Motomondiale: spettacolo a tutti i costi?4 min read

29 Ottobre 2014 Uncategorized -

Motomondiale: spettacolo a tutti i costi?4 min read

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motomondiale-spettacolo-a-tutti-i-costi L’ultimo week-end malese ha riacceso la discussione sul concetto di spettacolarità relativo ad una gara, in particolar modo riguardo alla tematica di cosa può essere accettabile vedere o meno durante la corsa stessa.

In tempi recenti, specie grazie ai successi di Valentino Rossi, arrivati frequentemente dopo battaglie in pista più che con gare in “solitaria”, sembra essersi diffuso il mito della “sportellata” a tutti i costi, della manovra tanto azzardata quanto rischiosa simbolo di coraggio del pilota che la pone in essere, e linea di demarcazione tra il pilota “figo”, da battaglia, e quello che non lo è, ma che tiene un comportamento maggiormente riflessivo nel suo stare in pista.



Il pilota che ha rinfocolato la discussione è l’australiano Jack Miller, che corre con Ktm in Moto3, protagonista di un duello molto acceso nella lotta al mondiale con Alex Marquez, fratello di Marc. Il giovane australiano è indubbiamente un corridore di talento, generoso, grintoso e che sa farsi apprezzare per il suo non mollare mai la presa, anche in situazioni di oggettiva difficoltà tecnica.

Tuttavia, nella gara di domenica a Sepang ha decisamente passato il segno: mi è parso infatti palese che, nelle sue manovre di sorpasso su Marquez, Miller abbia sempre cercato di danneggiare più del dovuto il suo avversario, allargando molto in percorrenza di curva e costringendo a fare la medesima cosa allo spagnolo, facendogli perdere diverse posizioni e, in generale, ponendo in essere nei suoi confronti un atteggiamento intimidatorio, già intuibile da alcune sue dichiarazioni alquanto “bellicose” nei confronti di Marquez alla vigilia della gara. E la cosa che più mi ha sorpreso è stata l’esaltazione di chi commentava la corsa stessa, che non è minimamente riuscito a scorgere qualcosa di poco corretto in tutto ciò, troppo preso dal crogiolarsi con le manovre dell’australiano sul suo avversario.

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Ma potremmo parlare anche di Iannone, per il quale dopo il punto di patente toltogli in seguito all’incidente in Australia con Pedrosa si è levato uno stuolo di avvocati difensori tra giornalisti italiani, tifosi e manager personale, che hanno innescato una sorta di processo di “beatificazione” a tutti i costi, proponendo teorie difensive quantomeno discutibili anche per “attaccare” lo stesso Pedrosa. Discutibili specie se consideriamo che il pilota di Ducati è già al secondo “strike” stagionale su un altro pilota, e che spesso e volentieri nelle prime fasi di gara ha tenuto comportamenti un po’ troppo sopra le righe che, in alcuni casi, gli sono costati cadute e conseguenti 0 in classifica. 



Intendiamoci: le gare combattute, in cui i piloti si scambiano le posizioni per un numero considerevole di volte, piacciono anche al sottoscritto. Così come i piloti che provano a buttare il cuore oltre l’ostacolo, senza accontentarsi di fare il “compitino”. Ed è normale che, quando corri al limite, possa scapparci una tantum la manovra non perfettamente riuscita, che provoca un danno all’avversario e non è quindi del tutto “pulita”. Non riesco però ad accettare il fatto che un modo di correre improntato all’aggressività smodata, fino ad arrivare ad una effettiva intimidazione, sia fatto passare in cavalleria e riconosciuto quasi come giusto e normale, tanto da far passare come “strano” chi non ci si adegua: perché a mio avviso così non è.

Il sorpasso molto aggressivo, al limite del regolamento – la già menzionata “sportellata” – non può essere visto come la regola, ma al massimo dovrebbe essere considerata l’eccezione ad un modo di sorpassare ortodosso e pulito. Perché stiamo parlando di gare di moto, non di una sorta di demolition derby in cui il contatto “mezzo contro mezzo” è nella natura fisiologica della competizione. Credo quindi che sarebbe più giusto deprecare questi comportamenti cercando di limitarli, specie quando sono reiterati da parte del medesimo pilota, perché indice di una effettiva attitudine dello stesso a porli in essere. Con il rischio che la cosa venga portata avanti nel corso della carriera dello stesso. Prendiamo sempre l’esempio di Miller: il prossimo anno debutterà in Motogp, e c’è solo da provare ad immaginare le conseguenze del ripetersi di questo modo di stare in pista in sella ad una moto che, rispetto all’attuale Moto3 su cui è impegnato, è decisamente più potente ed anche più pesante. 



Immagini| redbull.com| foxsports.com

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Studente di giurisprudenza come "occupazione" ufficiale e appassionato di sport in generale, più come spettatore che come atleta, ahimè. Seguo con particolare interesse gli sport motoristici e da qualche anno a questa parte il motomondiale (ma pure la superbike), pur essendomi avvicinato ad essi con le 4 ruote e la F1.
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