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L’Italia è un paese sempre più vecchio

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Nel 2019 sono nati in Italia 435 mila bambini, il peggior risultato dall’Unità d’Italia ad oggi. Il saldo con il numero dei morti è negativo (-212 mila unità), ridotto solo dal saldo migratorio positivo (+143 mila unità). Il movimento naturale della popolazione (nati – morti) è però sempre più negativo mentre il saldo migratorio è sempre meno positivo. La differenza è destinata a crescere nel 2020, quando sulla mortalità ci sarà l’effetto covid-19. Sono dati che parlano chiaro: l’invecchiamento della popolazione in Italia è un elemento strutturale.

Analizziamo allora il fenomeno dell’invecchiamento della popolazione cercando di capire meglio cosa ci dicono gli indicatori che lo descrivono. Utilizziamo gli ultimi dati disponibili validati da Eurostat, l’agenzia statistica europea, relativi al 2018.

Foto: Matteo Paciotti

Invecchiamento della popolazione in Italia: speranza di vita

La popolazione italiana vive molto a lungo: la speranza di vita alla nascita è di 83,4 anni, tornata ai livelli del 2016, dopo il lieve calo del 2017. Nell’Unione Europea siamo secondi solo alla Spagna (83,5) e precediamo paesi come Francia, Svezia, Austria, Olanda. In Germania e Danimarca l’aspettativa di vita – 81 anni – è di ben 2,4 anni minore della nostra. I paesi europei dove la speranza di vita alla nascita è più bassa sono i paesi dell’est: Bulgaria (75 anni), Lituania (75,1), Romania (75,3), preceduti da Lituania, Ungheria e Slovacchia.

Negli ultimi 10 anni l’aspettativa di vita in Europa è cresciuta di 1,4 anni in media e tutti i paesi europei sono cresciuti. La Germania è il paese con la crescita più contenuta (+0,9 anni), i paesi baltici quelli con la crescita maggiore, tra i 2 e i 3 anni.

Nel mondo, oltre alla Spagna, ci superano solo Giappone e Svizzera, con un’aspettativa di vita di 84 anni. Va ricordato che ancora oggi in molti paesi africani la speranza di vita alla nascita è inferiore ai 60 anni. La media mondiale è di 72,5 anni, in crescita rapida e continua (era 52 anni nel 1960).

Come noto, le donne hanno un’aspettativa di vita più lunga degli uomini. In Italia ad esempio la speranza di vita alla nascita per le donne è di 85,6 anni, contro gli 81,2 degli uomini. IIn compenso gli uomini italiani sono quelli che vivono più a lungo in Europa dopo gli svizzeri, dieci anni in più degli uomini di molti paesi dell’est.

A livello regionale l’aspettativa di vita è ovunque oltre gli 82 anni. È più alta nella provincia di Trento (84,4), seguita da provincia di Bolzano, Marche, Umbria, Veneto, Toscana e Lombardia, Toscana. Tra le regioni con i dati più bassi spicca la Campania (81,9 anni), preceduta da Sicilia, Valle d’Aosta, Piemonte, Calabria, Liguria e Basilicata.

Rispetto allo scorso anno assistiamo a un riequilibrio tra le regioni, con il divario tra nord e sud che diminuisce. Rispetto a 10 anni fa l’aspettativa di vita è in crescita ovunque, con valori di oltre 2 anni in Lazio e Abruzzo, e crescite invece più contenute in Valle d’Aosta e Basilicata.

Ci si aspetta che il covid-19 possa avere un impatto anche sui dati dell’aspettativa di vita alla nascita, verificheremo quando saranno disponibili i dati relativi al 2020.

Tasso di fecondità

Altro indicatore dell’invecchiamento della popolazione in Italia è il tasso di fecondità, ossia il numero medio di figli per donna o, per maggiore precisione, il numero medio di figli per donna in età feconda (15-49 anni). Il tasso di fecondità che assicura ad una popolazione la possibilità di riprodursi mantenendo costante la propria struttura è pari a 2,1 figli per donna.

In Italia il tasso di fecondità è di 1,29 figli per donna. Il dato ha toccato il minimo storico (1,19) nel 1995 per poi risalire fino all’1,46 del 2010. Da allora, la discesa è costante e inesorabile.

Il nostro è il terzo dato più basso d’Europa, davanti solo a Malta e Spagna. Il paese europeo con il tasso di fecondità più alto è la Francia, con 1,88 figli per donna. Seguono Svezia, Romania, Irlanda.

Negli ultimi 10 anni il tasso di fecondità non ha mai raggiunto la soglia di 2,1 in nessun paese europeo. Il calo più significativo si registra in Finlandia (-0,45), seguita da Irlanda (-0,31) e Regno Unito. L’Italia ha perso 0,16 unità. Tra i paesi dove il tasso di fecondità è cresciuto negli ultimi 10 anni segnaliamo Ungheria (+0,23), Germania (+0,21) e Repubblica Ceca (+0,20).

Tornando in Italia, le differenze regionali sono notevoli: il tasso di fecondità è in generale più alto al nord, dove la provincia di Bolzano la fa da padrona (1,72 figli per donna). Seguono, a debita distanza, provincia di Trento (1,45), Valle d’Aosta (1,38) e Lombardia (1,35). Drammaticamente basso è il dato della Sardegna – 1,02 figli per donna – ma la situazione è molto preoccupante anche in Molise, Basilicata, Puglia, Abruzzo.

