Def 2015: il governo Renzi alla prova dei numeri3 min read
Reading Time: 3 minutesBotta e risposta tra il sindaco di Torino e presidente dell’Anci (Associazione nazionale comuni italiani) Piero Fassino e il premier Renzi sul Documento di Economia e Finanza. Il sindaco di Torino ha richiesto e ottenuto un incontro con Renzi, non nascondendo le perplessità per futuri tagli che si abbattano ancora una volta sui comuni
Bisogna che i tagli vengano riconsiderati, perché in 6 anni ci sono stati chiesti più di 17 miliardi di euro per il risanamento dei conti pubblici. Bisognerebbe fare un’operazione equa e si chiedesse alle altre amministrazioni dello Stato molto più di quanto è stato chiesto fin qui
Renzi ovviamente non ha ha fatto mancare la risposta, alludendo a come la città metropolitana di Torino abbia sforato il Patto di Stabilità. A parte le schermaglie tra sindaci e governo -siamo solo all’inizio- c’è molto silenzio ma anche grande preoccupazione per il testo atteso venerdì in Parlamento.
7 aprile. Aprile è il mese dei numeri, arriva infatti sul tavolo del Consiglio dei Ministri il Documento di Economia e Finanza (Def) ovvero quel documento che fissa i paletti entro i quali la politica economica del Governo si potrà muovere da qui ad un anno.
Entro venerdì il testo dovrà essere presentato in Parlamento e, pur non essendo una legge, il piano è considerato molto importante poiché inevitabilmente condizionerà l’operato di Renzi e dei suoi ministri.
Def 2015: come sta davvero l’Italia?
Il Parlamento ed i cittadini, infatti, verranno ufficialmente messi a conoscenza dello stato di salute del Paese e (con il Piano nazionale delle riforme, allegato al testo) dei tempi e dei costi della terapia prescritta dai vari ministeri, cominciando così a distinguere fra i proclami via tweet del premier e la reale sostenibilità delle riforme sin qui annunciate.
Tra i lettori più attenti del documento, in tempi di fiscal compact, troviamo anche i Paesi dell’Unione Europea, Germania in testa, desiderosi di capire se l’Italia riuscirà a rispettare gli impegni di stabilità contratti con l’Unione, guadagnando la possibilità di spendere un mezzo punto di Pil in più, o se verrà ufficialmente ributtata nel calderone dei Pigs.
Si tratta, insomma, di un momento cruciale per le sorti del Paese e soprattutto del suo Presidente del Consiglio che ha dimostrato, anche di recente, col caso dei dati sull’occupazione, di essere più a suo agio con le parole che coi numeri, confermando quella tendenza tutta italiana (Crociana e Gentiliana) a preferire l’umanesimo (nel suo caso digitale) alle scienze esatte.
Oggi, al termine del Consiglio dei Ministri, Renzi ha dichiarato:
Oggi abbiamo avviato l’esame preliminare del Def che sarà approvato venerdì. Non ci sono tagli e non c’e’ aumento delle tasse. Da quando siamo al governo l’operazione costante è di riduzione delle tasse. Abbiamo disattivato 3 miliardi di clausole che avevano previsto i governi precedenti. Nel 2015 riduciamo le tasse per 18 miliardi più i 3 di clausole che eliminiamo. Le tasse non aumenteranno, un’eventuale riduzione ci sarà nella legge di stabilità per il 2016, se saremo in condizione.
Vedremo alla prova dei numeri, un’arte rara in Italia esercitata da tecnici come Francesco Felici capaci di contenere i voli pindarici della politica entro i confini dell’economia reale.
Come ad esempio nel caso dell’annunciata sanatoria sul rientro dei capitali che dovrebbe garantire, secondo Renzi e Padoan, fra i tre e i cinque miliardi di maggiori entrate. Un parere non condiviso da i ragionieri del ministero che, considerata la difficoltà nel prevedere l’effettiva riuscita del provvedimento, hanno preferito eliminare del tutto quella voce dalle entrate previste. Numeri, numeri, numeri insomma. Da i dati Istat alle previsioni dei tecnici, dalle percentuali dei sondaggisti ai giorni che ci separano dall’inaugurazione dell’Expo, sono loro, al momento, in mancanza di un’opposizione vera ed efficace, i più temibili nemici del premier.