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Referendum 4 dicembre: 5 momenti ‘memorabili’ di una campagna infinita

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La campagna referendaria che sta per giungere al termine è stata definita una delle più lunghe, aspre, irrispettose al limite della volgarità che si ricordino. Combattuta su moltissimi fronti, dalle piazze reali a quelle virtuali di Facebook e Twitter, dai salotti televisivi di Mentana, Vespa e Del Debbio alle caselle postali degli italiani d’Italia e che vivono all’estero, si è svolta in un clima di botta e risposta dai toni sempre più coloriti.

Il risultato è che spesso le ragioni dell’uno e dell’altro schieramento, che abbiamo riepilogato qui, sono passate in secondo piano, trasformando il voto in una manifestazione di simpatia/antipatia verso questo o quel leader, verso questo o quel partito politico. Il merito della modifica degli articoli della Costituzione è stato quasi sempre affrontato sbrigativamente, per dedicarsi alla denigrazione degli avversari basata su errori, contraddizioni storico/politiche e dati economici, in perfetto stile da campagna elettorale pre-elezioni politiche.

Una situazione del genere ha regalato però alcune chicche che, affrontate con un sorriso, possono accompagnarci verso gli ultimissimi giorni che ci separano dalle urne. Le quali, vada come vada, sanciranno almeno la fine del monopolio televisivo/giornalistico/social della lotta tra fazioni.

1. Il caso Beatrice Di Maio

Se Arthur Conan Doyle avesse inventato una storia come questa per una delle sue avventure di Sherlock Holmes, probabilmente l’editore non l’avrebbe pubblicato perché troppo inverosimile. Ma la politica italiana non conosce limiti in questo senso.

I fatti: a metà novembre La Stampa scrive che il sottosegretario Luca Lotti ha sporto denuncia alla Procura di Firenze e che il PD ha presentato due interrogazioni parlamentari contro l’utente Twitter Beatrice Di Maio. L’accusa? L’utente, che vanta un gran numero di follower, pubblica post denigratori/satirici contro il Governo ed i suoi esponenti e sarebbe parte di una macchina del fango organizzata, di una rete occulta dedita a cyber-propaganda targata Movimento 5 Stelle, basata su algoritmi da far intimidire gli hacker!

Immediata la replica del blog di Grillo, che tra smentite, richiami alla libertà di espressione ed hashtag (#IoStoConBea) sottolinea come la Di Maio non sia che una comune cittadina che esprime liberamente il proprio dissenso. Duri anche diversi esponenti del Movimento, che richiamano il Governo ad occuparsi di questioni serie e a non perdere tempo con interrogazioni parlamentari assurde.

La soluzione del caso arriva neanche dieci giorni più tardi, e non grazie all’investigatore privato di Londra, ma al giornalista di Libero Franco Bechis. Il quale svela che dietro all’account incriminato si cela nientepopodimeno che Tommasa Giovannoni “Titti” Ottaviani, meglio identificabile come la moglie di Renato Brunetta!

La Ottaviani spiega di aver agito all’insaputa del marito e di non temere la denuncia di Lotti, anzi di essere pronta a sporgerne una a sua volta. Il M5S ne esce pulito, il PD e La Stampa un po’ meno, ma vivono tutti felici e contenti.

2. I serial killer e la scrofa

Nella lunga strada verso il referendum non è mancato l’intervento diretto di Beppe Grillo, che in un videomessaggio ha esposto con la sua proverbiale pacatezza le proprie opinioni. Da “siamo oltre la dittatura”, perché quella di Renzi è una dittatura nascosta contro cui è difficile organizzare una resistenza, a “questa gente sono serial killer”, che rubano il futuro dei nostri nipoti. Per continuare, qualche post dopo, con il paragone tra Renzi ed una “scrofa ferita che attacca chiunque veda”.

Il premier ha replicato leggendo dietro all’inasprimento dei toni il tentativo di attirare l’attenzione e distoglierla dal caso delle firme false per le liste del M5S a Palermo e a Bologna. Grillo, invece, si sta probabilmente candidando all’oscar per l’offesa più grande fatta ad un avversario politico, anche se la battaglia con De Luca sarà molto ardua.