Rispetto agli anni di picco (tra il 2008 e il 2011 in base alla regione, comunque mai sopra all’1,7), il dato è in grosso calo ovunque. Unica eccezione è la provincia di Bolzano che ha un dato in crescita costante dal 2009 al 2016 (da 1,57 a 1,76), con un leggero calo negli ultimi due anni.

Per allargare la visione al resto del mondo, il tasso di fecondità di molti paesi africani è superiore al 5, anche se in calo, ed è abbastanza impressionante verificare la sua relazione diretta con il reddito.

Indice di vecchiaia e di dipendenza

La combinazione tra aumento della vita media e decremento del tasso di fecondità genera indici di vecchiaia e di dipendenza alle stelle in Italia, tra i più alti al mondo. Ma cosa sono questi due indici?

L’indice di vecchiaia è il rapporto tra la popolazione over 65 anni e la popolazione di 0-14 anni, moltiplicato per 100. Questo dato nel 2018 è di 168,9. Cosa significa? Brutalmente, che ci sono molti più anziani che giovani, e che questo sbilanciamento è in continua crescita.

Secondo Istat, la regione più vecchia d’Italia è la Liguria (indice di vecchiaia di 252,4), seguita da Friuli Venezia Giulia, Molise e Sardegna. L’indice di vecchiaia più basso si riscontra in provincia di Bolzano, seguita da Campania e Sicilia.

L’indice di dipendenza invece è il rapporto tra popolazione over 65 e popolazione in età lavorativa, cioè tra i 15 e i 64 anni. Si esprime ponendo a 100 la quota degli adulti in età lavorativa. Anche qui, più è alto il dato, peggio è.

I risultati sono per noi sconcertanti: ogni 100 persone in età lavorativa ci sono in Italia 35,2 persone oltre i 65 anni. Si tratta del dato peggiore d’Europa (30,5 è il dato medio europeo). I paesi dove questo rapporto è migliore sono Lussemburgo (20,6), Irlanda (21,2) e Slovacchia (22,5). Pensate che, per fare un paragone, l’indice di dipendenza in Turchia è di 12,6.

Questi due indicatori sono particolarmente importanti perché esprimono il cosiddetto “debito demografico” che un paese ha nei confronti delle generazioni future in termini di sanità, assistenza e previdenza.

Invecchiamento della popolazione in Italia: over 65

Altra conseguenza di una vita media molto lunga unita ad un tasso di fecondità molto basso è, intuitivamente, che in Italia ci sono molti anziani. In effetti è così: la popolazione anziana (da convenzione gli over 65) rappresenta il 22,6% della popolazione, contro una media europea del 19,7%. È, manco a dirlo, il dato più alto di tutta Europa.

Storicamente siamo sempre stati tra i paesi con una maggiore quota di anziani, certo le proporzioni sono aumentate in modo molto significativo con il passare del tempo, basti pensare che nel 1983 la quota di ultrasessantacinquenni era del 13,1%.

Età mediana della popolazione

Altro valore in cui ci distinguiamo in Europa è l’età mediana della popolazione, che da noi si attesta a 46,3 anni contro una media europea di 43,1. Entrambi i dati sono in continuo aumento. Prendiamo l’Italia: nel 1960 l’età mediana della popolazione era 31,7 anni!

L’età mediana, da non confondersi con la media delle età, è quel valore che ripartisce una popolazione, ordinata appunto secondo le età dei suoi componenti, in due gruppi ugualmente numerosi. È considerata una misura più affidabile perché meno influenzata dagli estremi di quanto non sia l’età media.

Nel confronto europeo siamo primi davanti a Germania (46 anni), Portogallo e Grecia, mentre il paese più giovane d’Europa è l’Irlanda (età mediana 37,3 anni), seguito da Cipro (37,4) e Lussemburgo (39,4).

Invecchiamento della popolazione in Italia: le previsioni

Tutte le previsioni demografiche indicano che i processi in corso fotografati dai dati sopra riportati proseguiranno il loro trend, aggravando il processo di invecchiamento della popolazione in Italia.

La questione riguarda tutti i paesi europei, secondo le previsioni da qui al 2050 solo quattro paesi avranno un saldo naturale positivo: Irlanda, Francia, Regno Unito e Svezia. L’Italia, insieme a Germania, Bulgaria e agli altri paesi dell’Europa meridionale, è tra i paesi messi peggio.

La quota di over 65 in Europa passerà dall’attuale 19,4% ad un previsto 28,5%, facendo quindi aumentare notevolmente i pensionati a scapito della forza lavoro, con riflessi importanti sulla tenuta del sistema di welfare. Nei paesi mediterranei – Italia, Spagna, Grecia, Portogallo – una persona su tre avrà più di 65 anni.

Una simile situazione demografica e socio-economica può essere compensata solo con la combinazione di due fattori: la gestione di politiche migratorie che favoriscano la stabilizzazione di persone in età lavorativa nei paesi europei e una svolta epocale nelle politiche sociali che sia in grado di mutare i comportamenti degli individui e delle famiglie, intervenendo in particolare sull’innalzamento del tasso di fecondità.

Ma davvero si è anziani a 65 anni?

Immagine | Chris Marchant

Nel 2018 sono nati in Italia 449 mila bambini, il peggior risultato dall’Unità d’Italia ad oggi. Il saldo con il numero dei morti è negativo (-187 mila unità), compensato solo dal saldo migratorio positivo (+190 mila unità). Il movimento naturale della popolazione (nati – morti) è però sempre più negativo mentre il saldo migratorio è sempre meno positivo. Sono dati che parlano chiaro: l’invecchiamento della popolazione in Italia è un elemento strutturale.

