10 cose da sapere su Licio Gelli7 min read
Reading Time: 5 minutesLo scorso 15 Dicembre è venuto a mancare Licio Gelli, uno dei personaggi più misteriosi e controversi di tutta la storia repubblicana italiana. Riscopriamo assieme dieci cose riguardo il maestro venerabile della loggia massonica P2.
1.Gioventù fascista
A 18 anni Licio Gelli si arruola nelle camice nere e parte come volontario per la guerra civile spagnola in supporto alle truppe del futuro dittatore Franco. Scalati i vertici istituzionali del partito fascista, nel ’42 ricevette l’incarico di trasportare in Italia il tesoro di re Pietro II di Jugoslavia, sequestrato dal Servizio d’Informazione Militare. Il tesoro consisteva in 60 tonnellate di lingotti d’oro, 2 di monete antiche, 6 milioni di dollari e 2 milioni di sterline. Quando il tutto fu restituito alla Jugoslavia dopo la guerra, mancavano 20 tonnellate di lingotti d’oro che, secondo alcuni, Gelli riuscì ad occultare trasferendoli in Argentina. Durante l’occupazione nazi-fascista negli anni ’40, assume il ruolo di ufficiale per il coordinamento fra il governo fascista di Salò e gli occupanti tedeschi. Quando le sorti della guerra fanno presagire la vittoria degli Alleati, decide di collaborare coi partigiani facendo il doppio gioco. Al termine dell’occupazione, viene riconosciuto il suo contributo alla causa della Liberazione e gli viene risparmiata la fucilazione. Tuttavia, viene comunque processato e incarcerato al termine della guerra per i crimini commessi durante il regime fascista.
2.La loggia P2
Nel 1963 Gelli diventa membro della massoneria. Nel 1970 gli viene delegata la gestione totale della loggia “Propaganda due” (P2) nella quale riuscirà ad incanalare nel tempo molti personaggi influenti del mondo imprenditoriale, politico e militare italiano. Lo scopo dalla P2 era perfettamente descritto nel “Piano di Rinascita Democratica” stilato dallo stesso Licio Gelli: esso puntava ad un assorbimento degli apparati democratici della società italiana dentro i meccanismi di un autoritarismo legale fondato sull’informazione. Nel 1981 viene rinvenuta durante una perquisizione nella residenza della famiglia Gelli, villa Wanda, la lista degli iscritti alla Loggia P2: fra i 962 iscritti spiccavano i nomi di 44 parlamentari, un segretario nazionale di partito, 12 generali dei Carabinieri, 5 generali della Guardia di Finanza, 22 generali dell’esercito italiano, 4 dell’aeronautica militare, 8 ammiragli, vari magistrati, funzionari pubblici e diversi personaggi influenti del mondo delle telecomunicazioni, come Silvio Berlusconi o Maurizio Costanzo.
3.Coinvolgimento nel Golpe Borghese
Nel 1970 lo Stato italiano è rischia un colpo di Stato da parte di alcuni vertici militari. Il piano doveva essere attuato da Junio Valerio Borghese con l’aiuto di alcuni vertici militari e l’appoggio anche della Loggia P2. In particolare, Licio Gelli, forte delle sue conoscenze che gli garantivano accesso libero al Quirinale, avrebbe avuto il compito di sequestrare l’allora Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat per tenerlo sotto custodia fino alla conclusione del golpe. Una volta avviato, il colpo di Stato non si concretizzò per motivi mai veramente chiariti, anche se alcuni storici suggeriscono che fu Gelli in prima persona a ordinare ai cospiratori di interrompere la propria iniziativa.
4.Finanziamento ai gruppi neo-fascisti
Durante gli anni di piombo, sono stati molti i finanziamenti da parte della P2 e di Gelli verso formazioni terroristiche neo-fasciste. In particolare ci sono prove che lo collegano all’organizzazione degli attentati dell’Italicus e delle successive bombe sui treni nella Toscana attorno al 1974.
5.Azioni di depistaggio
Rimanendo nell’ambito del terrorismo, alcuni inquirenti hanno più volte accusato Licio Gelli di aver sfruttato le proprie conoscenze all’interno dei servizi segreti per depistare le indagini relative sia al sequestro ed omicidio di Aldo Moro nel 1978, che alla strage della stazione di Bologna del 1980. Solo in quest’ultima indagine è stato provato il suo effettivo coinvolgimento che ha portato ad una sua condanna a 10 anni di reclusione. È utile ricordare che alcuni agenti e vertici dei servizi segreti attivi in quegli anni sono risultati regolarmente iscritti alla P2 ed intrattenevano abitualmente rapporti conviviali con Gelli.
