Pretty – Un motivo per essere carini2 min read
Reading Time: 2 minutesSi fa presto a dire commedia. Salire sul palco per far ridere il pubblico può sembrare un’arte minore, rispetto agli Ibsen e ai Pirandelli del teatro “alto”; intanto però io vado a vedere almeno una dozzina di commedie di autori contemporanei all’anno, e raramente ne trovo mezza che vale la pena. Di solito trascorro l’intero spettacolo con la sensazione che la gente in sala rida solo per dare un senso al prezzo del biglietto.
[quote align=”center” color=”#999999″]Ieri sera mi è successo qualcosa di strano: sono andato a teatro e ho visto una commedia che fa effettivamente ridere.[/quote]
Si intitola Pretty – Un motivo per essere carini ed è opera del commediografo Neil LaBute, più noto per la sua eclettica attività di regista e sceneggiatore cinematografico; la sua filmografia spazia dal drammatico – Nella società degli uomini – al comico – Betty Love – al romantico – Possession – al thriller – La terrazza sul lago.
Insieme a La forma delle cose, del 2001, e Grasso come un maiale, del 2004, Pretty compone una sorta di trilogia ideale dedicata all’ossessione della società contemporanea per la bellezza. In questo terzo capitolo facciamo la conoscenza di Greg, impacciato e sfortunato magazziniere con velleità intellettuali, che si vede piantare in asso dalla fidanzata Stephanie in seguito a un commento innocente sul di lei aspetto fisico. Come se non bastasse, il povero Greg viene coinvolto nelle trame del collega Kent, fedifrago benché sposato con una ragazza bellissima, Carly.
Per chi si vergogna ad ammettere che si può andare a teatro anche solo per divertirsi, preciserò che la vicenda diventa occasione per alcune riflessioni non banali. A tratti il flusso degli eventi si ferma e i personaggi si rivolgono direttamente al pubblico, affrontando argomenti come l’amore, la coppia e il peso dell’elemento estetico su entrambi.
Ma Pretty – Un motivo per essere carini è soprattutto una commedia che fa ridere. Sfido chiunque a rimanere serio davanti alle peripezie del Greg incarnato da un bravo e simpatico Filippo Nigro, vittima delle ire uterine di Stephanie – Fabrizia Sacchi – delle moleste stravaganze di Kent – Giulio Forges Davanzati – e dell’aggressività di Carly – Dajana Roncione.
Merita menzione anche la regia di Fabrizio Arcuri, arricchita da alcune trovate non molto comuni per il teatro italiano, come la presenza in scena di una telecamera usata per ingrandire e moltiplicare i primi piani dei protagonisti. E un applauso va anche al reparto scenografia, responsabile di alcuni spettacolari cambi di scena.