Lo scandalo microtransazioni nei videogiochi: cosa c’è da sapere9 min read

10 Dicembre 2017 Giochi -

Lo scandalo microtransazioni nei videogiochi: cosa c’è da sapere9 min read

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Screenshot de L'Ombra della Guerra
La Terra di Mezzo: L’Ombra della Guerra [Immagine| facebook.com/pg/LOmbradellaGuerra/]
La fine del 2017 in campo videoludico è stata segnata da un vero e proprio terremoto che ha coinvolto diversi publisher, in particolar modo Electronic Arts. Parliamo dello scandalo delle microtransazioni, inserite nei titoli tripla A con modalità poco trasparenti, che strizzano l’occhiolino al pay-to-win e, a detta di alcuni, addirittura al gioco d’azzardo. Tra gli appassionati e sui siti specializzati non si parla d’altro, ma vediamo di fare chiarezza.

Pocket Nius: da sapere in breve

1. Le microtransazioni o acquisti in-app sono acquisti di elementi di gioco che richiedono moneta virtuale o soldi reali.

2. La grande maggioranza dei giochi per smartphone gratuiti contiene microtransazioni e sistemi di progressione che invogliano a ricorrervi: fate attenzione ai vostri figli!

3. Recentemente anche titoli per PC e console venduti a prezzo pieno hanno inserito microtransazioni, spesso solo per elementi estetici, ma a volte con oggetti capaci di sbilanciare gli equilibri nelle sfide online.

4. NBA 2K18, Destiny 2, La Terra di Mezzo: L’Ombra della Guerra, Star Wars Battlefront II e Need for Speed: Payback sono tra i titoli maggiormente accusati nell’ultimo periodo per il sistema di microtransazioni invasive.

5. Diversi Stati stanno decidendo se equiparare le microtransazioni al gioco d’azzardo: il tema sta diventando politico e forse ciò non sarà un male.

Che cosa sono le microtransazioni nei videogiochi

Le microtransazioni sono, banalmente, gli acquisti che possono essere effettuati all’interno di un gioco. Esse possono riguardare miglioramenti estetici del personaggio, attrezzature/armi, mosse speciali, upgrade vari legati alla natura del gameplay, e chi più ne ha più ne metta. Nel mondo dei giochi per smartphone corrispondono ai cosiddetti acquisti in-app, che convertono di fatto denaro reale in diamanti/gemme da usare per avanzare rapidamente nei giochi o ottenere potenziamenti.

Proprio il mondo mobile ha diffuso il concetto di microtransazioni e di giochi freemium, ossia titoli gratuiti ma nei quali, per ottenere determinati obiettivi senza impegnare centinaia di ore, si è invogliati a spendere denaro reale. Tale modello si è rapidamente spostato anche al settore dei videogiochi per PC e console, integrando acquisti opzionali in titoli con componente multiplayer (sportivi e sparatutto in particolare) e non solo. Spesso le microtransazioni in giochi già venduti a prezzo pieno riguardano miglioramenti che poco influiscono sulle prestazioni di gioco e che servono a personalizzare personaggi e armi per distinguersi, per crearsi uno stile.

Spesso, ma non sempre. Perché la nuova fonte di introiti per sviluppatori/publisher, che grazie a DLC a pagamento e acquisti in-game possono prolungare nel tempo la remuneratività di un videogioco, ha spinto sempre più in là il comparto microtransazioni. Si sono quindi verificati casi in cui gli acquisti si sono trasformati in veri e propri vantaggi che mettevano i giocatori disposti a spendere in condizione di superiorità rispetto ai più parsimoniosi (o oculati), invogliandoli a mettere mano al portafogli per non restare indietro o portandoli ad abbandonare il gioco per frustrazione.

Non si era ancora trovato un punto di equilibrio, essendo il fenomeno un processo in divenire. Da una parte si sollevavano critiche contro il nuovo modello, dall’altra si continuavano ad acquistare i giochi che lo integravano. Il pubblico si divideva tra puristi decisi a giocare senza aggiungere spesa al prezzo del gioco e giocatori che accettavano il sistema microtransazioni.

