Dio non gioca a D&D4 min read

23 Febbraio 2015 Giochi -

Dio non gioca a D&D4 min read

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@Armando Guerrero, Jr.

[divider scroll_text=”il culo di Rubik”]
L’ultima volta
è capitato l’anno scorso, ma era già successo in passato e di sicuro succederà ancora: ogni tanto, in ambito religioso, salta fuori qualcuno che accusa i giochi di ruolo di corrompere i giovani, o addirittura di indirizzarli sulla strada del satanismo.

Sono ipotesi che fanno sorridere chiunque abbia una conoscenza minimamente approfondita del fenomeno. Non foss’altro che per una questione di numeri: benché esista un vivace sottobosco di appassionati – qualche giorno fa abbiamo presentato un progetto italiano nuovo di zecca – i giochi di ruolo erano un passatempo di nicchia perfino ai loro tempi d’oro, figuriamoci oggi. Il figlio tredicenne dei miei vicini di casa non sa neanche cosa sia di preciso un roleplaying game.

Se Satana vuole fare proseliti gli conviene ricorrere ad altri mezzi.

Tuttavia bisogna ammettere che chi vede un conflitto tra gioco di ruolo e religione non ha tutti i torti. Non perché i giochi di ruolo abbiano alcunché di antireligioso, ma perché la loro filosofia di fondo è improntata alla laicità.

Dio non gioca a D&D

Penso in primis al gioco di ruolo per antonomasia: Dungeons & Dragons, per gli amici D&D, ispiratore e pietra di paragone dell’intero genere. Come tutti i prodotti culturali, anche i giochi sono figli del contesto storico e geografico nel quale vengono creati. D&D nasce nell’America dei primi anni Settanta, quando l’impresa dell’Apollo 11 aveva appena dimostrato che nemmeno il cielo era un limite invalicabile: ci sta che i due ideatori del gioco, Gary Gygax e Dave Arneson – che peraltro si erano formati presso due templi della tecnocrazia come le università di Chicago e del Minnesota, dalle quali ad oggi è uscito un totale di ben 96 premi Nobel – abbiano immaginato un mondo in cui Dio e il diavolo non sono poi così importanti.

1. Tolkien vs. Gygax

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@Henrique Zambonin

Mi direte: ma D&D si svolge in una sorta di un Medioevo perpetuo, per larga parte ricalcato sulla mitologia delle opere di Tolkien, autore notoriamente reazionario e antimoderno. In realtà Gygax non amava granché lo scrittore inglese: dichiarò più volte di aver impiegato alcuni elementi dei suoi romanzi solo perché all’epoca Il Signore degli Anelli andava di moda.

2. Pensiero magico vs. metodo scientifico

Sì, in D&D la magia ha un ruolo fondamentale. Ma è una magia spogliata di qualunque componente irrazionale o esoterica, e trasformata in una disciplina con leggi esatte, limiti precisi ed effetti misurabili: insomma, è scienza. Si noti che le regole non contemplano alcuna distinzione tra magia bianca e nera; la magia di D&D è come l’energia atomica, uno strumento eticamente neutro che diventa buono o cattivo a seconda dell’uso che ne viene fatto. Il bello è che tutto questo è valido non solo per gli incantesimi dei maghi, ma anche per quelli dei chierici: perfino la presenza divina è trattata alla stregua di una materia oggettiva e quantificabile.

3. Evoluzione vs. creazionismo

La Bibbia racconta di un Dio che crea l’uomo a sua immagine e poi lo circonda di creature destinate a servirlo. In D&D salta ogni coordinata antropocentrica: la razza umana è solo una tra le tante specie senzienti, forse neanche quella dominante. Del resto la paleontologia c’insegna che se l’evoluzione avesse preso una piega diversa oggi dovremmo spartire il pianeta coi cugini Neanderthal. Dietro D&D non c’è il Libro della Genesi: c’è Darwin. Non a caso anche le entità teoricamente sovrannaturali, come demoni e driadi, sono descritte e classificate in termini di ecologia.

4. Assolutismo vs. relativismo

Perfino l’etica di D&D è improntata all’insegna della più totale laicità. Il sistema degli allineamenti morali è puro relativismo secolare: prevede approcci multipli ai concetti di Bene e di Male, l’opzione – molto zen – di rimanere neutrali e nessun tipo di vantaggio o penalità per questo o quell’allineamento. Tutti gli indirizzi morali sono messi sul medesimo piano.

5. Non avrai altro Master all’infuori di me

E il Master? Nella realtà fittizia del gioco non gli spetta un ruolo analogo a quello di Dio? Non è forse l’Onnipotente che decide il corso degli eventi e il destino dei mortali?

Sì e no. Il Master non è un Dio nell’accezione cristiana del termine, un’entità superiore che ama, giudica e punisce a sua discrezione; è un Dio cartesiano, che si limita a far funzionare un universo-macchina retto da leggi matematiche. Ed è potente, ma non onnipotente: l’ultima parola spetta sempre al laicissimo caso, nella forma di un lancio di dadi.

E sappiamo tutti chi è che non gioca a dadi.

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Classe 1975, è laureato in Lettere. Lavora come editor in campo letterario, televisivo e cinematografico. Vive con la sua famiglia a Segrate, in provincia di Milano.
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