6.Il Banco Ambrosiano
Licio Gelli ha ricoperto un ruolo di primo piano anche nel crack del Banco Ambrosiano di Roberto Calvi, affiliato alla loggia P2 con la tessera n.519. Secondo le indagini, Gelli e Calvi avrebbero investito del denaro sporco appartenente alla mafia sia nello IOR, la Banca vaticana, che nel Banco Ambrosiano stesso. Questi soldi sarebbero serviti a risolvere in parte la crisi di liquidità che stava affliggendo il ricco istituto privato. Con la scoperta della lista della P2, la banca di Calvi finì sotto i riflettori e ben presto i nodi vennero al pettine. Nel 1982 il Banco Ambrosiano si trovò ad affrontare una nuova crisi dalla quale non riuscì più ad uscire e venne messa in liquidazione. Calvi fu arrestato per reati valutari e, una volta rilasciato, fuggì a Londra.
7.Il “suicidato” Calvi
Il 18 Giugno del 1982 Roberto Calvi viene ritrovato impiccato ad un ponte sul Tamigi. La prima sentenza dei tribunali inglesi liquidò l’accaduto come suicidio, ma la Corte Suprema Inglese annullò il verdetto e riaprì il caso visti i vizi di forma e le irregolarità registrate durante le indagini. In una seconda successiva sentenza non venne esclusa l’ipotesi di suicidio, ma venne preso in considerazione anche lo scenario di omicidio intenzionale: nelle tasche della giacca del defunto, assieme a 15.000 dollari in contanti e un passaporto falso, furono ritrovati anche dei mattoni. Si è speculato molto sui possibili mandanti del potenziale omicidio e il nome di Gelli è stato citato più volte dagli inquirenti italiani che avevano ripreso nel 1992 le indagini del caso. Tuttavia, nel 2007 la Corte d’assise di Roma ha emesso una sentenza di totale assoluzione per tutti gli imputati per il processo Calvi.
8.Il finanziere Sindona
Altro ambiguo personaggio legato sia a Gelli che al Banco Ambrosiano. Il finanziare contattò il maestro della P2 nel 1977 per trovare un’ancora di salvezza per il suo istituto bancario in crisi, la Banca Privata Italiana. I rapporti fra i due continuarono e il banchiere siciliano cominciò in prima persona a richiedere dei finanziamenti al già citato Banco Ambrosiano. Quando il crack della Banca Privata Italiana fu inevitabile, l’avvocato Giorgio Ambrosoli fu nominato curatore fallimentare dell’istituto. Studiando i bilanci e le carte di Sindona, Ambrosoli portò alla luce verità scomode che contribuirono, a modo loro, anche al fallimento del Banco Ambrosiano. Malgrado le minacce ricevute, l’avvocato milanese continuò imperterrito il proprio lavoro ma venne freddato sul portone di casa da un sicario nel 1979. Sindona fu riconosciuto come mandante dell’omicidio e venne estradato dalle carceri statunitensi dove era finito in seguito alle condanne di frode, spergiuro e appropriazione indebita. Morì in carcere due giorni dopo la condanna di primo grado all’ergastolo a causa di una dose letale di cianuro di potassio nel caffè. Malgrado l’ipotesi di suicidio sia la più accreditata, è forte il sospetto che Sindona sia stato ucciso per paura che vuotasse il sacco in sede di appello riguardo della mafia o della P2, con la quale intratteneva stretti rapporti grazie all’amicizia con Licio Gelli.
9.Le condanne
Malgrado il suo nome appaia più volte fra le pagine più buie della storia d’Italia repubblicana, le accuse mosse verso Licio Gelli sono state confermate in via definitiva solo in quattro occasioni: è stato condannato per procacciamento di notizie contenenti segreti di Stato, calunnia nei confronti dell’autorità giudiziaria, calunnia aggravata con finalità di terrorismo per aver tentato di depistare le indagini sulla strage alla stazione di Bologna e bancarotta fraudolenta per la suo coinvolgimento nel crack del Banco Ambrosiano. Quest’ultima sentenza gli è costata una condanna a 12 anni di reclusione che dal 2001 stava scontando ai domiciliari nella sua villa Wanda di Arezzo, a causa dell’età avanzata. Proprio quella stessa residenza viene sequestrata nel 2013 come conseguenza dell’indagine che coinvolge la famiglia Gelli per reati fiscali per una cifra vicina ai 17 milioni di euro. Nonostante il sequestro, la villa rimane sotto la custodia di Licio ed è proprio fra quelle mura che “il venerabile maestro” trascorrerà le ultime ore della propria vita.
10.L’Archivio
È ormai di dominio pubblico l’esistenza di un imponente Archivio in cui sono tutt’ora conservati documenti, liste e quaderni privati che lo stesso Licio Gelli ha accumulato nel corso degli anni. Questi fascicoli sarebbero divisi in diversi archivi privati sparsi in Italia fra villa Wanda e Castiglion Fibocchi e all’estero nelle proprietà della famiglia in Montevideo, Svizzera, Argentina e Montecarlo. Solo una parte dell’Archivio “non segreto” è stata donata da Gelli al Comune di Pistoia nel 2006 durante una cerimonia da cui sono scaturite non poche polemiche.