3.Il clientelismo di De Luca

Il 15 novembre il governatore della Campania Vincenzo De Luca, già noto per aver incitato alla violenza contro Di Maio e Di Battista e per aver auspicato l’uccisione di Rosy Bindi, convoca 300 sindaci campani in un incontro a porte chiuse, con l’obiettivo di definire le strategie per il referendum costituzionale. In qualche modo Il Fatto Quotidiano riesce ad accedere ad una registrazione audio della riunione, che pubblica integralmente, scatenando un caso.

De Luca esorta i suoi sindaci a mobilitarsi con il porta a porta, che non sarebbe niente di eccessivo (escluso il fatto che un sindaco rappresenta tutti i cittadini, non solo quelli che la pensano come il suo partito di appartenenza). Ma aggiunge che l’obiettivo è portare alle urne migliaia e migliaia di cittadini decisi a scegliere il sì, costi quel che costi, attuando una “clientela organizzata, scientifica, razionale come Cristo comanda”. Come fare? I mezzi sono tanti: basta offrire una frittura di pesce, un giro in barca, una gitarella in yacht, qualunque cosa possa solleticare gli elettori e convincerli a votare sì.

Le reazioni alla vicenda sono disparate. Il PD, anche nella persona dello stesso Renzi e di Orfini, cerca di aggirare l’ostacolo, sostenendo che De Luca è un personaggio pittoresco e va capito, o che ha metodi non condivisibili ma è un amministratore che sa fare il proprio mestiere. Le opposizioni scandalizzate attaccano e denunciano lo scandalo del clientelismo, la Procura di Napoli apre un fascicolo che probabilmente sfocerà in un nulla di fatto. E a noi non resta che sorridere tristemente pensando alla carta costituzionale unta dalla frittura di pesce.


4.Il trumpismo di Salvini

Pochi giorni dopo la vittoria a sorpresa di Donald Trump alle elezioni americane, Matteo Salvini e la Lega si sono radunati a Firenze per una manifestazione in chiave referendaria e non solo. Perché, oltre a ribadire il no alla riforma, Salvini ha sfruttato il vento del cambiamento iniziato con la Brexit e rafforzato dall’elezione di Trump per candidarsi a leader del Centrodestra alle prossime elezioni.

Elezioni che, in caso di vittoria del no al referendum, dovranno essere immediate. Niente spazio per governi di scopo scelti dal Presidente Mattarella, dice Salvini, che promette anche una riforma costituzionale leghista capace di abolire il Presidente della Repubblica “che non serve a niente”, una legge elettorale per scegliere direttamente il presidente del Consiglio e la trasformazione del Quirinale in un asilo per i bambini che non trovano posto. Manca solo il muro al confine col Messico, ma si stanno organizzando.


5.Padoan e il prezzo del latte

Siamo sempre a metà novembre. Negli studi di Porta a Porta il confronto pre-referendario vede scontrarsi, tra gli altri, Matteo Salvini e il ministro dell’economia Pier Carlo Padoan. Il leader della Lega, con sguardo crudele e malizioso, chiede all’avversario:

Quanto costa un litro di latte? E la retta mensile di un asilo? E un litro di benzina?

Nel silenzio di tomba che cala in studio, il ministro abbassa gli occhi e sfoglia distrattamente alcuni fogli che tiene in mano. Imbarazzato come uno studente beccato a sorpresa dal professore, farfuglia che per il latte dovrebbe chiedere a sua moglie, perché non fa la spesa da quando fa il suo lavoro, e che per quanto riguarda le rette non ha figli piccoli. Salvini è scandalizzato, la ministra Boschi interviene e la questione cade momentaneamente.

https://www.youtube.com/watch?v=W35X3KxJamE

Nei giorni seguenti il video è un tormentone. Salvini cavalca l’onda su Twitter, Crozza trova materiale pronto per il suo Paese delle Meraviglie senza scomodare gli autori. Anche lo stesso Padoan replica con un tweet (chissà chi gliel’avrà suggerito?) dove quantifica il calo di tassazione durante il governo Renzi in 15 miliardi di litri di latte. Il conto però gliel’ha fatto la moglie.

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