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Guida al Tour 2015: il migliore di sempre, o quasi

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@thedebutante

Utrecht, Olanda, 50 chilometri da Amsterdam. Sabato 4 luglio ci saranno 37°C, 22 squadre e 198 corridori al via. C’è il 102° Tour de France, che parte da qui con una crono individuale di 13,8 km. E di sabato: perché il sabato è un giorno di festa, sempre del villaggio.

Oh ma quanto devono pedalare questi?

Meno del solito, dicono, ma mica poco. Ventuno tappe, 3.360 chilometri, solo due giorni di riposo. Le prime tre frazioni sono all’estero, due in Olanda e una Belgio. Poi Francia, tutte le France di tutti i francesi: da nord a sud, da sud a nord, fino a Parigi domenica 26 luglio.

Sette frazioni di montagna e cinque arrivi in salita. Anche  Plateau de Beille (12/esima tappa), anche La Toussuire (19/esima), anche Alpe d’Huez (20/esima). Ma prima ci sono i nove giorni di apertura. Probabilmente vento, forse pioggia, di sicuro pavé. Di sicuro Muro di Huy (terza tappa), di sicuro Roubaix (quarta), di sicuro Mur de Bretagne (ottava). Nove giornate terribili.

A Utrecht c’è grande eccitazione. La Boucle è partita cinque volte dall’Olanda, ma mica mai da qui. Prima volta. Ed è anche la prima che quei quattro lì – Nibali, Contador, Quintana e Froome – si ritrovano al nastro di partenza della stessa corsa. C’è un traffico esagerato: in tutto 14 grandi giri vinti e 21 podi (12 e 19, per le statistiche ufficiali). Al Tour, a questo Tour, si corre per la storia, per entrare ancor di più nella leggenda di uno sport che di leggende vive.

I francesi aspettano, intanto, guardano l’orologio e lo guardano da 30 anni, da quando Bernard Hinault, 1985, divenne l’ultimo re parigino. Dal 4 al 26 luglio le figure più alte nelle carte francesi saranno tre: Jean-Cristhophe Peraud, Thibaut Pinot e Romain Bardet. L’anno scorso il primo arrivò secondo, a 37 anni, il secondo terzo e il terzo sesto, ma a 24 e 23 anni. Roba che entri ancora gratis nei musei.

Abbiamo diviso questo pezzo in altre cinque pagine: ognuna racconta le storie e le ambizioni di ognuno dei quattro grandi favoriti. L’ultima è per chi sogna l’impensabile.

Qui la scheda di Vincenzo Nibali
Qui la scheda di Alberto Contador
Qui la scheda di Nairo Quintana
Qui la scheda di Chris Froome
Qui la scheda sugli outsider

Ehi guarda, arrivano! Non vedo nessuno, dove? Eccoli! Eccoli! Eccoli!

VINCENZO NIBALI, 30 anni, Astana

Un ragazzino con una bici rossa esce con il padre e gli amici del padre. Vincenzo Nibali è il campione in carica. Nel 2014 i francesi gli hanno regalato un accento sulla seconda i, e quando scatta in salita strillano Nibalì! Nibalì! coi pugni in aria come satelliti. Quest’anno vuole fare una cosa riuscita a un solo italiano: vincere due Tour consecutivi. Scusi signor Bottecchia, è che i suoi 1924 e 1925 sono un po’ troppo lontani.

Vincenzo è nato a Messina, in Sicilia, ed è Lo Squalo dello stretto. Ha morso Vuelta (2010), Giro (2013) e Tour (2014). Dall’Italia a vincere la Boucle ci sono riusciti solo in sette, mentre l’altro azzurro – l’unico – a trionfare nei tre grandi giri è stato Felice Gimondi. Quanti altri al mondo? Se solo potessero ci starebbero tutti in un’auto: Anquetil, Merckx, Hinault, Contador. Ma poi chissà chi guiderebbe.

A Utrecht lo squalo vestirà il Tricolore. Il 27 giugno a Torino, ai campionati nazionali, ha messo la ruota davanti a tutti come nel 2014. Nelle gambe ha 36 giorni di gara (5860 km) e tra i favoriti è l’unico ad aver partecipato alle classiche di primavera 2015: Milano-Sanremo (45°), Amstel Gold Race (65°), Freccia Vallone (20°) e Liegi-Bastogne-Liegi (13°). Ha preso parte, poi, al Romandia (10° dietro a Froome 3° e Quintana 8°) e al Delfinato (12°) vinto dal britannico di Sky. Finora il siciliano ha messo in programma un singolo picco di forma in ottica Tour, gli altri big sono al secondo.