Analizziamo allora il fenomeno dell’invecchiamento della popolazione cercando di capire meglio cosa ci dicono gli indicatori che lo descrivono. Utilizziamo gli ultimi dati disponibili validati da Eurostat, l’agenzia statistica europea, relativi al 2017.

Invecchiamento della popolazione in Italia: speranza di vita 2017

La popolazione italiana vive molto a lungo: la speranza di vita alla nascita è di 83,1 anni, in lieve calo rispetto al 2016, quando era di 83,4 anni. In Europa siamo secondi solo alla Spagna (83,4) e precediamo paesi come Francia, Svezia, Austria, Olanda. In Germania l’aspettativa di vita – 81 anni – è di ben 2,2 anni minore della nostra. I paesi europei dove la speranza di vita alla nascita è più bassa sono i paesi dell’est: Lituania, Lettonia e Bulgaria (74,9 anni), preceduti da Romania, Ungheria e Slovacchia.

Negli ultimi 10 anni l’aspettativa di vita in Europa è cresciuta di 1,5 anni in media e tutti i paesi europei sono cresciuti. La Germania è il paese con la crescita più contenuta (+0,9 anni), la Lituania quello con la crescita maggiore (+4,1 anni).

Nell’ultimo anno il trend è molto più incerto. La media europea è scesa di 0,1 anni tra il 2016 e il 2017 e alcuni paesi (Lussemburgo, Cipro, Italia, Ungheria, Malta, Polonia, Portogallo, Grecia e Spagna) fanno registrare un calo del dato sull’aspettativa di vita. Un anno è tuttavia un arco di tempo troppo limitato per poter fare dei commenti significativi, si rimane comunque all’interno di un trend di crescita dell’aspettativa di vita ovunque.

Nel mondo, oltre alla Spagna, ci supera solo il Giappone, con un’aspettativa di vita di 84 anni. Va ricordato che ancora oggi in molti paesi africani la speranza di vita alla nascita è inferiore ai 60 anni.

Come noto, le donne hanno un’aspettativa di vita più lunga degli uomini. In Italia ad esempio la speranza di vita alla nascita per le donne è di 85,2 anni, contro gli 80,8 degli uomini. In compenso gli uomini italiani sono quelli che vivono più a lungo in Europa, dieci anni in più degli uomini di molti paesi dell’est.

A livello regionale l’aspettativa di vita è ovunque oltre gli 81 anni. È più alta nella provincia di Trento (84,4), seguita da provincia di Bolzano, Veneto e Umbria, Lombardia, Toscana. Le regioni del sud presentano invece i dati più bassi: 81,3 anni in Campania, preceduta da Sicilia, Calabria e Basilicata.

Rispetto a 10 anni fa l’aspettativa di vita è in crescita ovunque, con un calo generalizzato nell’ultimo anno a parte Trento e Bolzano, e cali molto significativi nelle regioni del sud, pari o superiori a -0,5 anni, in Abruzzo, Molise, Calabria e Sicilia.

Invecchiamento della popolazione in Italia: tasso di fecondità 2017

Altro indicatore dell’invecchiamento della popolazione in Italia è il tasso di fecondità, ossia il numero medio di figli per donna o, per maggiore precisione, il numero medio di figli per donna in età feconda (15-49 anni). Il tasso di fecondità che assicura ad una popolazione la possibilità di riprodursi mantenendo costante la propria struttura è pari a 2,1 figli per donna.

In Italia il tasso di fecondità è di 1,32 figli per donna. Il dato ha toccato il minimo storico (1,19) nel 1995 per poi risalire fino all’1,46 del 2010. Da allora, la discesa è costante e inesorabile.

Il nostro è il secondo dato più basso d’Europa, davanti solo alla Spagna. Poco sopra gli altri paesi dell’Europa mediterranea – Portogallo, Malta, Cipro, Grecia. Il paese europeo con il tasso di fecondità più alto è la Francia, con 1,9 figli per donna. Seguono Svezia, Irlanda, Danimarca, Regno Unito.

Negli ultimi 10 anni il tasso di fecondità non ha mai raggiunto la soglia di 2,1 in nessun paese europeo. È in calo ovunque, con le eccezioni di Germania, Ungheria, Slovacchia, Repubblica Ceca, Romania, Austria e Polonia dove è cresciuto di valori compresi tra 0,1 e 0,2. I cali maggiori nella fecondità si registrano in Finlandia (-0,36), Irlanda (-0,29) e Belgio (-0,2).

Negli ultimi 5 anni assistiamo a una lieve ripresa nella maggior parte dei paesi europei, più pronunciata in Romania (+0,25), Repubblica Ceca (+0,23) e Ungheria (+0,19). Nell’ultimo anno si registra un trend nuovamente in calo generalizzato, anche se si tratta di un arco di tempo troppo limitato per poter dedurre che siamo entrati in una fase di ulteriore diminuzione della fecondità.

Tornando in Italia, le differenze regionali sono notevoli: il tasso di fecondità è in generale più alto al nord, dove la provincia di Bolzano la fa da padrona (1,74 figli per donna). Seguono, a debita distanza, provincia di Trento (1,49), Lombardia e Valle d’Aosta. Drammaticamente basso è il dato della Sardegna – 1,06 figli per donna – ma la situazione è molto preoccupante anche in Molise, Basilicata, Puglia, Umbria e Abruzzo.

