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Sei valide alternative agli Nba Awards 2016

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Gli NBA Awards 2016 visti da un’altra prospettiva: quella di chi non li vincerà. Anche se meriterebbe più di una menzione.

Al di là di quest’emozionante stagione, in cui nell’ultima notte di Regular Season i fan NBA hanno avuto almeno due motivi per seguire con interesse partite che normalmente hanno ben poco da dire, la prima parte del più bel periodo dell’anno cestistico, i playoff NBA, sono dominati dalle conversazioni sui “premi dell’anno”.

Quest’anno ho deciso anche io di lanciarmi, ma in modo differente. Qui non avrete infatti i nomi “classici” e mainstream, ma accenderemo una luce su altri protagonisti della stagione NBA:

  • Nessun nome, tra quelli che leggerete, ha partecipato all’All Star Game (o al Rookie Game) in questa stagione;
  • Nessun nome è parte delle attuali squadre top 5 NBA (Golden State, San Antonio, Cleveland, Oklahoma City, Toronto).

Detto ciò, diamo inizio alle danze.

@thesportquotient

Most Valuable Player: Damian Lillard (Portland Trail Blazers)

2015-16: 25.1 ppg (6°), 4.0 rpg, 6.9 apg (7°), 41.9% FG%, 37.5% 3P%, 89.2 FT% (6°), 22.1 PER (16°).

They sleep on him

L’intera stagione di Damian Lillard da Portland, Oregon, si può volendo riassumere in questa frase.

Il numero 0 dei Blazers in questa stagione ha rappresentato l’essenza del Most Valuable Player, trascinando una squadra data da tutto il mondo come una delle possibili peggiori della stagione al 5° posto ad Ovest, beneficiando anche del suicidio degli Houston Rockets e con l’annus horribilis dei New Orleans Pelicans.

Un premio su cui ci sono poche discussioni, visto che Lillard potrebbe anche finire nella top 5 del “premio” vero, che sarà vinto (ovviamente) da Stephen Curry.

 

(Scorri tra le pagine per vedere gli altri NBA Awards 2016)

@si.com

Rookie of the Year: Myles Turner (Indiana Pacers)

2015-16: 10.4 ppg (7° tra i rookie), 5.6 rpg (5°), 1.4 bpg (3°), 49.8% FG.

Dati i paletti che mi sono prefissato nella mia scelta degli NBA Awards 2016, sapevo già dall’inizio che questo sarebbe stato il premio più complicato di tutti.

Il mio personale RoY lo consegno a Myles Turner, assente nel weekend di Toronto anche a causa del suo impatto differito in NBA per via di una serie d’infortuni (soltanto 10 partite giocate prima di Gennaio), che ha saputo affermarsi come uno dei lunghi più promettenti per il prossimo decennio, dietro la scia luminosa di Karl-Anthony Towns, sicuro futuro Rookie of the Year.

Il contributo di Turner dopo l’All Star Weekend (10.9 punti e 6.2 rimbalzi di media, con un rispettabilissimo 84% ai liberi) è stato fondamentale nell’aiutare i giovani Pacers a ritornare ai playoff dopo l’assenza dello scorso anno.

@nba.com

Defensive Player of the Year: Hassan Whiteside (Miami Heat)

2015-16: 14.2 ppg, 11.8 rpg (3°), 3.7 bpg (1°), 94.5 DefRtg (1°), 5.3 DefWS (5°)

Quando, nella scorsa stagione, l’NBA ha assistito all’improvvisa esplosione di Hassan Whiteside, dopo che il nostro aveva trascorso anni in giro per il mondo alla ricerca del “suo posto nel gioco”, in molti avevano pensato si trattasse di un semplice e puro fuoco di paglia, accentuato dal fatto che gli Heat (pur limitati dall’infortunio a Chris Bosh) non si erano nemmeno qualificati ai Playoff.

Il 2015-16 ha confermato che Hassan Whiteside, alla vigilia di una Free Agency da protagonista, is for real.

Il concetto di intimidazione difensiva non è sottolineato soltanto dalle quasi 4 stoppate a partita o dalle tre triple doppie stagionali comprendenti le stoppate, ma soprattutto dagli impressionanti dati analitici: il numero 21 degli Heat è il primo giocatore NBA per defensive rating e quinto assoluto per Defensive Win Shares, capacità di incidere sulla partita dal punto di vista difensivo.

È migliorato in quasi tutte le statistiche (compresi i tiri liberi, che gli consentono di evitare fasi hack-a-Whiteside che potrebbero obbligare Spoelstra a privarsi del suo totem) e anche nel controllo del corpo sul campo: la media quasi identica rispetto alla scorsa stagione di falli a partita ne è la prova.

Il premio, quello vero, è stato vinto meritatamente da Kawhi Leonard, con il buon Hassan classificatosi 3°, dietro anche a Draymond Green.

