20 album rock che compiono 50 anni nel 201734 min read
Reading Time: 23 minutes19. Vol. 1 – Fabrizio de André
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Esordiscono discograficamente nello stesso anno e percorrono carriere parallele per i decenni successivi, ponendo poesia e delicatezza al centro delle loro creazioni. Ma le vicinanze tra Fabrizio de André e Leonard Cohen non finiscono qui. Stilisticamente simili nella scelta delle melodie, entrambi puntano molto sulla voce, calda e profonda, e dimostrano fin dal debutto un’attenzione verso i paesaggi umani più periferici e dimenticati.
Prima del 1967 e di Vol. 1 sono già usciti alcuni singoli tra cui La canzone di Marinella, che incredibilmente passa inosservata. Grazie al successo di Via del Campo e Bocca di Rosa, contenute nel primo LP, e alla versione di Marinella di Mina (1968) il cantautore genovese irrompe finalmente sulla scena musicale italiana.
È qualcosa di completamente nuovo per il pubblico e per la critica, sia per i testi anticonvenzionali – dalla marginalità al sesso, dalla religione all’arroganza del potere – sia per la capacità di collegare cultura alta, ispirazioni d’Oltralpe e individualismo anarchico.
L’album, tra poco cinquantenne, contiene già molti dei temi cari a de André e passa con eleganza dal sarcastico racconto delle gesta amorose di Carlo Martello, scritto assieme all’amico fraterno Paolo Villaggio, al delicatissimo ritratto di Gesù Cristo, rifiutato dalla televisione di stato ma orgogliosamente trasmesso da Radio Vaticana. Con Marcia nuziale il giovane Fabrizio rende il suo primo omaggio al cantautore francese Georges Brassens cantando con dolcezza le nozze di una coppia non più giovane e di umili origini.
Ma è ascoltando la profondità di Preghiera in gennaio che possiamo comprendere la svolta che de André ha impresso alla musica leggera italiana. In quel 1967 Luigi Tenco muore in una stanza d’albergo di Sanremo, e il cantautore, toccato dal suo gesto estremo, vuole salutarlo così, chiedendo a Dio di accogliere il suicida tra le sue braccia e schierandosi, la prima di tante volte, dalla parte del perdente, del sopraffatto dalla vita.
Concepire un brano di questo spessore, dosando sapientemente le parole e sferzando l’Italia benpensante degli anni sessanta, ha permesso a Fabrizio de André di creare uno spazio che prima di allora non c’era nel panorama sociale e culturale nostrano.