Come usare Facebook per un’organizzazione non profit9 min read
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Bah, parto deciso. Facebook bisogna averlo, è un buon canale per un’organizzazione non profit. E continuo forte: checché ne pensiate, Facebook non è gratuito. Non ha costi di iscrizione, il che è diverso. Non è gratuito perché porta con sé, ovviamente, dei costi di gestione in termini di tempo lavoro e competenze per farlo. Ma rallentiamo, procediamo con ordine.
I dati statunitensi sui social network spesso anticipano di qualche semestre il panorama nostrano e ci avevano allertato rispetto all’intiepidimento dell’utilizzo del social network creato da Mark Zuckerberg da parte dei giovanissimi (13-17 anni).
Attenzione, però: sono anni che si sente dire che Facebook è morto, ma secondo il Rapporto Censis di ottobre 2018 è ancora oggi il social network più utilizzato in Italia (il 56% della popolazione lo utilizza almeno una volta alla settimana, contro il 51,8% di YouTube e il 26,7% di Instagram, in gran crescita) e nel mondo.
Se curiamo la comunicazione di un’organizzazione non profit, e stiamo scegliendo in quale social network immetterci, dobbiamo valutare i trend di utilizzo più che il numero di utilizzatori al momento presente, ma se si sta scegliendo in quale social network immettersi è complicato non prendere in considerazione Facebook.
Questo perché è il social network più diffuso, il più trasversale e quello più versatile quanto ad obiettivi che possiamo cogliere. Riprendendo da Roberto Polillo (Il non profit sul web, 2014) la suddivisione degli obiettivi di un’organizzazione in informazione, community building e call to action, Facebook è il social che, per popolazione e possibilità, permette di lavorare su tutti e tre.
1. Facebook per il non profit: la sostenibilità
Ma come stare su Facebook? Innanzitutto in maniera sostenibile. Dobbiamo sapere chi se ne occuperà nella nostra organizzazione e di quanto tempo dispone per seguirlo: è un lavoro, richiede competenze e, naturalmente, più tempo ci si investe meglio si lavora. Non si tratta di prendere le news del sito e di incollarle nella pagina Facebook, come si può credere dall’esterno.
A differenza di Instagram, Twitter e LinkedIn, la preziosa opportunità di programmare (fino a 6 mesi) i post sulla nostra pagina ci dà modo di organizzare la gestione della stessa anche con tempistiche concentrate. È importante quindi definire il tempo a disposizione e gli obiettivi che si vogliono raggiungere con la pagina: potremo così capire chi coinvolgere (il presidente, l’ufficio stampa, quel volontario appassionato di fotografia, il responsabile della raccolta fondi,…) e che piano editoriale allestire.
Perché un piano editoriale, anche minimo, è necessario; può essere un semplicissimo foglio di calcolo (Excel, per intenderci) con i giorni dell’anno e qualche colonna in cui segnare:
- i giorni in cui prevediamo di uscire con un contenuto (2 alla settimana? Di più? Di meno?)
- il tipo di contenuto (link, immagini, video, condivisioni di post di altre pagine,…)
- se l’abbiamo già programmato su Facebook o non ancora
- il testo di accompagnamento
- chi deve realizzare il post (sempre meglio una stessa persona e, comunque sia, limitate il numero di amministratori)
Le voci che si possono aggiungere sono numerose e differiscono da realtà a realtà, ma quello che conta è che quel piano editoriale sia uno strumento per aiutarci a lavorare meglio, a mantenere un ritmo di programmazione, e non una gabbia che ci impedisce oggi di uscire con la notizia dell’anno soltanto perché il primo slot libero è settimana prossima.
Sostenibili, quindi. Per misurare la sostenibilità di una programmazione possiamo verificarla con la persona che sta curando la pagina (che probabilmente siamo sempre noi!): dopo un mese di lavoro impiega il tempo lavoro che aveva previsto? Di più o di meno? Allora ricalibriamo insieme il piano editoriale.
2. Facebook per il non profit: un utilizzo corretto
In secondo luogo è importante utilizzare Facebook correttamente. Cioè? Cioè creare una pagina e non un profilo, per cominciare. Anche se chi crea la pagina deve già essere iscritto a Facebook e quindi avere un profilo personale.
Prendiamola ancora più larga: se la scrittura via web è differente dalla scrittura su cartaceo (perché richiede un’esperienza di lettura differente), la scrittura per Facebook è diversa da quella per il sito, per Instagram, per la newsletter e per Twitter. E non è soltanto questione di numero di caratteri.
È questione di asciuttezza e brillantezza (non esasperata), di attenzione maniacale ai refusi, di utilizzo sobrio di emoji e tag opportune. Facile a dirsi, meno a scriversi, fidatevi. Non di rado la possibilità di programmare i post torna utile anche perché offre l’opportunità di rileggerli e rivederli a distanza di qualche giorno.
Teniamo ben presente che le persone, e mi riferisco in primo luogo ai fan della pagina dell’organizzazione, cioè coloro che hanno messo like, cliccheranno su un nostro post soprattutto quando l’immagine li colpirà. Selezioniamo quindi immagini di qualità tra quelle del nostro archivio (meglio) o da database online, ma non foto patinate. Il sensazionalismo e il pietismo non pagano, rischiano anzi di allontanare i fan, e sottovalutare la scelta delle immagini mortificherà il potenziale dei nostri post.
Allo stesso modo è importante avere una bella immagine di copertina che rimandi alla mission della ONP e un’immagine di profilo della pagina con il logo o l’icona della pagina, delle dimensioni indicate da Facebook.