Per allargare la visione al resto del mondo, il tasso di fecondità di molti paesi africani è superiore al 5, ed è abbastanza impressionante verificare la sua relazione diretta con il reddito.

Invecchiamento della popolazione in Italia: indice di vecchiaia e di dipendenza 2017

La combinazione tra aumento della vita media e decremento del tasso di fecondità genera indici di vecchiaia e di dipendenza alle stelle in Italia, tra i più alti al mondo. Ma cosa sono questi due indici?

L’indice di vecchiaia è il rapporto tra la popolazione over 65 anni e la popolazione di 0-14 anni, moltiplicato per 100. Questo dato nel 2018 è di 168,9. Cosa significa? Brutalmente, che ci sono molti più anziani che giovani, e che questo sbilanciamento è in continua crescita.

Secondo Istat, la regione più vecchia d’Italia è la Liguria (indice di vecchiaia di 252,4), seguita da Friuli Venezia Giulia, Molise e Sardegna. L’indice di vecchiaia più basso si riscontra in provincia di Bolzano, seguita da Campania e Sicilia.

L’indice di dipendenza invece è il rapporto tra popolazione over 65 e popolazione in età lavorativa, cioè tra i 15 e i 64 anni. Si esprime ponendo a 100 la quota degli adulti in età lavorativa. Anche qui, più è alto il dato, peggio è.

I risultati sono per noi sconcertanti: ogni 100 persone in età lavorativa ci sono in Italia 34,8 persone oltre i 65 anni. Si tratta del dato peggiore d’Europa (29,9 è il dato medio europeo). I paesi dove questo rapporto è migliore sono Lussemburgo (20,5), Irlanda (20,7) e Slovacchia (21,5).

Questi due indicatori sono particolarmente importanti perché esprimono il cosiddetto “debito demografico” che un paese ha nei confronti delle generazioni future in termini di sanità, assistenza e previdenza.

Invecchiamento della popolazione in Italia: over 65 2017

Altra conseguenza di una vita media molto lunga unita ad un tasso di fecondità molto basso è, intuitivamente, che in Italia ci sono molti anziani. In effetti è così: la popolazione anziana (da convenzione gli over 65) rappresenta il 22,3% della popolazione, contro una media europea del 19,4%. È, manco a dirlo, il dato più alto di tutta Europa.

Storicamente siamo sempre stati tra i paesi con una maggiore quota di anziani, certo le proporzioni sono aumentate in modo molto significativo con il passare del tempo, basti pensare che nel 1983 la quota di ultrasessantacinquenni era del 13,1%.

Invecchiamento della popolazione in Italia: età mediana 2017

Altro valore in cui ci distinguiamo in Europa è l’età mediana della popolazione, che da noi si attesta a 46,3 anni contro una media europea di 43,1. Entrambi i dati sono in continuo aumento. Prendiamo l’Italia: nel 1960 l’età mediana della popolazione era 31,7 anni!

L’età mediana, da non confondersi con la media delle età, è quel valore che ripartisce una popolazione, ordinata appunto secondo le età dei suoi componenti, in due gruppi ugualmente numerosi. È considerata una misura più affidabile perché meno influenzata dagli estremi di quanto non sia l’età media.

Nel confronto europeo siamo primi davanti a Germania (46 anni), Portogallo e Grecia, mentre il paese più giovane d’Europa è l’Irlanda (età mediana 37,3 anni), seguito da Cipro (37,4) e Lussemburgo (39,4).

Nel 2017 sono nati in Italia 459 mila bambini, il peggior risultato dall’Unità d’Italia ad oggi. Il saldo con il numero dei morti è negativo (-191 mila unità), compensato quasi completamente dal saldo migratorio positivo (+188 mila unità). Il movimento naturale della popolazione (nati – morti) è però sempre più negativo mentre il saldo migratorio è sempre meno positivo. Sono dati che parlano chiaro: l’invecchiamento della popolazione in Italia è un elemento strutturale.

Analizziamo allora il fenomeno dell’invecchiamento della popolazione cercando di capire meglio cosa ci dicono gli indicatori che lo descrivono. Utilizziamo gli ultimi dati disponibili validati da Eurostat, l’agenzia statistica europea, relativi al 2016.

Invecchiamento della popolazione in Italia: speranza di vita

La popolazione italiana vive molto a lungo: la speranza di vita alla nascita è di 83,4 anni, in netta ascesa rispetto al 2015, quando era di 82,7 anni. In Europa siamo secondi solo alla Spagna (83,5) e precediamo paesi come Francia, Svezia, Austria, Olanda. In Germania l’aspettativa di vita – 81 anni – è di ben 2,4 anni minore della nostra. I paesi europei dove la speranza di vita alla nascita è più bassa sono i paesi dell’est: Lituania, Lettonia e Bulgaria (74,9 anni), preceduti da Romania, Ungheria e Slovacchia.

Come noto, le donne hanno un’aspettativa di vita più lunga degli uomini. In Italia ad esempio la speranza di vita alla nascita per le donne è di 85,6 anni, contro gli 81 degli uomini. In compenso gli uomini italiani sono quelli che vivono più a lungo in Europa, dieci anni in più degli uomini di molti paesi dell’est.