Rivincere è sempre più difficile. Vincenzo non ci crede: “E’ un luogo comune” dice, e dalla sua ha diverse cose. Fantasia. Improvvisazione. Due occhi scuri come calabroni. Un piano in tasca, sì, ma da accartocciare e buttare, per spiazzare e affondare, colpire e stupire. Gli avversari, i tifosi, se stesso; ma anche i maligni, che lo vedono trionfante a Parigi 2014 perché gli altri “non c’erano”. In 14 lettere: gli altri c’erano. Erano Froome e Contador che lo inseguivano mentre fuggiva a Sheffield, mani sui comandi, come se quella bici l’avesse rubata. Come se dietro, quasi 20 anni dopo, ci fossero ancora il padre e i suoi amici.

Vincenzino fermati ti ho detto, aspetta, aspetta, aspetta.

Aspettali.

Vai alla scheda di Alberto Contador

ALBERTO CONTADOR, 32 anni, Tinkoff-Saxo

Alberto Contador Velasco è nato a Madrid, in Spagna, e cresciuto a Pinto, un comune dormitorio vicino alla capitale. Pinto da Madrid è una cronometro individuale, 22 chilometri, come gli anni che aveva Alberto quando ha rischiato di morire per un aneurisma congenito. Oggi Alberto è il più vecchio dei quattro big. Di anni ne ha 32, di tempo non ne ha.

In 13 di professionismo ha vinto sette grandi giri, ognuno almeno due volte. Al primo, il Tour 2007, sulla sua torta non ci sono ancora 25 candeline. L’anno dopo arrivano Giro e Vuelta, poi ancora Tour (2009), ancora Vuelta (2012 e 2014) e ancora Giro (2015). Sopra questo solo Merckx, Hinault e Anquetil. Ci sarebbero anche un altro Tour (2010) e un altro Giro (2011), ma quella è una storia che, se lo incontrerete, magari vi racconterà di persona.

Perché Alberto di tempo non ne ha. Deve andare al 102° Tour e vincerlo: punto. Deve tornare a Pinto, come ogni volta, perché a suo fratello Raul – il quarto Contador – deve dire che ce l’ha fatta, che i giri sono 8 e che lui adesso è come Marco Pantani nel ’98, Giro e Tour nello stesso anno. Anche nella vita di Raul ci sono due ruote. Quasi da sempre. Ha una paralisi cerebrale che lo costringe a stare in carrozzina. E così mentre Alberto gira il mondo, Raul lo guarda girare.

Questa stagione Contador ha attaccato battaglia con Chris Froome già a febbraio alla Ruta del Sol, in Spagna, dove il Pistolero è finito secondo in classifica generale a 2” dal britannico. Lo spagnolo ha poi partecipato a Tirreno-Adriatico (5°, Quintana 1°), Catalunya (4°), Giro d’Italia (1° a Milano) e Route du Sud, unica competizione dopo la corsa rosa messa comunque in bacheca. Tra i big, Contador ha il maggior numero di giorni di gara nel 2015 (44, pari a 7290 km).

In Francia i francesi fanno quello che fanno un po’ tutti con i più forti: davanti lo odiano, dietro lo ammirano. Qualcuno spiffera a mezza voce che pagherà salato il double. Che non basteranno Kreuziger, Basso, Rogers e gli altri scudieri. Ma Alberto non ha tempo. Deve vincere e tornare a Pinto.

Raul, hermano… Soy como Marco.

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NAIRO QUINTANA, 25 anni, Movistar

Combita si trova in Colombia, a 3mila metri di quota. Papà Quintana chiama il piccolo Nairo in disparte:

Siete in cinque, i soldi per pagare l’autobus a tutti per andare a scuola non li ho. Tu andrai con questa.

Una mountain bike usata, venti chili. Poco più della metà dei chilometri che Nairo deve fare per andare a scuola: sedici all’andata e sedici al ritorno, una volta in salita e l’altra in discesa. Ogni giorno, tutti i giorni. Inizia tutto con una fatica quotidiana. E con chissà quanti giorni di assenza.

