Direzione Pd: vince Renzi, minoranze divise e in declino3 min read
Reading Time: 3 minutesLa Direzione PD si conclude, come ampiamente previsto dai commentatori, con la vittoria della linea del segretario, un trionfo reso ancora più netto dalla capitolazione dei Giovani Turchi che alla fine si allineano alla versione di Renzie.
Il rottamatore nel suo intervento iniziale aveva cominciato un po’ così, dimostrando (come poi rilevato da parecchi esponenti delle agonizzanti minoranze) scarsa conoscenza della storia patria. In una sola frase era riuscito infatti ad accusare l’ex PCI di essersi accollato uno Statuto dei Lavoratori con due diverse fasce di tutela (quella per i lavoratori delle aziende sopra e sotto il limite dei quindici dipendenti) e poi di essersi astenuto al momento del voto di quelle norme, dimenticandosi che quella astensione fu motivata in maniera rilevante proprio da quella differenziazione che all’allora PCI sembrava discriminatoria.
Voluta è sembrata poi l’omissione, nell’apertura del Premier, di un qualsiasi accenno alla riforma Fornero che era già intervenuta in materia meno di due anni fa. Il cambio di passo è avvenuto però poco dopo, quando Matteo ha promesso la riapertura della sala verde, quella tradizionalmente riservata agli incontri con i sindacati, e contemplato la possibilità di reintegro per motivi disciplinari.
Il gesto tattico ha rivelato forse un cambio di strategia dell’ex sindaco fiorentino, che nelle ultime settimane sembrava indirizzato verso un pericoloso uno contro tutti che avrebbe messo a dura prova la tenuta del suo governo. Concedere l’incontro ai sindacati potrebbe forse garantire una tregua almeno sul fronte della piazza, oltre a fornire un appiglio a chi, a partire dai Giovani Turchi, non aspettava altro che una buona scusa per togliersi dalla scomoda posizione di alleato dei cosiddetti dinosauri e rientrare nei ranghi.
Direzione Pd: spazzata via l’opposizione interna
Aprire ai sindacati è servito quindi a chiudere del tutto all’opposizione interna, che si è infatti spaccata rivelando nei numeri (20 contrari e 11 astenuti contro i 130 voti favorevoli) tutta la propria debolezza. A poco sono serviti in tal senso gli interventi della vecchia guardia. D’Alema sempre perfetto, sempre preciso, oggettivamente una spanna sopra tutti gli altri, in una gara di retorica avrebbe vinto per ko tecnico, ma la politica spesso ha poco a che fare con la logica e il suo unico risultato utile è stato quello di essere il più condiviso sulle bacheche facebook di SEL-lini e postcomunisti (sempre pronti ad applaudire il leader Massimo quando tenta di silurare il premier di centrosinistra in carica).
Un (dispiace dirlo) patetico Bersani è arrivato a parlare di metodo Boffo, di convertiti e, come sempre, della “ditta”, senza capire che la “ditta” lo ha ormai di fatto licenziato, e senza possibilità di reintegro. La transizione, insomma, sembra ormai definitivamente avvenuta, e il partito ha di fatto cambiato pelle, come fu per la Dc di Fanfani e poi di Andreotti, per il Psi di Craxi, per il Pds di Occhetto e poi per quello di D’Alema e Veltroni, e come da tradizione, in questi casi non si fanno prigionieri.
E chissà che proprio a D’Alema, pur soddisfatto del proprio intervento, alla fine della giornata di ieri non sia venuta un po’ di invidia per il suo compagno e nemico di una vita, il buon Walter, pensandolo a cena con Gorge Clooney, Cindy Crawford, Bono Vox e Bill Murray mentre a lui sarebbero toccati, ancora una volta, Boccia, Bersani e Bindi.