A livello regionale l’aspettativa di vita è ovunque oltre gli 81 anni. È più alta nella provincia di Trento (84,3), seguita da provincia di Bolzano, Umbria, Lombardia, Marche, Veneto, Toscana. Le regioni del sud presentano invece i dati più bassi: 81,7 anni in Campania, preceduta da Sicilia, Calabria e – sorprendentemente – Valle d’Aosta.

Invecchiamento della popolazione in Italia: tasso di fecondità

Altro indicatore dell’invecchiamento della popolazione in Italia è il tasso di fecondità, ossia il numero medio di figli per donna o, per maggiore precisione, il numero medio di figli per donna in età feconda (15-49 anni). Il tasso di fecondità che assicura ad una popolazione la possibilità di riprodursi mantenendo costante la propria struttura è pari a 2,1 figli per donna.

In Italia il tasso di fecondità è di 1,34 figli per donna. Il dato ha toccato il minimo storico (1,19) nel 1995 per poi risalire fino all’1,46 del 2010. Da allora, la discesa è costante e inesorabile.

Il nostro è il dato più basso d’Europa, che condividiamo con la Spagna. Poco sopra gli altri paesi dell’Europa mediterranea – Portogallo, Malta, Cipro, Grecia. Il paese europeo con il tasso di fecondità più alto è la Francia, con 1,92 figli per donna. Seguono Svezia, Irlanda, Danimarca, Regno Unito. Rispetto al 2015, 16 paesi vedono crescere il loro tasso di fecondità, tre lo mantengono invariato, e solo otto lo diminuiscono.

In questo caso le differenze regionali sono notevoli: il tasso di fecondità è in generale più alto al nord, dove la provincia di Bolzano la fa da padrona (1,76 figli per donna). Seguono, a debita distanza, provincia di Trento (1,52), Lombardia, Valle d’Aosta, Emilia Romagna. Drammaticamente basso è il dato della Sardegna – 1,07 figli per donna – ma la situazione è molto preoccupante anche in Molise, Basilicata, Puglia, Umbria.

Invecchiamento della popolazione in Italia: indice di vecchiaia e di dipendenza

L’indice di vecchiaia è il rapporto tra la popolazione over 65 anni e la popolazione di 0-14 anni, moltiplicato per 100. Questo dato nel 2017 è di 165,3. Era 157,7 nel 2015 e 163,4 nel 2016. Cosa significa? Brutalmente, che ci sono molti più anziani che giovani, e che questo sbilanciamento è in continua crescita.

La situazione nel mondo presenta differenze impressionanti. Ci sono paesi dove ci sono due over 65, o quasi, per ogni under 14 (Giappone, Italia, Germania), ce ne sono altri in cui gli anziani sono meno della metà dei giovani. Perché ci sono tantissimi giovani, ma anche perché molte meno persone vivono oltre i 65 anni di età.

L’indice di dipendenza invece è il rapporto tra popolazione over 65 e popolazione in età lavorativa, cioè tra i 15 e i 64 anni. Si esprime ponendo a 100 la quota degli adulti in età lavorativa. Anche qui, più è alto il dato, peggio è.

I risultati sono per noi sconcertanti: ogni 100 persone in età lavorativa ci sono in Italia 34,8 persone oltre i 65 anni. Si tratta del dato peggiore d’Europa (29,9 è il dato medio europeo). I paesi dove questo rapporto è migliore sono Lussemburgo (20,5), Irlanda (20,7) e Slovacchia (21,5).

Secondo Istat, la regione più vecchia d’Italia è la Liguria (indice di vecchiaia di 249,8 e indice di dipendenza di 47), seguita da Friuli Venezia Giulia, Molise e Toscana. L’indice di vecchiaia e di dipendenza più bassi si riscontrano in Campania, seguita da provincia di Bolzano e Sicilia.

Invecchiamento della popolazione in Italia: over 65

Altra conseguenza di una vita media molto lunga unita ad un tasso di fecondità molto basso è, intuitivamente, che in Italia ci sono molti anziani. In effetti è così: la popolazione anziana (da convenzione gli over 65) rappresenta il 22,3% della popolazione, contro una media europea del 19,4%. È, manco a dirlo, il dato più alto di tutta Europa.

Invecchiamento della popolazione in Italia: età mediana

Altro valore in cui ci distinguiamo in Europa è l’età mediana della popolazione, che da noi si attesta a 45,9 anni contro una media europea di 42,8. Entrambi i dati sono in continuo aumento. Prendiamo l’Italia: nel 1960 l’età mediana della popolazione era 31,7 anni!

L’età mediana, da non confondersi con la media delle età, è quel valore che ripartisce una popolazione, ordinata appunto secondo le età dei suoi componenti, in due gruppi ugualmente numerosi. È considerata una misura più affidabile perché meno influenzata dagli estremi di quanto non sia l’età media.

In questo caso la Germania condivide con noi la leadership, mentre il paese più giovane d’Europa è l’Irlanda (età mediana 36,9 anni), seguito da Cipro (37,4) e Lussemburgo (39,4).

Un dato su cui riflettere: rispetto al 2016 l’età mediana avanza in tutti i paesi europei, eccetto la Svezia dove rimane uguale o diminuisce leggermente da almeno cinque anni. Svezia che fino al 1995 aveva un’età mediana superiore alla nostra. Da allora il dato svedese è aumentato di 2,5 anni, attestandosi a 40,8 anni, mentre il dato italiano è aumentato di 7 anni. Cosa è successo? Che nel frattempo la Svezia ha sviluppato delle politiche sociali di sostegno alla natalità che hanno mantenuto tassi di fecondità prossimi al 2.

