Vita migliore: il romanzo vincitore di Masterpiece3 min read

16 Maggio 2014 Cultura -

Vita migliore: il romanzo vincitore di Masterpiece3 min read

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Vita migliore il romanzo vincitore di masterpiecePiaccia o non piaccia, Masterpiece è stato il caso della stagione televisiva in corso. Malgrado gli ascolti non entusiasmanti – di rado, nell’arco di dodici puntate, lo share è salito sopra il 3% – il talent per aspiranti scrittori di Rai Tre ha suscitato un vivo dibattito tra estimatori e detrattori.

Ma se il programma è stato molto discusso, finora s’è parlato poco del vincitore, il serbo naturalizzato italiano Nikola P. Savic, e del suo romanzo, Vita migliore, premiato da Bompiani con la pubblicazione in centomila copie.

Vita migliore-il romanzo vincitore di masterpieceDi cosa tratta Vita migliore? Attraverso il protagonista-alter ego Deki, che cresce a Belgrado, si trasferisce in Italia al seguito della famiglia e torna quattro anni dopo nella città natale, Savic racconta una versione romanzata della sua turbolenta adolescenza. Ma cerca anche di offrire una panoramica su un periodo cruciale della storia serba, quello che va dalla caduta del comunismo alla guerra dei Balcani.

Pro

La scrittura. Gli snob antitalent si mettano il cuore in pace: Savic non ha vinto Masterpiece solo per il look pittoresco o per il background esotico – almeno, non solo – ma perché sa scrivere sul serio. Una scrittura semplice, pulita, essenziale, scevra da quei fronzoli barocchi che dalle nostre parti passano spesso per virtuosismo. Savic scrive in italiano ma non è italiano, e si sente, per fortuna.

La lingua. Come sopra: Savic scrive in italiano pur non essendo italiano. Quindi trasporta nell’italico idioma le espressioni tipiche della sua lingua d’origine: “prendere la nebbia” significa “scappare”, “lanciare il cucchiaio” sta per “morire”, “togliere il buio” vuol dire “perdere la verginità” e così via. Il risultato è perlomeno interessante, tra lo slang di Arancia meccanica e gli esperimenti italo-dialettali di Camilleri.

L’ambientazione. La quasi totalità del romanzo si svolge alla periferia di Belgrado. Tra palazzoni-alveare e crimine dietro ogni angolo, la città è descritta come se fosse uscita da un film di fantascienza distopica: quindi come un posto dove non andresti mai a vivere, ma non privo di un certo fascino. E Savic ne parla con un amore così chiaro e sincero da farla amare a prescindere un po’ anche a noi.

Contro

La storia. Ok, è un romanzo di formazione, non un giallo. Però è comunque un romanzo: ci si aspetterebbe, se non una vera e propria trama, almeno un filo conduttore. Spesso, invece, Vita migliore procede per semplice giustapposizione di aneddoti indipendenti tra loro. Il fil rouge, che dovrebbe essere l’amore infelice di Deki per la bella Ivana, affiora solo qua e là e si risolve in modo molto boh.

I personaggi. Tra le pagine di Vita migliore ci sono tantissimi nomi e pochissimi personaggi. Forse le sole figure definite con esattezza sono i genitori di Deki, non a caso protagonisti della sottotrama più solida e interessante. Tutti gli altri hanno la consistenza di fantasmi narrativi, tanto che a lettura conclusa non si saprebbe descriverne neanche uno.

La visione della donna. L’approccio di Savic al mondo femminile è, più che sessista, piatto. Esclusa la madre di Deki, tutte le donne del romanzo si dividono in due categorie: le vecchie sagge – che sovente si esprimono come gli indiani di Tex Willer: “Sette inverni fa…” – e le ragazzine arrapate. All’interno di ciascuna categoria, l’unico modo per distinguere un soggetto dall’altro è il nome e, quando precisato, il colore dei capelli.

Giudizio finale

Vita migliore è un romanzo che sotto molti aspetti vale l’acquisto e la lettura: si legge senza noia, e ha il merito di raccontare una realtà vicina eppure lontanissima da noi. Se poi sia davvero un masterpiece, lasciamolo decidere ai posteri.

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Classe 1975, è laureato in Lettere. Lavora come editor in campo letterario, televisivo e cinematografico. Vive con la sua famiglia a Segrate, in provincia di Milano.
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