Inter, questione di testa3 min read

9 Febbraio 2016 Uncategorized -

Inter, questione di testa3 min read

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@hellas1903

Ho scritto finché l’Inter è andata bene oppure l’Inter è andata bene finché ho scritto? Non lo so, sta di fatto che era da un po’ che non ci sentivamo su queste pagine, di certo non perché Mancini&Co hanno iniziato a non fare più punti.

Comunque, come va, tutto bene? Bene, buon per voi. Io come sto? Potrebbe andare meglio. L’Inter? Potrebbe andare molto meglio. È tutta una questione di testa. Lo ha spiegato benissimo la partita con l’Hellas Verona. Testa intesa come colpi di testa, testa intesa come concentrazione, testa intesa come “testa di…”, no, quest’ultima cancellatela, ero fuori tema.

Verona-Inter, quando conta la testa

Comunque sia, la testa è fondamentale. Chiedetelo a Oliver Bierhoff, che sulla testa ha costruito un’intera carriera, anche fuori dal campo. O chiedetelo al Verona, che sarebbe l’ultima squadra in classifica, per tutti già spacciata. E che, contro l’Inter, si è trovata sotto dopo 9′ del primo tempo. Chiunque, in quel momento, in quella situazione, sarebbe uscita dal campo. E invece no.

Anche perché nel frattempo ad uscire dal campo sono stati Icardi e compagni. L’impressione è che, sbloccata la partita, si siano addormentati. Ok che magari alle 12.30 le lasagne le hai appena ingerite e scatta la pennica, però non dovrebbe succedere se sei una squadra di calcio. E soprattutto non dovrebbero mangiare le lasagne prima di una partita.

Quando conta la testa, l’Inter oggi non la mette più. Prendiamo una semplice statistica: l’Hellas Verona alle 12.29 aveva segnato 16 gol in 23 giornate, di cui 11 su palla inattiva. Dato semplice, che in tanti sapevano già. Che ragionamento dovrebbe portare questo numero? Facile, serve più attenzione sui calci da fermo. O magari studiare qualcosa che possa diminuire il rischio. La risposta non è “chissenefrega, siamo l’Inter, questi non segneranno comunque”. Perché poi capita che nel giro di 45′ di gioco il Verona segni tre gol di testa da palla inattiva, tutti nello stesso modo: difesa interista schierata a zona, giocatori immobili che guardano gli avversari colpire indisturbati e segnare.

Io sono il più fermo oppositore della difesa a zona su corner e simili, e ieri credo lo siano diventati anche tutti gli interisti. Il motivo del mio odio è perfettamente chiarificato sul terzo gol: un giocatore in corsa ha più possibilità di colpire la palla rispetto ad uno immobile. Se hai 7 marcantoni da 1.90 (come aveva la prima Inter di Mancini), son talmente grossi che nessuno la prende comunque; se non ne hai, magari, un’altra opzione andrebbe presa in considerazione.

Comunque sia, l’Inter si ritrova sotto 3-1. Sul campo dell’Hellas Verona, ultima in classifica. Contro una squadra che non aveva mai segnato più di due gol nella stessa partita in stagione. Subendo la nona rete nelle ultime quattro partite, dopo averne subiti 9 nelle prime 14 gare stagionali. Questione di colpi di testa, questione di testa che non gira e non connette come dovrebbe.

La rimonta poi è conseguenza di quando la testa funziona, in campo e in panchina, anche se c’è quel problema mentale di non aver ancora capovolto la situazione quando si è andati in svantaggio (3 pareggi, 5 sconfitte). Il 3-3 finale di Verona-Inter è almeno una risposta.

La corsa Champions si è allargata a 3 squadre, il Milan comunque non è troppo distante. Ora serve la testa, per ragionare, per segnare, per difendere. Perché se perdi la testa già a febbraio è finita.

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Classe 1990, trapiantato a Milano ma orgogliosamente friulano, collaboro dal 2011 con il Messaggero Veneto, dal 2013 con Libero e dal 2015 su FabbricaInter, occupandomi prevalentemente di sport. Il mio film preferito è "The Blues Brothers" e John Belushi è la mia guida spirituale, anche se Dio è portoghese.
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