Tenete conto che l’immagine di copertina viene visualizzata diversamente su mobile (640px*360px) e su desktop (820*312): quindi, se anche la modifichiamo delle dimensioni (851px*315px) che Facebook suggerisce per agevolare un caricamento di pagina più veloce, da smartphone sarà visibile soltanto la parte centrale (560 px), nascondendo le porzioni laterali, come potete vedere confrontando le due immagini di una pagina che ho utilizzato come test.
Tutto questo per dire: mobile first. Abituiamoci, se ancora ne avessimo bisogno, a pensare prima da smartphone, altrimenti incorriamo in errori macroscopici di contenuti ottimizzati per gli schermi dei computer con cui lavoriamo, ma tremendamente inadatti ai telefoni cellulari.
Per chi amministra la pagina è buona cosa scaricare la app Gestore delle Pagine, presente sia su Play Store che su App Store, dove invece si chiama Gestore delle Pagine Facebook. Consente di gestire la pagina da smartphone, di fruire di una versione succinta degli Insights, e aiuta anche ad evitare la tipica gaffe di quando da amministratori commentiamo con il nostro profilo personale invece che con quello della pagina.
Mi preme dare un’altra piccola indicazione per un utilizzo corretto di Facebook; quando condividete un link nel testo, prima di pubblicarlo (o di programmarlo) cancellate la URL: la pagina linkata rimarrà nella tab sottostante con un effetto decisamente più elegante di quanto non sarebbe se il link fosse rimasto visibile.
3. L’autenticità di una pagina Facebook non profit
È fondamentale, ritengo, che la nostra comunicazione su Facebook sia autentica e rispecchi nei contenuti e nei toni la valorialità che la caratterizza offline e che contraddistingue il lavoro dell’organizzazione. Volontari, sostenitori, beneficiari e operatori devono riconoscere una coerenza tra web e realtà: se il nostro lavoro con le persone senza fissa dimora è caratterizzato da cura e accoglienza, sarebbe contraddittorio se sulla pagina Facebook vi si trovasse una moderazione offensiva dei commenti dei visitatori ma anche se semplicemente fosse trascurata.
Proprio la moderazione dei commenti e i testi dei nostri post veicolano il desiderio di interazione con la nostra community: la bacheca della pagina può essere un muro o un ponte, sta a noi rispondere gentilmente (e, quando serve, fermamente) a quello che i visitatori ci scrivono, ringraziarli per i complimenti e tenere conto delle critiche. Sta a noi scrivere post in cui chiediamo ai fan della pagina come la pensino rispetto a determinati temi e a dimostrare un’apertura alla relazione con loro.
Allo stesso modo è importante rispondere tempestivamente e puntualmente ai messaggi che la pagina riceve tramite Messenger; anche impostare un messaggio automatico in nostra assenza, solitamente le notti e i finesettimana, che spieghi che risponderemo appena possibile (e poi farlo!), può essere una buona mossa, considerando che Facebook segnala positivamente quando le pagine rispondono in poco tempo ai messaggi.
Capita di sottostimare l’impatto che può avere sul lavoro nel terzo settore la nostra reputazione sul web, ma in molti ormai prima di candidarsi come volontari o prima di fare una donazione ad un’organizzazione, buttano un occhio alla pagina Facebook di quella stessa organizzazione.
Lo spiega Alessandro Baricco (The Game, 2018): “Attenti a non capire male: non sto dicendo che CI SIAMO SPOSTATI A VIVERE NELL’OLTREMONDO. L’abbiamo colonizzato, che è diverso. Lo abbiamo messo in connessione col mondo e abbiamo cominciato a far girare con una certa efficienza quel sistema a doppia trazione che avevamo inventato col Web. Se volete, proprio i social vi spiegano la cosa senza margini di equivoco. Nessuno si è spostato integralmente a vivere nell’oltremondo [be’, a parte qualche nerd totale, voglio dire]. I più hanno imparato a far girare la propria personalità si due circuiti che alla fine hanno capito essere i due cuori di un solo organismo: la realtà”.
E allora è importante essere iscritti a Facebook come “Organizzazione no profit” o “Organizzazione di beneficenza”, il che ci permetterà di intraprendere l’iter (in Italia più arduo che in altri Paesi) per ricevere donazioni direttamente via Facebook al conto corrente dell’organizzazione.
Naturalmente invitare volontari e operatori più caldi a condividere e commentare i nostri post condizionerà positivamente l’algoritmo di Facebook nel mostrare i contenuti a più persone possibile, ma ricordiamo: non tutti i fan vedono i post della nostra pagina, soltanto una percentuale di loro che, appunto, cresce o diminuisce a seconda di numerose variabili, che mutano nel tempo.
Taggare operatori e volontari nelle foto e ringraziare pagine di realtà che ci sostengono o con cui abbiamo lavorato, coordinarci con i loro comunicatori per diffondere notizie che ci riguardano, fa parte del racconto autentico che invito a portare. Ma c’è un limite a questa autenticità e concerne le immagini di persone delle quali non abbiamo la liberatoria di utilizzo, o immagini protette da copyright. E mai, neanche con la liberatoria dei genitori, possiamo condividere immagini di minorenni in carico ai servizi sociali.
La riflessione riguardo l’utilizzo di Facebook nel Terzo Settore è profonda, basti pensare all’altissimo dettaglio di targettizzazione delle sponsorizzazioni Facebook (campagne per il 5 per 1000, o di Natale, o di ricerca nuovi volontari) che ci permette di raggiungere pubblici individuati da noi come destinatari più sensibili alla nostra mission, per età, genere, geolocalizzazione, interessi,…
Facebook Inc. è l’azienda che oltre a Facebook possiede Instagram e WhatsApp: tutto ci fa credere che gridare oggi all’estinzione di questo social sia quanto meno prematuro.
Mary Luce wood
Grazie per la informazione preziosa Per me.