Big Hero 6 la recensione3 min read

29 Dicembre 2014 Cultura -

Big Hero 6 la recensione3 min read

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@Big Hero 6 la recensione

Lontanamente ispirato a una misconosciuta serie Marvel su un gruppo di supereroi giapponesi, Big Hero 6 è il cartoon Disney che sta dominando il settore del cinema d’animazione durante le feste natalizie. Anche perché è facile vincere quando si corre da soli: all’orizzonte si scorge un solo avversario all’altezza, Inside Out della Pixar, e non uscirà prima dell’estate 2015.

Big Hero 6 la recensione

Diretto da Don Hall e Chris Williams e prodotto dalla stessa squadra del plurimilionario Frozen–Il regno di ghiaccio, Big Hero 6 racconta la storia di Hiro, adolescente nippoamericano con un talento precoce per la robotica. Già orfano dei genitori, il ragazzo perde anche il fratello maggiore Tadashi in un misterioso incidente. Con l’aiuto di un team di nerd convertiti in supereroi, Hiro comincia a indagare sulla morte di Tadashi, incrociando la strada di un supercattivo dalla maschera kabuki.

Per quanto mi riguarda, Big Hero 6 ha due grosse virtù.

1)    L’ambientazione. Il film si svolge nell’immaginaria città di San Fransokyo, un mix di – indovinate un po’? Esatto – San Francisco e Tokyo. Bellissima idea, purtroppo poco sfruttata sul piano grafico: a parte un Golden Gate integrato con architetture da pagoda, qualche filare di ciliegi e un paio di tocchi nipponici qua e là, l’elemento giapponese non si sente molto.

2)    Baymax. Trattasi di androide gonfiabile lasciato da Tadashi a Hiro come una sorta di eredità/tutore. Tenero e morbidoso, almeno finché la sceneggiatura non lo trasforma in un epigono di Mazinga, Baymax è il personaggio più azzeccato del film, e l’unico motivo per cui sentite un sacco di gente dire che Big Hero 6 è bello.

Io no, non ve lo dico, e infatti le notazioni positive finiscono qui.

L’intenzione degli sceneggiatori, Don Hall e Jordan Roberts, era chiaramente quella di scrivere un film bifronte, che divertisse l’audience dei minorenni ma sapesse anche affrontare un argomento adulto come l’elaborazione del lutto.

Un cartoon sulla morte: non è una novità, si pensi ad esempio a quel capolavoro di delicatezza che è Up. Solo che in Up le due anime, il tema grave e la leggerezza dei personaggi animati, si integravano tra loro in modo spontaneo e senza stridori. Big Hero 6, viceversa, sembra misurato col righello e pesato col bilancino: ogni tre minuti di lacrime – letterali: mai visto il protagonista di un cartone piangere così tanto – tre minuti d’azione frenetica da videogioco. Ma mica basta accelerare i ritmi per avvincere, né è sufficiente fare la faccia triste per arrivare al cuore.

Altro problema: il titolo. Il film si chiama Big Hero 6 e quindi al centro della vicenda dev’esserci una squadra di sei eroi. Solo che la coppia Hiro–Baymax si mangia quasi tutto il minutaggio: gli altri quattro, malgrado gli sforzi per caratterizzarli al meglio nel minor tempo possibile, sembrano messi lì con l’unico scopo di giustificare il numero sulle locandine.

Concludendo: ci sono robot volanti, comprimari buffi e personaggi con superpoteri, perciò ai bambini sotto i dieci anni potrebbe anche piacere. Ai loro genitori, però, potrebbe pure scappare uno sbadiglio.

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Classe 1975, è laureato in Lettere. Lavora come editor in campo letterario, televisivo e cinematografico. Vive con la sua famiglia a Segrate, in provincia di Milano.
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