Un colombiano non ha mai vinto il Tour de France, la Grande Boucle, o chissà come lo chiamano, in Colombia, i connazionali matti per quell’indios faccia di cuoio. Nairo ha 25 anni e il Giro 2014 in tasca. Non altissimo: 167 centimetri (e 59 kg). Nel 2013 Parigi l’ha vista dall’alto ma senza ubriacarsi di Champagne: secondo dietro Froome, a 4’20”.

Nairo Quintana, 25 anni, re del Giro 2014  | elUniversal.com

Questa stagione si è preso la Tirreno-Adriatico a marzo. Poi Giro dei paesi baschi (4°), Freccia Vallone (76°), Liegi (83°), Romandia (8°)  e infine  Route du Sud, a giugno, secondo a 17” da Alberto Contador. Nel 2015 ha collezionato 36 giorni di gara e 5.245 chilometri.

Al Tour si difenderà in una crono d’apertura non proibitiva e nella cronosquadre di Plumelec (28 km alla nona tappa), dove chiederà scudo agli specialisti Movistar del tic-tac, i campioni nazionali Adriano Malori e Alex Dowsett, quest’ultimo ex primatista dell’Ora. Poi aspetterà le grandi salite. E allora forse ricorderà i giorni della scuola, ma non quelli di assenza.

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CHRIS FROOME, 30 anni, Sky

Il britannico Chris Froome è nato a Nairobi, Kenya, cresciuto a Johannesburg, Sudafrica, e ha vinto il Tour 2013. Quando in salita gira cento pedalate non guarda in faccia a nessuno, perché degli altri non si fida. Fissa il manubrio, Froome, dove ha piazzato il rilevatore di potenza che gli dice quanti watt produce la sua sala macchine. Se deve aumentare un po’, se deve diminuire un po’.

Quando la strada s’impenna gli altri non li vede, gli altri non li sente. Come sott’acqua, dove i rumori arrivano ovattati, Froome è solo. È algebrico, bancario, biomeccanico, post-moderno. È commercialista. E come tutti i commercialisti a un certo punto chiama gli altri e fa una cosa: presenta il conto.


Il suo 2015 non è niente male: quattro tappe e due corse (Ruta del Sol e Delfinato), oltre ad aver partecipato a Catalunya (71°) e Romandia (3°). I giorni di gara sono stati finora 27, i chilometri 4.222. Al Tour la sua Sky è imbottita di britannici (5), ma ci saranno anche l’australiano Richie Porte e il ceco Leopold Konig.

Che poi chissà a cosa pensa, Chris, quando sale tutto solo, tutto gomiti, tutto ginocchia, tutto zigomi, un metro e 86 per 66 kg, una locusta in bicicletta. In tv dicono che “ehhh guardate la smorfia, adesso Froome sembra pagare”. Poi da 70 pedalate sale a 80, a 90, a 100, le supera, trita, frulla, macina, riduce il mondo a cubi, cubetti, detriti. Perché sono quasi sempre i commercialisti a presentare il conto. Ma non è ancora ben chiaro chi poi gliela fa pagare.

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Il Tour 2015 degli altri

Se i nomi dei fantastici quattro sono quelli che promettono spettacolo, l’ultima edizione del Tour de France ci ricorda che resta vietato perdere di vista gli altri dorsali, specie se francesi. A Parigi, nel 2014, dietro a re Nibali si piazzarono Jean-Cristophe Peraud (Ag2r, 1° al Criterium International 2015) e Thibaut Pinot (FDJ).

Pinot, 25 anni, bussò alle porte del ciclismo mondiale nel 2012, quando con una notevole azione in solitaria a Porrentruy firmò l’ottava frazione del Tour. Le preghiere francesi saranno indirizzate soprattutto verso di lui.

https://www.youtube.com/watch?v=UzeCY-cdxcg
La speranza più fresca ha 24 anni e si chiama Romain Bardet (Ag2r), sesto all’ultimo Tour e in questa stagione sempre nella top 10 a Ruta del Sol (5°), Romandia (9°) e Delfinato (6°).

Occhio anche al BMC Tejay van Garderen, uno dei tre statunitensi al via (solo tre: non succedeva dal 1996). Basta così? Sì, se non fosse per Joaquim Rodriguez (Katusha) e Andrew Talansky (Cannondale-Garmin).

Viva il Tour, Allez le Tour. Di tutte le France, di tutti i francesi.

@drhill

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