Nel 2016 sono nati in Italia 474 mila bambini, il peggior risultato dall’Unità d’Italia ad oggi. Sono dati che parlano chiaro: l’invecchiamento della popolazione in Italia è un elemento strutturale, reso ancora più evidente dalla crisi economica.

Analizziamo allora il fenomeno dell’invecchiamento della popolazione cercando di capire meglio cosa ci dicono gli indicatori che lo descrivono. Utilizziamo gli ultimi dati disponibili validati da Eurostat, l’agenzia statistica europea, relativi al 2015.

Invecchiamento della popolazione in Italia: speranza di vita 2015

La popolazione italiana vive molto a lungo, anche se il dato fa riscontrare una diminuzione rispetto al 2014: la speranza di vita alla nascita è di 80,3 anni per gli uomini e 84,9 per le donne (erano 80,7 e 85,6 nel 2014). Entrambi i dati restano comunque superiori alla media europea, che è di 77,9 e 83,3.

A livello regionale si toccano i tre anni di differenza, sia tra i maschi sia tra le femmine, tra la Campania (regione dove l’aspettativa di vita è più bassa) e la provincia di Trento (dove è più alta).

In Europa (intesa come Unione Europea) siamo secondi nella classifica maschile (la Svezia è a 80,4 anni), tra le donne invece ci superano solo la Spagna (85,8) e la Francia (85,5).

Invecchiamento della popolazione in Italia: tasso di fecondità 2015

Altro indicatore dell’invecchiamento della popolazione in Italia è il tasso di fecondità, ossia il numero medio di figli per donna. In Italia il tasso di fecondità è di 1,35 contro una media europea di 1,58. Gli altri paesi dell’Europa mediterranea (Spagna, Portogallo, Grecia, Cipro) sono messi anche peggio, così come la Polonia.

Il dato era sceso ai minimi storici (1,19) nel 1995, per poi risalire fino a 1,46 nel 2010, anno in cui a ripreso a scendere. Si tratta di una tendenza diffusa in tutta Europa, anche se negli ultimi due anni il tasso di fecondità ha ripreso a salire in molti paesi tra cui Austria, Danimarca, Germania, Portogallo, Repubblica Ceca, Romania, Spagna e Ungheria.

In questo caso le differenze regionali sono notevoli: il tasso di fecondità è dell’1,41 al Nord, 1,31 al Centro e 1,29 al Sud. Gli analisti tendono a correlare questi dati a quelli sulla presenza di residenti stranieri, che hanno un tasso di fecondità più alto degli italiani. È per questo che a Nord, dove la presenza di stranieri si attesta attorno al 9-10%, il tasso è più elevato mentre a Sud, dove gli stranieri sono il 3%, è decisamente più basso.

Indice di vecchiaia e di dipendenza 2015

La combinazione tra aumento della vita media e decremento del tasso di fecondità genera indici di vecchiaia e di dipendenza alle stelle in Italia, tra i più alti al mondo. Ma cosa sono questi due indici?

L’indice di vecchiaia è il rapporto tra la popolazione over 65 anni e la popolazione di 0-14 anni, moltiplicato per 100. Questo dato nel 2015 era di 157,7. Cosa significa? Brutalmente, che ci sono molti più anziani che giovani, e che questo sbilanciamento è in continua crescita.

L’indice di dipendenza invece è il rapporto tra popolazione over 65 e popolazione in età lavorativa, cioè tra i 15 e i 64 anni. Si esprime ponendo a 100 la quota degli adulti in età lavorativa. Anche qui, più è alto il dato, peggio è.

I risultati sono per noi sconcertanti: ogni 100 persone in età lavorativa ci sono in Italia 33,7 persone oltre i 65 anni. Si tratta del dato peggiore d’Europa (28,1 è il dato medio europeo). I paesi dove questo rapporto è migliore sono Slovacchia (19,7), Irlanda (20) e Lussemburgo (20,5).

Secondo Istat, la regione più vecchia d’Italia è la Liguria (indice di vecchiaia di 245,5 e indice di dipendenza di 65,7), seguita da Friuli Venezia Giulia, Molise e Toscana. L’indice di vecchiaia e di dipendenza più bassi si riscontrano in Campania, seguita da Trentino Alto Adige e Sicilia.

Invecchiamento della popolazione in Italia: over 65 2015

Altra conseguenza di una vita media molto lunga unita ad un tasso di fecondità molto basso è, intuitivamente, che in Italia ci sono molti anziani. In effetti è così: la popolazione anziana (da convenzione gli over 65) rappresenta il 21,7% della popolazione, contro una media europea del 18,9%. È il dato più alto di tutta Europa.

Età mediana 2015

Altro valore in cui ci distinguiamo in Europa è l’età mediana della popolazione, che da noi si attesta a 45,1 anni contro una media europea di 42,4. Entrambi i dati sono in continuo aumento.

In questo caso la Germania ci supera (a 45,9), mentre il paese più giovane d’Europa è l’Irlanda (età mediana 36,4 anni), seguito da Cipro (37) e Slovacchia (39).

Fonti dei dati: Istat e Eurostat

Nel 2015 sono nati in Italia 488 mila bambini, il peggior risultato dall’Unità d’Italia ad oggi.

Analizziamo allora il fenomeno dell’invecchiamento della popolazione cercando di capire meglio cosa ci dicono gli indicatori che lo descrivono. Utilizziamo gli ultimi dati disponibili validati da Eurostar, relativi al 2014.

