Perché voto sì al referendum del 4 dicembre8 min read

30 Novembre 2016 Politica Politica interna -

Perché voto sì al referendum del 4 dicembre8 min read

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Perché voto sì al referendum del 4 dicembre

Questa riforma è così malvagia da peggiorare il sistema costituzionale vigente? È così malfatta da giustificare un voto di rigetto che, calato nell’attualità politica, darebbe legittimità a forze e soggetti – tra quelli vecchi e quelli nuovi – che ritengo essere una minaccia concreta ai valori democratici della Costituzione stessa e allo sviluppo del nostro Paese?

A queste due domande rispondo no e no. Pertanto, al referendum, voto SI.

Il dibattito in merito al referendum è teso, ormai da troppo a lungo, per consentire di trovare in poche righe la sintesi delle molte questioni che il voto del 4 dicembre comprende. Provo a condividere qualche elementare pensiero. Procedo, come per le due domande iniziali, per sottrazione.

Questa riforma non risolve il bicameralismo perfetto e non è l’ultima occasione. Il bicameralismo perfetto è un sistema figlio del suo tempo e del compromesso che ha portato a una Carta costituzionale mirata a garantire un estremo bilanciamento fra le forze, un equilibrio che, dopo il fascismo e la guerra, era più importante di un funzionamento  più efficiente. Bisognava dare poltrone e peso e voce a tutte le forze e i territori, fascismo escluso. Ma questo fu un compromesso, necessario perché le condizioni lo richiedevano. Se fosse proposto oggi lo si additerebbe a “pasticcio, inciucio della casta, poltrone su poltrone con gente che fa le stesse cose”. In ogni caso, già i padri costituenti ritenevano fosse da cambiare, in seguito. Chiunque abbia aperto un libro di diritto costituzionale negli ultimi 35 anni lo ha letto e riletto. Questa riforma non é un passo in quella direzione, è “il” passo nella giusta direzione. Perché un’altra occasione, in tempi ragionevoli, non ci sarà. E seppure migliorabile, questa riforma, se approvata, darà l’impulso iniziale per i successivi ritocchi. Se rigettata, nessun politico sano di mente si confronterà con il proprio suicidio elettorale per molti anni. Per non parlare del fatto che, sul fronte del NO, le varie forze schierate non saranno mai d’accordo fra loro su nulla, figuriamoci su un’altra riforma costituzionale. Ecco perché sì, questa è – almeno in tempi di cui è sensato ragionare – l’ultima occasione. Chi propone un’altra riforma, ma si oppone a questa, parla – magari buona fede – di un’opzione irreale.

Non è la riforma perfetta. Certamente non lo è, così come nulla che esca da un Parlamento, calato in uno scontro politico, frutto di compromesso. Infatti non lo è nemmeno la vigente Costituzione, che qualcuno ora difende come se fosse la Bibbia (peraltro gli stessi che sarebbero pronti a “stuprare” la Carta Costituzionale domattina). Non è così. La riforma non sarà perfetta, ma sulla definizione di “perfetto” nessuno è d’accordo. Non significa nulla. Per la destra sarebbe “perfetto” il presidenzialismo. Per la sinistra il contrario. E quindi come lo troviamo il tanto menzionato “consenso” fra le forze, senza il quale non si può toccare la Carta costituzionale? Semplice, non lo troviamo. Mai. È impossibile e perfino indesiderabile. La Costituzione vigente è stata adottata con il consenso di tutti? No. I fascisti avevano perso e – deo gratias – non hanno partecipato alla redazione della Costituzione. La cosa è un male? Non direi. L’argomento del consenso di tutti è una favola, che al massimo attiene alla politica ma non alla legittimità di una norma. E anche in politica, è una favola. Non esiste e non deve esistere il consenso di tutti. Io non voglio il consenso di Salvini, tanto per cominciare. Tutto ciò lo sapeva bene il Costituente, che ha infatti previsto l’art. 38 della Carta, in base al quale la stessa si può cambiare a “colpi di maggioranza”, seppur larga, rafforzata, qualificata e magari con referendum popolare. Questa è democrazia, almeno secondo me. Sul consenso: questa riforma è stata votata e rivotata in Parlamento anche da Bersani e Berlusconi, che ora per ragioni su cui è persino inutile spendere tempo fanno campagna per il NO. Ma di quale consenso stiamo parlando?

