Il capitale umano2 min read

3 Febbraio 2014 Cultura -

Il capitale umano2 min read

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Il capitale umano
@Matteo Tarenghi

Forse il film più ambizioso di Virzì, non il più bello.

Viziato da qualche schematismo in eccesso a livello bio-geografico (la vicenda si svolge in una Brianza su cui aleggia il pesante spettro del politico più nominato degli ultimi vent’anni), l’affresco balzachiano coglie nel segno per il come dice quello che vuole dire.

Il cosa ce lo aspettiamo già: Virzì, livornese della sinistra critica, in acida trasferta lombarda, nel Capitale umano ritrae un mondo che sta implodendo nella voragine che esso stesso si è scavato sotto. Una voragine di soldi senza fine. E di soldi che stanno finendo.

Piace del film il trascolorare dalla commedia di provincia al dramma al noir, anche per celare con una trama d’azione il messaggio fin troppo chiaro, programmatico, costitutivo.

La finezza con cui rappresenta i Veri Ricchi ”che hanno scommesso sulla rovina dell’Italia” i quali, dopo tanto dilaniarsi vorticoso, dopo tanto volgare senso di noblesse, fanno in modo che tutto torni come prima, in quel sorridente, sprezzante immobilismo che celebra coloro che hanno sempre di più in un’Italia che ha sempre di meno.

E piacciono gli umori cupi e grotteschi con cui dipinge l’Aspirante Ricco, personaggio vitale quanto mediocre e laido, cresciuto all’ombra dei Veri Ricchi venerati come dei, capace di tradire fin la famiglia per la sua scalata sociale.

Anche centrata la figura della Ricca (ma) Buona, col suo palpito sincero e naif per il teatro, e la sua incapacità di andare fino in fondo, dove ciò peraltro significa fuggire per rinascere.

Fanno tenerezza poi alcuni tra i Giovani, specie la Ragazza Coraggiosa, in grado di anteporre le ragioni del cuore e della verità al gomitolo di interessi e arrivismi altrui, peccato solo che la figura dello Spacciatore Buono, cui si lega, non faccia che confermare quella sensazione di piegare la realtà alla tesi di partenza, che si respira fin dall’inizio.

Onore a Virzì, al suo coraggio e alla sua lucidità. Forse nel Capitale umano ci ha mostrato troppi nodi, forse ci ha apparecchiato un pasto troppo sostanzioso, ma è l’Italia di oggi: una ricchezza stordente che sta terminando per i troppi ostacoli che si è creata.

Un nido di vipere legato attorno al baule che custodisce un prezioso tesoro.

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Aspirante antropologo, vive da sempre in habitat lagunar-fluviale veneto, per la precisione svolazza tra Laguna di Venezia, Sile e Piave. Decisamente glocal, ama lo stivale tutto (calzini fetidi inclusi), e prova a starci dietro, spesso in bici. Così dopo frivole escursioni nella giurisprudenza e nel non profit, ha deciso che è giunta seriamente l'ora di mettere la testa a posto e scrivere su tutto quello che gli piace.
10 Commenti
  1. Fabio Colombo

    In che senso la figura dello "Spacciatore Buono" piegherebbe la realtà alla tesi di partenza?

  2. Pier

    Nel senso che la sua figura di artista-outsider, malvisto dalla ''piazza'' ufficiale come avviene in ogni cittadina di provincia-, sembra racchiudere tutto il buono cui Virzì delega un flebile e possibile riscatto per il domani. Da un regista fine e antiideologico come lui mi sarei atteso che la possibile redenzione venisse affidata a figure più intermedie e sfumate (vedi la Golino/psicologa, la cui figura è molto dolce ma mi è incomprensibile come possa mai essere accoppiata con Bentivoglio/immobiliarista)

    • Chiara Vitali

      più che racchiudere tutto il buono lui, lo divide con la ragazza innamorata di lui, che è l'eroina del film, perché prende sulle spalle tutto il peso degli errori degli altri ed è molto coraggiosa (forse soffre anche di complesso della crocerossina, perché anche il fidanzato precedente, il figlio di papà, era messo maluccio, ma per motivi molto diversi). secondo me la psicologa non è credibile, appunto perché troppo solo positiva ma incomprensibilmente accoppiata con un marito improbabile per lei. dico, ma possibile che una psicologa non sia in grado di interpretare almeno il linguaggio non verbale del marito? un personaggio più realistico è la moglie velleitaria del riccone, che ricorda un po' Veronica Lario. il modo intelligente con cui Virzì rende meno manicheo e universale il film (che un po' lo è) è la struttura a capitoli, che raccontano tutti pezzi della stessa vicenda, ma dai diversi punti di vista dei personaggi, in un intreccio che alla fine ricompone i pezzi di un puzzle più esteso. tuttavia, il messaggio finale che urla allo scandalo sul poco che vale la vita umana rispetto a quello che dovrebbe valere, sui potenti che han rovinato l'Italia ma cadono sempre in piedi è vero, verissimo. scontato forse, ma ce n'è bisogno. nel complesso film valido, validissimo.