Poi, a ottobre 2017, è esploso il caos.

Il caso de L’Ombra della Guerra

Microtransazioni videogiochi L'Ombra della Guerra
La Terra di Mezzo: L’Ombra della Guerra [Immagine| facebook.com/pg/LOmbradellaGuerra/]
Le prime avvisaglie di un malcontento ormai insostenibile tra il pubblico si sono avute in occasione dell’uscita de La Terra di Mezzo: L’Ombra della Guerra, titolo open-world multipiattaforma ambientato nell’universo de Il Signore degli Anelli. Il gioco della Warner Bros integrava microtransazioni che, a detta dei più critici, erano necessarie addirittura per completare la campagna single player offline.

Scopo finale del gioco è costruire un esercito con cui difendere una ventina di assedi a fortezze. Gli acquisti in-game riguardano casse premio (le cosiddette loot-boxes) che forniscono orchi di alto livello e potenziamenti tali da favorire ed accelerare questa fase di gioco.

Le casse possono essere acquistate con moneta virtuale, reperibile vagando per il mondo di gioco o acquistabile con soldi reali. È dunque possibile evitare di spendere, ma raggiungere il finale richiede ore di ricerca e di azioni ripetitive per ottenere lo stesso obiettivo che, pagando, sarebbe molto più abbordabile. Di qui la furia degli utenti, che si sono accaniti contro il meccanismo subdolo che ricorda un po’ il “paga e salta la fila”.

Stroncature su Metacritic e una campagna su siti specializzati e social non hanno impedito a L’Ombra della Guerra di vendere benissimo. Ma si era ormai aperta un’importante frattura destinata a far crollare di lì a breve una già fragile diga.

Microtransazioni in Star Wars Battlefront II

Microtransazioni videogiochi in Star Wars
Immagine| facebook.com/EAStarWars.it/

La goccia che ha fatto traboccare il vaso è arrivata con Star Wars Battlefront II della Electronic Arts. L’uscita del gioco si è inserita in un periodo reso difficile appunto dalle polemiche intorno a L’Ombra della Guerra e ad altre critiche analoghe per le microtransazioni in titoli come NBA 2K18, Destiny 2 e Forza Motorsport 7. Senza contare che esiste a priori una certa avversione verso il colosso EA, considerato da molti un publisher succhiasangue privo di scrupoli.

Le prime segnalazioni di un rischio di microtransazioni pay-to-win nello sparatutto a tema Star Wars sono emerse dopo la fase di beta testing. Oggetto degli acquisti erano infatti anche carte-potenziamento in grado di dare un effettivo vantaggio a chi le possedeva, come segnalato persino dalla rivista Kotaku.

Non solo, ma anche per sbloccare determinati eroi iconici da usare in combattimento (Darth Vader, Luke Skywalker e compagnia bella) erano necessari crediti che era possibile ottenere giocando o pagando. Il problema era che per ottenere i crediti necessari senza sborsare denaro vero sarebbero state necessarie centinaia di ore, un ostacolo mal digeribile da chi si apprestava a pagare già una settantina di euro per il gioco.

Le proteste in rete sono esplose ancor prima dell’uscita ufficiale del gioco a metà novembre. Su Metacritic la media voti degli utenti per il gioco è scesa a 0,9 e non si parlava letteralmente d’altro. Episodi al limite come proposte di boicottaggio e minacce rivolte agli sviluppatori hanno tenuto banco per giorni.

Il tema è diventato anche politico.

Addirittura in Belgio un’apposita commissione ha aperto un’inchiesta per giudicare se le microtransazioni in Star Wars Battlefront II potessero essere assimilabili al gioco d’azzardo. Le casse premio acquistate hanno infatti contenuto nascosto e possono includere anche doppioni. L’esito della procedura è stato positivo e si sono poste le basi per presentare la questione all’Unione Europea, riferendola alle microtransazioni in generale nei videogiochi fruibili anche da minorenni. Lo stesso risultato l’ha avuto poi un’inchiesta australiana, mentre la Danimarca ha negato l’analogia col gioco d’azzardo.

