa stagione i campionati di Serie A2 Gold e Serie A2 Silver sono stati creati in modo da dare alla Gold una maggior possibilità di promozione, permettendo a 8 squadre di andare ai playoff e lasciando 4 posti alla Silver.

Il prossimo anno tutto potrebbe cambiare, con 2 gironi da 16 (forse) squadre che avrebbero pari dignità e possibilità, salvo poi suddividere i gironi non geograficamente ma sulla base dei meriti sportivi guadagnati nella stagione in corso. Il tutto riuscendo nel non invidiabile intento di:

  • non diminuire i costi
  • creare totale disparità tra due gironi che dovrebbero essere equiparabili

Già solo il fatto di creare 2 gironi da 16 squadre di uguale peso vuol dire ottenere 32 squadre che potenzialmente dovrebbero investire la stessa quantità di budget per poter avere la possibilità di giocarsi un passaggio di categoria (e stiamo parlando di budget comunque importanti). Il non suddividere territorialmente i gironi, inoltre, farebbe perdere anche uno dei pochi vantaggi di avere 2 gironi paritetici, cioè una diminuzione dei costi delle trasferte.

In un periodo in cui #èfisiologico avere arretrati di due mesi e #IlBasketèInSalute ma ci sono squadre che non arrivano a dicembre, magari qualcosa in quest’ottica si poteva anche pensare. E il tutto considerando che la Lega LNP sta lavorando molto bene in questi anni.

I paradossi e i mali del basket italiano: #PiùBasketInRai

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Più basket in Rai è un appello delle 16 società di serie A per chiedere più visibilità alla Tv pubblica

Eccolo il tormentone dell’estate, quello che viene sempre fuori quando si inizia a parlare di diritti TV. Basket in chiaro? Basket in PayperView? Basket in streaming? Forse sarebbe ora di iniziare a pensare a come far vedere il basket più che dove, che dovrebbe venire di conseguenza. Il basket nostrano ormai ha un appeal talmente basso che i diritti TV per trasmettere le partite non sono appetibili per gli sponsor. Ecco allora che si arriva ai paradossi odierni.

Qualche numero?

Nello stesso weekend si sono giocate le Final8 di Coppa Italia e le Finali della Coppa di Spagna. Ora, tralasciando il fatto che quest’anno le Finali si siano giocate a Desio, ridente cittadina dell’hinterland milanese “in the middle of nowhere” (non me ne vogliano gli abitanti di Desio, ma io ci sono andato a vedere una partita di Eurolega lì, tra Milano e Fener) e che la prima partita, quella del venerdì alle 13 (sì, l’orario è quello, non è un refuso) sia stata vista da un numero di spettatori che voi non volete nemmeno conoscere, si può parlare della differente passione che gli spettatori hanno mostrato verso i due eventi.

La finale, in Italia, è stata vista in TV da una media di 274.000 spettatori, pari all’1% di share. In Spagna, la finale, è stata vista da una media di 2.376.000 spettatori, pari al 15% circa di share. Si parla di un ordine di grandezza di differenza.

E questo, ahimè, è tutta causa di un marketing sbagliato verso l’audience, perché in Italia il basket ha un seguito, ma pare che ci si occupi più di fare parole che di cercare di fidelizzare questo seguito.

Altri esempi in confronto ad altri campionati?

La ACB spagnola ha una media di 5600 spettatori a partita (dati alla 23ª giornata). Le due squadre principali, Real Madrid e Barcellona, hanno in media quasi 6000 spettatori.

Nella Bundes tedesca si ha una media di circa 4100 spettatori a partita. Le squadre principali, Bayern Monaco e Alba Berlino, hanno una media di 7100 spettatori.

E in Italia?

Se riuscite a trovare i dati ufficiali, bravi voi. I dati ufficiosi parlano di numeri assolutamente in linea con gli altri due campionati sopra menzionati, ma con un’enorme differenza a livello televisivo.

La ACB vende i diritti delle proprie gare a 115 paesi diversi, la Bundes ha un servizio streaming ad alta definizione che funziona benissimo.

In Italia?

Lo streaming funziona maluccio (eufemismo) e la nuova piattaforma WebTV lanciata da Legabasket ha già avuto qualcosa in più di qualche critica. Quando si parla di TV vera e propria le cose non vanno meglio, se consideriamo che quella che dovrebbe essere considerata una partita di cartello, tra EA7 Milano e Grissin Bon Reggio Emilia, posticipo serale del 1 marzo, è stata trasmessa a partira dal terzo quarto per la concomitanza della finale di Coppa Italia di calcio a 5 (!), con buona pace di chi si è collegato su RaiSport1 in attesa di vedere una partita di palla al cesto.

Forse da tutto questo quadro potrebbe emergere che il basket non sia così in salute, ma solo se siete acuti osservatori del basket italiano e non vi limitiate a essere i tifosi-tipo che guardano nel proprio orticello e che non pensano in modo strutturale a tutto il movimento.

Anche le società hanno ovviamente le loro colpe e la cultura italiana è diversa da altre culture europee che permettono alle squadre di strutturarsi in modo più lungimirante e con orizzonti temporali che vadano oltre alla stagione in corso. Ed è anche vero che tutto sommato che tutto il mondo è paese e che anche l’ACB ha i suoi problemi da gestire (vedi la situazione-Bilbao) ma ha anche un fatturato in crescita e una distribuzione della gestione ordinaria in aumento del 22% dalla gestione precedente.

In Italia, il bilancio pubblicato dalla FIP con la previsione per il 2015 parla di un risultato di esercizio di 3.150.456€, con una relativa erosione del patrimonio che si attesterebbe quindi su circa 6.340.570€. E non si tratta di un caso sporadico, perché è dal 2012 che non si registra un bilancio di esercizio con segno positivo.

Per quanto questa non sia la sede opportuna per discutere di bilanci tra varie leghe, che hanno anche differenti gestioni degli introiti e delle aree di sviluppo, possa essere fuorviante, di primo acchito verrebbe da dire che di problemi ce ne sono eccome, e anche i risultati sportivi, spesso sbandierati dai resoconto della federazioni nei bilanci annuali, sono ormai un ricordo lontano e che hanno dato gioia effimera.

Il movimento è quantomeno da rivedere e rinverdire e solo facendo programmi a lungo termine e usando più lungimiranza si potrà risollevare una situazione che, ripeto, può comunque vantare uno zoccolo duro di appassionati che non aspetta altro che poter gioire nel vedere il basket nostrano primeggiare in Europa.

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Anziano per l’anagrafe, Vintage per scelta, Torinese di nascita. Appassionato di basket e di NBA dagli anni in cui c’era ancora la Guerra Fredda. Blogger poco produttivo e disturbatore seriale a Ball Don’t Lie, sarei anche Sommelier, sciatore e runner, ma con risultati rivedibili. La mia tattica è cercare di farmi vedere in giro con gente che ne sa per fingere di saperne anche io. A volte funziona.
1 Commenti
  1. Michele Verde

    Ciao, bell'articolo. Forse c'e' un errorino sui posti destinati alle squadre di A2 gold e silver per i playoff di questa stagione, mi pare siano 8+4 e non 6+2

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