    • Fabio Colombo

      in effetti Luca non è uno spacciatore e non è che abbia di che redimersi. a me sembra una figura credibile, spesso gli avamposti della società si accaniscono su alcuni elementi più per meccanismi autoreferenziali che per altro. è una traiettoria in cui ci sta anche il riscatto, di cui l'amore può essere un ottimo motore.

  3. Daniele Gabrieli

    Un bel film, ma il finale è completamente sbagliato. Ci voleva il coraggio di affondare il coltello fino in fondo: Luca doveva morire. Il suo personaggio sarebbe assurto al rango di capro espiatorio, quello che paga le colpe di un intero sistema, e la vicenda avrebbe assunto tutt'altro significato. Invece Luca sopravvive al tentato suicidio; va in galera, ma si lascia intendere che presto sarà fuori, libero di proseguire la sua love story con Serena. Dino Ossola esce indenne dalla sua disavventura finanziaria, e per quel che ne sappiamo sua figlia non scoprirà mai che lui l'ha tradita. E Giovanni Bernaschi, oltre a veder scagionato il figlio, torna nelle grazie dei mercati e dei vicini. Insomma: un lieto fine pressoché globale. Tutti i personaggi, "buoni" e "cattivi", vengono messi sullo stesso piano da una sceneggiatura certamente ben congegnata, ma non abbastanza coraggiosa da prendere posizioni nette. Curioso che un po' ovunque se ne parli come di un film amaro, cattivo e così via, quando in sostanza è quasi consolatorio. Un'ultima cosa: la pluricitata battuta sulla scommessa contro il futuro dell'Italia è perfetta come citazione a effetto, ma piove dall'alto senza grandi giustificazioni sul piano narrativo. Per quanto il Bernaschi possa risultare antipatico, il film non ci dà nessun elemento concreto per supporre che dietro i suoi affari ci sia qualcosa di sporco. E un'uscita del genere in bocca a un personaggio remissivo e inconsapevole come Carla Bernaschi suona quantomeno improbabile.

    • Pier

      Ha colpito molto anche me la scena finale, con quella festa che avviene ''come nulla fosse stato'', tutto (apparentemente) come prima, con i conflitti smussati e la violenza sopita. Metafora dell'Italia che non riesce a cambiare

    • Chiara Vitali

      a dire il vero infatti ero sicura che Luca sarebbe morto, mi era già uscita la lacrima. forse Virzì ha deciso che già un morto (il ciclista notturno) bastava e ha voluto lanciare un messaggio di speranza. a me è parso che l'uscire indenni di Dino e Giovanni sia una provocazione: non un finale positivo per loro, ma una denuncia, che spiega in parte come si è arrivati e soprattutto come si mantiene lo stato di cose attuale: che è la vera tragedia, in cui i capri espiatori siamo un po' tutti noi italiani.

  4. Cristina

    Io penso che gli eccessi che caratterizzano sia la storia sia il carattere dei personaggi sia l'ambientazione siano stati propriamente voluti dal regista per essere incisivo, per scuotere lo spettatore, per lanciare un messaggio forte. E' la stessa cosa che fa un disegnatore o un pittore quando vuole far emergere i tratti caratteristici di un volto, calca la mano o usa colori forti. Se usasse delle linee morbide e dei toni lievi ne uscirebbe un bel dipinto ma poco coinvolgente, o sarebbe meglio dire sconvolgente ( nell'accezione positiva della parola).

  5. Davide

    I protagonisti sono fortemente caricaturali e non mostrano una grande complessità: da una parte questo rende la storia più forte e fruibile, dall'altra viene evidenziata come limite dai critici. Il film merita, credo anch'io però come Daniele che la famosa frase sia più uno slogan promozionale che una reale chiave di lettura del film.

    • Pier

      vero, più uno slogan ''acchiappa-sinistra'': le frasi che iniziano/contengono le due parole ''questo paese'' ormai mi sanno di rancido ed ammuffito. Film come questi dovrebbero parlare a tutti, non solo ad una parte sola che è già d'accordo con la tesi del regista.

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