Invecchiamento della popolazione in Italia: speranza di vita 2014

La popolazione italiana vive sempre più a lungo: la speranza di vita alla nascita è di 80,7 anni per gli uomini e 85,6 per le donne, dati entrambi superiori alla media europea, che è di 78,1 e 83,6. Le differenze regionali in questo caso sono minime.

In Europa (intesa come Unione Europea) siamo secondi nella classifica maschile (Cipro è a 80,9 anni), tra le donne invece ci superano solo la Spagna (86,2) e la Francia (86).

Tasso di fecondità 2014

Altro indicatore dell’invecchiamento della popolazione in Italia è il tasso di fecondità, ossia il numero medio di figli per donna. In Italia il tasso di fecondità è di 1,37 contro una media europea di 1,58. Gli altri paesi dell’Europa mediterranea (Spagna, Portogallo, Grecia, Cipro) sono messi anche peggio, così come la Polonia.

Il dato era sceso ai minimi storici (1,19) nel 1995, per poi risalire fino a 1,46 nel 2010, anno in cui a ripreso a scendere. Si tratta di una tendenza diffusa in tutta Europa, anche se nell’ultimo anno il tasso di fecondità ha ripreso a salire in molti paesi tra cui Austria, Danimarca, Germania, Polonia, Spagna e Ungheria.

In questo caso le differenze regionali sono notevoli: il tasso di fecondità è dell’1,46 al Nord, 1,36 al Centro e 1,32 al Sud. Gli analisti tendono a correlare questi dati a quelli sulla presenza di residenti stranieri, che hanno un tasso di fecondità più alto degli italiani. È per questo che a Nord, dove la presenza di stranieri si attesta attorno al 9-10%, il tasso è più elevato mentre a Sud, dove gli stranieri sono il 3%, è decisamente più basso.

Indice di vecchiaia 2014

La combinazione tra aumento della vita media e decremento del tasso di fecondità genera un indice di vecchiaia alle stelle in Italia, per lungo tempo il più alto del mondo. Ma cos’è l’indice di vecchiaia? È il rapporto tra popolazione over 65 e popolazione in età lavorativa, cioè tra i 15 e i 64 anni. Si esprime ponendo a 100 la quota degli adulti in età lavorativa. In sostanza, più è alto il dato, peggio è.

I risultati sono per noi sconcertanti: ogni 100 persone in età lavorativa ci sono in Italia 33,1 persone oltre i 65 anni. Si tratta del dato peggiore d’Europa (28,1 è il dato medio europeo). I paesi dove questo rapporto è migliore sono Slovacchia (19), Irlanda (19,3) e Cipro (19,9).

Secondo Istat, la regione più vecchia d’Italia è la Liguria, seguita da Friuli Venezia Giulia e Toscana. L’indice di vecchiaia più basso si riscontra in Campania, seguita da Trentino Alto Adige e Sicilia.

Questo indicatore è particolarmente importante perché esprime il cosiddetto “debito demografico” che un paese ha nei confronti delle generazioni future in termini di sanità, assistenza e previdenza.

Invecchiamento della popolazione in Italia: over 65 2014

Altra conseguenza di una vita media molto lunga unita ad un tasso di fecondità molto basso è, intuitivamente, che in Italia ci sono molti anziani. In effetti è così: la popolazione anziana (da convenzione gli over 65) rappresenta il 21,4% della popolazione, contro una media europea del 18,5%. È il dato più alto di tutta Europa.

Storicamente siamo sempre stati tra i paesi con una maggiore quota di anziani, certo le proporzioni sono aumentate in modo molto significativo con il passare del tempo, basti pensare che nel 1983 la quota di ultrasessantacinquenni era del 13,1%.

Età mediana 2014

Altro valore in cui ci distinguiamo in Europa è l’età mediana della popolazione, che da noi si attesta a 44,7 anni contro una media europea di 42,2. Entrambi i dati sono in aumento di 0,3 anni rispetto al 2013 e di circa tre anni rispetto a dieci anni fa.

L’età mediana, da non confondersi con la media delle età, è quel valore che ripartisce una popolazione, ordinata appunto secondo le età dei suoi componenti, in due gruppi ugualmente numerosi. È considerata una misura più affidabile perché meno influenzata dagli estremi di quanto non sia l’età media.

Anche in questo caso la Germania ci supera (a 45,6) e anche qui siamo sempre stati tra i paesi con un’età mediana molto elevata, che nel 1983 era però di 34,8 anni. Il paese più giovane d’Europa è l’Irlanda (età mediana 36 anni), seguito da Cipro (36,8) e Slovacchia (38,6).

Un dato su cui riflettere: rispetto al 2013 l’età mediana avanza in tutti i paesi europei, eccetto la Svezia dove rimane uguale. Svezia che nel 1983 aveva un’età mediana superiore alla nostra (36,9), dato che ora si attesta a 40,9 anni, +4 anni rispetto al nostro +9,6. Cosa è successo? Che nel frattempo la Svezia ha sviluppato delle politiche sociali di sostegno alla natalità che hanno mantenuto tassi di fecondità prossimi al 2.

Nel 2014 sono nati in Italia 509 mila bambini, il peggior risultato dall’Unità d’Italia ad oggi. Sono dati che parlano chiaro: l’invecchiamento della popolazione in Italia è un elemento strutturale, reso ancora più evidente dalla crisi economica.

