In memoria del Faletti scrittore2 min read

4 Luglio 2014 Cultura -

In memoria del Faletti scrittore2 min read

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In memoria del Faletti scrittore
@Presenteprossimo

Io uccido, il thriller che ha aperto la fortunata carriera da scrittore dell’ex comico Giorgio Faletti, rientra nella categoria letteraria dei cosiddetti libri da treno; cioè, romanzi di facile consumo pensati più per intrattenere che per essere ricordati.

Neanche a farlo apposta, ho iniziato a leggere Io uccido proprio in treno. Era il 2002, avevo ventisette anni e stavo andando da Milano a una cittadina dell’Italia centrale per quello che nelle intenzioni doveva essere un incontro galante. Un viaggio di quasi tre ore e mezza.

Non voglio annoiarvi con i fatti miei; basti dire che l’incontro disattese le aspettative, rivelandosi ben poco galante. Eppure, la sera stessa, durante le quasi tre ore e mezza del viaggio di ritorno, la mia sfortunata situazione sentimentale occupava solo il secondo posto nei miei pensieri, con largo distacco sull’ansia di continuare a leggere Io uccido.

Arrivato a casa mi infilai a letto e, malgrado le quote non indifferenti di stanchezza e delusione accumulate nel corso della giornata, proseguii la lettura fino alle quattro del mattino. Il giorno dopo raggiunsi l’ultima delle oltre seicento pagine del libro.

Ora, non sono qui a sostenere che Io uccido è un capolavoro, o un pezzo di grande letteratura. Ha certamente molti difetti, anche soltanto come romanzo di genere: su tutti, un cast di personaggi stereotipati e una scrittura che alterna un onesto anonimato a tentativi falliti di elevazione poetica.

Tuttavia, se il debutto di Faletti è riuscito a farmi mettere da parte ogni priorità per due giorni della mia vita, è segno che almeno come macchina narrativa funziona alla grande. A un romanzo da treno mi sembra non si possa né debba chiedere altro.

In seguito, a quanto ne so, Faletti non è più riuscito a replicare l’exploit dell’esordio in modo altrettanto brillante. Niente di vero tranne gli occhi è scorrevole, ma pecca spesso d’ingenuità; Fuori da un evidente destino, coraggioso tentativo di abbandonare il thriller a favore dell’horror paranormale, zoppica non poco sul piano del ritmo; Io sono Dio è così ridondante che si potrebbe dimezzare senza danni.

Però Io uccido resta lì a dimostrare il potenziale da storyteller del suo autore; non è poco, in un Paese di narratori deboli come il nostro. Adesso Faletti ci lascia con un inedito che, nelle parole di chi l’ha letto, dovrebbe essere il romanzo più maturo della sua carriera. Molti lo compreranno in segno di omaggio, molti altri per curiosità; io credo che lo comprerò per leggerlo.

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Classe 1975, è laureato in Lettere. Lavora come editor in campo letterario, televisivo e cinematografico. Vive con la sua famiglia a Segrate, in provincia di Milano.
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