La riforma ci consegna uno Stato autoritario e antidemocratico. Se a dirlo è Berlusconi, che ha provato a piazzare in Costituzione il presidenzialismo, quando questa riforma neanche ci pensa di lontano, già dovrebbe far riflettere. Ma restando nel merito, non ritengo che i rapporti fra Governo e Parlamento sarebbero stravolti a detrimento del processo democratico del Paese. La democrazia in Italia, come altrove, è minacciata da sistemi poco rappresentativi e da forze cristallizzate in una palude clientelare che va spezzata, così come da quelle forze che si propongono come anti-elitarie e che sono spesso reazionarie, populiste e pericolose. La democrazia è anche minacciata dal fatto che una maggioranza eletta dai cittadini non riesca a governare in maniera logica, dovendosi per regola affidare a coalizioni che sono solo agglomerati clientelari. Meglio la chiarezza, qualcuno le elezioni le deve vincere (Zagrebelsky, I’m sorry) e deve avere la possibilità di governare. Anche se si chiama Grillo e spero non succeda mai, se vince deve poter governare. Questa è democrazia. Altrimenti si rimane in un brodo di accordi strani che fanno nascere il rifiuto della politica e danno luogo proprio alla nascita di forze anti-politiche molto pericolose. Se è vero che la democrazia è meglio garantita dalla presenza di più Camere, “perché i cittadini possono scegliere di più” (come dice Di Maio), allora perché non proporre la creazione di una terza e magari di una quarta assemblea legislativa? Da ultimo, il Senato come quello emergente dalla riforma si appaierebbe all’architettura costituzionale della stragrande maggioranza dei Paesi europei, nei quali la Camera bassa è il vero parlamento, e il Senato al massimo rappresenta le realtà locali o fa da organo consultivo. Ma allora non sarebbe meglio eliminarlo del tutto? Certo. Ma in questa direzione va il SI, non il NO, che lascia tutto immutato.

È una riforma centralista. No. Il riordino delle competenze fra Stato e Regioni è necessario. Non per ricondurre a Roma le decisioni sul tutto, ma perché la democrazia non significa un sistema in cui si creano conflitti su chi deve decidere cosa. Democrazia amministrativa significa sussidiarietà: a vari livelli di questioni corrispondono vari livelli di organismi decisionali: l’Unione europea, lo Stato, le Regioni e (saltando le Province) i Comuni. L’assetto attuale ha dato luogo alla creazione di centri di corruzione, clientelismo e sprechi a livello regionale in nome dell’autonomia sbandierata come religione, quando invece si tratta, ancora una volta, di frammentazione per creare sacche di potere locale. Non entro nemmeno nella questione del CNEL, sulla cui inutilità – se non quella di cimitero degli elefanti di politici in pensione pagati a spese dei contribuenti – mi auguro non esista un dubbio al mondo.

Si dovrebbe votare solo nel merito, senza entrare nella questione politica. No, non si dovrebbe. E nemmeno si potrebbe. Se è vero che bisogna concentrarsi sul merito, è sempre vero che ogni riforma di questa portata è politica, è calata nella politica, è calata nella realtà e nella storia. Molti, me compreso, criticano Renzi per avere personalizzato il quesito, “o con me o contro di me”. Tuttavia, non vi è dubbio alcuno che anche senza questa sua spinta, le forze politiche contrarie avrebbero lanciato la campagna sui toni del “Renzi vai a casa”. Quindi la cosa vale per entrambi. La situazione politica attuale, in Italia, in Europa e nel mondo, non è normale. Il populismo nazionalista, i toni arrabbiati, il prima il popolo e la nazione, il razzismo, stanno dilagando. Siamo davanti a situazioni molto simili a tristissimi precedenti. E anche allora si sottovalutava. Ritengo che fare finta di nulla rispetto a questo sia pericoloso. Vedere uno schieramento per il NO composto da fascisti, xenofobi, residuati della prima repubblica (che hanno ridotto il Paese nell’attuale miseria e sono essi la causa della nascita delle forze dell’antipolitica), e qualche costituzionalista anima candida che fa il purista – a torto -, mi lascia perplesso e preoccupato. Peraltro, il “voto utile”, il voto del “meno peggio”, sono concetti eticamente assolutamente corretti. Non amo la Clinton. L’avrei votata per evitare l’elezione di Trump? Senza un dubbio al mondo. Non si può fare finta che la storia non esista. E ci sono momenti in cui bisogna decidere da che parte stare. Io non voto con chi blatera idiozie sull’Europa, con chi butterebbe a mare gli immigrati, con chi difende una Costituzione che non conosce, con chi ritiene questa riforma sbagliata solo perché non l’ha proposta lui, con chi la avversa perché teme di essere spazzato via dalla scena politica (vero D’Alema?) e per 30 anni non ha fatto nulla condannandomi a Grillo e Salvini (e quindi Trump, Le Pen, Farage), e ora ne spartisce le sorti.