Il risultato immediato è stato eclatante ed epocale. EA ha rimosso tutte le microtransazioni dal proprio gioco, riducendo il numero di crediti (e quindi di ore) necessari a sbloccare i vari personaggi e gli upgrade. Una mossa non sufficiente a scongiurare un calo di vendite, un calo azionario, richieste degli utenti a Disney per revocare la licenza Star Wars ad EA ed affidarla ad un altro publisher e una generale batosta mediatico/commerciale.

Le polemiche non sono finite. La stessa EA ha dovuto subire le proteste dell’utenza per i sistemi di progressione nel suo Need for Speed: Payback, qualche mormorio per la modalità Ultimate Team di FIFA (tra l’altro già presente da alcuni anni) e un allarme per il pay-to-win nel prossimo UFC 3, tutto legato alle microtransazioni invasive ed aggressive. Senza contare gli sfottò, più o meno velati, da parte di altri publisher e la presa di posizione di molti sviluppatori contro il sistema delle microtransazioni, con pochissime eccezioni.

Microtransazioni videogiochi: un tema da non sottovalutare

[Immagine| facebook.com/ClashRoyaleIT]
Al di là dell’episodio singolo, il problema delle microtransazioni si presta ad un’analisi approfondita. Nulla vieta, a mio parere, che un gioco integri dinamiche a pagamento, se queste non influenzano la fruibilità del titolo da parte dell’utente che non vuole spendere più del prezzo della sua copia. Upgrade estetici possono andare, ma armi e potenziamenti superiori a quelli reperibili in-game o che richiedono sessioni ripetitive e frustranti rappresentano di fatto un raggiro. Acquisti opzionali per accelerare l’esperienza in una campagna single player sono al limite, ma sarebbe corretto segnalare in qualche modo la presenza di acquisti in-app in modo che un utente sia informato prima dell’acquisto.

Il problema è però molto più presente e grave nei giochini per smartphone, vere e proprie app spesso copia-incolla e costruite col chiaro intento di spingere i più piccoli e inesperti a spendere. Col benestare, o col disinteresse, dei genitori, che dovrebbero sorvegliare attentamente e prevenire l’insorgere di una dipendenza che potrebbe avere risvolti gravi nell’età adulta. Pagare per accelerare, pagare per aggirare, pagare per prevalere sono concetti che mal si addicono a un ragazzino che si sta formando.

Basterebbe il buon senso di tutti. Di chi lascia la carta di credito al figlio per una cassa premio in Clash Royale. Di chi spende denaro per arrivare sempre primo in un deathmatch virtuale a squadre. Di chi produce giochi e cerca di lucrare sfruttando fini meccaniche psicologiche per indurre più gente possibile a spendere. Se si tornasse a giocare per il gusto di farlo e a sviluppare senza pensare solo al guadagno ci sarebbero forse meno titoli, ma di migliore qualità e capaci di dare una soddisfazione duratura a chi è davvero appassionato.


5 link per saperne di +

1. Il + disprezzato

La risposta di EA a un utente arrabbiato per lo sblocco dei personaggi in Star Wars Battlefront II è il commento più disprezzato di sempre su Reddit.

2. Il + emblematico

Un ragazzo ha recentemente dichiarato di aver speso oltre 10.000 dollari in microtransazioni, diventate una vera e propria ossessione.

3. Il + brevettato

Activision ha depositato un brevetto con le linee guida per incentivare la spesa degli utenti in microtransazioni.

4. Il + statistico

Un’analisi di Superdata mostra come a dispetto delle proteste, i soldi spesi in microtransazioni sono in continua crescita

5. Il + “responsabile”

Il post con cui EA annuncia di essere in parte tornata sui suoi passi, dopo aver studiato attentamente il feedback ricevuto dalla Beta.

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Classe '85, divido il tempo tra la moglie e i tre figli e le più svariate passioni. Amo la lettura, la scrittura (ho pubblicato cinque romanzi) ed i videogiochi, non disprezzo fumetti, calcio, cinema e cucina. Eterno bambino, amo la vita e credo che sia troppo breve per non interessarsi a... tutto!
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