Sanremo 2015 serata finale: epilogo neomelodico3 min read

15 Febbraio 2015 Cultura -

Sanremo 2015 serata finale: epilogo neomelodico3 min read

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@facebook.com/sanremo.2015
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Sul podio Sanremese di questa 65esima edizione ci sono Nek e Malika Ayane.
Il primo, con la sua “Fatti avanti amore”, è stato la rivelazione del Festival: il tamarro che piace a tutti. Anche a me. E si aggiudica il premio come miglior arrangiamento e il premio Sala Stampa Radio-Tv-Web “Lucio Dalla” . A Malika, e alla sua raffinatissima “Adesso è qui (nostalgico presente)”, va il premio della Critica Mia Martini. Bravi tutti e due.

Sanremo 2015 serata finale: rivalutare i Jalisse

Ah, e poi c’è Il Volo, purtroppo. Che ha vinto tutto.
Più scandaloso della vittoria di Lola Ponce e Gio’ di Tonno nel 2008, o dei Jalisse nel ’97 (piccola riflessione: sarebbe bello potessero fare la stessa fine. Quale fine? L’ignoto) a vincere la 65esima edizione del Festival di Sanremo sono tre giovanissimi ragazzi di 85 anni ciascuno con un’incredibile estensione vocale e un incolmabile vuoto di contenuti e originalità.
Io, e tanti come me, prima di questa settimana di Festival non sapevo neppure chi fossero. Il sabato sera, infatti, uscivo e, fortunatamente, non guardavo “Ti Lascio una Canzone”. Perché sì: è tutta colpa di Antonella Clerici. I tre coronano questa unione proprio durante il suo programma, nel lontano 2009. Poi, qui in Italia, fortunatamente, spariscono.

Ma i tre tenorini bruttini firmano un contratto con una major americana e cominciano la loro corsa al successo internazionale. Sempre molto lontani dall’Italia, e fin qui ci sta bene. Piero Barone, Ignazio Boschetto e Gianluca Ginoble con la vittoria sanremese hanno ottenuto anche la consacrazione in Patria che finora mancava e potranno rappresentare il nostro paese all’Eurovision Song Contest 2015. Evviva. Sicuri che non ci vogliamo mandare i Jalisse?

Il fatto è che effettivamente Sanremo quest’ anno non vantava pezzi stupendi e particolarmente originali. Ma dopo cinque serate, bene o male, cominci ad apprezzare le canzoni e ad affezionarti agli artisti (chi più, chi meno). Tipo che io sono stracontenta di un Gianluca Grignani in Top Ten, molto più avanti del previsto. O del quarto posto di Annalisa, alla quale però, spassionatamente, consiglio dei nuovi autori per le sue canzoni, che possano renderle giustizia. Sono contenta del sesto posto di Marco Masini ma trovo intollerabile il quinto di Chiara, una lagna incredibile, o il sesto dei Dear Jack. Troppo dietro, soprattutto se si hanno davanti i due che dicevo prima, Lorenzo Fragola con una delle canzoni più orecchiabile del Festival, e Nina Zilli.

Ma quei tre io proprio non li reggo. Li hanno fatti partecipare col solo intento di farli vincere, perché si sa: sono i personaggi a vincere, mica le canzoni. La tanto osannata “Grande amore”, infatti, è fondamentalmente una canzone brutta. Very very kitsch: un prodotto di bassa qualità, ornato eccessivamente, dozzinalmente e banalmente. Il tutto riassunto in una parola: neomelodico. La speranza di tutti noi outsider, con età anagrafica e mentale parzialmente equivalenti, è quella di aspettare la fine dell’Eurovision e poi vederli spiccare il volo per qualsiasi altra parte del mondo. Purché sia lontana, tanto lontana.


Grazie Festival di Sanremo, ti ho amato e odiato come nessun’altra edizione.
Sono contenta che tu sia finito, perché Carlo Conti ormai me lo sogno pure la notte.

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Da biologa pentita, procedo in direzione contraria al buon senso e mi rifugio a Milano per studiare Scienze della Comunicazione, dopo anni di vagabondaggi alla ricerca della pace interiore. Così, la riscopro nella Tequila, nei concerti al Magnolia, nelle canzoni coi finali tristi, nelle newsletter di Rockit e nelle pagine del Rolling Stone. Adoro ossessivamente X-Factor e odio il fatto che Sanremo coincida con la sessione invernale.
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