I toni apocalittici sono sbagliati. Sì, vero. Compresi quelli che recitano:

– “quelli che hanno proposto la riforma sono i serial killer del futuro dei nostri figli” (Grillo);

– “questa è una dittatura alla quale preferirei Pinochet” (Grillo);

– “Renzi è peggio di Mussolini” (qualche esponente dell’ANPI);

– “il SI è l’attacco finale dei mercati al benessere dei lavoratori” (anonimo).

Non spendo quindi nessuna parola a commentare i toni apocalittici di chi sostiene il SI, perché non mi pare che quelli a favore del NO siano da meno.

In conclusione. Ritengo questa una riforma giusta, attesa, necessaria. Non cambia i valori fondamentali della nostra Costituzione (intoccabili, infatti) e anzi li rafforza. Rende il funzionamento della macchina Paese migliore. Lo rende anche più democratico, facendo un deciso passo in avanti verso l’eliminazione di paludi clientelari locali che sono il terreno di coltura di ogni abuso, sopruso, e di ogni azione reazionaria contro di essi. Io non voglio che un senatore Mastella si svegli la mattina e decida di far cadere il Governo Prodi (che aveva faticosamente sconfitto Berlusconi), perché non ha ottenuto le sue prebende con cui garantire altre prebende ai suoi clienti, e così alimentare il proprio piccolo regime. A danno di tutti. Questa roba non è democrazia. Questa roba porta al disastro. E la nostra Costituzione, nei suoi principi di democrazia, è violentata ogni giorno in questo modo più che da qualsivoglia riforma. Come ha detto qualcuno,

l’unica riforma perfetta è quella che non si confronta con la politica, perché non sarà mai approvata.

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Milano, Dublino, Londra e Bruxelles. Specializzato in diritto bancario, dei mercati finanziari e dell'Unione europea, collaboro con le facoltà di Economia e Diritto di alcune università europee.
3 Commenti
  1. Fabio Colombo

    Sono d'accordo su molte considerazioni, mi interrogo però su quale sia lo soglia di imperfezione che dobbiamo accettare pur di prendere una direzione, anche quando la riteniamo giusta.E se a molte imperfezioni passo sopra e guardo oltre,mi riesce difficile accettare che la Costituzione non garantisca che il Senato venga eletto direttamente dai cittadini. Questa francamente più che un'imperfezione, mi sembra una direzione sbagliata. Ecco, se tu hai superato anche questa imperfezione, mi piacerebbe capire come.

    • Ema

      Ciao Fabio, grazie come sempre per i tuoi commenti. Ciò che dici ha molto senso, mi riferisco al grado di imperfezione da accettare come prezzo da pagare per un voto in una direzione o in un'altra, in ogni voto, elezione o referendum che sia. Qui, essendo un voto su un testo giuridico così importante come la Costituzione, peraltro con modifiche così estese, la cosa si fa molto più difficile, e magari anche soggettiva. Sul tema specifico che poni, per me l'approccio è il seguente: il Senato nuovo, se ci sarà, sarà una Camera con valore molto ridimensionato, con funzioni di rappresentanza delle realtà locali e organo consultivo, un misto di ciò che è in Paesi come Germania o anche Inghilterra. Chi conta sta nell'altra camera, e' quella che va eletta. Questo già basterebbe per non rendere fondamentale l'elezione diretta dei sui componenti. In aggiunta, gli stessi senatori sarebbero comunque eletti dai cittadini, ma a livello locale. Poi forse non e' chiarissimo il sistema tramite il quale determinare chi sceglie chi inviare a Roma. Ma si può migliorare una volta fatto il primo grande passo. L'imperfezione quindi rimane, ma non tocca la democrazia, e credo sia comunque infinitamente più piccola di quella che si ottiene con il sistema vigente, che se non fosse già vigente considereremmo tutt'altro che perfetta. Anzi.

  2. Stefano Johnz Righi

    Se tifi anche Union Saint Gilloise bisogna che ci incontriamo appena salirò a Bruxelles... Condivido tutto.

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