Mr. Turner: l’irrequietezza dello sguardo4 min read

21 Gennaio 2015 Cultura -

Mr. Turner: l’irrequietezza dello sguardo4 min read

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Mr Turner recensione
@Mr Turner recensione

Mr. Turner recensione

Da un regista come Mike Leigh non ci si poteva che aspettare un “grandissimo film”, riprendendo le parole della recensione di Paolo Mereghetti  a proposito di Mr. Turner, in uscita nelle sale il 29 gennaio. Grandissimo non solo per la maestria tecnica che lo contraddistingue, ma soprattutto per la grandezza del suo personaggio principale: Joseph Mallord William Turner.

Del più importante pittore fra i romantici inglesi il film Mr. Turner ripercorre gli ultimi venticinque anni di vita, descrivendo con minuziosa attenzione la vita quotidiana di un artista geniale, conscio delle proprie capacità, tuttavia disprezzato dall’ambiente accademico per il fatto di non attenersi a quelle regole di rigida composizione che il Neoclassicismo professava.

Curioso per natura, Turner fu un viaggiatore instancabile: Italia, Belgio, Scozia, Olanda le sue mete. Era il senso di irrequietezza, l’ansia di conoscenza a muoverlo nelle sue continue peregrinazioni. Percorsi che lo portavano in contatto con realtà a lui estranee e che, oltre ad ampliarne gli orizzonti artistici, avevano un potere per lui rigenerativo. Turner sentiva l’incessante urgenza di “percepire” il mondo nella sua essenza, di eclissarvisi pur di afferrarne l’entità: tant’è che si fa legare all’albero di una nave per sperimentare cosa sia una tempesta.

Indicativa la scena iniziale del film: il pittore è immerso in un paesaggio olandese mentre sta eseguendo lo schizzo di una veduta sul suo taccuino, dal quale non si separerà nemmeno nel periodo della malattia. Questo perché per il suo tramite riesce a fissare la vita che gli orbita intorno e con la quale non è in grado di venire in contatto altrimenti.

Turner è appunto solitario, burbero. Si trova a disagio di fronte alle persone (vedasi il discorso nell’Accademia). Preferisce invece perdersi nelle ampie distese naturali poiché solo essendo da esse circondato (da qui il ricorso ai grandangoli) può sentirsi in totale sintonia con la natura, gli altri e cogliere la verità del mondo. E l’arte diviene il mezzo attraverso cui comunica: in essa risiedono la sollecita esperienza e l’impeto e l’istintività della sua vita.

Un’istintività che lo guiderà anche nei rapporti affettivi. Disdegna la donna che gli ha dato due figlie (di cui non si occupa), così come la governante che gli si concede col corpo, per preferire l’amore sincero e disincantato di una vedova, l’unica in grado di restituirgli quel senso di quiete e pace da lui sempre ricercato.

Monumentale l’interpretazione di Timothy Spall, premiato con il Prix d’interprétation masculine al Festival di Cannes e scandalosamente dimenticato dagli Oscar. Somaticamente all’opposto del vero Turner, la capacità di mimesi dell’attore britannico è sorprendente nella mimica facciale, nell’irruenza gestuale e nella bassezza vocale.

Canonica la regia di Leigh con punte di incanto estetico nelle sequenze paesaggistiche. Di particolare nota la fotografia di Dick Pope: recuperando le gamme cromatiche turneriane, è essa stessa un quadro e sembra condurre lo spettatore direttamente in una tela del pittore. Il chiaro intento è quello di fare della macchina da presa l’occhio di Turner, e coinvolgere quindi lo stesso spettatore nella creazione artistica.

Mr. Turner è uno degli apici del cinema britannico degli ultimi anni.

Se volete leggere un approfondimento su Turner leggete la scheda qui in basso.

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[tab_item title=”Approfondimento  clicca qui ->“][/tab_item]
[tab_item title=”Chi era Turner?“]

William Turner fu il più autentico interprete delle teorie sul Sublime elaborate da Edmund Burke: privilegiò infatti, come oggetto della propria rappresentazione, la natura, luogo di perfezione divina e proiezione (attraverso gli effetti atmosferici) delle emozioni e delle inquietudini dell’animo umano. Secondo il romantico inglese, l’arte non può che restituire la suggestione che si prova dinnanzi all’imponente grandezza dell’universo, giacché per mezzo di essa si prende coscienza del proprio stato di precarietà. Dalle sue opere emerge, difatti, il senso di impotenza dell’uomo contro il destino.

Nel primo periodo della sua produzione, Turner fu particolarmente attento a fondere l’aderenza al soggetto con il tentativo di suggerire nell’osservatore l’imminenza del cambiamento atmosferico. In seguito (soprattutto sulla scorta degli influssi di Claude Lorraine), vira per la resa pittorica della luce, cercando di restituire i continui mutamenti degli effetti luminosi e arrivando a fare di essi il centro della rappresentazione. Le ultime composizioni sono le più visionarie: svaniscono le forme e gli spazi per farsi il colore pura modulazione di luce.

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Romano di nascita, si è sempre sentito umbro di spirito. Si diploma al liceo classico e attualmente studia Giurisprudenza. La profonda passione per il cinema ha inizio alla tenera età di sei anni; ha una particolare predilezione per le produzioni indipendenti e il cinema asiatico e medio-orientale. In qualità di critico cinematografico, si annovera fra i seguaci di Truffaut. Alla settima arte si affiancano gli interessi per il teatro (rigorosamente sperimentale) e la fotografia. Ama la Pop Art e l’arte contemporanea; è inoltre un cultore di poesia neo-ellenica e, in particolare, di Constantinos Kavafis. Al momento, scrive per la Newsletter mensile del Coordinamento Pena di Morte di Amnesty International Italia. Insomma, ricco di contraddizioni.
1 Commenti
  1. pier

    Film di eccezionale intensità ed accuratezza, un ritratto equilibrato, lontano dagli eccessi, di un artista in cui è facile riconoscersi

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