Analizziamo allora il fenomeno dell’invecchiamento della popolazione cercando di capire meglio cosa ci dicono gli indicatori che lo descrivono.

Invecchiamento della popolazione in Italia: speranza di vita 2013

La popolazione italiana vive sempre più a lungo: la speranza di vita alla nascita è di 80,3 anni per gli uomini e 85,2 per le donne, dati entrambi superiori alla media europea, che è di 77,8 e 83,3. Le differenze regionali in questo caso sono minime.

In Europa (intesa come Unione Europea) siamo in testa alla classifica maschile, tra le donne invece ci superano solo la Francia (85,6) e la Spagna, con un impressionante 86,1.

Invecchiamento della popolazione in Italia: tasso di fecondità 2013

Altro indicatore dell’invecchiamento della popolazione in Italia è il tasso di fecondità, ossia il numero medio di figli per donna. In Italia il tasso di fecondità è di 1,39 contro una media europea di 1,53. Gli altri paesi dell’Europa mediterranea (Spagna, Portogallo, Grecia, Cipro, Malta) sono messi anche peggio, così come Ungheria, Polonia e Slovacchia.

Il dato era sceso ai minimi storici (1,19) nel 1995, per poi risalire fino a 1,46 nel 2010, anno in cui a ripreso a scendere. Si tratta tuttavia di una tendenza diffusa in tutta Europa: Lettonia, Lituania, Ungheria e Romania sono gli unici paesi in cui il tasso di fecondità è aumentato dal 2010 al 2013.

In questo caso le differenze regionali sono notevoli: il tasso di fecondità è dell’1,45 al Nord, 1,39 al Centro e 1,31 al Sud. Gli analisti tendono a correlare questi dati a quelli sulla presenza di residenti stranieri, che hanno un tasso di fecondità più alto degli italiani. È per questo che a Nord, dove la presenza di stranieri si attesta attorno al 9-10%, il tasso è più elevato mentre a Sud, dove gli stranieri sono il 3%, è decisamente più basso.

Indice di vecchiaia 2013

La combinazione tra aumento della vita media e decremento del tasso di fecondità genera un indice di vecchiaia alle stelle in Italia, per lungo tempo il più alto del mondo. Ma cos’è l’indice di vecchiaia? È il rapporto tra popolazione over 65 e popolazione under 15, cioè tra i giovani e gli anziani. Si esprime ponendo a 100 la quota dei giovani sotto i 15 anni.

I risultati sono per noi sconcertanti: ogni 100 giovani ci sono in Italia 151,4 persone oltre i 65 anni. Il dato è particolarmente grave al Centro (166,4) e a Nord Ovest (164,4), molto significativo a Nord Est (157,3) e assai più mitigato al Sud (131,1).

Solo la Germania fa peggio di noi e si attesta su un indice di vecchiaia di 158, mentre la media europea è di 116,6. Si noti che ci sono paesi che hanno un indice di vecchiaia inferiore al 100, dove cioè i giovani sono più numerosi degli anziani, è il caso ad esempio della Francia (96,7) e della Gran Bretagna (97,7).

I dati del 2014 sono disponibili solo a livello nazionale, e indicano un trend ulteriormente negativo: l’indice di vecchiaia in Italia è salito al 154,1%. La regione più vecchia è la Liguria (239,5), seguita da Friuli Venezia Giulia (196,1) e Toscana (190,1). L’indice di vecchiaia più basso si riscontra in Campania (109,4), seguita da Trentino Alto Adige (125,0) e Sicilia (134,2).

Questo indicatore è particolarmente importante perché esprime il cosiddetto “debito demografico” che un paese ha nei confronti delle generazioni future in termini di sanità, assistenza e previdenza.

Invecchiamento della popolazione in Italia: over 65 2013

Altra conseguenza di una vita media molto lunga unita ad un tasso di fecondità molto basso è, intuitivamente, che in Italia ci sono molti anziani. In effetti è così: la popolazione anziana (da convenzione gli over 65) rappresenta il 21,4% della popolazione, contro una media europea del 18,5%. È il dato più alto di tutta Europa.

Storicamente siamo sempre stati tra i paesi con una maggiore quota di anziani, certo le proporzioni sono aumentate in modo molto significativo con il passare del tempo, basti pensare che nel 1983 la quota di ultrasessantacinquenni era del 13,1%.

Invecchiamento della popolazione in Italia: età mediana 2013

Altro valore in cui ci distinguiamo in Europa è l’età mediana della popolazione, che da noi si attesta a 44,4 anni contro una media europea di 41,9.

L’età mediana, da non confondersi con la media delle età, è quel valore che ripartisce una popolazione, ordinata appunto secondo le età dei suoi componenti, in due gruppi ugualmente numerosi. È considerata una misura più affidabile perché meno influenzata dagli estremi di quanto non sia l’età media.

Anche in questo caso la Germania ci supera (a 45,3) e anche qui siamo sempre stati tra i paesi con un’età mediana molto elevata, che nel 1983 era però di 34,8 anni.

Un dato su cui riflettere: proprio nel 1983 la Svezia aveva un’età mediana superiore alla nostra (36,9), dato che ora si attesta a 40,9 anni. +4 anni rispetto al nostro +9,6. Cosa è successo? Che nel frattempo la Svezia ha sviluppato delle politiche sociali di sostegno alla natalità che hanno mantenuto tassi di fecondità prossimi al 2.

Fonti dei dati: Istat e Eurostat

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