Escape the Room: fatemi uscire4 min read

1 Settembre 2014 Giochi -

Escape the Room: fatemi uscire4 min read

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[divider scroll_text=”Casuale non troppo”]
Correva l’anno 2001, Internet muoveva i primi passi…

Ok, lo so che Internet è nato negli anni ’80, ma quanti di voi lo utilizzavano regolarmente con un modem 56k e prima dell’arrivo delle tariffe flat?

Ecco, appunto. Dunque, Internet, dicevamo, muoveva i primi passi e con esso nascevano i primi esperimenti sui giochi in flash. Giochi che non erano semplici cartoon quasi-interattivi, ma veri e propri emuli dei loro più illustri colleghi per console. Certo, era ancora molto difficile scovarli in mezzo a secchiate di pornografia, ma si cominciava a intravedere la luce.

Fu a novembre di quell’anno che Jan Albartus regalò al mondo il primo di una lunga serie di gioielli.

The Mystery of Time and Space: è molto più strano di quel che sembra

Escape the room
Non potete neanche immaginare quanto sia famosa questa
stanza

Quando apparve evidente che con (allora Macromedia) Flash chiunque poteva creare qualunque gioco volesse, la stragrande maggioranza di coloro che ne capivano qualcosa si precipitò a inventare nuovi titoli dei propri generi preferiti. Dagli sparatutto ai puzzle game, fino ai gestionali e ai giochi di sport, ogni idea veniva esplorata.

C’era però un genere su tutti che aveva lasciato nelle menti degli appassionati dei meravigliosi ricordi, prima di scomparire nel nulla. Sto parlando delle avventure punta e clicca.

I giochi di avventura sono tra i più difficili da inventare, perché richiedono una cura maniacale dei dettagli unita a una storia avvincente e ben scritta. Per una persona sola a capo di soggetto, sceneggiatura, programmazione, arte, testing e tutto il resto, si tratta di una impresa titanica.

La soluzione fu mostrata a tutti da The Mystery of Time and Space (o, in breve, MOTAS). Concentrandosi su una stanza alla volta e chiedendo al giocatore semplicemente di uscirne, si poteva ridurre le incombenze tecniche al minimo, mantenendo una esperienza coinvolgente e sviluppando la storia in un secondo momento.

E in effetti, in questi tredici lunghi anni, MOTAS è passato dall’avere una sola stanza (risolvibile in meno di trenta secondi) a ben 20 livelli. Con il tempo, gli sono stati aggiunti una intricata storyline, nuovi effetti sonori e una grafica migliorata. In tutto e per tutto, MOTAS è cresciuto insieme ad Internet.

Tre anni dopo, Toshimitsu Takagi decise che questo genere era appena agli esordi.

Crimson Room: con le “Escape the Room” si fa sul serio

Escape the room
Complimenti per la scelta dei colori

MOTAS, per quanto rivoluzionario, non aveva ancora catturato la vera essenza di questo genere: scappare da una stanza chiusa. Per molti di noi, il primo contatto con questa claustrofobica sfida avvenne grazie a Crimson Room, molto più intricato e dai toni più seri del suo ispiratore (per quanto anche di gran lunga più breve).

Nonostante la grafica praticamente minimalista, Crimson Room riesce a trasmettere l’atmosfera perfetta, disorientante e claustrofobica al punto giusto.

Chi è questo personaggio che si risveglia in una stanza rosso cremisi senza alcuna memoria? Chi lo ha messo li? E che città è questa metropoli visibile dalla finestra?

Questo gioco definì lo standard a cui tutti gli Escape The Room dovevano adeguarsi, e finì per influenzarne fortemente anche il gameplay: se infatti MOTAS era più basato sulla logica e la risoluzione dei puzzle, Crimson Room pone l’accento maggiormente sull’accurata ricerca dei vari oggetti che formeranno la chiave della nostra fuga. Spesso tali oggetti non avranno alcun indizio relativo alla posizione, portando il gioco a sembrare sleale agli occhi del giocatore.

Con gli anni, l’approccio necessario alla soluzione di questi puzzle, ovvero la necessità di cliccare ogni punto da ogni angolazione, ha assunto la denominazione di Pixel-Hunting.

Se vi piace, vi consiglio anche il capitolo successivo, Viridian Room.

Un solo appunto: poiché per qualche motivo nessuno dei siti originali è attivo (e infatti i link su questa pagina rimandano tutti a dei mirror su altri siti), non è possibile completare il primo capitolo. Questo problema sembra anche aver cancellato dalla storia il terzo episodio (White Chamber), poiché nessuno dei link reperiti da Google sembra funzionare. Un vero peccato.

Dopo Crimson Room, i giochi di questo genere si moltiplicarono in maniera esponenziale. Sembrava che chiunque avesse un PC in casa ne avesse creato almeno uno. Il flusso era tanto incontenibile che jayisgames (se ancora non fosse chiaro, vi consiglio di aggiungerlo ai segnalibri) iniziò a pubblicare una rubrica settimanale dedicata esclusivamente ad essi.

Sono talmente tanti che è impossibile per me sceglierne un altro da recensire. Mi limiterò quindi a suggerirvene alcuni tra quelli che ho apprezzato maggiormente:

  1. The Dark Room e il suo seguito The Dark Complex, sono tra i più originali e vertiginosi mai provati. Chiaramente ispirati al film The Cube, vi garantisco che vi daranno del filo da torcere. Per i più agguerriti.
  2. Escape from the Office di Anode et Cathode, quasi contemporaneo a Crimson Room, abbandona la visuale in terza persona a favore di una più isometrica, rendendolo un puzzle più convenzionale. Per i maniaci del controllo
  3. Archipelago e Return to the Archipelago, ambientati appunto in un minuscolo arcipelago invece che in una stanza chiusa, incarnano tuttavia tutti gli elementi del genere. Per i più claustrofobici.

 

C’è un’altra serie che avrei voluto inserire, ma non riuscivo a decidere se rientrasse o meno nel genere. Credo tuttavia che meriti un articolo a parte. Se siete proprio curiosi, date un’occhiata qui.

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Matematico, scrittore e cantante dilettante, ha lavorato come Quality Assurance tester per Crytek Budapest e coltiva l'aspirazione di assurgere all'agognato titolo di Game Designer. Parla di tutto, con tutti, il difficile è farlo stare zitto.
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