@todayfastbreak.com

Most Improved Player: Kemba Walker (Charlotte Hornets)

2015-16: 20.9 ppg, 4.4 rpg, 5.2 apg, 42.7% FG, 37.1% 3FG, 35.6 mpg (3° per minuti totali)

Il premio vero, a conferma di quanto ci si aspettasse, è stato vinto da CJ McCollum dei Portland Trail Blazers. E, anche in questo caso, si tratta di un premio giusto e meritato.

So, why Kemba Walker?

Per la promessa di indicare 10 “nominati” che il premio non lo vinceranno: il play ex-U Conn ha tanti, tantissimi meriti sull’eccezionale rendimento nel 2016 dei suoi Hornets. I miglioramenti mostrati sul termine della creatività offensiva (112 di Offensive Rating e 6.3 di Offensive Win Shares, per distacco Career High in entrambe le categorie) ne han fatto uno dei giocatori più insostituibili della lega (4.4 di Value Over Replacement, 12° nella lega).

Walker è anche importante, per Charlotte, in termini difensivi: è top 20 in Defensive Win Shares, uno dei pochi esterni a figurare in graduatoria.

Sarà quindi interessante vedere se questa stagione rappresenterà un punto di partenza o il suo peak.

@nbcsports.com

Coach of the Year: Dave Joerger (Memphis Grizzlies)

Nonostante l’introduzione nel ballot di Luke Walton, che potrebbe togliergli qualche voto, sarà difficile non vedere questo premio assegnato  a Steve Kerr, coach della migliore squadra di tutti i tempi in una singola Regular Season (i Golden State Warriors).

Quest’anno c’è comunque abbondanza di scelta: escludendo Gregg Popovich (Spurs) e Dwane Casey (Raptors) in top 5, quelle di Mike Budenholzer (Hawks, vincitore l’anno scorso), Brad Stevens (Celtics), Terry Stotts (Blazers), Steve Clifford (Hornets) e Rick Carlisle (Mavericks) sono tutte ottime candidature che sicuramente troveremo nella classifica finale.

Il mio premio però lo voglio assegnare a Dave Joerger dei Memphis Grizzlies, protagonista assoluto di una stagione che già in fase di presentazione dei playoff abbiamo definito allucinante.

A causa dei movimenti effettuati in Off-Season, e delle prospettive future, quella 2015-16 per Joerger e i Grizzlies doveva essere la stagione dell’addio al Grit-n-Grind verso uno stile di gioco più moderno e dinamico, ma la vita della franchigia del Tennessee è stata complicata dagli infiniti infortuni che han reso necessario il tesseramento di 28 giocatori, record NBA, tutti con almeno una partita disputata in stagione con la casacca dei Grizzlies.

In queste condizioni decisamente precarie Joerger è riuscito a condurre la sua squadra verso una qualificazione ai playoff mai in discussione, nonostante la flessione di fine stagione (6-10 a marzo e addirittura 1-6 ad aprile), portando una squadra i cui giocatori dai numeri migliori a un certo punto della stagione son stati Zach Randolph e Matt Barnes al 7° posto finale.

La serie contro San Antonio finirà troppo presto, ma l’incredibile lavoro di Joerger rischia di passare molto sotto traccia.

@usatoday

6th Man of the Year: Dennis Schroeder (Atlanta Hawks)

2015-16: 11.0 ppg, 4.4 apg, 42.1% FG, 32.2% 3FG.

La bontà della stagione del folletto tedesco degli Hawks, legittimo candidato di seconda fascia al premio che alla fine è stato vinto (per la terza volta in carriera, record NBA) da Jamal Crawford dei Los Angeles Clippers, non risiede soprattutto nei numeri, comunque rilevanti: in fondo parliamo di cifre che, proiettate sui 36 minuti, parlano di un possibile play titolare NBA (19.5 punti e 7.8 assist di media).

La bontà risiede nell’essere stato in grado di guidare, con successo, la second unit della migliore squadra difensiva dell’NBA nel 2016: lo Schroeder visto nei suoi primi due anni NBA (e la scorsa estate a Berlino all’Europeo) era un giocatore dall’elevato talento ma, allo stesso tempo, dall’eccessiva fumosità e capacità di dispersione di quanto di buono seminato; nel 2016 il play tedesco ha iniziato a seminare con decisione, presso la dirigenza di Atlanta, il dubbio sul chi puntare nel futuro tra lui e il titolare di lungo corso Jeff Teague, essendo entrambi in scadenza nell’estate 2017.

Il decisivo apporto ad una squadra dal record (e gioco) vincente come Atlanta fa preferire il giovane Dennis all’energia di Will Barton, legittimo candidato anche al premio di Most Improved Player e giunto quinto nella classifica ufficiale.

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